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( votes)La recente deliberazione dell’autorità di Vigilanza costituisce una occasione per fare qualche riflessione sul nuovo strumento dell’accordo quadro in merito ai lavori di manutenzione di tipo edile non programmata e non programmabile per i quali spesso è difficile prevedere la necessità in termini quantitativi.
In particolare l’Autorità di Vigilanza, nella delibera n. 26/10/2011 n. 95, ha esaminato il caso in cui veniva segnalata una anomalia contenuta nel bando di gara per l’appalto di lavori di manutenzione di tipo edile non programmata e non programmabile di edifici della rai, radio Televisione Italiana Spa siti in Roma, in relazione alle condizioni di partecipazione.
L’Autorità chiedendo l’intervento della stazione Appaltante ha sottolineato l’importanza di attribuire nella lex speciale di gara l’esatta qualificazione dei lavori in categorie ed in classifiche sulla base di quanto prescritto del DPR 34/2000, ciò al fine di evitare che gli appalti di lavori possano venire affidati a soggetti privi di capacità economico-finanziarie e tecnico-organizzative o non idonee alle tipologie di opere da realizzare.
La motivazione data dalla Stazione Appaltante si è basata sul fatto che la procedura in oggetto prevedeva l’affidamento di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria non programmata e non programmabile e pertanto evidenziava l’esigenza al ricorso di contratti aperti per munirsi di uno strumento flessibile per gestire i fabbisogni manutentivi urgenti e non programmabili, evitando di ricorrere costantemente ad affidamenti diretti o in economia. La stessa Stazione Appaltante ha precisato, inoltre, che essendo stato stabilito il tetto massimo di € 500.000 per ciascuna applicazione di Contratto, è stato deciso di consentire la partecipazione alle imprese con classifica II cioè per evitare requisiti di partecipazione sproporzionati ed irragionevoli e di garantire la massima partecipazione alla gara in argomento, in ottemperanza a quanto stabilito dalle Direttive comunitarie e dal codice dei contratti.
L’Autorità di Vigilanza esaminata la questione ha ritenuto che emergono alcune eccezioni riconducibili sia alla necessità di un formale rispetto delle norme vigenti in materia di qualificazione delle imprese, sia alle criticità connesse all’affidamento ad un’impresa di una prestazione complessivamente di importo superiore a quello per cui è qualificata. Ulteriore eccezione emerge in merito alla natura stessa di “contratto aperto”. La medesima Autorità, infatti, ha chiarito che l’art. 154, co. 2 del DPR 554/99 intende definire un contratto aperto come un contratto riferito ad un determinato arco di tempo che prevede, come oggetto, l’esecuzione di lavorazioni che sono singolarmente e distintamente definite nel loro contenuto prestazionale ed esecutivo ma non nel loro numero. In base a ciò tali forme di contratto possono essere applicabili unicamente a lavorazioni inerenti la manutenzione ordinaria e straordinaria ed alle lavorazioni definite di pronto intervento in quanto non programmabili, né prevedibili. Altra criticità emerge in sede di redazione del Certificato di Esecuzione Lavori.
Dal contratto aperto e all’accordo quadro
In proposito è interessante esaminare la figura dell’accordo quadro così come è disciplinata nella nuova direttiva “settori classici”, la direttiva 2004/18/Ce.
Punto di partenza per detta analisi è l’esame delle disposizioni contenute nell’undicesimo considerando introduttivo, il quale dispone: “Occorre prevedere una definizione comunitaria degli accordi quadro nonché delle norme specifiche per gli accordi quadro conclusi in relazione ad appalti che rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva. Ai sensi di dette disposizioni un’amministrazione aggiudicatrice, quando conclude, conformemente alle disposizioni della presente direttiva, un accordo riguardante, tra l’altro, la pubblicità, i termini e le condizioni di presentazione delle offerte, può concludere, nel periodo di durata dell’accordo quadro, contratti basati su tale accordo quadro sia applicando le condizioni stabilite nell’accordo quadro stesso oppure, se tutte le condizioni non sono state stabilite in anticipo nell’accordo quadro, riaprendo il confronto competitivo tra le parti (aderenti) all’accordo quadro sulle condizioni non stabilite. Il rilancio del confronto competitivo dovrebbe rispettare alcune regole il cui obiettivo è quello di garantire la flessibilità richiesta nonché l’osservanza dei principi generali, ivi compreso quello della parità di trattamento. Per tale ragione la durata massima degli accordi quadro dovrebbe essere limitata e non dovrebbe poter superare quattro anni, tranne in casi debitamente giustificati dalle amministrazioni aggiudicatrici”.
E’ opportuno precisare che la disciplina procedurale dell’accordo quadro è contenuta nell’art. 32 della direttiva unificata. Il primo comma asserisce la facoltatività del recepimento dell’accordo quadro nei vari ordinamenti nazionali; il secondo comma definisce: le modalità di conclusione degli accordi e di aggiudicazione degli appalti su di essi basati, la durata delle intese quadro, il divieto di rinegoziazione delle condizioni iniziali stabilite nell’accordo medesimo, il citato dovere di rispettare la concorrenzialità delle procedure di gara nel ricorso a tale strumento; infine, il terzo e quarto comma distinguono l’affidamento degli appalti nel caso che l’accordo sia stipulato con un solo operatore o che, invece, coinvolga più imprese.
In buona sostanza, l’accordo quadro, previsto a livello comunitario tra gli istituti a recepimento facoltativo, intende semplificare l’aggiudicazione di appalti seriali e ripetitivi. Rispetto alle precedenti esperienze nazionali in materia di forniture e servizi il nuovo istituto si distingue per la possibilità di essere concluso anche con più operatori economici.
Nel caso di accordo concluso con un solo operatore economico, si applicano ai contratti successivi le condizioni definite nell’accordo quadro, cui non possono essere apportate modifiche sostanziali mentre nel caso di accordo con più operatori economici, il Codice dei contratti pubblici italiano introduce un sistema di rotazione, in modo che ogni concorrente parte dell’accordo non possa aggiudicarsi più di un appalto: la previsione comunitaria, invece, si limita alla possibilità di rilancio con conseguente possibilità per l’operatore economico di aggiudicarsi uno o più contratti qualora si formuli la migliore offerta.
Ma con il Codice dei contratti, l’accordo quadro è utilizzabile anche per i lavori, in particolare di manutenzione, in tal modo sollecitando un accostamento teorico alla figura del c.d. “contratto aperto”.
Il precedente italiano è rappresentato dall’art. 154 del D.P.R. n. 554 del 1999, il cui secondo comma specifica trattarsi di “(…) appalti in cui la prestazione è pattuita con riferimento ad un determinato arco di tempo, per interventi non predeterminati nel numero, ma resi necessari secondo le necessità della stazione appaltante”.
I contratti aperti manifestano almeno tre particolarità rispetto allo schema tipico
dell’appalto di opere:
- la serialità degli interventi dedotti in contratto, in base alla quale l’erogazione delle prestazioni da parte dell’appaltatore avviene secondo modalità continuative o periodiche;
- la determinazione della prestazione dell’appaltatore in funzione del tempo, alla stregua dei contratti di durata;
- la mancata predeterminazione della quantità delle prestazioni richieste.
Altro accostamento teorico potrebbe operarsi al c.d. contratto normativo avente la funzione di prefissare il contenuto di contratti eventuali e futuri. La non obbligatorietà della stipulazione successiva dei contratti ricompresi nell’accordo quadro rappresenta un aspetto di grande problematicità. Non solo: dal contratto normativo non nasce neppure l’obbligazione negativa di non rifiutarsi di osservare le clausole pattuite, qualora la controparte voglia riprodurle nel contratto particolare (cioè il contratto che recepisce il contenuto del contratto normativo). La conclusione del contratto normativo lascia alle parti la libertà di concludere contratti particolari ed anche la libertà di determinare il contenuto di tali contratti. Il momento in cui quest’ultima viene meno è soltanto quello della conclusione di ciascun contratto particolare, e ciò vale anche per le regole fissate nei c.d. contratti normativi bilaterali che le parti possono concordemente variare o unilateralmente respingere attraverso il rifiuto di concludere il contratto particolare.
Unico obbligo discendente per chi ha stipulato un contratto normativo bilaterale è il principio generale della buona fede, ai sensi dell’art. 1337 cod. civ., con la precisazione che un’eventuale violazione deve scaturire non dalle trattative del contratto normativo, ma da quelle del contratto particolare.
Secondo un’altra ricostruzione, il contratto normativo (bilaterale) è fonte immediata di obbligazioni tra le parti. Pur non sorgendo l’obbligo di stipulare i contratti particolari, nascono altri obblighi, tra cui quello di attenersi al contenuto del contratto normativo per i futuri ed eventuali contratti: il contratto normativo vincola la parte singola e, in relazione, la controparte è tutelata, mediante il richiamo al contratto normativo, contro l’eventuale pressione della prima, a che il contenuto contrattuale si modifichi, rispetto a quello che era già fissato.
La necessità della prestazione come condicio sine qua non.
Le finalità dell’introduzione dell’accordo quadro nei c.d. “settori classici” sono state variamente sottolineate in dottrina che ha precisato che l’elemento di fondo dell’accordo quadro è, sostanzialmente, quello di accorpare prestazioni di tipo ripetitivo ed omogeneo (si pensi all’acquisto di determinati beni quali ad. es. arredi, o all’esecuzione di una serie di lavori caratterizzati da una certa ripetitività, quali le manutenzioni ordinarie), effettuando una gara complessiva per giungere alla conclusione dell’accordo quadro, con prevedibile risparmio di tempi e di costi, soprattutto in quelle circostanze in cui non si ha certezza in merito alle quantità di prodotti, o lavori o servizi che nel tempo dovranno essere acquisiti o realizzati. Man mano che viene definita l’esatta misura nelle quantità di prodotti, lavori e servizi da acquisire o realizzare, si potrà procedere all’affidamento e all’aggiudicazione dei singoli appalti, sulla base delle clausole e delle condizioni pattuite con gli operatori economici al momento della conclusione dell’accordo e che costituiscono l’oggetto dell’accordo stesso. Parimenti è stato notato che “tale procedura potrebbe avere quale conseguenza quella di ricondurre a regole i contratti medio-piccoli che le Amministrazioni, frequentemente, stipulano con procedure negoziate in considerazione del loro importo e della ripetitività delle prestazioni, con possibilità concreta di spuntare un prezzo più vantaggioso, tenendo conto delle maggiori quantità di beni, lavori o servizi oggetto di gara e della competizione tra gli operatori economici.
In ordine alla possibilità di ottenere prezzi più vantaggiosi per il committente pubblico mediante l’impiego dell’accordo quadro, è opportuno dar conto del fatto che alcuni Autori hanno parlato di vere e proprie economie di scala che si realizzerebbero con l’utilizzo del nuovo strumento: “La funzione operativa dell’accordo quadro è quella di dover evitare, per acquisiti che si ripetono nel tempo, di dover effettuare più gare. In questo modo… si realizzano anche economie di scala”. E ancora: “Sostanzialmente, attraverso l’ “accordo quadro”, si dovrebbe giungere a condizioni di acquisto favorevoli per la stazione appaltante, in virtù dell’economia di scala che produrrebbe”.
La mancata definizione delle clausole degli appalti al momento della conclusione dell’accordo quadro consente una maggiore flessibilità alla stazione appaltante, la quale potrà definire, nelle particolari fattispecie di appalti sopra esaminati, gli aspetti di dettaglio dei contratti solo allorché decida di aggiudicare questi ultimi e non in via preventiva.
Se la flessibilità appare come la finalità precipua perseguita dal nuovo strumento contrattuale, tuttavia è necessario non dimenticare che l’accordo quadro risponde in ultima analisi ad un obiettivo ancora più importante, implicito nel testo comunitario: tale obiettivo è quello di garantire “all’amministrazione ed agli operatori la stabilità delle condizioni contrattuali per un certo periodo di tempo”, assolvendo in questo modo una funzione programmatoria di medio periodo riguardo al concreto operato del committente pubblico e delle imprese.
I contratti flessibili
Esaminate la definizione e le finalità dell’accordo quadro nei “settori tradizionali”, è opportuno delineare qual è il suo campo di applicabilità al fine di stabilire se possa venir indifferentemente impiegato per l’aggiudicazione di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture.
La definizione contenuta nell’art. 1, par. 5, della direttiva unificata non detta limitazioni di sorta all’impiego dell’accordo quadro. L’art. 32 del testo europeo, che detta la disciplina procedurale dello strumento, non pone alcuna restrizione all’utilizzo del medesimo, fatta eccezione per il divieto gravante sulle amministrazioni aggiudicatrici di ricorrere all’accordo quadro “in modo abusivo o in modo da ostacolare, restringere o distorcere la concorrenza”: dunque la tutela della concorrenzialità della procedura si erge ad unico limite d’impiego dell’accordo in esame.
Ad un attento esame della direttiva 2004/18/Ce, proprio quest’ultima annotazione parrebbe quindi costituire l’unico serio impedimento all’esperibilità della nuova figura, tuttavia secondo parte della dottrina la questione si pone in termini più complessi ed infatti alcuni Autori sostengono che “l’accordo quadro, per le sue particolarità procedurali, può essere utilizzato quale sistema di aggiudicazione soltanto per gli appalti di forniture e di servizi, con esclusione, quindi, dei lavori pubblici”. La tesi però non persuade: in primo luogo, non è sorretta dal dato letterale della direttiva, che non fa alcuna menzione a possibili inapplicabilità dell’accordo quadro al settore dei lavori pubblici; in secondo luogo, non sono chiare le “particolarità procedurali” che determinano l’incompatibilità dello strumento in esame con gli appalti di lavori pubblici; in terzo luogo, assecondando tale linea interpretativa, ci si dimentica che la direttiva non parla esplicitamente di beni o servizi acquistabili dagli enti aggiudicatori, ma solo di appalti pubblici e di “clausole” di appalti pubblici, categoria a cui rientrano a pieno titolo anche quelli di lavori.
Occorre, inoltre, precisare che il legislatore italiano nel recepire l’accordo quadro (il riferimento è al già citato codice dei contratti pubblici) ha sostanzialmente limitato l’ambito di adoperabilità del nuovo strumento negoziale; pur ribadendo che l’intesa quadro è “applicabile anche al settore dei lavori”, tuttavia ha introdotto una limitazione consistente nell’ammissibilità di accordi quadro solo per lavori di manutenzione oppure per lavori connotati da serialità e caratteristiche esecutive standardizzate (art. 59, comma 1 del d.lgs. n. 163 del 2006).
Tale previsione rappresenta un’utile precisazione su quali categorie di lavori possano essere fatti rientrare nella tipologia analizzata e non pare costituire un’indebita variazione rispetto al testo comunitario: al contrario, essa apporta nuovi argomenti contro quegli Autori che negano l’esperibilità dell’accordo quadro per gli appalti di lavori pubblici, esplicitando una distinzione (tra lavori seriali e non) solo accennata nella direttiva 2004/18/Ce. Come osserva, infatti, parte della dottrina: “Il Codice individua soltanto ipotesi naturali per le quali non appare oggettivamente possibile avviare la procedura in questione, senza che le limitazioni stesse possano affatto configurare una previsione insuperabile”, dal momento che, fermo restando il rispetto del principio di concorrenza, “è sempre possibile far ricorso all’accordo quadro”.
Conclusioni
La attuale situazione di incertezza economica non consente alle amministrazioni una programmazione puntuale e soprattutto non consente loro di poter andare in gara impegnando somme che molto spesso non ci sono. L’accordo quadro rappresenta una valida soluzione a queste esigenze e al contempo consenti di evitare continui affidamenti diretti per i quali è chiaro il frazionamento spesso artificioso.