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( votes)1. Premesse
L’Autorità nazionale anticorruzione (di seguito “ANAC”) con la determinazione n. 10 del 23 settembre 2015 ha definitivamente approvato le “Linee Guida per l’affidamento delle concessioni di lavori pubblici e di servizi ai sensi dell’art. 153 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163” (di seguito “Linee Guida”), il cui testo originario era stato posto in consultazione pubblica prima dal 9 dicembre 2013 al 31 gennaio 2014 e successivamente dall’8 gennaio 2015 al 2 marzo 2015.
Con le Linee Guida, viene specificato, si intendono superate, in quanto aggiornate e consolidate in un unico documento, la precedente determinazione dell’ANAC n. 1/2009 (“Linee guida sulla finanza di progetto dopo l’entrata in vigore del cd. terzo correttivo”) e la determinazione n. 2/2010 (“Problematiche relative alla disciplina applicabile all’esecuzione del contratto di concessione di lavori pubblici”).
Le Linee Guida hanno per oggetto le procedure di cui all’art. 153 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (di seguito “Codice Appalti”) ma nelle stesse, come ivi indicato, «sono fornite indicazioni che possono valere in generale per i Contratti di Ppp e, per quanto compatibili, anche per altri istituti presenti nel Codice, quali quelli disciplinati dall’art. 175, sulle infrastrutture strategiche».
Con il predetto intervento l’ANAC – nell’ambito delle proprie competenze – non ha, naturalmente, modificato o innovato il sistema normativo e legislativo in vigore ma ha fornito delle indicazioni applicative oltrechè interpretative con riferimento all’affidamento delle concessioni di lavori pubblici e di servizi le quali potranno essere utili a livello operativo sia alle pubbliche amministrazioni che ai soggetti privati in procinto di strutturare un’operazione ricadente in tale ambito. In particolare, l’ANAC ha fornito chiarimenti ed indicazioni sugli aspetti più problematici rilevati con riferimento agli istituti giuridici in questione al fine di favorire una corretta applicazione degli stessi, in conformità alla normativa nazionale e comunitaria vigente.
Come di volta in volta evidenziato, le Linee Guida fanno costantemente riferimento alle novità introdotte dalle ultime direttive europee in materia di appalti e concessioni, in particolare la direttiva 2014/23/UE (di seguito “Direttiva 23”) che, unitamente alla direttiva 2014/24/UE (sugli appalti pubblici) e alla direttiva 2014/25/UE (sugli appalti nei settori speciali), essendo atti “non self-executing”, devono essere recepite dai singoli Stati membri dell’Unione Europea. La Direttiva 23, benchè ancora non sia stata recepita nel nostro ordinamento – si ricorda che il termine per il recepimento delle richiamate direttive da parte degli Stati membri scade il 18 aprile 2016 – viene richiamata dall’ANAC non per indicare obblighi già cogenti a carico delle stazioni appaltanti o agli operatori economici ma quale preciso criterio ispiratore ai fini dell’interpretazione degli istituti esaminati.
A tale riguardo si segnala l’art. 1, comma 1 lettera rr) del disegno di legge delega per il recepimento delle predette direttive appalti[1] indica fra i criteri guida per il recepimento quello di procedere alla razionalizzazione del partenariato pubblico privato.
Alla luce di quanto sopra si osserva, dunque, che le Linee Guida costituiscono il tipico esempio di quella soft law che il disegno di legge delega per il recepimento delle nuove direttive appalti prevede in capo all’ANAC[2].
Le Linee Guida costituiscono un tipico esempio di “soft law” prevista in capo all’ANAC
1. PPP e PF
Come precisato nella determinazione in commento, l’ANAC ha intesto formulare delle linee guida in materia di project financing (di seguito “PF”) le quali, ad avviso dell’ANAC, nei principi generali possono essere utilizzate per la maggior parte dei contratti di partenariato pubblico-privato (di seguito “PPP”) “di cui il PF è un’espressione”.
Il project financing è un’espressione del partenariato pubblico privato
Al fine di distinguere il PF dal PPP, l’ANAC ricorda la definizione fornita dal Regolamento UE n. 549/2013 del 21 maggio 2013 relativo al “Sistema europeo dei conti nazionali e regionali dell’Unione Europea” (cd. “SEC 2010”) secondo cui i PPP «sono contratti a lungo termine stipulati tra due unità, sulla base dei quali un’unità acquisisce o costruisce una o più attività, le gestisce per un determinato periodo e quindi le cede a una seconda unità. Tali accordi sono normalmente stipulati tra un’impresa privata e un’amministrazione pubblica, ma non sono escluse altre combinazioni: ad esempio, una società pubblica da una parte e un’istituzione senza scopo di lucro privata dall’altra». Il PPP è, quindi, una modalità di collaborazione fra il pubblico e il privato. Il PF, invece, come chiarisce l’ANAC nelle Linee Guida, consiste nel «finanziamento di un progetto in grado di generare, nella fase di gestione, flussi di cassa sufficienti a rimborsare il debito contratto per la sua realizzazione e remunerare il capitale di rischio. Si tratta, quindi, di una modalità di finanziamento strutturato utilizzata anche per alcune operazioni di Ppp». Il PF, dunque, consiste in una modalità di finanziamento di un’opera o di un progetto.
Come visto la distinzione fra PF e PPP è chiara a livello teorico; tuttavia, i due istituti nel Codice Appalti si sovrappongono, rischiando di creare confusione nell’applicazione. Il Codice Appalti, infatti, come rileva l’ANAC nelle Linee Guida «all’art. 153 disciplina il PF quale forma di affidamento di una concessione alternativa a quella (cd. ad iniziativa pubblica) di cui all’art. 143, esperibile laddove sia contemplato l’utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti».
In tal senso, dunque, in sede di recepimento delle nuove direttive in materia di appaltiil legislatore potrà definire più chiaramente i rapporti tra PPP, concessioni e PF.
Mentre il partenariato pubblico privato è, una modalità di collaborazione fra il pubblico e il privato, il project financing è una modalità di finanziamento di un’opera o di un progetto
3. Elementi distintivi del contratto di concessione
L’ANAC dedica un paragrafo delle Linee Guida alla distinzione fra appalto e concessione, sia essa di lavori che di servizi. Elemento distintivo della concessione, che la differenzia dall’appalto, è la ripartizione del rischio fra amministrazione e il concessionario: «in assenza di alea correlata alla gestione, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato, non si configura la concessione bensì l’appalto, nel quale vi è unicamente il rischio imprenditoriale derivante dalla errata valutazione dei costi di costruzione, da una cattiva gestione, da inadempimenti contrattuali da parte dell’operatore economico o da cause di forza maggiore. Nella concessione, invece, al rischio proprio dell’appalto, si aggiunge il rischio di mercato. Pertanto, in assenza di un effettivo trasferimento del rischio in capo al concessionario, le procedure di aggiudicazione dovranno essere quelle tipiche dell’appalto e i relativi costi dovranno essere integralmente contabilizzati nei bilanci della stazione appaltante».
A tale riguardo l’ANAC nelle Linee Guida evidenzia come l’art. 5 della Direttiva 23 abbia espressamente normato la caratteristica di un contratto di concessione specifica ovvero il «trasferimento del rischio operativo legato alla gestione dei lavori o servizi al concessionario, cioè la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per l’operazione. La parte del rischio trasferita al concessionario, in altri termini, deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile. Il rischio operativo espone il concessionario al rischio di perdite derivanti da squilibri che si possono generare sia dal lato della domanda (ad esempio, una domanda di mercato inferiore a quella preventivata) sia dal lato dell’offerta (la fornitura di servizi non in linea con la domanda di mercato)». Sul tema anche il considerando 18 della Direttiva 23 specifica che “La caratteristica principale di una concessione, ossia il diritto di gestire un lavoro o un servizio, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi aggiudicati in condizioni operative normali, anche se una parte del rischio resta a carico dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore. L’applicazione di norme specifiche per la disciplina dell’aggiudicazione di concessioni non sarebbe giustificata se l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore sollevasse l’operatore economico da qualsiasi perdita potenziale garantendogli un introito minimo pari o superiore agli investimenti effettuati e ai costi che l’operatore economico deve sostenere in relazione all’esecuzione del contratto”.
Le definizioni della concessione di lavori e di servizi dell’art. 5, comma 1, lett. a) e b) della Direttiva 23 non differiscono sostanzialmente dalledefinizioni riportate dall’art. 3, comma 11 e 12 del Codice Appalti in quanto le concessioni sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto in virtù dei quali una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più entiaggiudicatori affidano l’esecuzione (dei lavori e dei servizi o dei servizi) ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consiste unicamente nel diritto di gestire i lavori oggetto del contratto o in tale diritto accompagnatoda un prezzo. La novità rispetto al Codice Appalti, sempre inserita nello stesso comma 1 dell’art. 5 della Direttiva 23, riguarda la puntualizzazione di cosa comporta l’aggiudicazione di unaconcessione, ovvero il trasferimento al concessionario di un rischio operativolegato alla gestione dei lavori o dei servizi.
Con riferimento al rischio operativo, nelle Linee Guida si fa riferimento alla decisione di Eurostat “Treatment of public-private partnerships” dell’11 febbraio 2004 relativa al trattamento contabile, nei conti nazionali, dei contratti sottoscritti dallaPubblica Amministrazione nel quadro di partenariati con imprese private e specifical’impatto di tali PPP sul bilancio e sul debito pubblico. La decisione riguarda il caso di contratti a lungo termine, conclusi tra la Pubblica Amministrazione e un partner privato in settori di attività dove il Governo è fortementecoinvolto, per la realizzazione di una infrastruttura (asset) in grado di erogare servizi secondo parametri quantitativi e qualitativi stabiliti.
Eurostat propone, in questi casi, che gli assets legati a tali forme di PPP non debbano essere classificati come attivo patrimoniale pubblico, e, pertanto, siano registrati fuoribilancio delle amministrazioni pubbliche (off balance), qualora vengano rispettate leseguenti due condizioni:
- il partner privato si assume il rischio di costruzione;
- il partner privato si assume almeno uno fra il rischio di disponibilità e il rischio di domanda.
Questa classificazione ha importanti conseguenze sul deficit e sul debito pubblico: se l’asset è classificato nel bilancio dello Stato (on balance), laspesa iniziale in conto capitale per la realizzazione dell’asset stesso dovrà essere registrata come formazione di capitale fisso, con impatto negativo sul deficit/surplus statale (in corrispondenza di questa spesa, il debito statale aumenterà, con effetti negativi suldebito pubblico); nel caso in cui, viceversa, l’asset venga considerato fuori bilancio dello Stato, le relative spese in conto capitale, sostenute dal partner privato, non incidono né sul disavanzo né sul debito pubblico[3].
I rischi presi in considerazione da Eurostat sono, dunque, i seguenti:
- rischio di costruzione;
- rischio di disponibilità;
- rischio di domanda.
Il rischio di costruzione copre eventi quali:
- ritardo nei tempi di consegna;
- non rispetto degli standard di progetto;
- aumento dei costi;
- inconvenienti di tipo tecnico nell’opera;
- mancato completamento dell’opera.
In tutti questi casi l’assunzione del rischio da parte del privato implica che non sonoammessi pagamenti pubblici che non siano correlati alle condizioni prestabilite nelcontratto di costruzione dell’opera.
Il rischio di disponibilità è legato alla capacità, da parte del concessionario, di erogare leprestazioni contrattuali pattuite, sia per volume che per standard di qualità (performance). Affinché il rischio sia effettivamente trasferito è necessario che i pagamenti pubblici siano correlati all’effettivo grado di disponibilità fornito dal privato, al loro volume esecondo la qualità predeterminata, in applicazione del principio del take-and-pay. Adesempio, l’applicazione di un sistema di pagamenti da parte dell’Ente pubblico concedente del tipo incentives/penalties, che preveda la riduzione dei pagamenti nel caso di prestazioni insufficienti con l’applicazione di opportune penali, è efficace al finedel trasferimento del rischio di disponibilità. Viceversa, pagamenti regolari sotto forma di canoni invariabili non parametrati all’effettivo volume dei servizi prestati nonconsentono una effettiva assunzione di rischio da parte del partner privato.
Il rischio di domanda (o altrimenti detto, rischio operativo), infine, si origina dalla variabilità della domanda che non dipendedalla qualità del servizio prestato dal concessionario dell’infrastruttura.
In assenza di alea correlata alla gestione non si configura la concessione bensì l’appalto: la caratteristica di un contratto di concessione è il trasferimento al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei lavori o dei servizi
Come chiarisce l’ANAC nelle Linee Guida, i criteri individuati nella richiamata decisione di Eurostat dell’11 febbraio 2004 – che sulla base dell’allocazione dei rischi (di costruzione/di disponibilità/di domanda), ha classificato le operazioni di PPP on/off ‐ balance– devono essere integrati con i contenuti del Regolamento UE n. 549 del 21 maggio 2013 relativo al “Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell’Unione europea” (“SEC2010”) e dell’ultimo aggiornamento (agosto 2014) del Manuale sul disavanzo e sul debito pubblico (“Manual on Government Deficit and Debt – MGDD”, di seguito “Manuale”). In ordine al criterio dei rischi, il nuovo Manuale, ribadendo che per poter contabilizzare off balance gli assetts oggetto dell’operazione di PPP è necessaria una chiara dimostrazione della sopportazione da parte del privato della maggioranza dei rischi, precisa che «la rilevanza del rischio deve essere valutata tenendo conto dell’impatto sia sulla redditività, sia sul profilo finanziario del partner. Ai fini di una corretta allocazione dei rischi, si ribadisce la rilevanza sostanziale dei fattori relativial finanziamento pubblico dei costi di investimento, alla presenza di garanzie pubbliche, alle clausole difine contratto ed al valore di riscatto dell’asset a fine concessione. In tale sede è specificato, tra l’altro, che, con riferimento al finanziamento pubblico, ad esempio, vanno individuate differenti forme, quali l’apporto di capitale di rischio (equity) o di capitale di credito (finanziamenti bancari), accanto alle più tradizionali forme di contribuzione pubblica. In tutti questi casi è stabilito che quando il costo del capitale è prevalentemente coperto dallo Stato in una delle suddette forme, ciò indica che lo Stato assume la maggioranza dei rischi. Inoltre, l’incremento del livello difinanziamento, da minoritario a maggioritario, in corso d’opera può comportare la riclassificazione on balance dell’asset, ossia la sua imputazione sul bilancio del soggetto pubblico».
Come riferito nelle Linee Guida, il richiamato Manuale evidenzia che anche la presenza di garanzie pubbliche può rappresentare un elemento idoneo ad influenzare il trattamento contabile dell’operazione, in quanto queste possono incidere sulla distribuzione dei rischitra le parti:«A tale proposito è chiarito che le garanzie possono comportare l’iscrizione o la riclassificazione dell’asset on balance quando assicurano un’integrale copertura del debito o un rendimento certo del capitale investito dal soggetto privato. Come elemento discretivo è indicato il criterio secondo cui l’opera deve essere contabilizzata on balance quando l’effetto combinato delle garanzie e del contributo pubblico copra più del 50% del costo. A tal proposito, il nuovo Manuale estende l’applicazione delle regole in materia anche ai casi in cui un’amministrazione fornisca una garanzia al partner non direttamente legata al debito contratto in relazione a uno specifico progetto in Ppp».
Sul punto, il considerando 19 della Direttiva 23 indica, infatti, che «Qualora la regolamentazione settoriale specifica elimini il rischio prevedendo una garanzia a favore del concessionario per il recupero degli investimenti e dei costi sostenuti per l’esecuzione del contratto, il contratto stesso non dovrebbe configurarsi come una concessione ai sensi della presente direttiva. Il fatto che il rischio sia limitato sin dall’inizio non dovrebbe escludere che il contratto si configuri come concessione. Può essere questo il caso, per esempio, di settori con tariffe regolamentate o dove il rischio operativo sia limitato mediante accordi di natura contrattuale che prevedono una compensazione parziale, inclusa una compensazione in caso di cessazione anticipata della concessione per motivi imputabili all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore ovvero per cause di forza maggiore».
Come rileva l’ANAC nelle Linee Guida anche l’allocazione dell’asset alla fine del contratto rappresenta un elemento idoneo ad incidere sulla contabilizzazione dell’intervento.
Considerato quanto sopra l’ANAC richiama l’attenzione delle stazioni appaltanti ad una corretta valutazione della ricorrenza, nelle singole fattispecie, delle condizioni e dei presupposti che caratterizzano il contratto di concessione, distinguendolo dal differente strumento contrattuale dell’appalto. «Una corretta qualificazione giuridica dell’operazione posta in essere è, infatti, presupposto indispensabile per la corretta individuazione della disciplina giuridica e contabile da applicare. A tale riguardo, si richiamano le conseguenze in punto di responsabilità amministrativa e contabile per gli eventuali maggiori costi sopportati dall’amministrazione a causa di un utilizzo improprio dei Contratti di Ppp e del PF»[4].
Sul punto l’ANAC ricorda che il comma 111-bis dell’art. 1 della legge 13 dicembre 2010 n. 220 (“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2011”) prevede che «I contratti di servizio e gli altri atti posti in essere dalle regioni e dagli Enti locali che si configurano elusivi delle regole del patto di stabilità interno sono nulli» e al comma 111-ter stabilisce che «Qualora le Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti accertino che il rispetto del patto di stabilità interno è stato artificiosamente conseguito mediante una non corretta imputazione delle entrate o delle uscite ai pertinenti capitoli di bilancio o altre forme elusive, le stesse irrogano, agli amministratori che hanno posto in essere atti elusivi delle regole del patto di stabilità interno, la condanna ad una sanzione pecuniaria fino ad un massimo di dieci volte l’indennità di carica percepita al momento di commissione dell’elusione e, al responsabile del servizio economico-finanziario, una sanzione pecuniaria fino a 3 mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali».
Per evitare il verificarsi di ipotesi di responsabilità amministrativa e contabile è fondamentale che la PA proceda con una corretta qualificazione giuridica dell’operazione da porre in essere
4. La programmazione nel PF
Di rilievo appare la sezione delle Linee Guida dedicata dall’ANAC alla fase di programmazione di un’operazione di PF: al fine di privilegiare la massima trasparenza ed il contrasto alla corruzione, l’ANAC raccomanda le stazioni appaltanti affinchè «la programmazione preventiva diventi la regola». La mancata programmazione nel settore dei servizi e forniture si può, infatti, ripercuotere in una carenza di trasparenza nelle scelte effettuate dall’amministrazione, scelte che possono anche finire per essere motivate da interessi particolaristici, se non clientelari, piuttosto che da esigenze pubbliche: come rilevato dall’ANAC, sono sintomo di tali problematiche la frammentazione degli affidamenti, il frequente ricorso a proroghe contrattuali, l’avvio di procedure negoziate senza bando motivate dalla mera urgenza di provvedere, l’imprecisa definizione dell’oggetto del contratto con riguardo alle specifiche tecniche e/o alle quantità, la perdita di controllo della spesa.
In particolare, rileva l’ANAC, per il settore del PF – nel quale è richiesto l’intervento del capitale privato e sono delegate all’affidatario la gestione e del servizio – l’opportunità di informare, attraverso la programmazione, il mercato e il territorio circa le modalità di gestione di servizi di rilievo è di particolare rilievo. Il Codice Appalti prevede per i lavori di importo superiore a un milione di euro venga incluso nel piano annuale almeno il progetto preliminare, mentre per i lavori di manutenzione e per quelli affidati con PF il Codice Appalti prevede il solo studio di fattibilità (art. 128, comma 6 e art. 153, comma 2). «La ratio della previsione è da rintracciare nella maggiore libertà di iniziativa economica che è lasciata al privato nell’adozione dello specifico strumento del PF; tuttavia, ciò può ripercuotersi sulla fattibilità del progetto stesso. Infatti, specie per gli interventi più complessi, la fase di approvazione del progetto preliminare e di accettazione delle modifiche progettuali da parte del promotore può richiedere tempi lunghi e ciò può determinare un mutamento sostanziale del quadro economico su cui si era basata l’offerta preliminare e, quindi, la manifestazione di interesse da parte degli istituti finanziatori».
Con l’obiettivo di accelerare le procedure di aggiudicazione del PFil DL n. 83/2012, convertito, con modificazioni dalla Legge n. 134/2012 attraverso l’introduzione del comma 1-bis nell’art. 14-bis della legge7 agosto 1990, n. 241, le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di indire una conferenza preliminare di servizi con il compito di esprimersi sulla base dello studio di fattibilità. L’istituto della conferenza preliminare di servizi possiede la duplice finalità di attuare un coinvolgimento maggiore degli investitori privati nella realizzazione delle opere pubbliche, nonché di semplificare l’azione amministrativa mediante il coordinamento tra i vari enti interessati al fine di comporre gli interessi coinvolti, talora confliggenti. Come evidenzia l’ANAC, «sarebbe, infatti, auspicabile, al fine di ridurre i tempi per la realizzazione del progetto, che l’amministrazione riuscisse a garantire l’acquisizione di tutte le necessarie autorizzazioni, pareri e atti diassenso comunque denominati entro la fase di aggiudicazione, ciò è peraltro previsto nel disegno di legge delega per il recepimento delle direttive europee».
Con riferimento allo studio di fattibilità, il comma 2-bis dell’art. 153 del Codice Appalti ha potenziato tale strumento, affidandone la redazione al personale interno all’amministrazione solo a condizione che possegga i necessari requisiti soggettivi di competenza tecnica per la sua predisposizione e prevedendo, inmancanza di adeguate professionalità, l’affidamento a soggetti esterni, tramite procedura selettiva. Tuttavia, osserva l’ANAC nelle Linee Guida, il legislatore non si è spinto finoa prevedere la necessità di una consultazione preventiva con i soggetti interessati dagli interventi che si intende realizzare al fine di neutralizzare l’opposizione di parte della popolazione alla realizzazione di interventi sulterritorio che determina inevitabili ritardi, specie nella fase di esecuzione dei lavori, conconseguenti lievitazione dei costi e del contenzioso. «La consultazione preventiva può rappresentare un modo per acquisire il contributo e il punto di vista dei soggetti interessati dall’intervento in questione e per ridurre il rischio “politico” rappresentato dai mutamenti che possono intervenire nel committente a seguito del cambio di maggioranza per nuove elezioni. La consultazione pubblica, infatti, può essere idonea a scindere il destino del singolo progetto da quello della maggioranza proponente, in quanto lo stesso è stato valutato ed approvato dai soggetti interessati».
L’ANAC dal punto di vista procedurale, ai fini della gestione del consenso con le popolazioni locali, nelle Linee Guida supera il modello della conferenza preliminare per accertare criticità progettuali e suggerisce alle stazioni appaltanti di applicare il cosiddetto débat public considerato che attualmente non esiste alcuna norma ostativa allo svolgimento di una consultazionepreventiva in un momento che precede la definizione dello studio di fattibilità e, quindi, la predisposizione dei documenti di programmazione: «Tale consultazione potrebbe avvenire, ad esempio, attraverso misure di informazione della popolazione interessata circa la natura degli interventi che si intende eseguire (quali comunicati stampa, informativa a gruppi già organizzati, ecc.), nonché la predisposizione di una pagina nel sito istituzionale del soggetto proponente volta, oltre ad informare, anche a recepire eventuali commenti, istanze, ecc. Qualunque sia la modalità prescelta, si richiama l’attenzione delle stazioni appaltanti sulla necessità che tale consultazione preventiva non si riduca ad una comunicazione meramente formale ma garantisca un’effettiva partecipazione degli stakeholders e della collettività interessata. A tal fine, occorre fornire ai soggetti coinvolti tutte le informazioni utili per un effettivo confronto, nel rispetto della disciplina sull’accesso agli atti. […] Al fine del contenimento dei tempi, sarebbe opportuno che questa forma di “débat public” avvenga contestualmente, per quanto possibile, alla conferenza preliminare di servizi».
Con esplicito riguardo alle esigenze informative tra i criteri di delega del disegno di legge delega per il recepimento delle direttive europee, l’art. 1, comma 1, lettera ss)[5] prevede il criterio della garanzia di trasparenza e di pubblicità degli atti nelle operazioni di PPP il quale determinerà «ovvi ed importanti riflessi in chiave di controllo dei costi e della qualità dell’opera nonché di prevenzione dei rischi di corruzione».
Per gestire il consenso delle popolazioni locali può essere applicato il débat public
A monte però l’Amministrazione, come chiarisce l’ANAC, deve valutare attentamente se risulti «se sia conveniente procedere ad una forma di partenariato con il privato oppure, diversamente, ricorrere ad un contratto di appalto più tradizionale. Tale analisi va effettuata in modo differenziato in rapporto alle caratteristiche e dimensioni dell’intervento che si prevede debba essere realizzato ed alle risorse economiche disponibili. In particolare, si dovrà tener conto almeno dei seguenti aspetti:
i. la presenza di un quadro normativo e regolatorio compatibile con l’intervento;
ii. l’esistenza di rischi trasferibili al soggetto privato;
iii. la capacità organizzativa e la presenza del know how della pubblica amministrazione per intraprendere un’operazione di Ppp;
iv. la possibilità di praticare un sistema di pagamenti da legare a prefissati livelli quantitativi equalitativi in sede di gestione;
v. la tariffabilità dei servizi da erogare e la verifica del consenso della collettività a pagare tali servizi».
Si tratta del cd. value for money dei PPP secondo cui il ricorso a un PPP come alternativa all’appalto pubblico tradizionale si fonda sul postulato che una condivisione ottimale del rischio con il partner privato offre un migliore value for money per il settore pubblico: l’obiettivo ultimo di un processo di selezione è scegliere il progetto che offra il miglior value for money, vale a dire il migliore risultato possibile per la collettività tenuto contodi tutti i benefici, i costi e i rischi nell’intero suo ciclo di vita[6]. Come rileva l’ANAC nelle Linee Guida, occorre valutare, oltre al costo di investimento per la realizzazione di un determinato progetto, anche il costo totale dell’opera nel corso di tutta la sua vita utile prendendo in considerazione i costi di manutenzionee gestione nonché le diverse tipologie di rischi associati al progetto che possono tradursi in elementi di costo.
Al fine di eseguire una corretta valutazione dei rischi appare opportuno elaborare la cd. matrice dei rischi mediante la quale viene definita l’ottimale allocazione del rischio specifico: in capo al soggetto pubblico o in capo al soggetto privato o secondo forme di gestione condivisa.
Le Linee Guida si soffermano a definire gi setti che – secondo la prassi ormai consolidata in materia – devono essere considerati nell’ambito di una matrice dei rischi:
a) identificazione del rischio: individuazione di tutti quegli elementi che potrebbero costituire un rischio nella fase di progettazione, di costruzione dell’infrastruttura o di gestione;
b) risk assessment: valutazione della probabilità del verificarsi di un evento associato ad un rischio e dei costi che ne possono derivare;
c) risk management: individuazione dei meccanismi che permettono di minimizzare gli effetti derivanti da un evento.
Nei progetti di PPP la gestione ottimale del rischio consiste nell’allocazione in capo al soggetto che è in grado di sopportarlo meglio.
La PA deve preliminarmente valutare se risulti più conveniente procedere ad una forma di partenariato con il privato oppure, diversamente, ricorrere ad un contratto di appalto più tradizionale
5. Conclusioni
Le Linee Guida dopo aver passato in rassegna i caratteri distintivi della concessione e rilevato l’importanza della fase della programmazione, proseguono con indicazioni tecniche ed operative in merito alle procedure di cui all’art. 153 del Codice Appalti ed in particolare:
- le modalità di svolgimento della procedura a gara unica (commi 1-14)
- lo svolgimento della procedura a doppia gara e il diritto di prelazione (comma 15)
- lo svolgimento delle procedure ad iniziativa dei privati (commi 16-18)
- lo svolgimento delle procedure ad iniziativa dei privati (commi 19-21)
- la finanza di progetto nei servizi
- la disciplina applicabile all’esecuzione del contratto.
Tali informazioni, ferme restando le modifiche che il legislatore in sede di recepimento delle nuove direttive in materia di appalti, ed in particolare della Direttiva 23, vorrà introdurre rispetto all’impianto normativo attualmente in essere, costituiranno un vademecum sia per le Pubbliche Amministrazioni intenzionate a strutturare interventi sia per gli operatori economici potenzialmente interessati a forme di PPP.
Il recepimento della Direttiva 23 potrà, infatti, costituire l’occasione per definire più chiaramente i rapporti tra PPP, concessioni e PF; in tal senso si auspica che il legislatore prenda spunto dalle Linee Guida e si riporti alle fondamentali indicazioni operative ivi fornite per disciplinare gli istituti del PPP e del PF nella maniera più chiara ed in conformità agli indirizzi di matrice europea.
[1] Deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sugli appalti pubblici e sulle concessioni, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici A.C. 3194-A Dossier n° 319/1 – Camera dei Deputati. Elementi per l’esame in Assemblea 12 ottobre 2015.
La lettera rr) della legge delega prevede la razionalizzazione e l’estensione delle forme di partenariato pubblico privato (PPP), con particolare riguardo alla finanza di progetto (project financing) e alla locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità, il cui utilizzo deve essere incentivato mediante il ricorso a innovativi e specifici strumenti finanziari ed il supporto tecnico alle stazioni appaltanti, garantendo la trasparenza e la pubblicità degli atti.
[2] La lettera t) della legge delega prevede un ampliamento delle funzioni dell’ANAC in funzione del miglioramento dell’efficienza, del sostegno allo sviluppo delle migliori pratiche, della facilitazione dello scambio di informazioni tra stazioni appaltanti e di vigilanza nel settore degli appalti pubblici e dei contratti di concessione. Il rafforzamento delle funzioni dell’ANAC include anche poteri di controllo, raccomandazione, di intervento cautelare, di deterrenza e sanzionatorio, nonché di adozione di atti di indirizzo quali linee guida, bandi-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile, anche dotati di efficacia vincolante.
[3] Unità Tecnica Finanza di Progetto «Partenariato Pubblico – Privato per la realizzazione di opere pubbliche: impatto sulla contabilità nazionale e sul debito pubblico», Giugno 2004
[4]A tale riguardo l’ANAC ricorda che:
– il giudice amministrativo ha sancito la nullità per illiceità dellacausa, ai sensi dell’art. 1344 del codice civile (“contratto in frode alla legge”), di un contratto di concessione nel quale non erano stati osservati i precetti comunitari nella distribuzione dei rischi (cfr. TarSardegna, sentenza 10 marzo 2011, n. 213)
– la Corte dei Conti ha più volte evidenziato come sia necessario accertare che il contratto da concludere abbia le caratteristiche proprie del PPP con utilizzo di risorse private ai sensi del comma 15-ter dell’art.3 del Codice Appalti e non rappresenti, invece, un meccanismo elusivo del divieto di indebitamento dell’Entesia per precedenti violazioni del patto di stabilità che per mancato rispetto dei parametri ex art. 204 TUEL (v. ex multis Corte dei Conti, Sez. Reg. Contr Veneto, 2 settembre 2011, n. 352/2011/par, intema di leasing immobiliare).
[5] La lettera ss) della legge delega prevede la predisposizione di studi di fattibilità che consentano di porre a gara progetti con accertata copertura finanziaria derivante dalla verifica dei livelli di bancabilità (il riferimento all’opera è stato soppresso a seguito di una modifica approvata in sede referente), garantendo altresì l’acquisizione di tutte le necessarie autorizzazioni, i pareri e gli atti di assenso comunque denominati entro la fase di aggiudicazione.
[6] EPEC “Una Guida ai PPP – Manuale di buone prassi” Versione italiana, maggio 2011
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