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( votes)1. Premessa
Con la recente sentenza n. 3 del 20 marzo 2015, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si è finalmente pronunciata in merito all’annosa questione dell’obbligatorietà o meno dell’indicazione in offerta dei costi per la sicurezza aziendali negli appalti di lavori pubblici.
Nell’ultimo triennio infatti si sono susseguite numerose pronunce delle diverse Sezioni del Consiglio di Stato, in particolare della Terza e della Quinta, oscillanti tra due contrapposte posizioni: da un lato l’obbligatorietà dell’indicazione in offerta di tali costi, pena l’esclusione dalla gara del concorrente che ne avesse omesso l’indicazione in offerta, e ciò pur in assenza di espressa comminatoria di esclusione nella lex specialis, e dall’altra, la non obbligatorietà dell’indicazione di detti oneri ma la loro valutazione soltanto in un momento successivo ed eventuale, ossia in sede di verifica di anomalia dell’offerta.
La giurisprudenza del Supremo Collegio è di recente arrivata, addirittura, ad estendere tale ultima interpretazione – maggiormente orientata alla permanenza in gara dei concorrenti – anche agli appalti di servizi e forniture.
Di tali oscillazioni giurisprudenziali chi scrive ha già dato conto in precedenti contributi[1] a questa rivista, auspicando proprio l’intervento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato al fine di dirimere finalmente una questione così controversa e dibattuta, anche, per la verità, a causa dell’infelice dettato normativo, più volte modificato ma tuttora poco chiaro.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato prende posizione sulla vexata quaestio dell’indicazione obbligatoria in offerta dei costi aziendali per la sicurezza negli appalti di lavori pubblici, sciogliendo i dubbi sorti a seguito dei contrapposti orientamenti espressi nel tempo dalla Terza e della Quinta Sezione.
2. La definizione degli oneri per la sicurezza
Gli articoli 86 e 87 del D. Lgs. n. 163/2006[2] in tema di quantificazione e valutazione della congruità degli oneri per la sicurezza, infatti, anche se con una formulazione non lineare e contraddittoria, perseguono lo scopo di rafforzare – mediante il restringimento dei margini di discrezionalità e di autonomia delle stazioni appaltanti e degli appaltatori – il sistema di tutele poste a salvaguardia della salute ed integrità dei lavoratori nei luoghi di lavoro, anche nell’ambito degli appalti pubblici.
I ripetuti interventi legislativi su tali norme hanno mirato a costringere le stazioni appaltanti e le imprese appaltatrici a porre la massima attenzione nell’individuazione dei costi relativi alla sicurezza e nella loro quantificazione, da ponderare attentamente per assicurarne la congruità rispetto alle primarie esigenze di tutela cui gli stessi costi sono finalizzati.
Anche se il dettato normativo non la definisce, è pacificamente accolta in dottrina e in giurisprudenza la distinzione tra costi relativi alla sicurezza da rischi di interferenze e oneri per la sicurezza aziendali o da rischio specifico, distinzione ripresa anche dall’Adunanza Plenaria con la pronuncia che qui ci si accinge ad esaminare.
I primi, come è noto, sono i costi connessi ai rischi derivanti dal contatto tra il personale della amministrazione committente e quello dell’appaltatore o tra il personale di imprese diverse che operano, in virtù di contratti differenti, nella stessa sede del committente. Si tratta di rischi che la stazione appaltante è in grado di prevedere e quantificare, in termine di costo, perché attengono alla propria attività, alla propria struttura organizzativa e al tipo di appalto che la stessa è in procinto di bandire. Tali oneri non sono assoggettabili a ribasso, per non rischiare di vederli sottoposti ad indebite contrazioni ad opera delle imprese concorrenti a discapito della salute e dell’integrità dei lavoratori.
Gli oneri relativi alla sicurezza c.d. aziendali o da rischio specifico sono invece quei costi connessi ai rischi propri dell’attività specifica della singola impresa, conosciuti analiticamente – e perciò quantificabili con precisione – soltanto dalla stessa. Ad essi non è dunque possibile estendere la previsione della non assoggettabilità a ribasso perché gli stessi non sono quantificabili a priori dalla stazione appaltante in quanto ad essa non noti nello specifico. Tali oneri sono conosciuti nel dettaglio solo dall’impresa offerente perché dipendenti dalla sua specifica organizzazione ed attività, oltre che correlati alle altre componenti dell’offerta e, pertanto, variabili al variare di queste.
Secondo quanto evidenziato anche dal Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria, gli oneri aziendali di sicurezza impongono un duplice obbligo in capo all’amministrazione e all’impresa concorrente: in capo alla stazione appaltante sorge l’obbligo di stimarne l’incidenza sulla determinazione di quantità e valori su cui calcolare l’importo complessivo dell’appalto, secondo criteri di ragionevolezza e di attendibilità generale; in capo alle imprese che partecipano alle gare, invece, vi è il dovere di indicarli specificamente in offerta, dato che trattasi di valutazioni soggettive rimesse alla loro esclusiva sfera valutativa.
3. I contrapposti orientamenti giurisprudenziali antecedenti all’Adunanza Plenaria
Sino al 2013, la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha consolidato con molteplici pronunce il proprio convincimento secondo il quale l’indicazione in sede di offerta degli oneri di sicurezza aziendali costituirebbe – sia nel comparto dei lavori che in quello dei servizi e delle forniture – un adempimento imposto dagli artt. 86, comma 3-bis, e 87, comma 4, del Codice allo scopo di consentire alla stazione appaltante di adempiere al suo onere di verificare il rispetto di norme inderogabili a tutela dei fondamentali interessi dei lavoratori in relazione all’entità ed alle caratteristiche del lavoro, servizio o fornitura da affidare. In particolare, stante la natura di precetto imperativo rivestita dall’indicazione, sarebbe del tutto irrilevante la circostanza che la lex specialis di gara non abbia richiesto la medesima indicazione, rendendosi altrimenti scusabile una ignorantia legis[3]. Trattandosi di una carenza essenziale riguardante l’offerta e non una delle dichiarazioni relative ai requisiti di ammissione alla gara, non potrebbe ritenersene consentita l’integrazione mediante l’esercizio del c.d. soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante (ex art. 46, comma 1-bis, d.lgs. n. 163 del 2006), pena la violazione della par condicio tra i concorrenti.
Con riferimento ai soli appalti di lavori pubblici, il Consiglio di Stato ha però nel tempo espresso anche un opposto orientamento, elaborato in particolare dalla Quinta Sezione. Tale differente posizione si fonda su una diversa lettura delle norme in esame.
Dal 2013 la Quinta Sezione del Consiglio di Stato si è allontanata dall’orientamento rigoroso sino ad allora elaborato dalla Terza Sezione ed ha sostenuto una posizione più sostanzialistica ed orientata al favor partecipationis almeno per quanto concerne gli appalti di lavori.
I giudici della Quinta Sezione[4], con riferimento ad una gara di lavori, hanno sostenuto infatti che occorre distinguere i lavori da una parte ed i servizi e forniture dall’altra. Solo per questi ultimi l’art. 87, comma 4 del Codice, infatti, imporrebbe uno specifico obbligo dichiarativo alle imprese concorrenti, mentre per i lavori si dovrebbe invece guardare alla quantificazione operata dalla stazione appaltante. Più precisamente, la quantificazione dei costi di sicurezza nei lavori sarebbe rimessa al Piano di sicurezza e coordinamento di cui all’art. 100 D. Lgs. n. 81/2008, predisposto dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 131 del Codice dei contratti.
Secondo il Supremo Collegio[5], i primi destinatari dell’art. 87 del codice sono le stazioni appaltanti alle quali viene chiesto, nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte, di effettuare uno specifico apprezzamento della congruità dei costi del lavoro e della sicurezza indicati dai concorrenti. In altri termini, sono le amministrazioni aggiudicatrici che devono valutare adeguatamente gli oneri di sicurezza aziendali e la sede più idonea per farlo è proprio la fase – successiva alla gara – di verifica di congruità dell’offerta economica. A conferma di tale interpretazione i giudici richiamano anche il dato testuale della norma: non a caso, la rubrica della disposizione in esame è <<Criteri di individuazione delle offerte anormalmente basse>>.
Secondo la Quinta Sezione non rileverebbe il fatto che la norma preveda espressamente che il costo in questione <<deve essere specificamente indicato>>: tale indicazione infatti sarebbe semplicemente funzionale alla verifica di congruità dell’offerta e quindi all’assolvimento del precetto rivolto alle stazioni appaltanti.
Anche le disposizioni contenute nell’art. 87 si riferiscono alla fase di verifica della congruità delle offerte. E’ anche vero che, dal complesso delle disposizioni in esame, le imprese sono tenute ad indicare gli oneri per la sicurezza nella loro offerta, ma ciò varrebbe, per espressa dizione di legge, per i soli appalti di servizi e forniture. Per contro, in nessuna parte delle disposizioni citate è previsto che per gli appalti di lavori si debbano indicare nell’offerta gli oneri aziendali della sicurezza; soprattutto, in nessuna parte è prevista la comminatoria di esclusione per l’omessa indicazione degli stessi: negli appalti di lavori, anzi, esiste già una rigorosa analisi dei costi in questione da parte della stazione appaltante nella fase della progettazione, in virtù di puntuali disposizioni del regolamento di attuazione di cui al D.P.R. n. 207/2010.
4. Il casus decisus e la questione interpretativa esaminata dall’Adunanza Plenaria
La pronuncia n. 3 del 20 marzo scorso che qui si esamina nasce da un’ordinanza di rimessione da parte della Quinta Sezione. La controversia sorge nell’ambito di un appalto di lavori indetto dal Comune di Caserta. Al momento dell’apertura delle offerte economiche, la stazione appaltante rileva l’omessa indicazione nell’offerta di una concorrente degli oneri di sicurezza aziendali. In virtù dell’orientamento sino ad allora espresso dalla giurisprudenza maggioritaria, anche del Consiglio di Stato, il Comune ne dispone l’esclusione dalla gara, sostenendo che tale indicazione costituisce elemento essenziale dell’offerta, la cui mancanza rende la stessa incompleta in un aspetto essenziale e, pertanto, suscettibile di esclusione. La concorrente esclusa presenta dunque ricorso nanti il TAR Campania, il quale lo respinge aderendo alla consolidata posizione giurisprudenziale secondo cui l’obbligo di indicare in offerta gli oneri relativi alla sicurezza discende dal disposto dell’art. 87, comma 4 del Codice. Posto che trattasi di norma imperativa, la sua violazione comporta l’esclusione dalla gara pur in assenza di espressa sanzione in tal senso nella lex specialis.
Il ricorrente a questo punto impugna la sentenza dinanzi alla Quinta Sezione del Consiglio di Stato, la quale dispone il deferimento della questione all’Adunanza Plenaria <<per l’esame della questione di diritto attinente alla corretta interpretazione dell’art. 87, comma 4 del Codice, che il primo giudice ha ritenuto norma da cui discende l’obbligo per le imprese partecipanti di indicare, a pena di esclusione, gli oneri relativi alla sicurezza in maniera analitica sin dal momento di presentazione delle offerte>>.
Il casus decisus nasce dall’impugnazione di una sentenza del TAR Campania che accedeva all’orientamento più rigoroso, disconosciuto di recente dalla Quinta Sezione, la quale, investita dell’appello, ha disposto il deferimento della questione all’Adunanza Plenaria.
L’Adunanza Plenaria affronta la questione dando innanzitutto conto della tradizionale distinzione accolta in dottrina e in giurisprudenza tra costi da interferenze e oneri aziendali per la sicurezza, di cui si è detto al paragrafo 2 del presente contributo.
Il Collegio esamina poi il dettato della legge e, preliminarmente, individua il nodo da sciogliere nel comprendere se questa disposizione riguardi soltanto gli appalti di servizi e di forniture, cui si riferisce espressamente l’inciso finale del testo ovvero debba estendersi anche agli appalti di lavori.
Si legge infatti nella Sentenza n. 3: <<Dalla lettura del comma (ndr: il comma 4 dell’art. 87) emerge infatti che mentre il primo periodo ribadisce per tutti gli appalti che gli oneri della sicurezza non sono soggetti a ribasso d’asta in relazione al piano di sicurezza e coordinamento, il secondo periodo precisa che l’indicazione relativa ai costi della sicurezza deve essere sorretta da caratteri di specificità e di congruità ai fini della valutazione dell’anomalia dell’offerta, facendo però riferimento esplicito, questa volta, solo ai settori dei servizi e delle forniture>>.
L’Adunanza Plenaria ripercorre i contrapposti orientamenti formatisi sino ad oggi. Da un lato quello più rigoroso, elaborato dalla Terza Sezione in particolare, secondo cui sussiste l’obbligo di indicazione in offerta di tali oneri, pena l’esclusione, sia nel comparto dei lavori che in quelli dei servizi e delle forniture <<all’evidente scopo di consentire alla stazione appaltante di adempiere al suo onere di verificare il rispetto di norme inderogabili a tutela dei fondamentali interessi dei lavoratori in relazione all’entità ed alle caratteristiche del lavoro, servizio o fornitura da affidare>>. Come già detto, stante la natura di precetto imperativo di tale indicazione, è irrilevante la circostanza che la lex specialis di gara non ne abbia richiesto esplicitamente l’indicazione, né può ritenersi ammissibile alcuna integrazione mediante l’esercizio del soccorso istruttorio ex art. 46 comma 1 bis, del Codice.
Dall’altro, il Supremo Collegio ricorda i tratti salienti dell’altro orientamento, più recente, elaborato proprio dalla Quinta Sezione che ha disposto il deferimento della questione de qua all’Adunanza Plenaria. Secondo tale posizione, l’obbligo di indicare nell’offerta gli oneri di sicurezza aziendali riguarderebbe solo gli appalti di servizi e forniture <<in ragione della speciale disciplina normativa riservata agli appalti di lavori, che appunto si connota per l’analisi preventiva dei costi della sicurezza aziendale, che sua volta si spiega alla luce della maggiore rischiosità insita nella predisposizione di cantieri>>. Per i lavori, infatti, la quantificazione di tali oneri sarebbe rimessa al PSC predisposto dalla stazione appaltante. Secondo tale posizione, la valutazione, ai fini della congruità dell’offerta, del costo del lavoro e della sicurezza in forza del comma 3-bis dell’art. 86 del Codice è obbligatoria per tutte e tre le tipologie di appalti. Al contrario, la previsione dell’indicazione degli oneri in offerta, proprio perché il legislatore non ha utilizzato la medesima locuzione estensiva (“lavori, servizi e forniture”) nel comma 4 dell’art. 87, andrebbe riferita ai soli contratti pubblici presi espressamente in considerazione, ossia quelli aventi ad oggetto servizi e forniture.
5. La soluzione del quesito
L’Adunanza Plenaria ritiene che nelle procedure di affidamento relative ai contratti pubblici di lavori i concorrenti debbano indicare nell’offerta economica i costi per la sicurezza interni o aziendali.
Secondo il Collegio, la tesi secondo cui non sia necessario indicare in offerta gli oneri di sicurezza aziendali perché gli stessi sono già definiti nel Piano di sicurezza e coordinamento (PSC), secondo i dettami degli artt. 100 del D. Lgs. n. 81/2008 e 131 del Codice, non è condivisibile, posto che il PSC è riferito ai costi di sicurezza quantificati a monte dalla stazione appaltante, ossia ai c.d. costi da interferenze o da rischi interferenziali, e non ai costi aziendali delle imprese.
L’Adunanza Plenaria passa in rassegna tutta la normativa che tratta in dettaglio del Piano di sicurezza e coordinamento e degli adempimenti ad esso connessi, ovvero gli artt. 90, 91, 100 e 101 del D. Lgs. n. 81/2008, l’art. 131 del Codice dei contratti pubblici e gli artt. 24, 32 e 39 del Regolamento di attuazione del Codice.
Da tale disamina trae la conclusione che in nessuna di queste norme si fa riferimento agli oneri aziendali di sicurezza, conoscibili soltanto dalle imprese. Il PSC, anzi, contiene l’indicazione e la quantificazione dei costi da rischi interferenziali, che devono essere determinati a monte dalla stazione appaltante prima di bandire la gara; gli stessi non sono assoggettabili a ribasso.
In altri termini, da nessuna di queste norme emergono prescrizioni o elementi preclusivi dell’indicazione dei costi interni nelle offerte per l’affidamento di lavori.
Al contrario, secondo il Supremo Collegio, <<l’obbligo di procedere alla previa indicazione di tali costi, pur se non dettato expressis verbis dal legislatore, si ricava in modo univoco da un’interpretazione sistematica delle norme regolatrici della materia date dagli articoli 26, comma 6, del d.lgs. n. 81 del 2008 e 86, comma 3-bis, e 87, comma 4, del Codice>>.
Infatti, sia l’art. 26, comma 6, del d.lgs. n. 81 del 2008 che l’art. e 86, comma 3-bis, del Codice, dispongono – in maniera identica tra loro – che il costo relativo alla sicurezza deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture.
Secondo l’Adunanza Plenaria, l’unica interpretazione plausibile dell’art. 87, comma 4, che sia costituzionalmente orientata, è quella secondo cui l’obbligo dei concorrenti di specificare gli oneri aziendali per la sicurezza del lavoro sussiste anche nelle offerte relative agli appalti di lavori.
E’ anche vero che l’art. 87, comma 4, del Codice, nel prevedere, nell’ambito dellavalutazione dell’anomalia, la specifica indicazione in offerta dei costi per la sicurezza, fa esplicito riferimento ai soli servizi e forniture. Non solo. Dal combinato disposto delle suddette norme sembrerebbe che l’obbligo di specificare i costi della sicurezza in tutti i tipi di appalti riguarderebbe esclusivamente gli enti aggiudicatori, mentre l’indicazione nelle offerte dei costi per la sicurezza sussisterebbe soltanto per gli appalti di servizi e forniture, ai fini della valutazione dell’anomalia.
In realtà, l’Adunanza Plenaria ritiene tale lettura, pur se fondata sulla formulazione testuale delle norme, illogica.
Così si legge nella Sentenza n. 3: <<Non appare coerente, infatti, imporre alle stazioni appaltanti di tenere espresso conto nella determinazione del valore economico di tutti gli appalti dell’insieme dei costi della sicurezza, che devono altresì specificare per assicurarne la congruità, e non imporre ai concorrenti, per i soli appalti di lavori, un identico obbligo di indicazione nelle offerte dei loro costi specifici, il cui calcolo, infine, emergerebbe soltanto in via eventuale, nella non indefettibile fase della valutazione dell’anomalia; così come non si rinviene la ratio di non prescrivere la specificazione dei detti costi per le offerte di lavori, nella cui esecuzione i rischi per la sicurezza sono normalmente i più elevati.>>
In altre parole, appare contraddittorio che, proprio nel settore dei lavori, in cui vengono svolte le attività più rischiose, non si garantisca una adeguata ponderazione dei costi connessi alla sicurezza, in dispregio della primaria finalità di tutela della sicurezza sul lavoro, che trova fondamento nella Costituzione.
Così, ancora, si esprime il Consiglio di Stato: <<Per evitare una soluzione ermeneutica irragionevole e incompatibile con le coordinate costituzionali si deve allora accedere ad una interpretazione degli articoli 26, comma 6, del d.lgs. n. 81 del 2008 e 86, comma 3-bis, del Codice, nel senso che l’obbligo di indicazione specifica dei costi di sicurezza aziendali non possa che essere assolto dal concorrente, unico in grado di valutare gli elementi necessari in base alle caratteristiche della realtà organizzativa e operativa della singola impresa, venendo altrimenti addossato un onere di impossibile assolvimento alla stazione appaltante, stante la sua non conoscenza degli interna corporisdei concorrenti.>>
Effettivamente, il mancato obbligo di specificare gli oneri aziendali di sicurezza nell’offerta, negli appalti di lavori, priverebbe il giudizio di anomalia delle necessarie, preventive indicazioni al riguardo, da impiegare nella successiva verifica, rendendo inattendibile, o comunque monca, tale valutazione.
Secondo l’Adunanza Plenaria, l’unica interpretazione della norma in esame che sia plausibile, perché costituzionalmente orientata, è quella secondo cui l’obbligo dei concorrenti di specificare gli oneri aziendali per la sicurezza del lavoro sussista anche nelle offerte relative agli appalti di lavori.
In sintesi: le stazioni appaltanti, nella fase di predisposizione degli atti di gara per tutti i tipi di appalto, ivi compresi i lavori, al fine di una compiuta valutazione successiva di eventuali anomalie delle offerte, devono in primo luogo effettuare, nell’ambito del valore economico complessivo dell’appalto, un’adeguata stima di tutti i costi per la sicurezza con l’indicazione specifica di quelli da interferenze. Dal canto loro, le imprese che partecipano alla gara dovranno, da un lato, indicare in offerta i costi da interferenze come quantificati dalla stazione appaltante e dall’altro, quantificare e, conseguentemente, indicare – sempre in offerta – gli oneri di sicurezza interni, ponderati in relazione alla propria organizzazione produttiva e al tipo di offerta formulata.
Secondo l’Adunanza Plenaria, il fatto che l’art. 87, comma 4, del Codice non faccia espresso richiamo agli appalti di lavori ma solo a quelli di servizi e forniture sarebbe giustificato dalla particolare tipologia delle prestazioni richieste per questi ultimi rispetto agli appalti di lavori e alla rilevanza di ciò nella fase della valutazione dell’anomalia. Si legge infatti nella sentenza che <<il contenuto delle prestazioni di servizi e forniture può infatti essere tale da non comportare necessariamente livelli di rischio pari a quelli dei lavori, rilevando l’esigenza sottesa alla norma in esame, pur ferma la tutela della sicurezza del lavoro, di particolarmente correlare alla entità e caratteristiche di tali prestazioni la giustificazione dei relativi, specifici costi in sede di offerta e di verifica dell’anomalia>>.
In altre parole, se si guarda alla tipologia di prestazioni da rendere, negli appalti di servizi e forniture non occorre, di regola, una peculiare valutazione a monte dei costi per la sicurezza ma risulta sufficiente – e necessaria – la quantificazione operata dall’impresa concorrente, di cui si valuterà, in sede di verifica di anomalia dell’offerta, la congruità e la ragionevolezza.
L’Adunanza Plenaria ha formulato il principio di diritto secondo il quale, negli appalti di lavori, i concorrenti devono indicare nell’offerta economica gli oneri aziendali di sicurezza, pena l’esclusione dell’offerta dalla procedura anche se non prevista nel bando di gara.
Dal descritto quadro normativo, così come riletto alla luce dell’interpretazione fatta dall’Adunanza Plenaria, discende che l’omessa indicazione nelle offerte degli oneri di sicurezza interni, anche nell’ambito degli appalti di lavori, configura un’ipotesi di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal Codice, da cui scaturisce, ai sensi dell’art. 46 del D. Lgs. n. 163/2006, un’incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta e, conseguentemente, l’esclusione della stessa dalla procedura per inosservanza di un precetto imperativo che impone un determinato adempimento ai partecipanti e che ha il potere di eterointegrare la lex specialis che non lo preveda espressamente.
Si tratta, evidentemente, di una carenza essenziale riguardante l’offerta, pertanto non sanabile con il potere di soccorso istruttorio della stazione appaltante, limitato alle irregolarità essenziali afferenti alle dichiarazioni sul possesso dei requisiti di ammissione alle gare.
Il principio di diritto formulato dall’Adunanza Plenaria nella pronuncia sin qui esaminata è dunque il seguente: <<Nelle procedure di affidamento di lavori i partecipanti alla gara devono indicare nell’offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro, pena l’esclusione dell’offerta dalla procedura anche se non prevista nel bando di gara>>.
6. L’indicazione degli oneri in offerta negli appalti di servizi e di forniture: un problema aperto
La sentenza n. 3 dell’Adunanza Plenaria commentata in questa sede, pur riferendosi specificamente agli appalti di lavori e sancendo un principio di diritto relativo a tale tipologia di appalti, ha incidentalmente affermato anche che l’obbligatoria indicazione in offerta degli oneri aziendali per la sicurezza valga anche – e potrebbe dirsi innanzitutto – per gli appalti di servizi e forniture.
Si evince chiaramente dall’iter logico seguito dai giudici che tale obbligatorietà è data, anzi, per scontata – anche perché deducibile dal dettato letterale delle norme – e costituisce il punto di partenza del ragionamento che ha portato il Collegio all’interpretazione, definita “costituzionalmente orientata”, secondo cui tale obbligo si debba estendere “anche” agli appalti di lavori.
Da questa pronuncia potrebbe dunque trarsi un obiter dictum, secondo cui l’indicazione in offerta dei costi interni di sicurezza sia obbligatoria, pena l’esclusione dalla gara, per tutti i tipi di appalto.
Sotto tale profilo, l’Adunanza Plenaria avrebbe implicitamente dato risposta – negativa – anche ad un altro, recente orientamento, elaborato dalla Terza sezione del Consiglio di Stato[6], la quale, rivedendo la propria precedente posizione, con riferimento ad una gara d’appalto di servizi e forniture, ha sostenuto che, nel caso in cui nella lex specialis non sia rinvenibile una comminatoria espressa d’esclusione per omissione dell’indicazione in offerta economica degli oneri per la sicurezza, tale omissione non potrebbe giustificare l’esclusione del concorrente dalla procedura ma il costo per la sicurezza rileverebbe ai soli fini dell’anomalia del prezzo, al quale esso è intrinsecamente connesso.
Anche in successive pronunce, la Terza Sezione ha sostenuto che se le stazioni appaltanti non si sono preoccupate, in sede di predisposizione della documentazione di gara, di dettare apposite regole per la quantificazione degli oneri di sicurezza, la mancata indicazione analitica degli stessi nell’offerta <<non può risolversi in causa di esclusione dalla gara, anche alla luce dei criteri di tassatività della cause espulsive previsti dall’art. 46, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 163 del 2006>>[7].
In altri termini, se, per scelta della stazione appaltante, il momento di valutazione degli oneri di sicurezza è posticipato al sub-procedimento di verifica della congruità dell’offerta nel suo complesso, tale scelta deve essere rispettata e non può parlarsi di precetto imperativo la cui efficacia si esplica anche in assenza di espressa comminatoria nella documentazione di gara. Infatti, la mancanza di esplicita previsione nel disciplinare dell’obbligo di indicazione, nell’offerta economica, dei costi per la sicurezza, sarebbe da intendersi, secondo questo orientamento, come violazione degli articoli 86 e 87 del codice in primo luogo da parte della stazione appaltante, che è la responsabile della redazione della lex specialis. Tale violazione, d’altro canto, non potrebbe pregiudicare il legittimo affidamento dell’impresa che rediga un’offerta economica perfettamente conforme a quanto previsto nel bando.
L’Adunanza Plenaria ha incidentalmente affermato che l’obbligo di indicare gli oneri interni per la sicurezza in offerta vale anche per gli appalti di servizi e forniture, in ciò differendo rispetto ad un recente orientamento giurisprudenziale che considera illegittima l’esclusione del concorrente per omissione di tale indicazione.
L’Adunanza Plenaria si pone, pur non dicendolo esplicitamente, in direzione opposta: l’obbligo di indicare in offerta gli oneri di sicurezza interni sussiste per tutte e tre le tipologie di appalti ed è un precetto imperativo valevole anche in assenza di espressa previsione in tal senso da parte della lex specialis. L’omissione di tale indicazione comporterà quindi, in tutti i casi, l’esclusione del concorrente dalla gara per carenza di un elemento essenziale dell’offerta, non sanabile con il soccorso istruttorio.
Alla luce della pronuncia dell’Adunanza Plenaria, appare a questo punto ancora più utile la metodologia di determinazione dei costi interni di sicurezza elaborata da ITACA[8], di cui chi scrive ha già trattato in un recente contributo a questa rivista[9], che si basa sulla c.d. Tabella degli oneri, uno strumento pratico di supporto alle imprese che devono – ora obbligatoriamente – quantificare in offerta gli oneri interni per la sicurezza, e sul parametro convenzionale di verifica, ossia un parametro convenzionalmente stabilito di incidenza degli oneri aziendali rispetto alle spese generali presunte dell’operatore economico, da impiegarsi nell’ambito del giudizio di congruità di detti costi.
[1] Ci si permette di segnalare i propri precedenti contributi in questa rivista sulla tematica di cui qui si discute: “Gli oneri per la sicurezza “aziendali”. Ambito di applicazione degli articoli 86, cc.3-bis e 3-ter, e 87, c. 4, Codice appalti. Problematiche interpretative”, pubblicato sul n. 3 del 2013, “Costi per la sicurezza aziendali: il Consiglio di Stato cambia rotta”, pubblicato sul n. 8 del 2014 ed infine “Oneri aziendali della sicurezza nei lavori pubblici: ITACA detta le linee operative”, pubblicato sul n. 2 del 2015.
[2] Art. 86, 3-bis, D. Lgs. n. 163/2006: <<Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione.
3-ter. Il costo relativo alla sicurezza non può essere comunque soggetto a ribasso d’asta.>>
Art. 87, comma 4, D. Lgs. n. 163/2006: <<Non sono ammesse giustificazioni in relazione agli oneri di sicurezza in conformità all’articolo 131, nonché al piano di sicurezza e coordinamento di cui all’articolo 12, decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 e alla relativa stima dei costi conformeall’articolo 7, decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 2003, n. 222. Nella valutazione dell’anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell’offerta e risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture.>>
[3] Ex multis, Cons. Stato, III Sez., n. 3565/2013.
[4] Con la pronuncia n. 4964/2013.
[5] Sentenza Cons. Stato V Sezione, n. 3056/2014.
[6] Cons. Stato, III Sez., n. 5070/2013.
[7] Cons. Stato, III Sez., n. 1030/2014.
[8] Con il documento dal titolo “Verifica di congruità degli oneri aziendali della sicurezza nei contratti di lavori pubblici: prime indicazioni operative”[8], approvato il 19 febbraio 2015, ITACA, l’Istituto per l’innovazione e trasparenza degli appalti e la compatibilità aziendale della Conferenza delle Regioni e Province autonome, ha affrontato il tema degli oneri aziendali da rischio specifico o aziendali, con esclusivo riferimento al settore dei lavori pubblici, al fine di esaminare lo stato dell’arte della normativa e della giurisprudenza sull’argomento e dettare alcuni utili suggerimenti rivolti alle stazioni appaltanti e, indirettamente, agli operatori economici, per la verifica di congruità degli stessi.
[9] Si veda nota n. 1.