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( votes)1. A seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea delle tre direttive appalti/concessioni e della loro entrata in vigore (17 aprile 2014), i singoli Stati membri hanno a disposizione 24 mesi di tempo (e, dunque, entro il 18 aprile 2016) per recepire le nuove disposizioni all’interno della legislazione nazionale.
Si tratta della Direttiva 2014/23/UE, che disciplina – per la prima volta a livello europeo – le concessioni, della Direttiva 2014/24/UE, che subentra alla direttiva 2006/18/CE sugli appalti nei settori ordinari e della Direttiva 2014/25/UE, che sostituisce la direttiva 2006/17/CE in materia di appalti nei settori c.d. esclusi (energia, acqua, trasporti e servizi postali).
Tali direttive sono il frutto di un iter normativo/consultivo iniziato nel 2011 con una serie di proposte della Commissione Europea, a seguito del confronto avviato nel 2010 con le altre Istituzioni europee, con gli Stati Membri e con taluni operatori del settore. Il tutto al fine di assicurare la massima partecipazione nel processo decisionale e di individuare le criticità del sistema attuale, nonché le possibili soluzioni.
2. Il file rouge che caratterizza le nuove direttive è la particolare attenzione dedicata alla tutela ambientale, sociale e del lavoro, nonché alla correttezza e alla trasparenza dei rapporti tra l’Amministrazione e i privati. Le tutele approntate concernono tutte le fasi della procedura di gara.
D’altra parte, in armonia con gli obiettivi strategici “Europa 2020”, l’intera struttura normativa è stata rivisitata al fine di accrescere l’efficienza della spesa pubblica, agevolando soprattutto la partecipazione delle Piccole medie imprese (PMI) agli appalti pubblici.
Nei considerando, ovvero nelle premesse al corpus normativo ove risiedono i principi generali ispiratori delle norme, della nuova Direttiva relativa agli appalti dei settori ordinari, si legge che: “la normativa sugli appalti adottata ai sensi della direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dovrebbe essere rivista e aggiornata in modo da accrescere l’efficienza della spesa pubblica, facilitando in particolare la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici e permettendo ai committenti di farne un miglior uso per sostenere il conseguimento di obiettivi condivisi a valenza sociale. È inoltre necessario chiarire alcuni concetti e nozioni di base onde assicurare la certezza del diritto e incorporare alcuni aspetti della giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia dell’Unione europea in materia”.
Consultazioni preliminari
Le nuove direttive appalti introducono l’istituto delle c.d. “consultazioni preliminari del mercato”[1]. Si tratta della possibilità per l’Amministrazione aggiudicatrice di “svolgere consultazioni di mercato ai fini della partecipazione all’appalto e per informare gli operatori economici degli appalti da essi programmati e dei requisiti ad essi relativi a questi ultimi. A tal fine le amministrazioni aggiudicatrici possono ad esempio sollecitare o accettare consulenze da parte di esperti o autorità indipendenti o di partecipanti al mercato. Tali consulenze possono essere utilizzate nella pianificazione e nello svolgimento della procedura di appalto, a condizione che non abbiano l’effetto di falsare la concorrenza e non comportino una violazione dei principi di non discriminazione e di trasparenza[2]”.
Al fine di rendere effettivo il principio della concorrenza in tutte le sue declinazioni, le direttive introducono misure atte a garantire che la concorrenza non sia falsata dalla partecipazione del candidato o dell’offerente che abbia partecipato alle consultazioni.
Tali misure[3] includono la comunicazione agli altri candidati e offerenti di informazioni pertinenti scambiate nel quadro della partecipazione del candidato o dell’offerente alla preparazione della procedura o ottenute a seguito di tale partecipazione, nonché la fissazione di termini adeguati per la ricezione delle offerte.
Il candidato o l’offerente interessato è escluso dalla procedura unicamente nel caso in cui non vi siano altri mezzi per garantire il rispetto dell’obbligo di osservare il principio della parità di trattamento.
Prima di tale eventuale esclusione, ai candidati o agli offerenti è offerta la possibilità di provare che la loro partecipazione alla preparazione della procedura di aggiudicazione dell’appalto non è un elemento in grado di falsare la concorrenza. Le misure adottate sono documentate nella relazione unica prevista ai sensi dell’articolo 84[4] della Direttiva 2014/24/UE.
Requisiti di partecipazione
Per i settori ordinari sono previste nuove cause di esclusione obbligatorie[5] dalla gara. Infatti accanto ai già noti motivi di esclusione (al momento cristallizzati nell’art. 38 del D. Lgs. 163/06 e s.m.i.) vi si aggiungono il finanziamento del terrorismo e lo sfruttamento del lavoro minorile o di altre forme di tratta di essere umani (art. 57 della Direttiva 2014/24/UE).
Pertanto, qualora sia stato definitivamente accertato che il concorrente è colpevole dei suddetti reati non potrà partecipare alla procedura.
Il Legislatore europeo, accanto ai motivi di esclusione obbligatori di cui sopra, ha previsto che le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere o possono essere obbligate dagli Stati membri a escludere dalla partecipazione a una procedura d’appalto.
Tra le cause di esclusione “facoltative[6]” rientra:
- l’inottemperanza agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali quando ciò non sia stato definitivamente accertato;
- la violazione degli obblighi in materia ambientale, del lavoro o dei doveri sociali;
- la dimostrazione con adeguati mezzi da parte dell’amministrazione aggiudicatrice che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità;
- il caso in cui l’amministrazione aggiudicatrice disponga di indicazioni sufficientemente plausibili per concludere che il concorrente ha sottoscritto accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza;
- in cui il conflitto di interessi disciplinato dalla medesima direttiva non possa essere superato efficacemente con altre misure meno intrusive;
- la distorsione della concorrenza derivante da precedente coinvolgimento in consultazioni preliminari con la medesima Amministrazione aggiudicatrice;
- la significativa e persistente carenza nell’esecuzione di un requisito sostanziale nel quadro di un precedente contratto;
- la falsa dichiarazione o omessa produzione di documenti complementari richiesti dall’Amministrazione;
- il tentativo di influire sul procedimento decisionale dell’amministrazione, di ottenere informazioni confidenziali che possono conferirgli vantaggi indebiti, di fornire per negligenza informazioni fuorvianti.
La Direttiva introduce, inoltre, la previsione di un termine massimo di “rilevanza” delle condanne ascritte ai concorrenti e rilevanti ai fini dell’esclusione di cui si è detto: tale periodo non può superare i cinque anni dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di condanna (a meno che la sentenza non preveda una diversa durata di tale pena accessoria) e di tre anni dalla data del fatto nei casi di esclusione relativi a fatti non oggetto di sentenza di condanna.
È ampliato anche il novero dei soggetti nei confronti dei quali deve essere verificato il possesso dei requisiti di moralità professionale. È infatti previsto che “L’obbligo di escludere un operatore economico si applica anche nel caso in cui la persona condannata definitivamente è un membro del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza di tale operatore economico o è una persona ivi avente poteri di rappresentanza, di decisione o di controllo”.
Per quel che concerne i requisiti tecnici ed economici, la Direttiva appalti per i settori ordinari stabilisce chiaramente che detti requisiti debbano essere proporzionati al valore dell’affidamento, anche in caso di suddivisione dell’appalto in lotti. È previsto infatti che:
- ”Tutti i requisiti sono attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto” (art. 58, co. 1, Dir. 2014/24/UE);
- “Per gli appalti divisi in lotti il presente articolo si applica per ogni singolo lotto”(art. 58, co. 3, Dir. 2014/24/UE).
Per quanto riguarda i certificati e le abilitazioni, la Direttiva prevede che l’amministrazione possa chiedere al concorrente di provare la propria iscrizione in registro professionale o commerciale che lo abiliti ad eseguire la propria attività, così come il possesso delle autorizzazioni o l’appartenenza a specifiche associazioni che costituiscano condizione per l’esercizio dell’attività (solo per gli appalti di servizi).
Per quanto riguarda i requisiti di capacità economico-finanziaria, è prevista la possibilità di chiedere al concorrente il possesso:
“di un fatturato minimo annuo, compreso un determinato fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell’appalto. Inoltre le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che gli operatori economici forniscano informazioni riguardo ai loro conti annuali che evidenzino i rapporti, ad esempio, tra attività e passività. Possono inoltre esigere un livello adeguato di copertura assicurativa contro i rischi professionali” (art. 58, Dir. 2014/24/UE).
È peraltro espressamente stabilito che laddove sia richiesto il possesso di un requisito di fatturato globale minimo annuo, lo stesso non possa essere superiore al doppio del valore dell’appalto posto a base d’asta.
Infine, per quel che concerne i requisiti tecnici, “le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità. Le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere, in particolare, che gli operatori economici dispongano di un livello sufficiente di esperienza comprovato da opportune referenze relative a contratti eseguiti in precedenza. Un’amministrazione aggiudicatrice può ritenere che un operatore economico non possieda le capacità professionali richieste quando essa abbia accertato che l’operatore economico ha conflitti di interesse che possono influire negativamente sull’esecuzione del contratto” (art. 58, Dir. 2014/24/UE).
Avvalimento
Le novità più salienti in tema di avvalimento[7] possono essere così sintetizzate:
- possibilità di avvalersi dei requisiti relativi al possesso di titoli di studio e professionali, o alle esperienze professionali pertinenti, è limitata ai soggetti che effettivamente eseguono i lavori o i servizi per cui tali capacità sono richieste;
- possibilità di sostituire l’ausiliaria nel caso in cui quest’ultima non soddisfi un requisito di partecipazione o sia carente di un requisito di moralità professionale;
- responsabilità solidale tra appaltatore e ausiliaria per l’esecuzione delle prestazioni non più automatica, atteso che sarà rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice, che potrà decidere se prevederla (o meno) negli atti di gara.
(cfr. Direttiva 2014/23/UE concessioni, art. 38, Direttiva 2014/24/UE appalti settori ordinari, art. 63, Direttiva 2014/25/UE appalti settori speciali, art. 79).
Scelta del contraente
Nelle direttive appalti, accanto alle modalità di selezione del contraente già note, vi sono due nuove procedure di aggiudicazione:
- la procedura competitiva con negoziazione[8] (art. 29, Direttiva 2014/24/UE), che si sostanzia in una procedura pluri-fasica: ad una prima fase di presentazione della propria candidatura in risposta ad un avviso pubblicato da un’amministrazione aggiudicatrice, segue, su invito della medesima amministrazione, la presentazione delle offerte. La peculiarità della procedura è che le offerte presentate costituiscono la base per le successive negoziazioni. Ai sensi dell’art. 29 citato “le amministrazioni aggiudicatrici negoziano con gli offerenti le offerte iniziali e tutte le offerte successive da essi presentate, tranne le offerte finali ai sensi del paragrafo 7, per migliorarne il contenuto … . Le procedure competitive con negoziazione possono svolgersi in fasi successive per ridurre il numero di offerte da negoziare applicando i criteri di aggiudicazione specificati nel bando di gara, nell’invito a confermare interesse o in altro documento di gara … . Quando le amministrazioni aggiudicatrici intendono concludere le negoziazioni, esse informano gli altri offerenti e stabiliscono un termine comune entro il quale possono essere presentate offerte nuove o modificate. Verificano che le offerte finali siano conformi ai requisiti minimi e all’articolo 56, paragrafo 1, valutano le offerte finali in base ai criteri di aggiudicazione e aggiudicano l’appalto conformemente agli articoli da 66 a 69”.
- il partenariato per l’innovazione, previsto sia negli appalti relativi ai settori ordinari che per quelli dei settori speciali (rispettivamente art. 30 Direttiva 2014/24/UE e art. 48 Direttiva 2014/25/UE). Se l’esigenza di sviluppare prodotti, servizi o lavori innovativi non può essere soddisfatta ricorrendo a soluzioni già disponibili sul mercato, le Amministrazioni aggiudicatrici possono prevedere una procedura di appalto specifica che consenta loro di istituire un partenariato per l’innovazione a lungo termine. “Il partenariato per l’innovazione punta a sviluppare prodotti, servizi o lavori innovativi e al successivo acquisto delle forniture, servizi o lavori che ne risultano”. L’amministrazione aggiudicatrice avrà la possibilità di individuare uno o più partner privati con i quali ideare dei prodotti, servizi o realizzare dei lavori, che poi verranno “acquisiti” dall’amministrazione stessa alla conclusione della fase di creazione e sperimentazione (v. art. 31 Direttiva 2014/24/UE e art. 49 Direttiva 2014/25/UE).
Con riferimento alla direttiva Concessioni 2014/23/UE, è introdotta una specifica procedura di gara da espletare al fine di individuare il privato contraente per i contratti di concessione di lavori, servizi e forniture, che riproduce sostanzialmente i tratti essenziali della classica procedura aperta con la ulteriore previsione della possibilità, in alcuni specifici casi, di ricorrere alla procedura negoziata.
2. Fra le tante novità introdotte nella direttiva sui settori ordinari, una delle più significative è rappresentata dal favor per il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Detto criterio assume peraltro un nuovo significato, frutto di quella strategia politico economica che l’Europa deve perseguire per il raggiungimento degli obiettivi fissati per il 2020.
Per comprendere pienamente la portata del profondo cambiamento basta aver riguardo al considerando n. 89 della direttiva sui settori ordinari, che chiaramente stabilisce che “la nozione di criteri di aggiudicazione è fondamentale…. E’ pertanto importante che le disposizioni siano presentate nel modo più semplice ed efficace possibile”. Detto considerando assegna al nuovo concetto di offerta economicamente più vantaggiosa il rango di “concetto prioritario”, preoccupandosi di precisare che occorrerà introdurre “ un termine diverso per tradurre tale concetto, «il miglior rapporto qualità/prezzo»”.
Si osserva il definitivo superamento del principio di equivalenza dei criteri di aggiudicazione ed una predilezione per il nuovo criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa rispetto a quello del massimo ribasso.
Nel considerando 90 della Direttiva 2014/24/UE si legge in particolare che ”… Occorre stabilire esplicitamente che l’offerta economicamente più vantaggiosa dovrebbe essere valutata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, che dovrebbe sempre includere un elemento relativo al prezzo o al costo. Analogamente occorre precisare che tale valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa potrebbe essere effettuata anche soltanto sulla base del prezzo o di un approccio costo/ efficacia. È inoltre opportuno ricordare che le amministrazioni aggiudicatrici sono libere di fissare norme di qualità adeguate utilizzando le specifiche tecniche o le condizioni di esecuzione di un appalto.
Al fine di incoraggiare maggiormente l’orientamento alla qualità degli appalti pubblici, dovrebbe essere consentito agli Stati membri di proibire o limitare il ricorso al solo criterio del prezzo o del costo per valutare l’offerta economicamente più vantaggiosa qualora lo ritengano appropriato.
Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento in sede di aggiudicazione degli appalti, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere obbligate ad assicurare la trasparenza necessaria per consentire a qualsiasi offerente di essere ragionevolmente informato dei criteri e delle modalità che saranno applicati nella decisione di aggiudicazione dell’appalto. Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero pertanto essere obbligate a indicare i criteri di aggiudicazione dell’appalto nonché la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di tali criteri Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero, tuttavia, avere la facoltà di derogare all’obbligo di indicare la ponderazione dei criteri di aggiudicazione in casi debitamente giustificati, che devono essere in grado di motivare, quando detta ponderazione non può essere stabilita preliminarmente, in particolare a causa della complessità dell’appalto. In questi casi esse dovrebbero indicare i criteri in ordine decrescente d’importanza”.
La Direttiva 2014/24/UE stabilisce in modo rivoluzionario la possibilità di aggiudicare i contratti pubblici solo in base alla qualità vale a dire stabilendo un prezzo fisso e svolgendo la gara attorno all’elemento qualitativo.
Detta procedura ben si presterà a determinati tipi di appalto (quali quelli c.d. ad alta intensità di lavoro) allo scopo di evitare ribassi che inciderebbero inevitabilmente sul costo del lavoro, aggiudicando la gara solo in base alla qualità degli altri fattori dell’offerta[9].
Nel considerando 93 della predetta Direttiva 2014/24/UE si legge infatti che ”Qualora disposizioni nazionali determinino la remunerazione di taluni servizi o impongano un prezzo fisso per determinate forniture, si dovrebbe precisare che resta possibile valutare il rapporto qualità/prezzo sulla base di fattori diversi dal solo prezzo o dalla sola remunerazione. A seconda del servizio o del prodotto interessato, tali fattori potrebbero comprendere, per esempio, le condizioni di consegna e di pagamento, aspetti legati al servizio post-vendita (per esempio portata dei servizi di consulenza e di sostituzione) o aspetti ambientali o sociali (per esempio la stampa o meno di libri su carta riciclata o su carta prodotta utilizzando legname sostenibile, i costi imputati alle esternalità ambientali o l’agevolazione o meno dell’integrazione sociale di persone svantaggiate o di membri di gruppi vulnerabili tra le persone incaricate dell’esecuzione dell’appalto). Viste le numerose possibilità di valutare il rapporto qualità/prezzo sulla base di criteri sostanziali, si dovrebbe evitare il ricorso al sorteggio quale unico mezzo di aggiudicazione dell’appalto”.
L’art. 67 della Direttiva 2014/24/UE stabilisce che l’offerta economicamente più vantaggiosa dal punto di vista dell’amministrazione aggiudicatrice è individuata sulla base del prezzo o del costo, seguendo un approccio costo/efficacia, quale il costo del ciclo di vita conformemente all’articolo 68, e può includere il miglior rapporto qualità/prezzo, valutato sulla base di criteri, quali gli aspetti qualitativi, ambientali e/o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto pubblico in questione.
Tra tali criteri possono rientrare ad esempio:
- la qualità, che comprende pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, accessibilità, progettazione adeguata per tutti gli utenti, caratteristiche sociali, ambientali e innovative, e la commercializzazione e relative condizioni;
- organizzazione, qualifiche ed esperienza del personale incaricato di eseguire l’appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un’influenza significativa sul livello dell’esecuzione dell’appalto; o
- servizi post-vendita e assistenza tecnica, condizioni di consegna quali data di consegna, processo di consegna e termine di consegna o di esecuzione.
L’elemento relativo al costo può inoltre assumere la forma di un prezzo o costo fisso sulla base del quale gli operatori economici competeranno solo in base a criteri qualitativi.
In tal quadro, gli Stati membri possono prevedere che le amministrazioni aggiudicatrici non possano usare solo il prezzo o il costo come unico criterio di aggiudicazione o limitarne l’uso a determinate categorie di amministrazioni aggiudicatrici o a determinati tipi di appalto.
I criteri di aggiudicazione sono considerati connessi all’oggetto dell’appalto pubblico ove riguardino lavori, forniture o servizi da fornire nell’ambito di tale appalto sotto qualsiasi aspetto e in qualsiasi fase del loro ciclo di vita, compresi fattori coinvolti:
a) nel processo specifico di produzione, fornitura o scambio di questi lavori, forniture o servizi; o
b) in un processo specifico per una fase successiva del loro ciclo di vita, anche se questi fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale.
I criteri di aggiudicazione non hanno l’effetto di conferire all’amministrazione aggiudicatrice una libertà di scelta illimitata. Essi garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte. In caso di dubbio le amministrazioni aggiudicatrici verificano efficacemente l’accuratezza delle informazioni e delle prove fornite dagli offerenti.
L’amministrazione aggiudicatrice dovrà precisare nei documenti di gara la ponderazione relativa che attribuisce a ciascuno dei criteri scelti per determinare l’offerta economicamente più vantaggiosa, tranne i casi in cui questa sia individuata unicamente in base al prezzo.
Tale ponderazione può essere espressa prevedendo una forcella in cui lo scarto tra il minimo e il massimo deve essere adeguato.
Se la ponderazione non è possibile per ragioni obiettive, l’amministrazione aggiudicatrice indica i criteri in ordine decrescente di importanza.
La Direttiva individua, quindi, alcuni tra gli elementi che possono essere valutati per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tra i quali:
a) la qualità dell’offerta;
b) l’organizzazione, le qualifiche e l’organizzazione del personale impiegato;
c) i servizi post-vendita e l’assistenza offerta.
Novità di estrema importanza che discende dalle nuove Direttive appalti è l’introduzione di un concetto completamente nuovo, alternativo al classico elemento del “prezzo”, ovverosia il cd. “costo del ciclo di vita”.
Il significato del criterio è fornito dalle stesse Direttive, ove si legge che “I costi del ciclo di vita comprendono, in quanto pertinenti, tutti i seguenti costi, o parti di essi, legati al ciclo di vita di un prodotto, di un servizio o di un lavoro:
a) costi sostenuti dall’amministrazione aggiudicatrice o da altri utenti, quali: i) costi relativi all’acquisizione; ii) costi connessi all’utilizzo, quali consumo di energia e altre risorse; iii) costi di manutenzione; iv) costi relativi al fine vita, come i costi di raccolta e di riciclaggio;
b) costi imputati a esternalità ambientali legate ai prodotti, servizi o lavori nel corso del ciclo di vita, a condizione che il loro valore monetario possa essere determinato e verificato; tali costi possono includere i costi delle emissioni di gas a effetto serra e di altre sostanze inquinanti nonché altri costi legati all’attenuazione dei cambiamenti climatici” (v. art. 68 Direttiva 2014/24/UE e art. 83 Direttiva 2014/25/UE).
Ebbene, è pertanto preso in considerazione non solo l’elemento, per così dire, “statico” del valore economico del bene offerto e, cioè, il prezzo, ma anche l’intero processo produttivo dell’oggetto dell’appalto da eseguire nei confronti dell’amministrazione.
In tal modo tutti gli aspetti della “vita” della prestazione entrano in gioco in modo rilevante e dovranno essere “tradotti” in costi per la collettività, al fine di selezionare l’offerta che abbia un prezzo inferiore non tanto dal punto di vista puramente economico, ma da quello dell’efficienza che ne può trarre la collettività di riferimento.
Stante, l’elevato tasso di specificità e di tecnicità degli elementi valutabili ai fini del calcolo del costo del ciclo di vita, l’intera attuazione di detto nuovo istituto spetterà allo Stato Membro in sede di recepimento delle Direttive.
3. Per la prima volta, le nuove Direttive prendono in considerazione anche la fase esecutiva e di gestione del contratto pubblico, che nelle precedenti Direttive (2004/17/CE e 2004/18/CE) non era stata invece considerata.
Due sono i profili di maggior interesse: la cd. rinegoziazione del contratto (Direttiva concessioni 2014/23/UE, art. 43; Direttiva appalti settori ordinari 2014/24/UE, art. 72; Direttiva appalti settori speciali 2014/25/UE, art. 89) e le modalità attraverso le quali potrà essere utilizzato il subappalto (Direttiva concessioni 2014/23/UE, art. 43; Direttiva appalti settori ordinari 2014/24/UE, art. 71; Direttiva appalti settori speciali 2014/25/UE, art. 88).
Quanto alla rinegoziazione, sotto la rubrica “Modifica di contratti durante il periodo di validità” le nuove Direttive elencano una lunga serie di circostanze in cui la rinegoziazione non solo è consentita, ma è anzi auspicata, in ragione di una maggiore efficienza ed economicità della gestione del contratto sia da parte dell’amministrazione aggiudicatrice che del privato esecutore.
Alla luce della nuova normativa, pertanto, i contratti possono essere modificati senza una nuova procedura nei casi seguenti:
- se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi, o opzioni;
- per lavori, servizi o forniture supplementari da parte del contraente originale che si sono resi necessari e non erano inclusi nell’appalto iniziale, ove un cambiamento del contraente risulti impraticabile per motivi e comporti per l’amministrazione aggiudicatrice notevoli costi (l’eventuale aumento di prezzo non deve eccedere il 50 % del valore del contratto iniziale);
- se ricorrono tutte e tre le seguenti condizioni:
i) la necessità di modifica è determinata da circostanze imprevedibili;
ii) la modifica non altera la natura generale del contratto;
iii) l’aumento di prezzo non è superiore al 50% del valore del contratto;
- se un nuovo contraente sostituisce quello originario;
- se le modifiche, a prescindere dal loro valore, non sono sostanziali;
- se il valore della modifica è al di sotto di entrambi i valori seguenti: i) le soglie di applicabilità delle Direttive, e comunque ii) il 10% del valore iniziale del contratto per i contratti di servizio e fornitura e il 15% del valore iniziale del contratto per i contratti di lavori (la modifica non può però alterare la natura complessiva del contratto).
Quanto al subappalto viene introdotta:
- la possibilità che il nome del subappaltatore (oltre che le parti di servizio da subappaltare) debba essere indicato dal concorrente già in sede di offerta, come criterio generale e non solo quando ciò sia necessario ai fini della qualificazione;
- la possibilità per dell’amministrazione aggiudicatrice di pagare direttamente il subappaltatore;
- possibilità di sostituire il subappaltatore nel caso in cui questi sia incorso in una delle cause di esclusione rilevanti ai fini delle Direttive.
Per la prima volta, le nuove Direttive prendono in considerazione anche la fase esecutiva e di gestione del contratto pubblico, che nelle precedenti Direttive (2004/17/CE e 2004/18/CE) non era stata invece considerata.
4. Nell’ambito del processo di armonizzazione delle disposizioni europee, la fase del recepimento delle direttive e la conseguente e necessaria opera di revisione del Codice dei contratti pubblici, riveste un ruolo fondamentale nella vita economica del Paese.
Le diposizioni di recepimento dovranno rispettare le norma del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e la disposizione nazionale che vieta di aggiungere o mantenere vincoli ulteriori rispetto a quelli minimi richiesti dalle direttive. Del pari dovrà essere assicurato il coordinamento con le disposizioni vigenti e garantire la parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto a quelli degli altri Paesi membri.
Il recepimento, pertanto, fornirà l’occasione per avviare un processo di revisione del Codice dei contratti pubblici, che secondo il viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti sarà concluso entro il 2015. L’obiettivo pare essere quello di rendere il “nuovo” Codice più snello, sul modello anglosassone in modo da semplificare l’attività delle imprese. Particolare attenzione, come si è accennato, dovrà essere dedicata alle PMI, alle tematiche ambientali e al “debat public” strumento della partecipazione pubblica e alla qualificazione delle imprese.
D’altra parte, le Direttive stabiliscono
la digitalizzazione integrale delle procedure di gara. La smaterializzazione
dei passaggi e l’abbandono del cartaceo dovrà avvenire entro il 18
ottobre 2018. Dal 2016, momento in cui i Paesi membri devono recepire le
Direttive, ci saranno quindi altri due anni per la predisposizione delle
strutture informatiche e l’avvio del nuovo sistema.
Come avverrà il recepimento[10]?
Le nuove disposizioni saranno accolte nell’attuale D. Lgs. 163/06 e s.m.i.? O
il Codice verrà integralmente riscritto?
La revisione delle direttive sugli appalti pubblici si inserisce in un programma globale il cui obiettivo è di portare avanti un’ampia modernizzazione del sistema degli appalti nell’Unione europea, per quanto concerne sia gli appalti pubblici di carattere generale sia gli appalti degli enti che operano nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali.
I singoli Stati membri hanno a disposizione 24 mesi di tempo e, dunque, entro il 18 aprile 2016 per recepire le nuove disposizioni di cui alla Direttiva concessioni 2014/23/UE, Direttiva appalti settori ordinari 2014/24/UE, Direttiva appalti settori speciali 2014/25/UE all’interno della legislazione nazionale.
[1] Tale facoltà invero era già stata prevista anche nelle precedenti direttive come “dialogo tecnico”.
[2]Si veda a tal proposito l’art. 40 della Direttiva appalti settori ordinari 2014/24/UE e l’art. 58 tdella Direttiva settori speciali 2014/25/UE.
[3]Si veda a tal proposito l’art. 41 della Direttiva appalti settori ordinari 2014/24/UE e l’art. 59 della Direttiva settori speciali 2014/25/UE.
[4] Recante “Relazioni uniche sulle procedure di aggiudicazione degli appalti”, per ogni appalto od ogni accordo quadro contemplato dalla direttiva e ogniqualvolta sia istituito un sistema dinamico di acquisizione, l’amministrazione aggiudicatrice deve redigere una relazione analitica della procedura di gara, che deve essere trasmessa, se richiesta, alle autorità di cui all’art. 83 della medesima direttiva 2014/24/UE. Essa documenta lo svolgimento di tutte le procedure di aggiudicazione, indipendentemente dal fatto che esse siano condotte con mezzi elettronici o meno. A tale scopo, garantiscono la conservazione di una documentazione sufficiente a giustificare decisioni adottate in tutte le fasi della procedura di appalto, quali la documentazione relativa alle comunicazioni con gli operatori economici e le deliberazioni interne, la preparazione dei documenti di gara, il dialogo o la negoziazione se previsti, la selezione e l’aggiudicazione dell’appalto. La documentazione è conservata per almeno tre anni a partire dalla data di aggiudicazione dell’appalto.
[5]Nel senso che lo Stato non avrà alcuna discrezionalità sul relativo recepimento.
[6]In quanto la Direttiva lascia ampia discrezionalità allo Stato Membro di decidere in sede di recepimento se rendere tali cause di esclusione obbligatorie, oppure rimetterne la valutazione all’Amministrazione aggiudicatrice, la quale deciderà caso per caso.
[7]Cfr. Direttiva 2014/23/UE concessioni, art. 38, Dir. 2014/24/UE appalti settori ordinari, art. 63, Direttiva 2014/25/UE appalti settori speciali, art. 79.
[8] Prevista per i soli appalti nei settori ordinari.
[9] Sul punto si veda P. Pittelli, Il miglior rapporto qualità/prezzo: il nuovo concetto europeo di offerta economicamente più vantaggiosa, in http://www.lineeavcp.it/. L’autrice rileva come tale procedura ben si adatterebbe all’appalto c.d. labour intensive ovvero ad “un contratto d’appalto avente a oggetto servizio di logistica, entro magazzini, di capi d’abbigliamento…. È ipotesi appieno integrante la figura dell’appalto c.d. labour intensive. Il che è tanto più vero quando l’appalto risponda alle seguenti caratteristiche: a) la presenza di più prestazioni oggetto d’appalto, che vanno dal controllo di qualità dei capi, alla loro etichettatura, al loro stoccaggio a magazzino, al confezionamento e imballo per le spedizioni; b) l’alto numero di lavoratori chiamati a operare in ciascun magazzino, donde la necessità di un coordinamento delle prestazioni di ciascuno e, ancor più, di formare gruppi di lavoro ripartiti in ragione delle varie prestazioni dedotte in appalto; c) l’obbligo di movimentare una certa quantità di capi entro limiti temporalmente prefissati dalla clientela dell’appaltatore – costituendo ciò il risultato del servizio che il committente attende dall’appaltatore –, sì che il potere organizzativo ex art. 29, comma 1, assume forte consistenza, nell’obiettivo di dover assicurare, giorno dopo giorno, una professionalità della prestazione lavorativa in linea con i livelli di obiettivo richiesti dal committente.” (Trib. Reggio Emilia 19/7/2012).
[10]A tal riguardo si veda F. Titomanlio, «Proposta: separiamo gli appalti dalle concessioni » in Direttiva Appalti -Le nuove norme europee: approfondimenti e testo – Edilizia e Territorio- Dossier on line – numero 2 di febbraio 2014 – www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com.