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( votes)- I presupposti della qualificazione del servizio di tesoreria come appalto di servizi. Il criterio di aggiudicazione
Al fine di inquadrare correttamente il servizio di tesoreria – dato dal complesso delle operazioni legate alla gestione finanziaria di un ente affidate ad un istituto bancario – può essere utile richiamare la giurisprudenza del Consiglio di Stato quando afferma “che le concessioni, nel quadro del diritto comunitario, si distinguono dagli appalti non per il titolo provvedimentale dell’attività, né per il fatto che ci si trovi di fronte ad una vicenda di trasferimento di pubblici poteri o di ampliamento della sfera giuridica del privato, (che sarebbe un fenomeno tipico della concessione in una prospettiva coltivata da tradizionali orientamenti dottrinali), né per la loro natura autoritativa o provvedimentale rispetto alla natura contrattuale dell’appalto, ma per il fenomeno di traslazione dell’alea inerente una certa attività in capo al soggetto privato” (cfr. Sez. VI 15 maggio 2002, n. 2634; Consiglio di Stato, sez. V, 25/02/2014, n. 877).
Quando l’operatore privato si assume i rischi della gestione del servizio, rifacendosi sostanzialmente sull’utente mediante la riscossione di un qualsiasi tipo di canone, tariffa o diritto, allora si ha concessione: è la modalità, tra l’altro, della remunerazione, quindi, uno dei tratti distintivi della concessione dall’appalto di servizi.
Si è di fronte ad una concessione quando l’operatore si assuma in concreto i rischi economici della gestione del servizio rifacendosi essenzialmente sull’utenza, mentre si ha appalto quando l’onere del servizio stesso grava sostanzialmente sull’amministrazione la quale paga un corrispettivo, sotto forma di canone ad esempio, al tesoriere (tale assunto è stato confermato anche dalla Corte di Giustizia CE – Corte Giustizia CE, Sez. III, 15 ottobre e 2009, C – 196/08).
Nella nuova definizione di “concessione”, prevista dal d.lgs. 50/2016, si richiede la necessaria assunzione in capo al concessionario del “rischio operativo” legato alla gestione dei servizi, “in cui, in condizioni operative normali – per tali intendendosi l’insussistenza di eventi non prevedibili – non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione” (art. 3, comma 1 lett. zz), del d.lgs. 50/2016); ciò si differenzia da una prima qualificazione del servizio di tesoreria basato invece “sul conferimento di funzioni pubblicistiche quali il maneggio del denaro pubblico e il controllo sulla regolarità dei mandati”. Venendo meno la definizione di concessione quale traslazione delle funzioni pubbliche, è difficile poter qualificare il servizio di tesoreria quale contratto di concessione, proprio per l’assenza di un effettivo rischio ordinario operativo. Inoltre è di rilievo un altro elemento. Il servizio di tesoreria, ex art. 209 T.U.E.L., consiste nel complesso di operazioni legate alla gestione finanziaria dell’ente e finalizzate al pagamento delle spese, alla custodia dei valori e titoli; pertanto lo svolgimento del servizio è destinato unicamente a favore dell’ente, così da soddisfare le esigenze organizzative e gestionali di quest’ultimo, e non a soddisfare esigenze di una collettività di utenti. Tale ultimo requisito deve ritenersi essenziale per poter definire un servizio come “servizio pubblico” (Cass. SSUU n. 71/2000; Consiglio di Stato, n. 6325/2000; Consiglio di Stato, n. 2294/2002; TAR Campania, Napoli, sez. I, n.1888/2002; TAR Toscana n. 869/2002).
Quando l’operatore privato si assume i rischi della gestione del servizio, rifacendosi sostanzialmente sull’utente mediante la riscossione di un qualsiasi tipo di canone, tariffa o diritto, allora, si è in presenza di una concessione. La modalità della remunerazione è il tratto distintivo della concessione, dall’appalto di servizi e questo è possibile verificarlo anche nel servizio di tesoreria.
Va rilevato come sia essenziale verificare nelle procedure i contenuti della prestazione dei servizi da rendere: alla luce del vigente Codice dei contratti, in assenza quindi, di un “rischio operativo” si ritiene che la gestione del Servizio di “Tesoreria” non possa essere qualificata come concessione, in base alla definizione di quest’ultima riportata nel “Codice dei Contratti”.
Per quanto concerne il criterio di aggiudicazione da adottarsi, al fine dell’affidamento del servizio de quo, tenuto conto delle caratteristiche del servizio da appaltare, come descritto e della relativa risposta del mercato di riferimento, il medesimo può essere esperito al criterio del prezzo più basso. Infatti le prestazioni oggetto dell’appalto hanno natura standardizzata e ripetitiva, “essendo connotate dalla routinarietà degli interventi”, in considerazione, tra l’altro, del fatto che la Stazione appaltante generalmente ha provveduto a una predefinizione nella lex specialis delle condizioni proponibili dalle imprese concorrenti (Consiglio di Stato 18 febbraio 2019, n. 1099). In questo caso, infatti, non vi è alcuna ragione, né utilità di far luogo ad un’autonoma valutazione e valorizzazione degli elementi non meramente economici delle offerte, perché questi, proprio perché strettamente assoggettati allo standard stabilito dall’ente, devono assolutamente coincidere (TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 28 novembre 2018, n. 2518).
- Il regime di tesoreria unica
Il “servizio di tesoreria” in appalto include il complesso di operazioni legate alla gestione finanziaria di un ente e finalizzate in particolare alla riscossione delle entrate,
al pagamento delle spese, alla custodia di titoli e valori ed agli adempimenti connessi previsti dalla legge, dagli Statuti, dai Regolamenti dell’ente, nel rispetto della Legge 29/10/1984 n. 720 e successive modificazioni ed integrazioni, la cui tabella A individua gli enti soggetti a regime di “tesoreria unica”. La tesoreria unica (TU) è un sistema di regole e procedure che accentra presso la tesoreria statale le risorse liquide di enti e organismi pubblici diversi dallo Stato. Tale modalità riguarda tutti gli Enti e organismi pubblici la cui gestione finanziaria interessi “direttamente o indirettamente la finanza pubblica”. Tali enti ricevono trasferimenti continuativi dallo Stato o da altri enti pubblici (anche se vi sono coinvolti anche gli enti cui è affidata la riscossione di entrate per conto dello Stato, ad esempio, le Camere di commercio).
Sono assoggettati al regime di tesoreria unica gli enti territoriali, del comparto sanitario, gli enti di ricerca, le università, le istituzioni scolastiche, gli enti previdenziali. Un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, periodicamente aggiornato, individua gli enti soggetti alla tesoreria unica. Con apposite circolari il Ministero dell’Economia e delle Finanze dispone regole procedurali e raccomandazioni. Al momento non sono presenti in tale elenco, ad esempio, i Consigli regionali.
Come si evince dai comunicati della Ragioneria Generale dello Stato: “L’evoluzione del rapporto finanziario tra lo Stato e gli Enti pubblici, con particolare riferimento agli enti territoriali, da un sistema a finanza derivata a un sistema regolato dai principi del federalismo fiscale, ha portato a ripensare il sistema di tesoreria unica, limitando il versamento sui conti aperti presso la tesoreria statale ai soli trasferimenti provenienti direttamente dal bilancio dello Stato e consentendo agli Enti di mantenere le risorse diverse da quelle provenienti dal bilancio statale presso il proprio tesoriere bancario”. Quanto riportato è definito come “tesoreria unica mista”, regime applicato a importanti categorie di enti, quali gli enti territoriali, quelli del servizio sanitario nazionale, le università. Al momento però si applica, in via generale, un sistema di tesoreria unica “tradizionale” che presuppone che gli enti assoggettati, tranne alcuni enti di maggiori dimensioni che possono avere un’articolata organizzazione sul territorio nazionale, mantengano tutte le proprie risorse liquide su conti aperti presso la Banca d’Italia, ripartite in un sottoconto fruttifero, per le entrate proprie, e in uno infruttifero per le altre entrate.
La tesoreria unica (TU) è un sistema di regole e procedure che accentra presso la tesoreria statale le risorse liquide di enti e organismi pubblici diversi dallo Stato. Un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, periodicamente aggiornato, individua gli Enti soggetti alla tesoreria unica. Con apposite circolari il Ministero dell’Economia e delle Finanze dispone regole procedurali e raccomandazioni. Al momento, ad esempio, non sono presenti in tale elenco i Consigli regionali.
- La stima del valore di gara e del contratto di tesoreria. L’assoggettamento o meno all’imposta sul valore dei redditi dei servizi prestati
Le valutazioni che l’Amministrazione deve porre in essere quando predispone gli atti di gara devono condurre alla corretta individuazione dell’importo massimo stimato, quale valore contrattuale dell’appalto (comprensivo di opzioni, rinnovi, proroghe). La base d’asta, invece, rappresenta il dato economico di riferimento per gli appaltatori per la presentazione delle offerte economiche.
Negli atti di gara occorre indicare sia l’importo a base d’asta, sia il valore complessivo stimato dell’appalto, che terrà conto di tutte le eventuali opzioni. Per gli appalti pubblici di servizi, e nello specifico con riferimento ai servizi bancari ed agli altri servizi finanziari, il valore da porre come base per il calcolo del valore stimato dell’appalto, comprende gli onorari, le commissioni da pagare, gli interessi e altre forme di remunerazione.
Nell’appalto de quo il valore complessivo tiene conto, naturalmente, di eventuali opzioni, in considerazione di possibili variazioni in fase di esecuzione anche in considerazione della natura del servizio e della relativa imprevedibilità e alea di rischio, in ogni caso, sempre presenti. La conseguente base d’asta tiene conto di alcuni elementi tra cui: la giacenza media; i costi di tenuta di conto; le commissioni su bonifici e della remuneratività dell’operatore.
Con riferimento al regime IVA delle prestazioni fornite dal Tesoriere è utile introdurre il concetto di “accessorietà” della prestazione, ai sensi dell’art. 12 del Dpr. n. 633/1972 e delle pregresse risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate (n. 216/E del 2002 n. 283/E del 2009) in base alle quali l’esenzione da IVA della prestazione principale, comporta che tutte le prestazioni ad essa accessorie scontino lo stesso regime IVA. In particolare, la prestazione accessoria di una operazione esente Iva è anch’essa esente Iva, come definito inoltre dalla Cassazione, Sezione Tributaria, Sentenza n. 24029 del 16 novembre 2011. Secondo questa originaria posizione giurisprudenziale, se il servizio è considerato accessorio al medesimo si applica il regime di esenzione Iva ex 10, n. 1), Dpr. n. 633/1972, visti i contenuti di tale norma e le caratteristiche della prestazione principale di Tesoreria (cfr. Sentenza Ue C-463/16 del 18 gennaio 2018). In tal caso la prestazione complessiva è considerata unica, pur constando di elementi distinti (tra cui, ad esempio, il servizio di amministrazione titoli e valori).
Al riguardo, sia la normativa comunitaria sia quella interna non danno una vera e propria definizione di accessorietà. Pertanto, al fine di determinare la portata della categoria è necessaria un’analisi, caso per caso, dei requisiti necessari per qualificare un’operazione come accessoria sulla base di quanto espresso dalla giurisprudenza comunitaria e dalla prassi nazionale.
I requisiti necessari per qualificare un’operazione come accessoria, secondo la prassi e gli orientamenti dell’Agenzia delle Entrate, presuppongono che: sia l’operazione principale che quella presunta accessoria convergono verso la realizzazione di un unico obiettivo; esista un nesso di dipendenza funzionale dell’operazione accessoria rispetto a quella principale. In particolare, occorre che le prestazioni accessorie siano effettuate proprio per il fatto che esiste una prestazione principale, in combinazione con la quale possono portare a un determinato risultato e l’operazione accessoria venga posta in essere dal medesimo soggetto che realizza l’operazione principale. L’operazione accessoria deve infine avere lo scopo di integrare, completare o rendere possibile l’operazione principale. Alla luce di quanto espresso, il principio dì accessorietà comporta che una prestazione unica composta da più elementi distinti, uno principale e altri accessori, deve essere tassata alla sola aliquota iva applicabile a tale prestazione unica.
I requisiti necessari per qualificare un’operazione come accessoria – utile questo per inquadrare i servizi rientranti nell’appalto di tesoreria – secondo la prassi e gli orientamenti dell’Agenzia delle Entrate, presuppongono che: sia l’operazione principale che quella presunta accessoria convergano verso la realizzazione di un unico obiettivo; esista un nesso di dipendenza funzionale dell’operazione accessoria rispetto a quella principale; l’operazione accessoria deve infine avere lo scopo di integrare, completare o rendere possibile l’operazione principale.
Si richiama, per completezza, l’ultimo parere – n. 8/2022 – dell’Agenzia delle Entrate il quale evidenzia che l’articolo 10, comma 1, n. 1), del d.P.R. n. 633 del 1972 prevede l’esenzione da IVA, tra le altre, per “le operazioni, compresa la negoziazione, relative a depositi di fondi, conti correnti, pagamenti, giroconti, crediti e ad assegni o altri effetti commerciali, ad eccezione del recupero di crediti“; inoltre, ai sensi del successivo n. 4) dello stesso articolo, sono esenti da IVA “le operazioni relative ad azioni, obbligazioni o altri titoli … eccettuati la custodia e l’amministrazione dei titoli”.
Sono quindi esenti da IVA le operazioni di “riscossione delle entrate” ed “il pagamento delle spese facenti capo all’ente”; prestazioni di servizio che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 10, primo comma, n. 1), del d.P.R. n. 633 del 1972, il cui corrispettivo annuo è esente da IVA; qualora l’Amministrazione richieda – e questa sia resa – la custodia e l’amministrazione di titoli e valori, tale attività sarà invece soggetta ad IVA.
Secondo un originario orientamento qualora si sostenga l’esenzione da Iva della prestazione principale, tutte le prestazioni ad essa accessorie scontano lo stesso regime Iva. La prestazione accessoria, di una operazione esente Iva, è quindi anch’essa esente Iva. L’ultimo parere n. 8/2022 della medesima Agenzia richiama le disposizioni del d.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 4, affermando in particolare l’applicazione dell’imposta, con riferimento alla custodia e amministrazione dei titoli, qualora la medesima prestazione sia stata resa.
- Modifiche delle condizioni e loro sostenibilità
In questi ultimi anni le procedure di gara aventi ad oggetto il servizio di tesoreria hanno rilevato frequentemente esiti infruttuosi, risultando, infatti, deserte. Le ragioni nascono in concreto dalle condizioni di mercato che costituiscono, ormai ordinariamente e soprattutto negli ultimi tempi, una alea di rischio troppo elevata, imprevedibile e non conveniente in termini economici nel medio termine, tanto da non permettere agli istituti di poter disporre di una programmazione adeguata, rispetto alle condizioni applicabili ai contratti pubblici.
Gli enti, a loro volta, dato quindi il citato contesto, devono adottare soluzioni al fine di ottenere, nei contratti pluriennali, condizioni economiche convenienti e soprattutto “controllabili”, evitando proroghe od affidamenti diretti i cui contratti hanno breve termine.
Tra le soluzioni che l’ente potrà adottare in termini istruttori, vi è sicuramente la durata del contratto la quale potrebbe essere triennale, ad esempio, salvo rinnovo (e non quinquennale come generalmente accade) al fine di permettere al Tesoriere di impegnarsi per un periodo utile rispetto alle proprie valutazioni complessive di sostenibilità. Altra soluzione procedurale potrà essere rappresentata dall’avviare il relativo procedimento con ampio anticipo, al fine di adottare rimedi amministrativi in caso di non partecipazione di alcun istituto di credito; garantendo, in ogni caso, continuità al servizio di tesoreria, il quale è necessario e normativamente previsto come servizio da gestire da parte di soggetti terzi.
Gli atti di gara necessariamente dovranno prevedere modifiche delle condizioni economiche durante l’esecuzione del contratto – in conseguenza dell’imprevedibilità delle stesse, dato il verificarsi di particolari eventi nel mercato finanziario – le quali, per quanto possibile, saranno regolate in termine di revisione dei prezzi, ai sensi dell’art. 106 del D.lgs. 50/2016. Le modifiche, derivanti quindi dalla sopravvenienza di nuove disposizioni applicabili al mercato di riferimento o di nuove situazioni di fatto connesse all’appalto, saranno relative e conseguenti, ad esempio, alla maggiore giacenza e/o alle variazioni in aumento dei tassi di riferimento sui depositi presso la BCE.
L’ente dovrà quindi individuare ed esprimere negli atti di gara, le regole da applicarsi in caso di modifiche – che si rileveranno necessarie – delle condizioni stabilite in sede di gara. Ad esempio, nel caso in cui la giacenza media, durante l’esecuzione del contratto, si rivelasse superiore a quanto stabilito come giacenza media nel Capitolato, si applicherà una revisione delle condizioni proporzionale a quanto offerto.
A tal fine l’ente dovrà individuare negli atti di gara, il valore di giacenza superiore a quello dichiarato dalla stazione appaltante a seguito del quale si applicherà la revisione (in termini certi e proporzionali a quanto offerto). La stazione appaltante stabilirà inoltre che le condizioni (ad esempio trimestralmente, applicando nuove commissioni) saranno modificate a favore dell’affidatario, dato un determinato superamento della giacenza dichiarata.
Nel caso invece di variazioni in aumento del tasso d’interesse sui depositi presso la BCE, rispetto al tasso presente al momento di pubblicazione del bando, con conseguenti condizioni più favorevoli per l’Affidatario, l’offerta economica dovrà adeguarsi, a decorrere dalla data di variazione del tasso, in misura corrispondente. In generale le suddette variazioni non devono alterare, nè la natura generale del contratto, nè l’equilibrio economico, in quanto previste nella stima del valore complessivo e definite con clausole chiare negli atti.
Qualora vi siano le condizioni per la risoluzione del contratto (da parte del tesoriere) data l’impossibilità di interruzioni del servizio, il contratto dovrà prevedere l’impegno del tesoriere a garantire il servizio nelle more di altra soluzione amministrativa.
Le modifiche, derivanti dalla sopravvenienza di nuove disposizioni applicabili al mercato di riferimento o di nuove situazioni fattuali, sono relative e conseguenti, ad esempio, alla maggiore giacenza e/o alle variazioni in aumento dei tassi di riferimento sui depositi presso la BCE. In generale, per essere adottate, le suddette variazioni non devono alterare la natura generale del contratto o l’equilibrio economico del contratto.