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( votes)Cenni introduttivi
Il Decreto Legge 6 luglio 2012 n. 95, recante “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 152 del 6 luglio 2012 ed entrato in vigore il giorno dopo (art. 25), è stato convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012 n. 135.[1]
Le norme di interesse, dedicate ai contratti pubblici in generale e a quelli relativi al comparto sanitario in particolare, sono contenute negli artt. 1 e 15 (commi 12 e 13), intitolati, rispettivamente, “Riduzione della spesa per l’acquisto di beni e servizi e trasparenza delle procedure” e “Diposizioni urgenti per l’equilibrio del settore sanitario e misure di governo della spesa farmaceutica”.
Prima di esaminare il quadro ordinamentale risultante dalla novella, va rilevato come da essa sia inferibile un inequivoco trend normativo favorevole al sistema centralizzato di acquisti (e rilevazione uniforme di prezzi per servizi e forniture omogenei) prefigurato dall’art. 26 della L. n. 488/1999 e dall’art. 1 comma 455 della L. n. 296/2006, sistema incentrato, com’è noto, sull’esperimento di una gara “a monte”, cioè da parte della Consip S.p.a. o della centrale di committenza regionale come amministrazioni aggiudicatrici per la scelta del contraente della convenzione-quadro, senza che venga svolto alcun genere di gara da parte dell’ente che aderisce alla convenzione.
Detto sistema, infatti, essendo finalizzato a realizzare economie di scala sui volumi di acquisto, ad ottimizzare la domanda e standardizzare i consumi, a semplificare i processi e velocizzare i tempi dell’approvvigionamento, si colloca nella prospettiva tesa a conseguire quella razionalizzazione della spesa per servizi e forniture che il D.L. n. 95/2012 intende garantire.
Gli acquisti effettuati mediante adesione alle convenzioni quadro definite dalla Consip o dalle centrali di committenza regionali, in altri termini, si conformano ad un regime improntato alle medesime esigenze di contrazione della spesa alle quali si ispira anche la disciplina introdotta dalla novella.
Ciò posto in ordine all’aspetto finalistico,venendo agli specifici contenuti innovatori, giova premettere che l’art. 1 comma 1 del D.L. n. 95/2012 richiama testualmente l’art. 26 comma 3 della L. n. 488/1999, il quale, nella sua vigente formulazione, demanda il ricorso alle convenzioni Consip alla discrezionalità delle amministrazioni pubbliche diverse da quelle statali (in primis, gli enti locali). L’art. 26 comma 3 citato, invero, prevede espressamente la facoltà per dette amministrazioni di aderire alle convenzioni Consip, disponendo che, in alternativa, esse devono utilizzare i parametri prezzo qualità individuati da tali convenzioni.[2]
In sostanza, nell’attuale regime – sul quale, come si esporrà nel prosieguo, la decretazione d’urgenza non ha inciso in termini precettivi avendo solo rafforzato le conseguenze sanzionatorie connesse alla sua inosservanza – gli enti locali possono aderire alle convenzioni Consip,[3] ma qualora non vi aderiscano e provvedano autonomamente, sono tenuti ad adottare i prezzi delle convenzioni stesse. In tale evenienza si configura un obbligo, correlato al momento valutativo della congruità dell’offerta, da adempiersi utilizzando, per l’appunto, i parametri di qualità e prezzo individuati dalle convenzioni per l’acquisto di servizi e forniture comparabili.[4]
Ed è proprio sugli effetti discendenti dalla violazione dell’obbligo sancito dall’art. 26 comma 3 della L. n. 488/1999, nonché dell’obbligo – per le sole amministrazioni che vi sono soggette come quelle statali – di approvvigionarsi attraverso le convenzioni Consip, che interviene l’art. 1 del D.L. n. 95/2012, dettando uno speciale assetto regolativo sul quale occorre soffermarsi.
Nullità dei contratti pubblici di servizi e forniture.
L’art. 1 comma 1 del D.L. n. 95/2012 stabilisce che i contratti stipulati in violazione dell’art. 26 comma 3 della L. n. 488/1999 ed i contratti stipulati in violazione degli obblighi di approvvigionarsi attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A. sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità amministrativa.
La disposizione riveste carattere innovativo nella parte in cui commina la sanzione civilistica della nullità contrattuale e la responsabilità disciplinare (essendo quella erariale già prevista dall’art. 26 comma 3 della L. n. 488/1999), ricollegandole alla violazione di predefinite tipologie di obblighi comportamentali imposti alle P.A. da norme imperative.
La prima tipologia, delineata dall’art. 26 comma 3 della L. n. 488/1999, concerne – come già ricordato – l’obbligatorietà nell’acquisto di beni e servizi della valutazione della congruità dell’offerta da parte delle amministrazioni diverse da quelle statali (recte, gli enti locali), alla stregua dei parametri prezzo-qualità delle convenzioni con lo stesso oggetto già stipulate dal Ministero dell’economia e delle finanze con le modalità procedurali e le garanzie indicate dal primo comma dello stesso art. 26.
La seconda, invece, riguarda l’approvvigionamento mediante gli strumenti di negoziazione (convenzioni, accordi quadro, sistemi telematici o dinamici di acquisizione) offerti da Consip in relazione alle sole amministrazioni pubbliche che – come quelle statali – vi sono obbligate ex lege.
A tale riguardo, il novero delle anzidette amministrazioni viene ampliato dal comma 7 dell’art. 1 del medesimo D.L. n. 95/2012, che, con riferimento a categorie merceologiche tassativamente elencate (energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile),[5] estende l’obbligatorio utilizzo del regime convenzionale Consip (o centrali regionali di committenza) a tutte le amministrazioni pubbliche e società a totale partecipazione pubblica individuate dall’Istituto Nazionale di Statistica ed inserite nel conto economico consolidato della P.A.[6]
Tanto premesso, procedendo ad un sintetica ricostruzione della disciplina emergente sul punto dalla novella, le sanzioni della nullità civilistica, della responsabilità disciplinare e di quella erariale colpiscono le fattispecie di natura patologica di seguito enucleate.
1) Il corrispettivo offerto in sede di gara e selezionato come più conveniente ai fini aggiudicazione, non risulta congruo applicando i parametri prezzo-qualità per l’acquisto di beni comparabili con quelli oggetto di convenzionamento e, ciò nonostante, il contratto viene stipulato – con quel corrispettivo – dalle amministrazioni pubbliche locali.[7]
2) Le amministrazioni pubbliche obbligate sulla base di specifica normativa ad approvvigionarsi mediante le convenzioni definite da Consip S.p.A. o dalle centrali regionali di committenza (cioè le amministrazioni statali nonché, con riferimento a determinate categorie merceologiche, tutte le amministrazioni pubbliche e le società a partecipazione pubblica totalitaria inserite nel conto economico consolidato della P.A. come individuate dall’I.S.T.A.T.), stipulano contratti che violano – o eludono – detto obbligo. Si tratta del c.d. principio espresso nel divieto di svolgimento di autonome procedure di gara, il quale soffre deroga in due sole ipotesi, di natura eccezionale:
a) qualora la convenzione non sia ancora disponibile e ricorra una situazione di motivata urgenza, i contratti possono essere stipulati all’esito di una gara autonoma per “la misura strettamente necessaria” e con la “condizione risolutiva nel caso di disponibilità di detta convenzione”;[8]
b) con riguardo al duplice presupposto delle categorie merceologiche tipizzate (dal comma 7 dell’art. 1 del D.L. n. 95/2012, ampliabili con appositi decreti ministeriali a norma del comma 9 del medesimo art. 1) e delle amministrazioni pubbliche – società comprese se partecipate interamente da enti pubblici – inserite nel conto economico consolidato della P.A., i contratti possono essere stipulati all’esito di autonome gare purché il corrispettivo sia inferiore a quello risultante dalle convenzioni e accordi quadro messi a disposizione da Consip o dalle centrali regionali di committenza. I contratti così conclusi, tuttavia, devono essere sottoposti a condizione risolutiva, con possibilità di adeguamento per il contraente privato, nell’ipotesi in cui sopravvengano convenzioni (Consip e delle centrali regionali di committenza) che contemplino condizioni di maggiore vantaggio economico.[9]
Recesso ex lege nei contratti pubblici di servizi e forniture.
Di particolare interesse è anche il comma 13 dell’art. 1 del D.L. n. 95/2012, non modificato nel suo tenore in sede di conversione, che così prescrive:
“Le amministrazioni pubbliche che abbiano validamente stipulato un contratto di fornitura o di servizi hanno diritto di recedere in qualsiasi tempo dal contratto, previa formale comunicazione all’appaltatore con preavviso non inferiore a quindici giorni e previo pagamento delle prestazioni già eseguite oltre al decimo delle prestazioni non ancora eseguite, nel caso in cui, tenuto conto anche dell’importo dovuto per le prestazioni non ancora eseguite, i parametri delle convenzioni stipulate da Consip S.p.A. ai sensi dell’art. 26 comma 1 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 successivamente alla stipula del predetto contratto siano migliorativi rispetto a quelli del contratto stipulato e l’appaltatore non acconsenta ad una modifica, proposta da Consip S.p.A., delle condizioni economiche tali da rispettare il limite di cui all’art. 26 comma 3 della legge 23 dicembre 1999, n. 488. Ogni patto contrario alla presente disposizione è nullo. Il diritto di recesso si inserisce automaticamente nei contratti in corso ai sensi dell’articolo 1339 c.c., anche in deroga alle eventuali clausole difformi apposte dalle parti”.
La disposizione attribuisce a tutte le amministrazioni soggette alla normativa in materia di appalti pubblici il c.d. diritto di recesso, ossia il potere di manifestare la volontà di sciogliere unilateralmente il vincolo contrattuale, qualora ricorrano le seguenti condizioni:
- il contratto abbia ad oggetto forniture o servizi pubblici e non sia inficiato dal vizio della nullità radicale ai sensi dell’art. 1 comma 1 del D.L. n. 95/2012, già esaminato;
- sopravvengano convenzioni Consip recanti condizioni economiche “migliorative” rispetto a quelle caratterizzanti il contenuto del contratto già stipulato;
- la parte privata sia stata interpellata in ordine alla eventualità di modificare le clausole negoziali adeguandole ai parametri prezzo-qualità desumibili dalla convenzione Consip nel frattempo intervenuta, dando negativo riscontro o serbando un silenzio protratto – sulla base della lettura interpretativa della norma è da ritenere – per quindici giorni dal ricevimento dell’interpello stesso;
- l’amministrazione abbia versato alla parte privata il corrispettivo per le prestazioni già eseguite, nonché la c.d. penale di recesso, commisurata all’utile presunto d’impresa, pari al decimo del prezzo complessivo delle prestazioni ancora da eseguire.
Il diritto di recesso – il cui omesso esercizio rileva ai fini del controllo di gestione riservato alla Corte dei Conti ex art. 3 comma 4 della L. n. 20/1994 – opera ex lege, cioè si inserisce automaticamente nel contesto dell’articolato contrattuale anche se non previsto espressamente ed in sostituzione di eventuali clausole difformi, tendenti cioè ad escluderne l’operatività.
Ulteriori novità in tema di procedure di gara
La legge di conversione n. 135/2012 ha riscritto il comma 2 dell’art. 1 del D.L. n. 95/2012, dandone un’impostazione più coerente alla sistematica del Codice dei contratti pubblici.
Innanzitutto, all’art. 2 del Codice viene aggiunto il nuovo comma 1 bis, enunciativo del principio generale secondo cui i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le piccole e medie imprese.[10]
Una concreta traduzione di tale principio si rinviene nell’aggiunta, al comma 2 dell’art. 41 del Codice, della norma che sanziona con l’illegittimità i criteri partecipativi che, senza congrua motivazione, fissano limiti di accesso alle gare connessi al fatturato aziendale (sia globale che specifico). Quest’ultimo, pertanto, da ordinario indice rivelatore delle capacità operative delle imprese concorrenti, diviene elemento dimostrativo dell’attitudine economico-finanziaria solo eccezionalmente prevedibile nei regolamenti di gara, a fronte del puntuale assolvimento, da parte della stazione appaltante, dell’onere motivazionale che giustifichi la compressione dell’accesso (altrimenti illegittima) al mercato delle commesse pubbliche.
Di estremo interesse è poi la precisazione, disposta dalla L. n. 135/2012 in sede di conversione, secondo cui il principio di corrispondenza tra quota di esecuzione e quota di partecipazione al raggruppamento, costituito o costituendo, di tipo orizzontale o verticale, trova esclusiva applicazione in tema di appalto di lavori: il testo dell’art. 37 comma 12 del Codice viene infatti integrato con la dizione limitativa “nel caso di lavori”.
A completare il quadro innovatore interviene il comma 5 dell’art. 1 del D.L. n. 95/2012, il quale, evidentemente nell’ottica del contenimento della spesa pubblica, ha disposto l’“abrogazione‟ del secondo periodo del comma 7 dell’art. 66 del Codice, che prescrive, quale adempimento pubblicitario suppletivo, l’inserzione dell’avviso di indizione della gara su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due a diffusione locale.
Tuttavia, con avviso di rettifica pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 158 del 9 luglio 2012, è stato precisato che il comma 5 dell’art. 1 del D.L. n. 95/2012 costituisce frutto di “mero errore informatico‟ e “pertanto deve ritenersi non pubblicato‟.
Il problema che, a questo punto, si pone è di stabilire quale valenza attribuire al menzionato avviso di rettifica. E’ noto, infatti, che la c.d. “rettifica‟ risulta ispirata ad una logica correttiva di errori materiali prima facie rilevabili, come ad esempio quelli di natura ortografica, lessicale, etc. Appare, invece, seriamente dubitabile che possa qualificarsi come mero errore materiale – rettificabile – la pubblicazione di un’intera previsione normativa, come per l’appunto quella inserita nel discusso comma 5 dell’art. 1 del D.L. n. 95/2012, la cui espunzione dal testo di un atto avente forza e valore di legge non potrebbe che implicare una ponderata valutazione di carattere politico, espressa – anche formalmente – dai competenti organi istituzionali, con l’assenso della Presidenza della Repubblica.
Il problema parrebbe quindi risolvibile alla stregua delle indicazioni ritraibili dalla stessa legge di conversione n. 135/2012.
Quest’ultima, nell’individuare le disposizioni dell’art. 1 non applicabili agli enti del servizio sanitario nazionale, ha sostituito le “parole‟ che figuravano nell’originaria formulazione del comma 23 (“dai commi 5 e 24‟) con la seguente “dal comma 24‟, dando così per implicita la non vigenza del comma 5. Infatti, la testuale modificazione disposta dalla L. n. 135/2012, qualora diversamente interpretata, non potrebbe giustificarsi sulla scorta del principio di parità di trattamento, in quanto darebbe adito ad un’esegesi, del tutto illogica, secondo cui per le amministrazioni sanitarie non si produrrebbe l’“effetto abrogativo‟ di cui all’art. 66, comma 7 del Codice dei contratti pubblici, mentre detto effetto operebbe con riguardo a tutte le altre – e diverse – amministrazioni pubbliche.
In definitiva, il più volte citato art. 66, comma 7 del Codice dei contratti pubblici deve ritenersi ancora vigente.
Essenziali novità in materia di forniture e servizi nel comparto sanitario
La disciplina di riferimento è contenuta nell’art. 15, commi 12 e 13, del D.L. n. 95/2012, atteso che, per espressa disposizione del comma 23 dell’art. 1, stessa fonte, la speciale e nuova disciplina sulla nullità contrattuale e sul diritto di recesso non si estende al servizio sanitario nazionale.
Di particolare importanza per la loro immediata applicabilità ai contratti in corso in esecuzione sono le disposizioni dettate dalle lett. a) b) e d) del comma 13.
Lett. a) del comma 13 dell’art. 15
Gli importi e le connesse prestazioni relative a contratti di appalto di forniture e servizi, con esclusione degli acquisti dei farmaci, stipulati da aziende ed enti del servizio sanitario nazionale, sono ridotti del 5% per cento a decorrere dalla data di entrata in vigore del Decreto Legge (7 luglio 2012).
Al riguardo, si evidenzia quanto segue:
a) La riduzione del 5 per cento (limite precostituito ex lege e non derogabile per volontà unilaterali delle stazioni appaltanti) relativa ai contratti in essere aventi ad oggetto appalti di servizi e forniture (dispositivi medici), con esclusione – si ribadisce – dell’acquisto di farmaci, produce l’effetto di modificare il contenuto delle condizioni di aggiudicazione (o di affidamento diretto in presenza degli eccezionali presupposti normativi) sotto entrambi i – correlati – profili economico (prezzo) e quantitativo (entità numerica dei dispositivi) caratterizzanti l’appalto in corso.
In altre parole, la riduzione è contestuale, nel senso che essa opera in misura simultanea e corrispondente, con riferimento sia al prezzo che al contingente numerico dei beni forniti, all’evidente scopo di preservare l’equilibrio del contratto. [11]
b) La medesima riduzione decorre dal 7 luglio 2012 ed è temporalmente circoscritta, con riguardo ai dispositivi medici, sino al 31 dicembre 2012, mentre si estende per l’intera durata dei contratti pendenti in relazione ai servizi e a forniture diverse dai dispositivi medici.
Lett. b) del comma 13 dell’art. 15
Le aziende sanitarie sono tenute a proporre ai fornitori una rinegoziazione dei contratti al fine di ricondurre i prezzi dei servizi e delle specifiche forniture di beni (ivi compresi i dispositivi medici) ai prezzi di riferimento rilevati dall’Osservatorio istituito presso l’A.V.C.P. In caso di mancato accordo entro il termine di trenta giorni dalla trasmissione della proposta di rinegoziazione del prezzo, le aziende sanitarie hanno diritto di recedere dal contratto senza alcun onere a carico delle stesse (quindi in deroga all’art. 1671 c.c.). L’applicabilità di tale regime è subordinata alla condizione che la differenza tra il prezzo originariamente convenuto per la fornitura e il prezzo di riferimento rilevato dall’Osservatorio sia superiore al 20 per cento.
In merito, si osserva quanto segue.
a) Alle amministrazioni sanitarie viene riconosciuto il diritto di proporre al fornitore una variazione unilaterale delle condizioni economiche di aggiudicazione (o di affidamento diretto) in presenza di tassative condizioni:
1) l’ Osservatorio dei contratti pubblici, in coerenza all’art. 17 comma 1 lett. a) del D.L. n. 98/2011 (convertito con modificazioni dalla L. n. 111/2011), deve aver provveduto all’elaborazione dei prezzi di riferimento per la specifica tipologia di fornitura medica o di uso ospedaliero o di servizio consultando la banca dati nazionale dei contratti pubblici (di cui all’art. 62 bis del D.lgs. n. 82/2005);
2) la differenza tra il prezzo stabilito in esito alla gara (o all’affidamento diretto) e il prezzo di riferimento rilevato dall’Osservatorio, ai sensi del punto che precede, deve eccedere la misura del 20 per cento;
3) oggetto della fornitura devono essere servizi o dispositivi medici “tra quelli di maggior impatto in termini di costo a carico del Servizio sanitario nazionale”. Infatti, l’art. 17 comma 1 lett. a) del D.L. n. 98/2011, convertito con modificazioni dalla L. n. 111/2011 (al quale fa testuale riferimento il comma 13 lett. a dell’art. 15 del D.L. n. 95/2012), prevede un sistema elaborativo di prezzi di riferimento, a cura dell’Osservatorio, per dispositivi medici, farmaci ad uso ospedaliero, prestazioni e servizi sanitari (etc.) definiti come “tra quelli di maggior impatto in termini di costo a carico del Servizio sanitario nazionale”.[12]
b) Dunque, solo ricorrendo le tassative condizioni sopra indicate (ai punti 1, 2 e 3), le amministrazioni sanitarie propongono al fornitore un adeguamento del prezzo e, qualora quest’ultimo non manifesti la volontà di aderirvi (entro il termine di 30 giorni dalla trasmissione della proposta), le prime sono legittimate ad esercitare il c.d. diritto potestativo di recesso dal contratto in corso senza dover corrispondere alcun indennizzo.
In sintesi, occorre distinguere tra:
– la riduzione (automatica) del 5 per cento, che si applica in via indistinta e generalizzata a tutti i contratti di servizi e forniture (ad eccezione dei farmaci) in essere: per quelli aventi ad oggetto dispositivi medici con decorrenza dal 7 luglio sino al 31 dicembre 2012 (art. 15 comma 13 lett. a del D.L. n. 95/2012);
– la rinegoziazione dei contratti in essere (all’esito di apposita trattativa) aventi ad oggetto servizi e forniture di dispositivi medici tra quelli di maggior impatto in termini di costo a carico del servizio sanitario nazionale, allorché il prezzo dell’appalto ecceda del 20 per cento il prezzo di riferimento elaborato dall’Osservatorio per la specifica fornitura o il servizio (art. 15 comma 13 lett. b del D.L. n. 95/2012).
Lett. d) del comma 13 dell’art. 15
Gli enti del servizio sanitario nazionale, per il futuro, dovranno utilizzare per l’acquisto di beni e servizi attinenti alle categorie merceologiche presenti nella piattaforma Consip gli strumenti di acquisto e negoziazione telematici messi a disposizione della stessa Consip ovvero dalle centrali di committenza regionali.
Viene, quindi, sancita l’obbligatorietà del ricorso:
i. alle convenzioni Consip (o delle centrali regionali di committenza), naturalmente in relazione alle sole categorie merceologiche presenti nella piattaforma;
ii. agli strumenti di acquisto e negoziazione telematici messi a disposizione della medesima Consip (o delle centrali regionali di committenza).
[1] La legge di conversione è entrata in vigore il giorno dopo la sua pubblicazione sulla G.U.R.I. avvenuta il 14 agosto 2012.
[2] Cfr sul punto T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 7 giugno 2010; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 14 dicembre 2004, n. 8523; T.A.R. Sardegna, Cagliari, 17 aprile 2002, n. 409, Corte Cost. 14 novembre 2005, n. 417.
[3] La facoltatività del ricorso al sistema convenzionale Consip da parte dei Comuni riceve conferma dalla lettera del nuovo comma 3 bis dell’art. 33 del Codice dei contratti pubblici, aggiunto dal comma 4 dell’art. 1 del D.L. n. 95/2012 (sul punto non modificato in sede di conversione), secondo cui i Comuni “possono” effettuare i propri acquisti anche attraverso “le convenzioni di cui all’art. 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488”.
[4] Vedasi Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 2009, n. 557.
[5] L’elencazione è suscettibile di modifica ampliativa in forza di appositi decreti ministeriali, ai sensi del comma 9 dell’art. 1 del D.L. n. 95/2012.
[6] Cfr. art. 1 della L. n. 196/2009.
[7] La legge di conversione n. 135/2012 ha opportunamente precisato che anche le centrali di acquisto regionali devono tenere conto dei parametri di qualità e di prezzo degli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip (pur non essendo direttamente soggette all’ambito applicativo dell’art. 26 comma 3 della L. n. 488/1999).
[8] Art. 1 comma 3 del D.L. n. 95/2012 (sul punto non modificato in sede di conversione).
[9] Art. 1 comma 7 del D.L. n. 95/2012, nel testo risultante dalle modificazioni introdotte dalla legge di conversione n. 135/2012.
[10] Sulla definizione di piccole e medie imprese, si rinvia all’art. 2 dell’allegato alla raccomandazione della commissione U.E. del 6 maggio 2003, n. 361.
[11] Sulla corretta interpretazione riferibile all’art. 15 comma 13 lett. a) del D.L. n. 95/2012 possono anche svolgersi le seguenti considerazioni. Nell’incipit della disposizione in esame la finalità di razionalizzare le risorse in ambito sanitario risulta anteposta a quella di conseguire una riduzione della spesa per l’acquisto di beni e servizi. Sembra, quindi, che il legislatore statale lanci un “monito” alle amministrazioni sanitarie, sollecitandole ad improntare la loro azione (finalizzata all’approvvigionamento di beni e servizi) a criteri di massima efficienza organizzativa, riducendo gli sprechi e subordinando gli ordini di acquisto all’effettiva sussistenza del fabbisogno, previa verifica ad es. di indisponibilità di eventuali giacenze di magazzino (naturalmente non scadute). Tale (precipua) finalità, imporrebbe, quindi, che la riduzione vada innanzitutto operata con riguardo alla quantità della fornitura in corso, alla quale debba far seguito, in misura proporzionalmente equivalente, quella relativa al prezzo. In realtà, dalla lettura della norma parrebbe emergere una diversa interpretazione: la formulazione testuale (“gli importi e le connesse prestazioni …… sono ridotti del 5 per cento”) indurrebbe infatti a ritenere che la riduzione del 5 per cento, come evidenziato nel testo, incida simultaneamente su entrambi i – correlati – profili economico (prezzo) e quantitativo (entità numerica dei dispositivi) caratterizzanti l’appalto in corso. Sarebbe in ogni caso opportuno un intervento chiarificatore.
[12] La legge di conversione n. 135/2012 ha precisato che solo a decorrere dal 1 gennaio 2013, l’individuazione dei farmaci sarà effettuata dall’Agenzia di cui all’art. 5 del D.lgs. n. 266/1993, sulla base di criteri fissati con decreto interministeriale, relativamente ai parametri qualità, standard tecnologico, sicurezza ed efficacia.