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( votes)1 Premessa
I costi per la sicurezza restano un tema caldo, sul quale il Consiglio di Stato periodicamente ritorna. Ciò a dimostrazione del fatto che si tratta di un argomento sul quale, da un lato, il legislatore non è stato chiaro nell’esplicitare il proprio intento e, dall’altro, non vi è uniformità di opinioni sull’effettiva rilevanza da darsi alla precisa individuazione di tali costi nell’ambito di una gara.
Il presente contributo esaminerà gli ultimi arresti giurisprudenziali sul tema ed, in particolare, la recentissima pronuncia dell’Adunanza plenaria, la n. 9 del 2 novembre scorso, che, seppure in via secondaria[1], torna sul tema e fissa il principio di diritto secondo cui, in caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, non può ricorrersi al soccorso istruttorio neppure per le procedure nelle quali la fase della presentazione delle offerte si sia conclusa prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n. 3 del 2015, ovvero la pronuncia che ha risolto l’annosa questione dell’obbligatorietà o meno dell’indicazione in offerta dei costi per la sicurezza aziendali negli appalti di lavori pubblici, nel senso della loro assoluta obbligatorietà anche in assenza di espressa menzione nella lex specialis.
Il Consiglio di Stato si è nuovamente espresso, in Adunanza Plenaria, sul tema degli oneri di sicurezza aziendali, ribadendo quanto già affermato a marzo sempre dall’Adunanza, sull’assoluta obbligatorietà dell’indicazione di tali oneri in offerta anche nelle gare di lavori.
2 Il precedente giurisprudenziale eccellente: l’Adunanza plenaria n. 3 del 20 marzo 2015
La pronuncia n. 3 del 20 marzo scorso[2] citata in premessa nasce da un’ordinanza di rimessione da parte della Quinta Sezione del Supremo Collegio. La controversia era sorta nell’ambito di un appalto di lavori in cui la stazione appaltante aveva rilevato l’omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali nell’offerta economica di una concorrente. In virtù dell’orientamento sino ad allora espresso dalla giurisprudenza maggioritaria, anche del Consiglio di Stato, l’amministrazione ne disponeva l’esclusione dalla gara, per mancanza di un elemento essenziale dell’offerta. La controversia è giunta al secondo grado dinanzi alla Quinta Sezione, che ha preferito deferire la questione all’Adunanza Plenaria per definire la <<corretta interpretazione dell’art. 87, comma 4 del Codice[3], che il primo giudice ha ritenuto norma da cui discende l’obbligo per le imprese partecipanti di indicare, a pena di esclusione, gli oneri relativi alla sicurezza in maniera analitica sin dal momento di presentazione delle offerte>>.
Il Supremo Collegio, preliminarmente, ha compiuto uno sforzo interpretativo per comprendere se l’art. 87 anzidetto riguardi soltanto gli appalti di servizi e di forniture, cui si riferisce espressamente l’inciso finale del testo, ovvero debba estendersi anche agli appalti di lavori.
Per fare ciò, l’Adunanza Plenaria ha ripercorso per grandi linee i contrapposti orientamenti formatisi sino a quel momento. Da un lato quello più rigoroso, elaborato in particolare dalla Terza Sezione, secondo cui sussiste l’obbligo di indicare tali oneri in offerta, pena l’esclusione, sia nel comparto dei lavori che in quelli dei servizi e delle forniture. Ciò, allo scopo di consentire alla stazione appaltante di adempiere al suo onere di verificare il rispetto di norme inderogabili a tutela dei fondamentali interessi dei lavoratori in relazione all’entità ed alle caratteristiche del lavoro, servizio o fornitura da affidare.
In particolare, stante la natura di precetto imperativo rivestita dall’indicazione, secondo tale orientamento tradizionale sarebbe del tutto irrilevante la circostanza che la lex specialis di gara non la richieda espressamente a pena di esclusione, rendendosi altrimenti scusabile una ignorantia legis[4]. Trattandosi di una carenza essenziale riguardante l’offerta e non una delle dichiarazioni relative ai requisiti di ammissione alla gara, non potrebbe ritenersene consentita l’integrazione mediante l’esercizio del c.d. soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante (ex art. 46, comma 1-bis, D. Lgs. n. 163 del 2006), pena la violazione della par condicio tra i concorrenti.
L’altro orientamento, più recente, elaborato principalmente dalla Quinta Sezione sostiene invece che sia necessario distinguere tra lavori da una parte e servizi e forniture dall’altra. Solo per questi ultimi l’art. 87, comma 4 del Codice, infatti, imporrebbe uno specifico obbligo dichiarativo alle imprese concorrenti, mentre per i lavori si dovrebbe guardare alla quantificazione operata dalla stazione appaltante.
L’obbligo di indicare nell’offerta gli oneri di sicurezza aziendali riguarderebbe solo gli appalti di servizi e forniture <<in ragione della speciale disciplina normativa riservata agli appalti di lavori, che appunto si connota per l’analisi preventiva dei costi della sicurezza aziendale, che sua volta si spiega alla luce della maggiore rischiosità insita nella predisposizione di cantieri>>[5].
Per i lavori, la quantificazione di tali oneri sarebbe rimessa al PSC predisposto dalla stazione appaltante. Pertanto, la valutazione, ai fini della congruità dell’offerta, del costo del lavoro e della sicurezza in forza del comma 3-bis dell’art. 86 del Codice è obbligatoria per tutte e tre le tipologie di appalti. Al contrario, la previsione dell’indicazione degli oneri in offerta, proprio perché il legislatore non ha utilizzato la medesima locuzione estensiva (“lavori, servizi e forniture”) nel comma 4 dell’art. 87, andrebbe riferita ai soli contratti pubblici presi espressamente in considerazione dalla norma, ossia quelli relativi ai servizi e alle forniture.
Secondo l’orientamento in esame[6], i primi destinatari dell’art. 87 del codice sono le stazioni appaltanti alle quali viene chiesto, nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte, di effettuare uno specifico apprezzamento della congruità dei costi del lavoro e della sicurezza indicati dai concorrenti.
Una volta ripercorsi i tratti salienti e le argomentazioni principali a sostegno dell’uno e dell’altro orientamento, l’Adunanza Plenaria, con la pronuncia n. 3, conclude nel senso che, nelle procedure di affidamento relative ai contratti pubblici di lavori, i concorrenti debbano indicare nell’offerta economica i costi per la sicurezza interni o aziendali.
Secondo il Collegio, la tesi secondo cui non sia necessario indicare in offerta gli oneri di sicurezza aziendali perché gli stessi sono già definiti nel Piano di sicurezza e coordinamento (PSC), secondo i dettami degli artt. 100 del D. Lgs. n. 81/2008 e 131 del Codice, non è condivisibile, posto che il PSC è riferito ai costi di sicurezza quantificati a monte dalla stazione appaltante, ossia ai c.d. costi da interferenze o da rischi interferenziali, e non ai costi aziendali delle imprese.
Per l’Adunanza Plenaria n. 3, l’unica interpretazione normativa plausibile, perché costituzionalmente orientata, è quella secondo cui l’obbligo dei concorrenti di specificare gli oneri aziendali per la sicurezza del lavoro sussista anche nelle offerte relative agli appalti di lavori.
L’Adunanza Plenaria passa in rassegna tutta la normativa che tratta in dettaglio del Piano di sicurezza e coordinamento e degli adempimenti ad esso connessi[7], e giunge alla conclusione che in nessuna di queste norme si fa riferimento agli oneri aziendali di sicurezza, conoscibili soltanto dalle imprese.
Al contrario, il PSC contiene l’indicazione e la quantificazione dei costi da rischi interferenziali, non ribassabili, che devono essere determinati a monte dalla stazione appaltante prima di bandire la gara.
E’ pur vero, tuttavia, che l’art. 87, comma 4, del Codice, nel prevedere, ai fini dellavalutazione dell’anomalia, la specifica indicazione in offerta dei costi per la sicurezza, fa esplicito riferimento ai soli servizi e forniture. Non solo. Dal combinato disposto delle suddette norme sembrerebbe che l’obbligo di specificare i costi della sicurezza in tutti i tipi di appalti riguarderebbe esclusivamente gli enti aggiudicatori, mentre l’indicazione nelle offerte dei costi per la sicurezza sussisterebbe soltanto per gli appalti di servizi e forniture, per consentire la successiva valutazione dell’anomalia.
In realtà, l’Adunanza Plenaria ritiene tale lettura, pur se fondata sulla formulazione testuale delle norme, illogica. Così si legge infatti nella pronuncia: <<non appare coerente, infatti, imporre alle stazioni appaltanti di tenere espresso conto nella determinazione del valore economico di tutti gli appalti dell’insieme dei costi della sicurezza, che devono altresì specificare per assicurarne la congruità, e non imporre ai concorrenti, per i soli appalti di lavori, un identico obbligo di indicazione nelle offerte dei loro costi specifici, il cui calcolo, infine, emergerebbe soltanto in via eventuale, nella non indefettibile fase della valutazione dell’anomalia; così come non si rinviene la ratio di non prescrivere la specificazione dei detti costi per le offerte di lavori, nella cui esecuzione i rischi per la sicurezza sono normalmente i più elevati>>.
Secondo l’Adunanza Plenaria, dunque, sarebbe contraddittorio che, proprio nel settore dei lavori, in cui vengono svolte le attività più rischiose, non si garantisca una adeguata ponderazione dei costi connessi alla sicurezza, in dispregio della primaria finalità di tutela della sicurezza sul lavoro, che trova fondamento nella Costituzione.
L’unica interpretazione della norma in esame plausibile, perché costituzionalmente orientata, è quella secondo cui l’obbligo dei concorrenti di specificare gli oneri aziendali per la sicurezza del lavoro sussista anche nelle offerte relative agli appalti di lavori.
Alla luce dell’interpretazione fatta dall’Adunanza Plenaria, l’omessa indicazione nelle offerte degli oneri di sicurezza interni, anche nell’ambito degli appalti di lavori, configura un’ipotesi di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal Codice, da cui scaturisce, ai sensi dell’art. 46 del D. Lgs. n. 163/2006, un’incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta e, conseguentemente, l’esclusione della stessa dalla procedura per inosservanza di un precetto imperativo che impone un determinato adempimento ai partecipanti e che ha il potere di eterointegrare la lex specialis che non lo preveda espressamente. Siamo dinanzi ad una carenza essenziale riguardante l’offerta, pertanto non sanabile con il potere di soccorso istruttorio della stazione appaltante.
Per l’Adunanza plenaria n. 9, la esclusione dalla gara per non avere indicato gli oneri di sicurezza aziendale deve essere comminata anche per le procedure bandite successivamente alla decisione della A.P. n. 3 del 2015 e non è ammesso il soccorso istruttorio.
4 La recente pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 9 conferma il divieto di ricorso al soccorso istruttorio anche nelle procedure ante sentenza n. 3/2015
Con la pronuncia n. 9 del 2 novembre scorso, il Consiglio di Stato, sempre in Adunanza Plenaria, è tornato sul tema in quanto la Quarta Sezione ha chiesto con ordinanza il suo intervento per chiarire la doverosità dell’uso dei poteri di soccorso istruttorio nei casi in cui la fase procedurale di presentazione delle offerte si sia perfezionata prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n. 3, sinora esaminata. In quest’ultima, come detto, è stata espressamente esclusa la sanabilità dell’omissione dell’indicazione degli oneri di sicurezza aziendale con il soccorso istruttorio, il quale si tradurrebbe in un’inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale dell’offerta.
Secondo il Supremo Collegio, <<non si ravvisano ragioni per rimeditare tale (condivisibile e recente) avviso, nella misura in cui si rivela coerente con la lettura della funzione e dei limiti di operatività dell’istituto del soccorso istruttorio (…)>>. Né, secondo l’Adunanza, può affermarsi che <<la esclusione dalla gara per non avere indicato gli oneri di sicurezza aziendale potrebbe essere comminata solo per le procedure bandite successivamente alla pubblicazione della decisione della A.P. n. 3 del 2015>>. Ciò in quanto la funzione nomofilattica delle pronunce dell’Adunanza plenaria hanno <<valore esclusivamente dichiarativo>>.
Se così non fosse, si finirebbe per attribuire alla interpretazione giurisprudenziale <<valore ed efficacia normativa in contrasto con la logica intrinseca della interpretazione e con il principio costituzionale della separazione dei poteri venendosi a porre in sostanza come una fonte di produzione>>.
La pronuncia in esame richiama la fondamentale pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 15144 del 2011, a partire dalla quale si è costantemente affermato che, per attribuire carattere innovativo all’intervento nomofilattico, occorre la concomitanza di tre precisi presupposti: l’intervento deve riguardare una regola del processo; la nuova interpretazione formulata deve essere imprevedibile e “di rottura” rispetto ad altra consolidata nel tempo, sulla quale si era evidentemente formato un ragionevole affidamento; infine, la nuova esegesi deve comportare un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa[8].
Nel caso in esame, secondo l’Adunanza Plenaria, non sussiste alcuno dei tre citati presupposti, non trattandosi di norma attinente ad un procedimento di carattere giurisdizionale, non preesistendo un indirizzo lungamente consolidato nel tempo e non risultando precluso il diritto di azione o di difesa per alcuna delle parti in causa.
Ciò posto, l’Adunanza formula il seguente principio di diritto: <<non sono legittimamente esercitabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure nelle quali la fase della presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n. 3 del 2015>>.
Seppure tra le righe, il Supremo Collegio coglie però l’occasione per bacchettare il legislatore per la sua – purtroppo – crescente incapacità di garantire la certezza e la chiarezza del diritto laddove afferma che <<non possono essere sottotaciute le aspirazioni del cittadino alla sempre maggiore certezza del diritto ed alla stabilità della nomofilachia, ma trattasi di esigenze che, ancorché comprensibili e condivisibili de jure condendo, nell’attuale assetto costituzionale possono essere affrontate e risolte esclusivamente dal legislatore>>.
Il Collegio invita, in altri termini, il legislatore a chiarire, una volta per tutte e con una norma inequivoca il peso da attribuire agli oneri di sicurezza aziendali e gli adempimenti ai quali le stazioni appaltanti, da un lato, e gli operatori economici, dall’altro, devono ottemperare nelle varie fasi di una procedura di gara.
Secondo la Terza Sezione del Consiglio di Stato, il rigoroso principio dell’obbligatorietà dell’indicazione in offerta degli oneri di sicurezza aziendale non si estende alle procedure di cottimo fiduciario, perché trattasi di trattative private e non vere e proprie gare.
5 Il diverso orientamento del Consiglio di Stato nell’ambito delle acquisizioni in economia
L’Adunanza Plenaria, prima con la Sentenza n. 3 ed ora con la n. 9 commentata in questa sede, pur sancendo un principio di diritto relativo agli appalti di lavori, ha incidentalmente affermato che l’obbligatoria indicazione in offerta degli oneri aziendali per la sicurezza valga anche – e potrebbe dirsi innanzitutto – per gli appalti di servizi e forniture.
Si evince chiaramente dall’iter logico seguito dai giudici che tale obbligatorietà è data, anzi, per scontata – anche perché deducibile dal dettato letterale delle norme – e costituisce il punto di partenza del ragionamento svolto dal Supremo Collegio nella pronuncia n. 3 e che lo ha condotto all’interpretazione, definita “costituzionalmente orientata”, secondo cui tale obbligo si debba estendere “anche” agli appalti di lavori.
Da tale posizione può trarsi un obiter dictum, per cui l’indicazione in offerta dei costi interni di sicurezza sia obbligatoria, pena l’esclusione dalla gara, per tutti i tipi di appalto.
Tale rigorosa posizione viene notevolmente smussata se si passa dagli appalti sopra soglia comunitaria a quelli sotto soglia ed, in particolare, alle acquisizioni in economia.
Si vuole in questa sede segnalare, infatti, una recentissima pronuncia della Terza Sezione del Consiglio di Stato, avente ad oggetto una controversia relativa ad una procedura di cottimo fiduciario[9].
Il casus decisus riguarda l’impugnazione di una sentenza del TAR Lombardia che aveva ritenuto legittima la non esclusione dalla gara dell’aggiudicataria di una procedura di cottimo fiduciario nonostante questa non avesse specificato in offerta i costi imputabili alla sicurezza aziendale.
Secondo la Terza Sezione, trattandosi di cottimo fiduciario per un importo sotto soglia comunitaria, vige il principio di semplificazione dettato dall’art. 125, comma 9, D. Lgs. n. 163 del 2006.
Si legge, infatti, nella pronuncia: <<il cottimo fiduciario non è una vera e propria gara, ma una trattativa privata, ossia una scelta altamente discrezionale che è temperata soltanto dal rispetto dei principi di trasparenza ed imparzialità (…). Non trovano, invece, applicazione le rigide regole dettate per gli appalti sopra soglia; pertanto, nonostante lo scopo altamente sociale che la norma si propone, è fortemente discutibile che possa trovare rigida applicazione l’obbligo discendente dall’art. 87, comma 4, del codice dei contratti pubblici, invocato dall’appellante, che concerne la dichiarazione specifica degli oneri sostenuti per la sicurezza aziendale, quantomeno nel senso di imporre una tale dichiarazione a pena di esclusione>>.
In altri termini, per il Consiglio di Stato, nell’ambito delle procedure di acquisizione in economia, considerata la diversa natura del procedimento – trattativa privata e non vera e propria gara -, può derogarsi alle rigidità e alle cautele previste per gli appalti sopra soglia.
Anzi, nella pronuncia è, invero, ravvisabile un’inversione del ragionamento dal momento che, secondo il Collegio, tali rigide regole possono intendersi come applicabili ai cottimi fiduciari solo in via eccezionale, <<quando, in considerazione di particolari e specifiche esigenze, la lettera d’invito contempla espressamente un richiamo in tal senso, specificando la conseguente esclusione dalla procedura per la mancata dichiarazione>>.
Posto che, nel caso in esame, nulla prevedeva la lettera d’invito, né il capitolato speciale, la Terza Sezione ha confermato la legittimità della sentenza del TAR che ha mantenuto in competizione l’offerta priva dell’indicazione degli oneri di sicurezza interni.
6 La distinzione tra costi per la sicurezza esterni e oneri aziendali per la sicurezza: gli ultimi arresti giurisprudenziali sul tema
Gli articoli 86 e 87 del D. Lgs. n. 163/2006 in tema di quantificazione e valutazione della congruità degli oneri per la sicurezza, sono stati e sono tuttora oggetto di molteplici interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali a causa della loro infelice formulazione.
Tuttavia, pur in assenza di un esplicito riferimento normativo, è ormai pacificamente accolta la distinzione tra costi relativi alla sicurezza da rischi di interferenze e oneri per la sicurezza aziendali o da rischio specifico, distinzione ripresa anche dall’Adunanza Plenaria n. 3 anzidetta.
I primi, come è noto, sono i costi connessi ai rischi derivanti dal contatto tra il personale della amministrazione committente e quello dell’appaltatore o tra il personale di imprese diverse che operano, in virtù di contratti differenti, nella stessa sede del committente. Si tratta di rischi che la stazione appaltante è in grado di prevedere e quantificare, in termine di costo, perché attengono alla propria attività, alla propria struttura organizzativa e al tipo di appalto che la stessa è in procinto di bandire. Tali oneri non sono assoggettabili a ribasso, per non rischiare di vederli sottoposti ad indebite contrazioni ad opera delle imprese concorrenti a discapito della salute e dell’integrità dei lavoratori.
Gli oneri relativi alla sicurezza c.d. aziendali o da rischio specifico sono invece quei costi connessi ai rischi propri dell’attività specifica della singola impresa, conosciuti analiticamente – e perciò quantificabili con precisione – soltanto dalla stessa. Ad essi non è dunque possibile estendere la previsione della non assoggettabilità a ribasso perché gli stessi non sono quantificabili a priori dalla stazione appaltante in quanto ad essa non noti nello specifico. Tali oneri sono conosciuti nel dettaglio solo dall’impresa offerente perché dipendenti dalla sua specifica organizzazione ed attività, oltre che correlati alle altre componenti dell’offerta e, pertanto, variabili al variare di queste.
Una recentissima pronuncia della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, la n. 5070 del 6 novembre scorso, ribadisce tale fondamentale distinzione e precisa che gli oneri di sicurezza impongono un duplice obbligo in capo all’amministrazione e all’impresa concorrente. Si legge infatti nella sentenza: <<l’art. 86, comma 3-bis, D. Lgs. n. 163/2006, dove stabilisce che il “costo relativo alla sicurezza” debba essere “specificamente indicato”, si rivolge al tempo stesso, infatti: per gli oneri c.d. esterni, alla stazione appaltante, che chiama appunto a provvedere a siffatta indicazione in occasione della predisposizione della gara d’appalto; per gli oneri c.d. interni, alle singole concorrenti in sede di offerta>>.
Il caso discusso dalla Quinta Sezione riguarda un appalto in cui un offerente si è limitato ad indicare nell’offerta economica la percentuale di ribasso offerto senza specificare a quale importo dovesse applicarsi tale percentuale. In particolare, non era stato riportato in offerta l’importo dei costi di sicurezza esterni, non soggetti a ribasso perché quantificati nel bando dalla stazione appaltante.
Invero, secondo il Supremo Collegio, <<non vi è alcuna norma che imponga ai concorrenti (tantomeno, a pena di esclusione) di riprodurre nella loro offerta la quantificazione degli oneri di sicurezza c.d. esterni già effettuata dall’Amministrazione, un precetto simile non comparendo né nella disciplina positiva, né nella specifica lex specialis>>. E ciò, in quanto la differente natura degli oneri di sicurezza dell’uno e dell’altro tipo porta ad escludere che la regola della necessaria indicazione da parte delle concorrenti degli oneri aziendali, dalle stesse conosciuti in via esclusiva perché propri, <<possa essere estesa anche agli oneri c.d. esterni, giacché la definizione di questi ultimi compete appunto, per converso, alla sola Amministrazione, chiamata a fissarli a monte della procedura, e su di essi le concorrenti non dispongono di alcun potere dispositivo, sicché anche una loro eventuale indicazione sul punto sarebbe solo pedissequamente riproduttiva di quella posta a base della procedura>>.
La regola della necessaria indicazione in offerta degli oneri di sicurezza aziendali da parte dei concorrenti – i soli che ne conoscono l’ammontare – non può estendersi agli oneri c.d. esterni, giacché la definizione di questi ultimi compete, per converso, alla sola Amministrazione.
Unica eccezione alla quantificazione a monte da parte della stazione appaltante dei costi di sicurezza c.d. esterni è rinvenibile nel caso dell’appalto integrato complesso, ovvero nell’appalto di progettazione esecutiva ed esecuzione di lavori sulla base del progetto preliminare dell’amministrazione aggiudicatrice, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, ex art. 53, comma 2 lett. c) del Codice dei contratti.
In esso infatti il progetto preliminare posto a base di gara non può comprendere il PSC, cioè il documento in cui, di regola, la stazione appaltante dettaglia e quantifica con precisione i costi di sicurezza per rischi da interferenze da tenere fuori dal confronto concorrenziale.
Si pone dunque in questi casi, in cui manca momentaneamente un PSC definito, il problema di chi debba quantificare detti oneri. Un orientamento giurisprudenziale[10], apparentemente in contrasto con il principio di non ribassabilità degli oneri di sicurezza da PSC, è stato recentemente confermato dal TAR Bologna, n. 237/2015, che ammette che, in tali circoscritti casi, anche gli oneri da interferenze siano lasciati alla autonoma determinazione dell’offerente nell’ambito dell’offerta economica.
Infatti, l’elevata autonomia dell’offerente nella redazione del progetto definitivo in fase di gara, comprendente anche la possibilità di prevedere importanti varianti in sede di offerta rispetto al progetto disciplinare, comporta che una effettiva e realistica determinazione dei costi di sicurezza esterni si abbia soltanto con tale progettazione definitiva.
La posizione assunta dal TAR emiliano è in linea con alcune pronunce del Consiglio di Stato[11] sul tema. Il Supremo Collegio, per casi analoghi aveva infatti avuto già modo di affermare che <<è logico che gli oneri relativi ai piani per la sicurezza vadano rapportati (…) a tali progetti in corso di redazione e che questi debbano tenere conto, a loro volta, delle specifiche loro peculiarità, (…) tenendo, logicamente, pure conto delle varianti migliorative che possano condurre, in ipotesi, ad un’attenuazione degli oneri stessi rispetto all’importo indicativamente riportato nel progetto preliminare messo a concorso; con la conseguenza che l’indicazione definitiva di oneri per la sicurezza in misura inferiore rispetto a quanto così specificato dal bando non implica l’applicazione di un non ammissibile ribasso percentuale concernente gli oneri stessi, bensì una concreta determinazione di essi conforme alla loro incidenza effettiva, ragguagliata ai contenuti specifici dell’offerta e dei suoi eventuali aspetti migliorativi>>. Tanto ciò è vero che – aggiunge il Consiglio di Stato – <<la percentuale di diminuzione, rispetto al progetto preliminare redatto dalla società aggiudicatrice, dell’importo degli oneri per la sicurezza ipotizzato dall’aggiudicataria non coincide affatto con il ribasso dalla stessa offerto in relazione alla specifica offerta economica, apparendo, invece, puntualmente quanto dettagliatamente quantificato, nell’offerta, nelle singole sue componenti>>.
7 Conclusioni
Come può trarsi dalla disamina tratteggiata in questa sede, la visione che il Consiglio di Stato ha dimostrato di avere in tema di oneri per la sicurezza aziendali è improntata al massimo rigore, evidentemente in funzione dello scopo altamente sociale che la norma si propone. Invero, tale visione stride, da un lato, con la lettera della legge e, dall’altro, con l’incidenza tutto sommato scarsa, in termini di quantificazione economica, che tali oneri hanno sul costo complessivo di un appalto. In altre parole, verrebbe da dire “tanto rumore per nulla”.
Il rigore imposto alle procedure sopra soglia viene però improvvisamente meno per le acquisizioni in economia e tale mutamento di opinione non appare del tutto coerente, se è vero che ciò che si vuole tutelare è l’interesse primario, costituzionalmente garantito, della salute e sicurezza dei lavoratori, il quale non diviene certamente meno importante a seconda della procedura di affidamento che la stazione appaltante scelga di utilizzare.
Resta infine da chiedersi se l’orientamento giurisprudenziale sinora esaminato, che sancisce l’esclusione dalle gare di concorrenti che abbiano presentato un’offerta, in ipotesi conforme alle direttive comunitarie nonché alla lex specialis e, diciamolo, anche alla lettera della legge, possa considerarsi completamente compatibile con i principi comunitari di trasparenza, di libertà di concorrenza e di diritto di difesa.
[1] La pronuncia in esame affronta principalmente un’altra questione problematica da tempo dibattuta, ovvero quella dell’obbligatorietà o meno dell’indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell’offerta, risolvendola nel senso negativo. In questa sede, però, ci si limiterà ad esaminare la parte della sentenza riguardante il diverso tema dell’omessa indicazione in offerta degli oneri di sicurezza aziendali, che costituiva un secondo motivo di impugnazione. La tematica principale della Sentenza de qua merita senza dubbio un distinto approfondimento ad hoc.
[2] Tale pronuncia è stata già oggetto di esame da parte di chi scrive in un precedente contributo alla Rivista. Si veda Mediappalti, anno V, n. 4.
[3] Gli articoli di riferimento sul tema sono, innanzitutto, l’art. 86, 3-bis e 3-ter, D. Lgs. n. 163/2006: <<Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione. 3-ter. Il costo relativo alla sicurezza non può essere comunque soggetto a ribasso d’asta.>> e l’art. 87, comma 4, D. Lgs. n. 163/2006: <<Non sono ammesse giustificazioni in relazione agli oneri di sicurezza in conformità all’articolo 131, nonché al piano di sicurezza e coordinamento di cui all’articolo 12, decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 e alla relativa stima dei costi conformeall’articolo 7, decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 2003, n. 222. Nella valutazione dell’anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell’offerta e risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture.>>.
[4] Ex multis, Cons. Stato, III Sezione, n. 3565/2013.
[5] Cfr. Cons. Stato Ad. Plen. N. 3/2015.
[6] Sentenza Cons. Stato V Sezione, n. 3056/2014.
[7] In particolare, gli artt. 90, 91, 100 e 101 del D. Lgs. n. 81/2008, l’art. 131 del Codice dei contratti pubblici e gli artt. 24, 32 e 39 del Regolamento di attuazione del Codice.
[8] Cfr. Cass. S.U. n. 15144 del 2011, ma anche Cass. n. 28967 del 2011; n. 12704 del 2012 e, da ultimo, n. 19700 e n. 20007 del 2015.
[9] Si tratta della Sent. n. 4810 del 21.10.2015.
[10] Cons. Stato, Sez. VI, n. 2949/2007; Sez. V, n. 4378/2008.
[11] Cons. Stato VI Sezione, n. 2949/2007, ma anche Cons. Stato V Sezione, n. 4378/2008.