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Sulla Gazzetta Ufficiale del 27 ottobre 2014, Serie Generale n. 250, è stato pubblicato il decreto legislativo 13 ottobre 2014 n. 153 il quale reca «Ulteriori disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, recante codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136» (di seguito per brevità “D. Lgs. n. 153/2014”).
Il provvedimento rientra nell’ambito della delega legislativa di natura “correttiva” di cui all’art. 2, comma 4 della Legge 13 agosto 2010 n. 136 (di seguito per brevità “L. n. 136/2010”) ai sensi del quale il Governo era autorizzato ad emanare disposizioni integrative e correttive del Codice Antimafia entro tre anni dall’entrata in vigore dello stesso (avvenuta il 13 ottobre 2011). Tale delega è stata esercitata una prima volta con l’adozione del decreto legislativo 15 novembre 2012, n. 218 (cd. primo correttivo).
Come verrà illustrato nel presente contributo, il D. Lgs. n. 153/2014 (cd. secondo correttivo) – le cui disposizioni sono entrate in vigore il 26 novembre 2014 – interviene nella parte del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (di seguito anche “Codice Antimafia”) concernente i controlli amministrativi su appalti e concessioni, erogazioni e finanziamenti pubblici.
In particolare, il secondo correttivo al Codice Antimafia si pone, come precipua finalità, quella di rendere più snella, in un’ottica di semplificazione, la procedura per il rilascio della documentazione antimafia delle imprese operanti nei predetti settori con una conseguente accelerazione dei tempi per la stipula dei contratti pubblici pur consentendo di tenere alto il livello di vigilanza tramite l’ampliamento dei controlli sugli appalti.
Le norme di cui al D.Lgs. n. 153/2014, correttive delle norme del Codice Antimafia relative al rilascio della documentazione antimafia, sonoentrate in vigore il 26 novembre 2014
2. La documentazione antimafia nel Codice Antimafia
Prima di passare ad esaminare nel dettaglio le norme del D. Lgs. n. 153/2014 si ritiene utile richiamare alcuni concetti generali della materia di cui qui ci si occupa al fine di agevolare l’inquadramento delle norme che in seguito si andrà ad esaminare.
L’art. 83, commi 1 e 2 del Codice Antimafia stabilisce per una serie di soggetti pubblici (le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o le imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico, nonché i concessionari di opere pubbliche e i c.d. contraenti generali) l’obbligo di acquisire la documentazione antimafia prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici ovvero prima di concedere contributi, mutui, finanziamenti o rilasciare licenze, attestati, iscrizioni ed autorizzazioni.
Il Codice Antimafia distingue la documentazione antimafia in due tipologie:
(a) la comunicazione antimafia, che attesta l’esistenza o meno delle cause di decadenza, sospensione o divieto di cui all’art. 67 del Codice e quindi l’adozione di provvedimenti definitivi di applicazione di una misura di prevenzione;
(b) l’informazione antimafia, che si caratterizza per un elemento ulteriore, attestando anche l’eventuale tentativo di infiltrazione mafiosa tendente a condizionare le scelte dell’impresa interessata al rapporto contrattuale (o al mutuo, concessione, ecc,) con il soggetto pubblico (art. 84 del Codice Antimafia).
In particolare, la comunicazione antimafia è richiesta per la stipula dei contratti di importo superiore a 150.000 euro ed inferiore alla soglia comunitaria.
L’informazione antimafia è richiesta, invece, prima di stipulare, approvare, autorizzare i contratti e subcontratti (ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell’art. 67 del Codice Antimafia) il cui valore sia:
- pari o superiore alla soglia comunitaria in materia di opere e lavori pubblici, servizi pubblici e pubbliche forniture, indipendentemente dai casi di esclusione ivi indicati;
- superiore a 150.000 euro per le concessioni di acque pubbliche o di beni demaniali per lo svolgimento di attività imprenditoriali, ovvero per la concessione di contributi, finanziamenti e agevolazioni su mutuo o altre erogazioni dello stesso tipo per lo svolgimento di attività imprenditoriali;
- superiore a 150.000 euro per l’autorizzazione di subcontratti, cessioni, cottimi, concernenti la realizzazione di opere o lavori pubblici o la prestazione di servizi o forniture pubbliche.
Con riferimento all’obbligatorietà della documentazione antimafia ai sensi del Codice Antimafia, ad integrazione di quanto sopra indicato, si rimanda al paragrafo n. 3 del presente e all’istituzione delle cd. “white list” la cui consultazione è obbligatoria in relazione ad alcune attività imprenditoriali definite “sensibili”, indipendentemente dalle soglie di valore stabilite dal Codice Antimafia.
Il Codice Antimafia distingue la documentazione antimafia in due tipologie, la comunicazione antimafia e l’informazione antimafia, la cui obbligatorietà dipende dalle soglie di valore cui si riferisce il provvedimento per il quale la documentazione antimafia stessa è richiesta
2. Le novità del secondo correttivo al Codice Antimafia
L’art. 1 del D. Lgs. n. 153/2014 contiene alcune modifiche alla disciplina di cui al Codice Antimafia relativa all’ambito soggettivo di applicazione delle norme sulle verifiche antimafia a alla validità della documentazione antimafia.
In particolare, il predetto art. 1 del D. Lgs. n. 153/2014 ha modificato l’art. 85, comma 3 del Codice Antimafia: dando attuazione al principio di cui all’art. 2, comma 1 lett. a) della L. n. 136/2010 con riferimento ai controlli nei confronti dei familiari, viene specificato che le indagini sui tentativi di infiltrazione mafiosa nell’impresa ai fini dell’acquisizione della documentazione antimafia, sono estese ai soli familiari conviventi “maggiorenni” residenti sul territorio dello Stato Italiano dei soggetti istituzionali rappresentanti dell’impresa (ovvero amministratori, rappresentanti legali, direttori tecnici, soci di maggioranza, membri di collegi sindacali, ecc.).
La previsione, come evidenziato nella relazione illustrativa del D. Lgs. n. 153/2014, intende evitare inutili dispersioni investigative per indagini su minori che non possono in alcun modo incidere sulla gestione dell’impresa.
L’art. 1 del D. Lgs. n. 153/2014 ha modificato, inoltre, l’art. 86 del Codice Antimafia prevedendo l’inserimento diun comma 2-bis secondo il quale le comunicazioni e le informazioni antimafia già acquisite sono valide (nei termini, rispettivamente, semestrale ed annuale) e producono effetti anche in altri procedimenti rispetto a quelli per i quali sono state acquisite, riguardanti i medesimi soggetti: al fine, dunque, di realizzare la semplificazione amministrativa oltreché un risparmio di spesa, la documentazione antimafia in corso di validità può essere riutilizzata dalle diverse amministrazioni pubbliche interessante.
L’art. 2 del D.Lgs. n. 153/2014 disciplina il rilascio della comunicazione antimafia, richiesta al fine di stipulare contratti pubblici o rilasciare concessioni, autorizzazioni e finanziamenti di importo inferiore alla soglia comunitaria ma superiore a 150.000 euro. In particolare viene adeguata le modalità di rilascio della comunicazione antimafia di cui all’art. 87, commi 1 e 2 del Codice Antimafia alle nuove modalità di acquisizione della stesa mediante la consultazione diretta della “banca dati nazionale unica” da parte dei soggetti autorizzati di cui all’art. 97, comma 1 del Codice Antimafia (ovvero i soggetti indicati dall’art. 83, commi 1 e 2 del Codice Antimafia, le Camere di Commercio, gli ordini professionali, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, per le finalità di cui all’art. 6-bis del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (di seguito il “D. Lgs. n. 163/2006”). Si ricorda che nella formulazione originaria dell’art. 87 del Codice Antimafia, la comunicazione antimafia veniva rilasciata dal prefetto competente dopo aver consultato la banca dati nazionale unica.
Tuttavia ai sensi del nuovo art. 87 del Codice Antimafia, qualora ai sensi dell’art. 88 commi 2, 3 e 3-bis del Codice Antimafia[1]
(i)dalla consultazione della banca dati nazionale unica emerga la sussistenza di cause di decadenza, sospensione o di divieto ai sensi dell’art. 67 dello stesso Codice Antimafia,
(ii) la richiesta di rilascio della comunicazione antimafia riguarda un soggetto non censito dalla banca dati nazionaleunica,
condizioni in presenza delle quali, quindi, risultano necessarie verifiche ulteriori, la comunicazione antimafia continua ad essere rilasciata dal prefetto territorialmente competente.
A tale riguardo, il nuovo art. 87, comma 2 del Codice Antimafia, ridefinendo i precedenti criteri di competenza territoriale, dispone che
– in generale è competente il «prefetto della provincia in cui le persone fisiche, le imprese, le associazioni o i consorzi risiedono o hanno sede legale ovvero dal prefetto della provincia in cui è stabilita una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato per le società di cui all’articolo 2508 del codice civile»;
– nel caso di società costituite all’estero prive di una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato, è competente il prefetto della provincia in cui hanno sede i soggetti richiedenti la comunicazione antimafia (ovvero i soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2 del Codice Antimafia).
L’art. 2 del D. Lgs. n. 153/2014 introduce, inoltre, modifiche con riferimento alla disciplina del procedimento di rilascio della comunicazione antimafia di cui all’art. 88, comma 4 del Codice Antimafia: in particolare, viene stabilito che nei casi previsti dai commi 2, 3 e 3-bis dell’art. 88 il prefetto rilascia la comunicazione antimafia entro 30 giorni dalla consultazione della banca dati nazionale unica. Si ricorda che nella formulazione originaria del predetto art. 89, comma 4 era previsto che la comunicazione antimafia venisse rilasciata entro 45 giorni, termine estendibile fino a 75 giorni nei casi di indagini complesse).
Ai sensi dell’art. 2 del D. Lgs. n. 163/2006 sono stati, inoltre, introdotti all’art. 88 del Codice Antimafia quattro nuovi commi (4-bis, 4-ter, 4-quater e 4-quinquies) ai sensi dei quali:
1. qualora, in ragione della particolare complessità delle indagini, il termine di 30 giorni di cui al comma 4 dell’art. 89 sia decorso, i soggetti richiedenti procedono anche in assenza della comunicazione antimafia previa acquisizione della autocertificazione dell’impresa attestante l’assenza di situazioni ostative di cui all’art. 89 del Codice Antimafia. In tal caso, i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni citate all’art. 67 vengono corrisposte sotto condizione risolutiva dell’eventuale comunicazione antimafia interdittiva e i soggetti richiedenti di cui all’art. 83, commi 1 e 2 «revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite» (comma 4-bis);
2. la possibilità di revoca e di recesso di cui sopra è riconosciuta anche quando la sussistenza delle cause ostative è accertata dopo la «stipula del contratto della concessione di lavori o all’autorizzazione al subcontratto» (comma 4-ter);
3. i soggetti richiedenti di cui all’art. 83, commi 1 e 2 del Codice Antimafia possono, anziché erogare fin da subito, sospendere il versamento delle erogazioni indicate all’art. 67, comma 1 lett. g) (ovvero «contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali») fino alla ricezione della comunicazione antimafia liberatoria trasmessa dal prefetto competente (comma 4-quater);
4. viene stabilito un termine breve pari a 5 giorni entro il quale il prefetto competente deve comunicare all’impresa l’adozione della comunicazione antimafia interdittiva con le modalità di cui all’art. 79, comma 5-bis del D.Lgs. n. 163/2006 adottate al fine di comunicare “in tempo reale” gli atti di esclusione dalle procedure ad evidenza pubblica (ovvero con raccomandata A/R, o posta elettronica certificata o fax)(comma 4-quinquies).
Di particolare rilievo è l’introduzione, ancora ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 153/2014, di una modifica all’art. 89, comma 1 del Codice Antimafia (il qual prevede che, fuori dei casi in cui è richiesta l’informazione antimafia, i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi o forniture dichiarati urgenti ed i provvedimenti di rinnovo conseguenti a provvedimenti già disposti, sono stipulati, autorizzati o adottati previa autocertificazione) in forza della quale si fa salva la nuova disciplina dell’autocertificazione introdotta al comma 4-bis dell’art. 88, con la condizione risolutiva legata alla corresponsione di contributi e finanziamenti.
Infine, l’art. 2 del D.Lgs. n. 153/2014 ha introdotto il nuovo art. 89-bis del Codice Antimafia il quale disciplina l’ipotesi in cui il prefetto a cui sia stata richiesta una comunicazione antimafia all’esito delle verifiche, pur verificando l’assenza di cause ostative di cui all’art. 67, accerti la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa: in tal caso il prefetto potrà adottare, in luogo della richiesta comunicazione antimafia, un’informativa antimafia interdittiva dandone comunicazione ai soggetti richiedenti di cui all’art. 83, commi 1 e 2 del Codice Antimafia.
L’art. 3 del D.Lgs. n. 153/2014 disciplina il rilascio della informativa antimafia, richiesta al fine di stipulare contratti di importo superiore alla soglia comunitaria o per la concessione di erogazioni di contributi pubblici superiori a 150.000 euro.
L’introduzione delle citate modifiche, le quali appaiono speculari rispetto a quelle già esaminate con riferimento al rilascio della comunicazione antimafia, hanno consentito il coordinamento della disciplina previgente alle nuove modalità di acquisizione delle informazioni preordinate al rilascio della documentazione antimafia tramite la consultazione della banca dati nazionale unica.
L’art. 3 del D. Lgs. n. 153/2014 modifica la disciplina relativa al rilascio dell’informativa antimafia di cui all’art. 90, commi 1 e 2 del Codice Antimafia, prevedendo che
(i) in generale l’informativa antimafia è rilasciata mediante la consultazione della banca dati nazionale unica da parte dei soggetti autorizzati di cui all’art. 97, comma 1 del Codice Antimafia, debitamente autorizzati (ovvero i soggetti indicati dall’art. 83, commi 1 e 2 del Codice Antimafia, le Camere di Commercio, gli ordini professionali, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, per le finalità di cui all’art. 6-bis del D. Lgs. n. 163/2006). Si ricorda che nella formulazione originaria del comma 1 dell’art. 90 l’informativa antimafia era rilasciata dal prefetto a seguito della consultazione della banca dati nazionale unica;
(ii) qualora dalla consultazione della banca dati nazionale unica emerga la sussistenza di cause di decadenza o di un tentativo di infiltrazione mafiosa oppure il soggetto non risulti censito in banca dati nazionale unica e, quindi, occorra effettuare le necessarie verifiche ai sensi dell’art. 92, commi 2 e 3 del Codice Antimafia (come previsto anche per la comunicazione antimafia) al rilascio dell’informativa antimafia sarà competente il prefetto.
In particolare,
- sarà competente il «prefetto della provincia in cui le persone fisiche, le imprese, le associazioni o i consorzi risiedono o hanno sede legale ovvero dal prefetto della provincia in cui è stabilita una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato per le società di cui all’articolo 2508 del codice civile»;
- nel caso di società costituite all’estero prive di una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato, è competente il prefetto della provincia in cui hanno sede i soggetti richiedenti la comunicazione antimafia (ovvero i soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2 del Codice Antimafia).
Con l’art. 3 del D.Lgs. n. 153/2014 viene, inoltre, sostituito il comma 2 dell’art. 92 del Codice Antimafia il quale nella nuova formulazione dispone che:
- qualora dalla consultazione della banca dati nazionale unica emerga la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto ai sensi dell’art. 67 del Codice antimafia o di un tentativo di infiltrazione mafiosa ex art. 84, comma 4 del Codice Antimafia, oppure
- la consultazione della banca dati nazionale unica riguardi un soggetto non censito,
il prefetto, dopo aver disposto le necessarie verifiche, dovrà rilasciare l’informativa antimafia entro 30 giorni dalla consultazione della banca dati nazionaleunica. Si rammenta che la formulazione originaria dell’art. 90 comma 2 del Codice Antimafia prevedeva a tale riguardo un termine di 45 giorni.
Tuttavia è previsto che, nei casi di verifiche complesse, il prefetto, dopo aver dato comunicazione «senza ritardo» all’amministrazione richiedente, fornisce le informazioni acquisite entro i successivi 45 giorni: nei casi più complessi, dunque, il termine ordinario di 30 giorni è aumentato di ulteriori 45 giorni.
L’art. 3 del D. Lgs. n. 153/2014 ha, inoltre, introdotto il nuovo comma 2-bis dell’art. 92 del Codice Antimafia ai sensi del quale (come disposto per la comunicazione antimafia) il prefetto è tenuto a comunicare l’informativa antimafia interdittiva alla società o associazione interessata entro 5 giorni dalla sua adozione con le modalità già viste di cui all’art. 79 comma 5-bis del D. Lgs. n. 163/2006.
Lo stesso comma 2-bis dell’art. 92 del Codice Antimafia dispone, inoltre, che nel caso in cui il prefetto adotti un’informativa antimafia interdittiva deve verificare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle misure di cui all’art. 30, comma 4 del decreto legge 24 giugno 2014 n. 90 convertito con legge 11 agosto 2014 n. 114 (di seguito il “Decreto Pubblica Amministrazione”): in caso positivo il prefetto è tenuto ad informare tempestivamente il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, competente per l’applicazione di dette misure.
Ed ancora, con l’art. 3 del D. Lgs. n. 153/2014 è stato modificato il comma 3 dell’art. 92 del Codice Antimafia il quale, nella nuova formulazione, conferma anche per l’informazione antimafia, l’attuale disciplina vigente in relazione alla possibilità delle stazioni appaltanti di procedere con il contratto, sotto condizione risolutiva, decorso il termine per il rilascio dell’informazione da parte del prefetto o nei casi di urgenza.
In particolare è previsto che i soggetti richiedenti l’informativa antimafia di cui all’art. 83 commi 1 e 2 del Codice Antimafia possono procedere anche in assenza dell’informativa dopo che sia decorso il termine di cui al comma 2 (30 giorni, eventualmente aumentati di 45 giorni) oppure immediatamente nei casi di urgenza (a tale riguardo, si ricorda che nella precedente formulazione in caso di urgenza i soggetti richiedenti potevano procedere anche in assenza dell’informativa antimafia qualora fossero decorsi 15 giorni dalla ricezione della richiesta di informativa antimafia da parte del prefetto).
Viene, quindi, confermata anche per l’informativa antimafia la previsione secondo cui i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni citate all’art. 67 vengono corrisposte sotto condizione risolutiva dell’eventuale informativa antimafia interdittiva e i soggetti richiedenti di cui all’art. 83, commi 1 e 2 «revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite».
L’art. 3 del D.Lgs. n. 153/2014, infine, sostituisce il comma 5 dell’art. 92 del Codice Antimafia apportando la correzione ad un mero errore formale contenuto nella precedente formulazione dello stesso comma 5 nell’ambito della quale veniva prevista la possibilità in ogni caso di sospendere il versamento delle erogazioni di cui all’art. 67, comma 1 lett. f) del Codice Antimafia fino alla ricezione dell’informazione antimafia liberatoria da parte del prefetto: la predetta lettera f)[2] del comma 1 dell’art. 67, tuttavia, non riguarda le citate erogazioni, menzionate invece alla successiva lettera g). Ecco, dunque, l’intervento correttivo del legislatore che nella nuova formulazione del comma 5 dell’art. 92, ha sostituito il riferimento alla lettera f) con il riferimento corretto alla lettera g).
Finalità dell’art. 4 del D.Lgs. n. 153/2014 è disporre la semplificazione amministrativa connessa al rilascio della documentazione antimafia e, quindi, ridurre gli oneri ad esso connessi attraverso la formulazione della nuova disciplina relativa al FUNZIONAMENTO DELLA BANCA DATI NAZIONALE UNICA.
In particolare, viene aggiunto il nuovo comma 2-ter dell’art. 99 del Codice Antimafia con cui, al fine di consentire un controllo rapido dei dati necessari per verifiche antimafia, si prevede la possibilità di disciplinare, con un apposito regolamento attuativo successivo, le modalità con cui la banca dati nazionaleunica possa:
-collegarsi con la cd. “Anagrafe nazionale della popolazione residente” di cui all’art. 67 del D. Lgs. n. 82/2005 (cd. Codice dell’Amministrazione Digitale) istituita presso il Ministero dell’Interno al fine di acquisire i dati anagrafici dei soggetti indicati all’art. 85, comma 3 del Codice Antimafia (ovvero ititolari dell’impresa, i suoi rappresentanti legali, i soci, gli amministratori, i direttori, i membri del collegio sindacale e i loro familiari conviventi maggiorenni sottoposti a verifica antimafia);
- confrontare i predetti dati con quelli già presenti nel cd. “Centro Elaborazione Dati” di cui all’art. 8 della Legge n. 121/1981costituito presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno.
L’art. 4 del D. lgs. n. 153/2014 introduce, inoltre, il nuovo art. 99-bis del Codice Antimafia con riferimento all’ipotesi di mancato funzionamento della banca dati nazionaleunica.
In particolare, al comma 1 dell’art. 99-bis citato è previsto che nel caso in cui la banca dati nazionale unica non funzioni «a causa di eventi eccezionali», la comunicazione antimafia è sostituita dall’autocertificazione di cui all’art. 89 mentre l’informazione antimafia viene rilasciata secondo le modalità previste dal comma 2 dell’art. 92, commi 2 e 3, quindi dal prefetto entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta.
Viene, inoltre, specificato che nel caso in cui la comunicazione antimafia sia sostituita dall’autocertificazione di cui all’art. 89 del Codice Antimafia, i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni citate all’art. 67 vengono corrisposte sotto condizione risolutiva dell’eventuale comunicazione antimafia interdittiva e previa presentazione di una garanzia fideiussoria di importo pari al contributo, finanziamento, agevolazione o erogazione in questione.
I commi 2 e 3 dell’art. 99-bis del Codice Antimafia dispone che in caso di mancato funzionamento della banca dati nazionale unica, il Ministero dell’Interno pubblica immediatamente sul proprio sito web istituzionale e su quelli delle singole Prefetture un avviso. Con le stesse modalità, il Ministero dell’Interno provvederà a dare notizia del ripristino della funzionalità della banca dati nazionaleunica.
Fra le disposizioni di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 153/2014 (rubricato “Norme transitorie, di coordinamento e di invarianza finanziaria”) si evidenzia quella contenuta al comma 2 in cui si prevede che alle richieste di rilascio della documentazione antimafia presentate prima del 26 novembre 2014 (data di entrata in vigore delle disposizioni del D. Lgs. n. 153/2014) continuano ad applicarsi le previgenti norme del Codice Antimafia ad eccezione di alcune disposizioni modificate dallo stesso D. Lgs. n. 153/2014 che quindi si applicheranno anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 153/2014 stesso. Trattasi in particolare delle seguenti disposizioni:
- art. 1 – validità della documentazione antimafia ed ambito soggettivo delle verifiche – relativamente alle indagini antimafia per i soli conviventi maggiorenni dell’interessato e alla utilizzabilità della documentazione antimafia anche in altri procedimenti;
- art. 2, comma 1 lettere b), c) e d) – procedimento di rilascio della comunicazione antimafia (ovvero commi 4-bis, 4-ter, 4-quater e 4-quinquies dell’art. 88, art. 89, comma 1 e art. 89-bis): si tratta delle disposizioni sul rilascio della comunicazione antimafia entro 30 giorni, da parte del prefetto, ove risultino necessarie ulteriori verifiche ovvero quando la richiesta riguardi un soggetto non censito; delle disposizioni sui contratti conclusi in assenza della comunicazione antimafia e sulle modalità di comunicazione della comunicazione antimafia interdittiva; delle disposizioni sulla possibilità di rilasciare informazione antimafia interdittiva all’esito della richiesta di comunicazione antimafia; occorre valutare, per la fase transitoria, se sia utile esplicitare il momento da cui decorre il più breve termine per la comunicazione antimafia da parte del prefetto, in modo da garantire la continuità nell’attività di prevenzione;
- art. 3, comma 1 lettera b) – procedimento di rilascio dell’informazione antimafia (ovvero commi 2, 2-bis, 3 e 5 dell’art. 92): si tratta delle disposizioni sul rilascio dell’informazione antimafia prefettizia in presenza di cause ostative riscontrate nella banca dati nazionaleunica; della disposizione sugli obblighi di comunicazione dell’informazione interdittiva; della disposizione sulla possibilità di procedere decorso il termine di rilascio dell’informazione antimafia.
I sei articoli di cui si compone il D.Lgs. n. 153/2014 contengono misure di semplificazione delle procedure per il rilascio della documentazione antimafia, di accelerazione dei termini per la stipula dei contratti pubblici e di ampliamento dei controlli sugli appalti.
3. Banca dati nazionale unica e “white list”
L’intervento normativo di cui al D. Lgs. n. 153/2014 troverà la sua completa attuazione solo a seguito della pubblicazione del regolamento sul funzionamento della banca dati nazionale unica.
A tale riguardo si rammenta che l’istituzione presso il Ministero dell’Interno di tale banca dati è stata prevista dall’art. 96 del Codice Antimafia con lo scopo di facilitare e razionalizzare il sistema di rilascio della documentazione antimafia.
L’art. 99, comma 2-bis del Codice Antimafia – come modificato dal secondo correttivo – detta una disciplina transitoria che prevede che fino all’attivazione della banca dati nazionale unica, e comunque non oltre 12 mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del primo dei regolamenti destinati a regolare la stessa banca dati, i soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2 del Codice Antimafia acquisiscono d’ufficio tramite le prefetture la documentazione antimafia (secondo i termini di cui agli artt. 88 e 92 del Codice Antimafia); le prefetture utilizzano, a tal fine, il collegamento informatico con il CED del Ministero dell’Interno e con le Camere di Commercio.
Al momento non risulta ancora emanato alcun regolamento sulla banca dati nazionale unica della documentazione antimafia.
Con riferimento al procedimento di formazione del predetto regolamento, si evidenzia, tuttavia, che il 26 marzo 2014, il Consiglio di Stato ha espresso il parere di competenza su uno schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, predisposto dal Ministero dell’interno, recante “Disposizioni concernenti le modalità di funzionamento, accesso, consultazione e collegamento con il CED, di cui all’art. 8 della legge 1° aprile 1981, n.121, della Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, istituita ai sensi dell’art. 96 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”.
Con Provvedimento del 30 gennaio 2014, il Garante della privacy, sullo stesso schema di regolamento, ha espresso parere favorevole al Ministero dell’interno.
Nella seduta dell’8 aprile 2014 davanti alla Commissione Affari costituzionali del Senato, il Ministro dell’Interno, nel rendere comunicazioni sulle linee programmatiche del suo dicastero, ha tra l’altro affermato che “con la banca dati unica siamo già operativi in varie Regioni e in alcuni capoluoghi; a livello generale saremo operativi a giugno”.
Ad oggi la banca dati nazionale unica non risulta ancora attiva.
Ai fini della documentazione antimafia, oltre alla disciplina dettata dal Codice Antimafia, occorre far riferimento anche a quanto previsto dalla legge 6 novembre 2012 n. 190 (di seguito la “Legge Anticorruzione”) la quale all’art. 1, commi 52 e seguenti, come di recente modificati dall’art. 29 delDecreto Pubblica Amministrazione, prevede l’istituzione delle cd. “white list” presso ogni prefettura.
Tali white list consistono in appositi elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori ritenuti non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa ma operanti nei settori indicati dall’art. 1, comma 53 della Legge Anticorruzione, ritenuti maggiormente esposti:
a) trasporto di materiali a discarica per conto di terzi;
b) trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi;
c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;
d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;
e) noli a freddo di macchinari;
f) fornitura di ferro lavorato;
g) noli a caldo;
h) autotrasporti per conto di terzi;
i) guardiania dei cantieri.
Come dispone l’art. 1, comma 52 della Legge Anticorruzione, in relazione alle attività imprenditoriali di cui al predetto comma 53, i soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2 del Codice Antimafia, acquisiscono obbligatoriamente la comunicazione e l’informazione antimafia liberatoria attraverso la consultazione anche telematica degli appositi elenchi tenuti presso le prefetture. E ciò, indipendentemente dalle soglie di valore stabilite dal Codice Antimafia.
Ai sensi dell’art. 1, comma 52-bis della Legge Anticorruzione, l’iscrizione nella white list sostituisce la comunicazione e informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per le quali essa è stata disposta.
Tale previsione risolve alcune criticità operative rilevate nella prima fase di applicazione della normativa e rafforza le white list come strumento di prevenzione del pericolo di inquinamento mafioso nelle attività economiche, rendendo di fatto indispensabile l’iscrizione in tali elenchi per le imprese che operano nei c.d. “settori sensibili”, in relazione ai quali la conclusione di rapporti con la pubblica amministrazione presuppone l’acquisizione della documentazione antimafia.
La definizione delle modalità per l’istituzione e l’aggiornamento di tali elenchi e per l’attività di verifica è affidata ad un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 aprile 2013, in vigore dal 14 agosto 2013, che stabilisce che l’iscrizione nell’elenco dell’impresa interessata venga disposta dal prefetto della provincia in cui l’impresa richiedente ha sede, dopo aver verificato l’assenza di una delle cause di decadenza, sospensione o divieto previste dall’articolo 67 del Codice Antimafia, nonché del rischio di infiltrazione mafiosa ai sensi dell’art. 84, comma 3 del Codice Antimafia mediante la consultazione della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia di cui al Codice Antimafia.
La piena operatività delle white list è quindi subordinata all’attivazione della citata banca dati nazionaleunica, ma, in attesa della sua entrata in vigore, è stabilito che le prefetture possano utilizzare i collegamenti telematici e informatici già attivati con il sistema informativo delle Camere di Commercio e con il CED del Ministero dell’Interno.
L’intervento di cui al D.Lgs. n. 153/2014 e la piena operatività delle “white list” troveranno completa attuazione solo a seguito della pubblicazione del regolamento sul funzionamento della banca dati nazionale unica
4. Conclusioni
Le novità apportate al Codice Antimafia dal secondo correttivo, ispirate dalla necessità di rafforzare i controlli preventivi, di snellire e velocizzare le procedure di rilascio della documentazione antimafia, riusciranno a ridurre gli oneri a carico delle imprese oltreché a garantire l’efficienza della Pubblica Amministrazione?
Al fine di rispondere al quesito, non si può non evidenziare che gli intenti del legislatore potranno trovare dovuta applicazione solo a seguito dell’operatività della banca dati nazionale unica (richiesta a gran voce da tutte le figure che orbitano attorno ai controlli antimafia, dalle prefetture ai soggetti pubblici ai soggetti privati!) la quale, consentendo la centralizzazione dei dati informatici, garantirà l’uniformità delle decisioni su tutto il territorio nazionale e la rapidità dell’emissione della prescritta documentazione antimafia.
In assenza di un unico centro di raccolta dei dati, infatti, i controlli antimafia continueranno ad essere effettuati dalle singole prefetture con gli strumenti tradizionali i quali ormai appaiono obsoleti e lenti ma, soprattutto, rischiano di fornire dati parziali e frazionati sul territorio, generando una grave inefficienza della Pubblica Amministrazione.
[1]Art. 88, comi 2, 3e 3-bis del Codice Antimafia «2. Quando dalla consultazione della banca dati nazionale unica emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67, il prefetto effettua le necessarie verifiche e accerta la corrispondenza dei motivi ostativi emersi dalla consultazione della banca dati nazionale unica alla situazione aggiornata del soggetto sottoposto agli accertamenti.
3. Qualora le verifiche effettuate ai sensi del comma 2 diano esito positivo, il prefetto rilascia la comunicazione antimafia interdittiva ovvero, nel caso in cui le verifiche medesime diano esito negativo, il prefetto rilascia la comunicazione antimafia liberatoria attestando che la stessa è emessa utilizzando il collegamento alla banca dati nazionale unica.
3-bis. Il prefetto procede alle stesse verifiche quando la consultazione della banca dati nazionale unica è eseguita per un soggetto che risulti non censito».
[2] Art. 67, comma 1 lettere f) e g) del Codice Antimafia «Le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II non possono ottenere:
[…]
f) altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati;
g) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali».