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1. Finalità e presupposti delle modifiche contrattuali ai sensi dell’art. 120 del 36/2023

L’art. 120 del Dlgs. 36/2023 costituisce un’importante disposizione, peraltro già presente con differenziazioni nei precedenti codici, volta a regolare i casi in cui è possibile intervenire nei contratti in esecuzione offrendo, infatti, gli strumenti giuridici necessari per modificare, introdurre varianti, integrare quanto previsto o per provvedere a modifiche soggettive implicanti la sostituzione del contraente originario, senza dover ricorrere ad una nuova procedura. Rappresenta quindi un articolo applicabile nel caso in cui si verifichino situazioni, nei maggiori casi non previste in fase di gara, che conducono alla necessità di adeguare il contratto alle nuove valutazioni emerse.

Le amministrazioni aggiudicatrici si trovano, infatti, a volte ad affrontare eventi che non era possibile prevedere in fase preliminare soprattutto quanto il contratto è di lunga durata ed occorre, nell’interesse pubblico, provvedere con un rimedio amministrativo legittimo tempestivo. Sono applicabili modifiche che presentano limiti di spesa (le varianti e le integrazioni supplementari, ad esempio), vi sono modifiche che non sono sottoposte a tali limiti a condizione che non si alterino gli elementi contrattuali originari anche nel rispetto della concorrenza e dell’economicità della scelta amministrativa adottata.

L’art. 120 del D.lgs. 36/2023 costituisce un’importante disposizione, peraltro già presente con differenziazioni nei precedenti codici, volta a regolare i casi in cui è possibile intervenire nei contratti in esecuzione offrendo, infatti, gli strumenti giuridici necessari per modificare, introdurre varianti, integrare quanto previsto o per provvedere a modifiche soggettive, implicanti la sostituzione del contraente originario, senza dover ricorrere ad una nuova procedura.

La Direttiva 2014/24/UE afferma che le modifiche del contratto, comportanti una modifica minore del valore del contratto sino a un determinato valore, dovrebbero essere sempre possibili senza richiedere una nuova procedura d’appalto.

L’articolo 120 del Dlgs. 36/2023 si presenta in 15 commi, nella prima parte definisce i diversi casi in cui si può ricorrere a modifiche contrattuali e nei successivi commi descrive i relativi presupposti e limiti (di natura economica e procedurale). Lo scopo è di garantire la certezza giuridica, definendo le condizioni per poter procedere ad una modifica contrattuale. In situazioni diverse è necessaria una nuova procedura di appalto. L’articolo in argomento regola, coordinandosi con l’art. 9, gli strumenti finalizzati al ripristino dell’originario equilibrio del contratto oggetto dell’affidamento, qualora fluttuazioni economiche e di mercato impreviste, necessitino di un intervento a tutela dell’operatore economico.

L’articolo 120 del Dlgs. 36/2023 si presenta in 15 commi, nella prima parte definisce i diversi casi in cui si può ricorrere a modifiche contrattuali e nei successivi commi descrive i relativi presupposti e limiti (di natura economica e procedurale). Lo scopo è di garantire la certezza giuridica, definendo le condizioni per poter procedere ad una modifica contrattuale.

La ratio dell’istituto dello jus variandi in materia di appalti pubblici è quella di consentire la soddisfazione del preminente interesse pubblico di adattamento del contratto concluso con la pubblica amministrazione alle “necessità” sopravvenute. Le condizioni, i presupposti e le finalità rappresentate dalla norma sono diverse, in relazioni alle esigenze che possono manifestarsi durante l’esecuzione contrattuale, offrendo così alla stazione appaltante la possibilità di risolvere, celermente, in corso d’opera le nuove circostanze senza dover esperire una nuova procedura garantendo la prosecuzione del contratto e la continuità della prestazione offerta. Le modifiche non devono essere, in ogni caso, di natura sostanziale.

Il principio di immodificabilità del contratto non ha quindi carattere assoluto, tuttavia, come chiarito dalla Corte di Giustizia UE, sez. VIII, nella sentenza del 7 settembre 2016, in C. 549-14, il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza, che informano la gara, ostano a che, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, l’Amministrazione aggiudicatrice e l’aggiudicatario apportino alle disposizioni di tale appalto modifiche tali che presentino caratteristiche sostanzialmente diverse da quelle dell’appalto iniziale.

Il principio di immodificabilità del contratto non ha carattere assoluto e la ratio dell’istituto dello jus variandi, in materia di appalti pubblici, è quella di consentire la soddisfazione del preminente interesse pubblico di adattamento del contratto concluso con la pubblica amministrazione alle “necessità” sopravvenute.

Le modifiche possono essere previste o meno negli atti di gara, avere limiti di spesa pari al 50 per cento rispetto al valore del contratto originario (nei casi stabiliti dal comma 1 lettera b) e c)), avere limiti pari al 10 per cento per servizi e al 15 per cento per i lavori (nei casi stabiliti dal comma 3) o non essere sottoposte a limiti di spesa a condizione che si assicurino risparmi, rispetto alle previsioni iniziali, si realizzino soluzioni equivalenti o migliorative nel rispetto dei limiti derivanti dalle somme a disposizione del quadro economico. Le modifiche in via generale devono garantire: la corrispondenza agli interessi della PA; l’esigenza di contenimento della spesa pubblica; la tutela della concorrenza.

Le varianti e le modifiche contrattuali consistono nelle modifiche sia qualitative che quantitative ai contratti di appalto pubblici stipulati ai sensi del Codice dei contratti. L’art. 120 afferma prima di tutto che “Fermo quanto previsto dall’articolo 60 per le clausole di revisione dei prezzi, i contratti di appalto possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti …:”

Nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l’inserimento delle clausole di revisione prezzi (cfr. art. 60). Tali clausole, che non possono apportare modifiche che alterino la natura generale del contratto o dell’accordo quadro, si attivano al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva, che determinano una variazione dei costi, in aumento o in diminuzione, superiore al 5 per cento dell’importo complessivo e operano nella misura dell’80 per cento della variazione stessa, in relazione alle prestazioni da eseguire.

2. I contenuti delle modifiche. Le possibilità a disposizione delle Amministrazioni ai sensi dell’art. 120 del 36/2023 e gli obblighi del RUP

La disposizione al primo comma lettera a) prevede la possibilità di introdurre modifiche anche sotto forma di opzioni (è un esempio di opzione, la proroga). Nel caso in cui si rilevassero necessarie, le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, devono essere previste in clausole chiare, precise e inequivocabili nei documenti di gara iniziali ed il relativo valore concorre alla definizione della stima dell’appalto (art. 120 comma 1 lettera a)).

A differenza delle altre tipologie di modifiche quanto riportato al comma 1 lettera a), non è sottoposto a limiti economici in considerazione della presenza, negli atti di gara, di clausole che descrivano le modifiche, in termini chiari, che potrebbero intervenire in fase esecutiva. Il contratto, come tra l’altro dispone l’art. 9 del dlgs. 36/2023, può contenere clausole di rinegoziazioneal fine di garantire la conservazione dell’equilibrio economico (principio tra l’altro individuato dal codice degli appalti).

Per completezza si richiama l’art. 14 del d.lgs. 36/2023 che fa riferimento alle opzioni: “Il calcolo dell’importo stimato di un appalto pubblico di lavori, servizi e forniture è basato sull’importo totale pagabile, al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), valutato dalla stazione appaltante. Il calcolo tiene conto dell’importo massimo stimato, ivi compresa qualsiasi forma di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara”.

La disposizione prevede, proseguendo nell’esame, alla lettera b) il caso di modifiche verificatesi per la sopravvenuta necessità di lavori, servizi o forniture supplementari, non previsti nell’appalto iniziale. Il ricorso al medesimo operatore è motivato da ragioni economiche e tecniche e dal fatto che il cambiamento dell’appaltante comporterebbe notevoli (dimostrati) disagi o un sostanziale incremento dei costi. Quanto richiesto dalle nuove circostanze presuppone integrazioni di natura complementare rispetto a quanto originariamente previsto (art. 120 comma 1 lettera b).

Le varianti, invece, in corso d’opera, da intendersi come modifiche resesi necessarie in corso di esecuzione dell’appalto, per effetto di circostanze imprevedibili, sopravvenute, da parte della stazione appaltante, sono conseguenti, ad esempio, all’introduzione ex novo di disposizioni legislative, di regolamentari o di provvedimenti sopravvenuti di autorità o enti preposti alla tutela di interessi rilevanti (art. 120 comma 1 lettera c).  

Sopravvenienze normative possono comportare la necessità di introdurre una variante soltanto allorquando la condizione abbia carattere oggettivo e la stazione appaltante non possa gestire la nuova esigenza facendo ricorso a strumenti diversi dalla variante contrattuale, tra cui la proroga tecnica. In questo caso, è necessaria una certa flessibilità per adeguare il contratto a tali circostanze, senza ricorrere ad una nuova procedura di appalto. La variante è quindi lo strumento adeguato. È evidenziato dalle disposizioni europee: “Il concetto di circostanze imprevedibili si riferisce a circostanze che non si potevano prevedere nonostante una ragionevole e diligente preparazione dell’aggiudicazione iniziale da parte dell’amministrazione aggiudicatrice” (Considerando art. 109 della Direttiva 2014/24/UE).

Le varianti e le integrazioni supplementari possono essere autorizzate non oltre un limite di spesa. Il contratto può essere modificato, dispone il comma 2 dell’art. 120, infatti, solo se l’eventuale aumento di prezzo non ecceda il 50 per cento del valore del contratto iniziale. In caso di più modifiche successive, la limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non eludono l’applicazione del codice, con riferimento alle soglie ed ai conseguenti obblighi di scelte procedurali. Qualora il contratto prevede una clausola di indicizzazione, il valore di riferimento è il prezzo aggiornato.

Le varianti e le integrazioni supplementari possono essere autorizzate non oltre un limite di spesa. Il contratto può essere modificato, infatti, solo se l’eventuale aumento di prezzo non ecceda il 50 per cento del valore del contratto iniziale. In caso di più modifiche successive, la limitazione si applica al valore di ciascuna modifica, tenuto conto delle disposizioni (e dei principi) del codice degli appalti.

Inoltre il contratto è modificabile anche in relazione alla sostituzione dell’aggiudicatario con un nuovo contraente “a causa di una delle seguenti circostanze: 1) le modifiche soggettive implicanti la sostituzione del contraente originario sono previste in clausole chiare, precise e inequivocabili dei documenti di gara;2) all’aggiudicatario succede, per causa di morte o insolvenza o a seguito di ristrutturazioni societarie, che comportino successione nei rapporti pendenti, un altro operatore economico che soddisfi gli iniziali criteri di selezione, purché ciò non implichi ulteriori modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l’applicazione del codice, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 124; 3) nel caso in cui la stazione appaltante assume gli obblighi del contraente principale nei confronti dei suoi subappaltatori (art. 120 comma 1 lettera d).

I contratti possono inoltre essere modificati, oltre a quanto previsto dal comma 1, senza necessità di una nuova procedura, come dispone il comma 3, sempre che nonostante le modifiche la struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa, si possano ritenere inalterate ed a condizione che la modifica sia al di sotto di entrambi i seguenti valori:

a) delle soglie fissate all’articolo 14;
b) il 10 per cento del valore iniziale del contratto per i contratti di servizi e forniture; il 15 per cento del valore iniziale del contratto per i contratti di lavori; in caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo del contratto al netto delle successive modifiche.

Come giurisprudenza ha confermato nel tempo (inizialmente come affermato con parere dalla Corte di giustizia del 13 aprile 2010 nella causa C-91/08) è importante che le modifiche nonpresentino caratteristiche sostanzialmente diverse rispetto a quelle del contratto iniziale e che non siano, di conseguenza, espressione di rinegoziazione di termini essenziali. La modifica di un contratto in corso di validità è conforme alle disposizioni citate qualora introduca condizioni che, se fossero state previste nella procedura di aggiudicazione originaria, non avrebbero condotto a risultati diversi rispetto a quelle conseguiti.

Il ricorso alle modifiche non altera, quindi, a vantaggio dell’operatore affidatario, con il quale si procede a contrattualizzare le condizioni delle varianti e delle integrazioni, il principio di parità di trattamento degli operatori economici in quanto ciò avviene dopo un procedimento autorizzativo trasparente e reso noto alle autorità competenti.

Le modifiche nondevono presentare caratteristiche sostanzialmente diverse rispetto a quelle del contratto iniziale e non essere, di conseguenza, espressione di rinegoziazione di termini essenziali. Se garantite tali finalità, anche indipendentemente dal valore dell’integrazione, i contratti possono essere modificati.

Il comma 6, in coerenza con quanto esposto, evidenzia che la modifica è sostanziale se:

  1. introduce condizioni che, se fossero state contenute nella procedura d’appalto iniziale avrebbe consentito di ammettere candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o di accettare un’offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione;
  2. cambia l’equilibrio economico del contratto o dell’accordo quadro a favore dell’aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale con conseguente modifica dei termini economici.
  3. estende notevolmente l’ambito di applicazione del contratto.

Inoltre è precisato, al comma 7, che non sono considerate sostanziali le modifiche al progetto proposte dalla stazione appaltante ovvero dall’appaltatore con le quali, nel rispetto della funzionalità dell’opera, fermi restando i limiti derivanti dalle somme a disposizione del quadro economico e dalle previsioni di cui alle lettere a) b) e c) del comma 6, come sopra riportate:

  1. si assicurino risparmi, rispetto alle previsioni iniziali, da utilizzare in compensazione per far fronte alle variazioni in aumento dei costi delle lavorazioni;
  2. si realizzino soluzioni equivalenti o migliorative in termini economici, tecnici o di tempi di ultimazione dell’opera.

Al RUP spettano gli obblighi autorizzativi, di comunicazione ed informazione. Infatti spettano al RUP:

  • le autorizzazioni delle modifiche e delle varianti con le modalità previste dall’ordinamento della stazione appaltante. Le modifiche progettuali, consentite ai sensi del comma 7, devono essere approvate dalla stazione appaltante su proposta del RUP, secondo quanto previsto dall’allegato II.14. I.
  • la cura dell’avviso pubblicato, riferito alle modifiche adottate, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, secondo le informazioni di cui all’allegato II.16 ed in conformità all’articolo 84 per quanto riguarda le modalità di pubblicazione. La modifica del contratto nelle situazioni di varianti ed integrazioni supplementari è resa nota mediante infatti avviso pubblicato a cura della stazione appaltante nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
  • gli oneri di comunicazione e di trasmissione all’ANAC in relazione alle modifiche del contratto, nonché in relazione alle varianti in corso d’opera, secondo gli obblighi di cui all’art. 222, comma 13.

ANAC infatti vigila, compresa la relativa corretta esecuzione, sui contratti pubblici, anche di interesse regionale, di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei settori speciali ed in tutti gli altri casi previsti dal codice, può irrogare per le violazioni accertate, nel rispetto dei principi di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 e secondo il proprio regolamento, sanzioni amministrative pecuniarie entro il limite minimo di euro 500 e il limite massimo di euro 5.000.


Nel caso in cui l’ANAC accerti l’illegittimità della variante in corso d’opera approvata, esercita pertanto i poteri di cui all’articolo 222. In caso di inadempimento agli obblighi di comunicazione e trasmissione delle modifiche e delle varianti in corso d’opera previsti dall’allegato II.14, si applicano le sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’articolo 222, comma 13.

ANAC vigila, anche in relazione alla relativa corretta esecuzione, sui contratti pubblici e nei casi, previsti dal codice, può irrogare per le violazioni accertate sanzioni amministrative pecuniarie. Nel caso in cui l’ANAC accerti l’illegittimità della variante in corso d’opera approvata, esercita pertanto i poteri di cui all’articolo 222.

  • Le clausole di rinegoziazione, ai sensi dell’art. 9 del 36/2023, al verificarsi di sopravvenute straordinarie ed imprevedibili circostanze. Gli orientamenti giurisprudenziali anche con riferimento alla fase di richiesta

L’art. 1664 del codice civile prevede che: “Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo”

L’art. 9 del Dlgs. 36/2023 (Principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale) recita: “Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali. Gli oneri per la rinegoziazione sono riconosciuti all’esecutore a valere sulle somme a disposizione indicate nel quadro economico dell’intervento, alle voci imprevisti e accantonamenti e, se necessario, anche utilizzando le economie da ribasso d’asta”.

Senza alterarne la sostanza economica la rinegoziazione si limita al ripristino dell’originario equilibrio del contratto oggetto dell’affidamento. Al fine di garantire la conservazione dell’equilibrio economico, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono l’inserimento nel contratto di clausole di rinegoziazione.  Nel caso in cui queste non fossero previste, l’istanza di rinegoziazione “va avanzata senza ritardo e non giustifica, di per sé, la sospensione dell’esecuzione del contratto” (art. 120 comma 8).

Rientra tra le competenze del RUP provvedere alla formulazione della proposta di un nuovo accordo entro un termine non superiore a tre mesi e nel caso in cui non si pervenga al nuovo accordo entro un termine ragionevole; la parte svantaggiata può agire in giudizio per ottenere l’adeguamento del contratto all’equilibrio originario, salva la responsabilità per la violazione dell’obbligo di rinegoziazione.

Per una parte della giurisprudenza, preliminare all’adozione del nuovo codice, risultava apprezzabile il tempo intercorso tra la formulazione/presentazione dell’offerta e l’avvio delle prestazioni contrattuali (Consiglio di Stato, Sez. IV, 31/10/2022, n 9426 che richiama la sentenza della CGCE del 19 giugno 2008, pressetext Nachrichtenagentur, C-454/06, EU:C:2008:351, punti da 34 a 37).  Secondo tale indirizzo il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza che ne deriva ostano a che, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, l’amministrazione aggiudicatrice e l’aggiudicatario apportino alle disposizioni dell’appalto modifiche che lo rendano sostanzialmente diverso rispetto alla sua configurazione iniziale.

Accanto a tale orientamento se ne affiancava un altro che partiva dalla constatazione per cui la legislazione in materia di appalti pubblici si ispira al rispetto del principio di tutela della concorrenza e parità di trattamento, ma è anche volta a valorizzare i criteri di efficacia ed economicità che, in presenza di particolari circostanze, possono condurre alla rinegoziazione delle condizioni contrattuali sia in corso d’esecuzione che prima della stipula del contratto (Cons. Stato, sez. V, 11.04.2022, sent. n. 2709).

Costituisce infatti consolidato principio quello secondo il quale l’immodificabilità del contratto non ha carattere assoluto e le variazioni contrattuali non violano sempre e comunque i principi fondamentali in materia di evidenza pubblica (cfr. Corte di Giustizia UE, sez. VIII, nella sentenza del 7 settembre 2016, in C. 549-14). È tuttavia “chiaro che la considerazione e le valutazioni in ordine alla incidenza del tempo trascorso debbano essere considerate caso per caso, in relazione al contesto economico in cui gli operatori si trovano ad operare e possono variare anche sensibilmente da un momento all’altro”. (cfr TAR Torino, 20.02.2023 n. 180).  

Rimane in capo all’Amministrazione valutare se e come ricondurre il contratto ad utilità.
Una richiesta di rinegoziazione deve essere, pertanto, presa in considerazione al ricorrere di particolari circostanze di fatto che ne evidenzino la ragionevolezza e la plausibilità, risultando irragionevole accettare l’azzeramento degli esiti di una procedura di affidamento in assenza di specifiche e sostanziali illegittimità.

Una richiesta di rinegoziazione deve essere presa in considerazione, al ricorrere di particolari circostanze di fatto che ne evidenzino la ragionevolezza e la plausibilità, risultando irragionevole accettare l’azzeramento degli esiti di una procedura di affidamento, in assenza di specifiche e sostanziali illegittimità, tenendo conto anche della incidenza del tempo e del contesto economico in cui gli operatori si trovano.

Costituisce onere dell’amministrazione assicurarsi di giungere alla stipula di un contratto in condizioni di equilibrio, valutando ogni sopravvenienza segnalata dagli operatori economici partecipanti alla gara che, alla luce del quadro normativo vigente e del contesto socio economico, appaia in grado di alterare tali condizioni, adottando le misure necessarie a ristabilire l’originario equilibrio contrattuale.
Resta fermo che debba trattarsi di sopravvenienze imprevedibili rispetto al normale ciclo economico.

Resta quindi fermo che la rinegoziazione di modifiche che non mirino al recupero dell’equilibrio iniziale del contratto, ma che si presentino in grado di estendere in modo considerevole l’oggetto dell’appalto ad elementi non previsti, di alterare l’equilibrio economico contrattuale originario in favore dell’aggiudicatario rimettendo in discussione l’aggiudicazione dell’appalto – nel senso che, se esse fossero state previste nei documenti disciplinanti la procedura di aggiudicazione originaria, avrebbe potuto verosimilmente risultare aggiudicatario un altro offerente oppure avrebbero potuto essere ammessi offerenti diversi – non sono certamente accoglibili (cfr TAR Torino, 20.02.2023 n. 180).

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Beatrice Corradi
Dott.ssa Beatrice Corradi
Dirigente del Servizio Provveditorato, Affari generali e Gruppi Consiliari del Consiglio regionale della Liguria
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