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( votes)Premessa
Gli aspetti relativi all’accesso agli atti, divulgazione e/o riservatezza vengono declinati nell’articolo 53 del decreto legislativo 50/2016 (mentre nel pregresso codice, come noto, l’accesso veniva disciplinato nell’articolo 13).
Come evidenziato anche dal Consiglio di Stato, nel parere 855/2016 espresso sullo schema di decreto, il contenuto dell’articolo 13 è stato sostanzialmente ribadito ad eccezione dei commi 7 e 7 bis relativamente all’accesso alle specifiche tecniche.
In particolare, i commi in argomento – dell’articolo 13 – prevedevano che “Limitatamente ai contratti nei settori speciali soggetti alla disciplina della parte III, all’atto della trasmissione delle specifiche tecniche agli operatori economici interessati, della qualificazione e della selezione degli operatori economici e dell’affidamento dei contratti, gli enti aggiudicatori possono imporre requisiti per tutelare la riservatezza delle informazioni che trasmettono”; e il comma 7-bis stabiliva che “Gli enti aggiudicatori mettono a disposizione degli operatori economici interessati e che ne fanno domanda le specifiche tecniche regolarmente previste nei loro appalti di forniture, di lavori o di servizi, o le specifiche tecniche alle quali intendono riferirsi per gli appalti che sono oggetto di avvisi periodici indicativi. Quando le specifiche tecniche sono basate su documenti accessibili agli operatori economici interessati, si considera sufficiente l’indicazione del riferimento a tali documenti.
Nella relazione tecnica, di accompagnamento del codice, rilevato che l’articolo 53 – Accesso agli atti e riservatezza – recepisce gli articoli 21 della direttiva 2014/24/UE, 39 della direttiva 2014/25/UE, e 28 della direttiva 2014/23/UE, si evidenzia che la norma (nel primo comma) rimanda, facendo salvo quanto previsto nel presente codice, all’articolo 22 – e segg. – della legge n. 241/1990.
Quanto a differenza di quanto accadeva con il pregresso codice in cui il richiamo veniva effettuato con un più generico riferimento alla legge sul procedimento amministrativo (in questo senso il comma 1, articolo 13 del decreto legislativo 163/2006).
Sempre nel primo comma della nuova disposizione, si legge la precisazione per cui il diritto di accesso agli atti del processo di asta elettronica può essere esercitato mediante l’interrogazione delle registrazioni del sistema informatico che contengono la documentazione in formato elettronico dei detti atti ovvero tramite l’invio oppure, evidentemente, attraverso la messa a disposizione di copia autentica degli atti.
Per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza – ai sensi del secondo comma -, la disposizione prevede, al netto delle prescrizioni di tipo generale, che il diritto di accesso al fine di tutelare la regolarità della procedura, venga differito in specifici casi e, al fine di assicurare la par condicio, si dispone che fino alla scadenza dei termini gli stessi non possano essere comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti.
In particolare, l’accesso deve essere differito (secondo prescrizioni già note) e non possono essere comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti:
a) nelle procedure aperte, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime;
b) nelle procedure ristrette e negoziate e nelle gare informali, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, e in relazione all’elenco dei soggetti che sono stati invitati a presentare offerte e all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte medesime; ai soggetti la cui richiesta di invito sia stata respinta, è consentito l’accesso all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, dopo la comunicazione ufficiale, da parte delle stazioni appaltanti, dei nominativi dei candidati da invitare;
c) in relazione alle offerte, fino all’aggiudicazione;
d) in relazione al procedimento di verifica della anomalia dell’offerta, fino all’aggiudicazione.
L’eventuale violazione delle disposizioni appena sintetizzate determina – per i pubblici ufficiali e per gli incaricati di pubblici servizi – il reato di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio di cui dell’articolo 326 del codice penale (comma 4 come già l’omologo dell’articolo 13 del pregresso codice).
Sempre fatta salva la disciplina prevista dal decreto per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, si prevede, altresì, che sono esclusi il diritto di accesso ed ogni forma di divulgazione inerenti le informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali (per tale ipotesi, si prevede, comunque, che sia consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto); i pareri legali acquisiti per la soluzione di liti relative ai contratti pubblici; le relazioni riservate del direttore dei lavori e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto; le soluzioni tecniche ed i programmi per elaboratore utilizzati dalla stazione appaltante o dal gestore del sistema informatico per le aste elettroniche, ove coperti da privativa intellettuale. Rispetto al precedente Codice, come detto, viene inserita inoltre la disposizione che consente alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori di imporre agli operatori economici condizioni intese a proteggere il carattere di riservatezza delle informazioni rese disponibili durante tutta la procedura di appalto.
Le disposizioni di riferimento dell’ accesso nel nuovo codice degli appalti sono chiaramente esplicitate nella norma con il richiamo dell’articolo 22 e segg. della legge 241/90
1. Il confronto con la pregressa disposizione
Il primo comma, come si evidenziava in premessa, ribadisce i riferimenti normativi del diritto di accesso. Con la nuova norma viene modificata la rubrica ed il legislatore predilige un riferimento alla riservatezza in luogo di un divieto di divulgazione. Infatti, la rubrica dell’articolo 13 del pregresso codice recitava “Accesso agli atti e divieti di divulgazione” mentre la nuova rubrica, in modo forse maggiormente adeguato, prevede “Accesso agli atti e riservatezza”. Le disposizioni di riferimento, pertanto, nel nuovo codice sono gli artt. 22 e segg. della legge 241/90 (mentre nel pregresso regime il riferimento era asettico alla legge sul procedimento amministrativo). Oltre all’inciso predetto, il comma si arricchisce di un nuovo periodo – il secondo – relativo al diritto di accesso nel caso di aste elettroniche. La definizione del diritto di accesso quindi, viene esplicitata con riferimento diretto al primo comma, art. 22, della legge 241/1990 che configura l’accesso come il diritto del soggetto interessato a prendere visione (e/o copia) di atti/documenti amministrativi di un procedimento che lo riguardano. Ciò che determina il sostanziarsi del diritto – per semplificare – è l’interesse concreto all’accesso da intendersi come elemento indispensabile per tutelare proprie prerogative ottenute o potenziali (fatta salva, ovviamente, l’insistenza di situazioni giuridiche di pubblico interesse che limitano l’esercizio della prerogativa). Circostanza quest’ultima che distingue la fattispecie in commento dalla nuova fattispecie di accesso civico e di accesso “generalizzato” – per usare l’espressione utilizzata dall’ANAC nella linea guida adottata con determinazione n. 1309/2016 rubricata linea guida contenente “indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013” – che prescinde da una specifica posizione di interesse.
2. Il differimento del diritto di accesso
Il comma 2 dell’articolo 53 riproduce con semplici adeguamenti il comma 2 dell’articolo 13 del pregresso codice. La norma prevede, come noto, che il diritto di accesso al fine di tutelare la regolarità della procedura, sia differito in specifici casi descritti che non sono suscettibili di estensione analogica considerato che l’accesso si pone come principio prevalente rispetto al diniego. Le ragioni, semplificando, dei differenti limiti si impongono, per assicurare la par condicio, la necessità della “riservatezza” su certi dati/atti fino alla scadenza di specifiche fasi del procedimento di gara. Nell’ambito di questi momenti/termini, come si vedrà, gli atti/informazioni non possono essere divulgati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti. In particolare, il differimento riguarda, per le procedure aperte, l’elenco dei soggetti che hanno presentato una propria offerta. Il documento in parola non può essere “visibile” o comunicato fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime e quindi fino alla scadenza del termine per poter correttamente partecipare alla competizione. Le ragioni del differimento sono piuttosto ovvie e non appare complessa l’individuazione dell’interesse superiore che il RUP deve presidiare. E’ del tutto ovvio che una conoscenza “anticipata” dei concorrenti potrebbe favorire la collusione e partecipazioni concertate e/o divulgazione di dati in grado di condizionare pesantemente la conduzione imparziale del procedimento. Per queste circostanze – nella gara “tradizionale” con l’invio dei plichi (risultando la tutela della riservatezza ovviamente più semplice nelle procedure “telematiche” condotte utilizzando le piattaforme) – i soggetti coinvolti nei processi di ricevimento delle proposte, a titolo esemplificativo, l’ufficio del protocollo della stazione appaltante, il RUP, e/o responsabili di procedimento incaricati e lo stesso dirigente/responsabile del servizio interessato dall’appalto devono prestare cura massima nell’evitare divulgazione di notizie e conservazione adeguata dei plichi. Per quanto riguarda le procedure ristrette e negoziate e nelle gare informali (sostanzialmente ad inviti), il differimento insiste in relazione all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, e in relazione all’elenco dei soggetti che sono stati invitati a presentare offerte e all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte medesime;
Valgono anche in questo caso, evidentemente, le considerazioni appena svolte sopra.
Più contenute ipotesi di accessibilità sono ammesse per i soggetti la cui richiesta di invito sia stata respinta. In questo caso, il RUP può consentire l’accesso all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, dopo la comunicazione ufficiale, da parte delle stazioni appaltanti, dei nominativi dei candidati da invitare.
Le ragioni del differimento del diritto di accesso sono piuttosto ovvie risultando fondate sulla necessità di tutela del superiore interesse pubblico che tende ad evitare conoscenze anticipate di dati che possono condizionare l’intero procedimento di gara
3. L’accesso alle offerte e sui dati del processo di valutazione della potenziale anomalia
Naturalmente rimangono fermi i tradizionali differimenti ovvero quelli relativi all’offerta che può essere “divulgata” solo post aggiudicazione ed in relazione al procedimento di verifica della potenziale anomalia per cui occorre attendere l’assegnazione dell’appalto. Questi tradizionali differimenti devono tener conto, però, dell’innovazione profonda intervenuta rispetto al pregresso codice che distingueva tra aggiudicazione provvisoria – dichiarata dall’organo di gara fosse commissione o seggio di gara nel caso, quest’ultimo, di offerta da aggiudicarsi al ribasso – ed aggiudicazione definitiva, per lasciar posto (con l’articolo 32 del nuovo codice) alla proposta di aggiudicazione e, successiva, aggiudicazione vera e propria pur condizionata, quanto agli effetti, alla previa verifica sul possesso dei requisiti dichiarati dal’appaltatore e richiesti dalla stazione appaltante.
Non v’è dubbio – a parere di chi scrive – che l’aggiudicazione a cui si riferisce il legislatore sia quella pur condizionata.
Appare determinante il fatto che tale aggiudicazione è quella che deve essere esternalizzata attraverso una specifica determinazione del dirigente/responsabile del servizio che fa propria, con la firma, o con modifica, la proposta di aggiudicazione presentata dal RUP.
In sostanza, una volta intervenuta l’aggiudicazione e quindi l’esito della gara viene “socializzato” e reso noto non ha più senso differire l’accesso all’offerta e/o a dati specifici del processo di valutazione dell’anomalia dell’offerta.
Il terzo comma rimane immutato rispetto a quanto già previsto nel decreto legislativo 163/2006 e pertanto gli atti di cui si è detto sopra, “fino alla scadenza dei termini ivi previsti, non possono essere comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti”.
Il comma 4) ribadisce – come già il suo omologo dell’articolo 13 – che l’inosservanza di tali disposizioni per i pubblici ufficiali o per gli incaricati di pubblici servizi rileva ai fini del reato di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio di cui dell’articolo 326 del codice penale.
4. Il presidio del procedimento
La norma non “illumina” su alcune fasi salienti del procedimento di accesso agli atti che riguardano, in primo luogo, la competenza sulla gestione/presidio della procedura; in secondo luogo non si sofferma sugli atti cc.dd. intermedi del procedimento di gara, si pensi ai verbali di gara di ammissione alle fasi successive delle imprese, al momento eventuale del soccorso istruttorio integrativo (ora comma 9 articolo 83 del nuovo codice).
In relazione al primo aspetto relativo alla competenza, occorre distinguere da un punto di vista pratico tra procedimento amministrativo di accesso agli atti e l’adozione dei provvedimenti di assenso, differimento o diniego dell’ostensione richiesta.
Si tratta, in definitiva, di chiarire se al RUP – che non coincida con il responsabile del servizio – competa già per norma la sola istruttoria della procedura con competenza sull’adozione dell’atto finale, da comunicare al richiedente, del dirigente/responsabile del servizio o se il RUP possa considerarsi autonomo e quindi con una competenza non limitata alla sola istruttoria del procedimento ma anche a riscontrare materialmente la richiesta (ad adottare il provvedimento finale di riscontro).
Anche in questo caso, la norma può consentire letture differenti.
Secondo il comma 3 dell’articolo 31 del nuovo codice, il RUP – ai sensi della legge 241/90 – “svolge tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal presente codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti”.
Del riferimento appena riportato almeno due sono i dati sostanziali che possono aiutare l’interprete a chiarire il ciclo della responsabilità e delle competenze.
Il primo, evidentemente, è il richiamo alla legge 241/90, l’altro elemento è che al RUP competerebbero tutti i compiti – relativi alla fase della procedura – che non risultano attribuiti ad altri soggetti.
I due dati appena sintetizzati appaiono perfettamente coerenti in quanto, dalla legge 241/90 (in particolare dall’articolo 6) emerge chiaramente la differenza tra competenza ad istruire la procedura (il procedimento amministrativo) e la competenza ad adottare gli atti finali.
Non v’è dubbio che la richiesta di accesso agli atti innesti l’avvio di un procedimento amministrativo a tutti gli effetti (e tra l’altro tra i più delicati).
Il secondo riferimento esclude dallo spettro di competenze del RUP gli specifici compiti attribuiti ad altri soggetti od organi.
Ora, se è vero che l’articolo 6 esige una specifica competenza gestionale ad adottare gli atti conclusivi del procedimento amministrativo in generale non può che concludersi che mentre la procedura – sollecitata dalla richiesta di ostensione di dati/atti – deve essere istruita dal RUP il quale pertanto è tenuto, come obbligo d’ufficio, a verificare le condizioni di ammissibilità e/o differimento e/o diniego della richiesta, il provvedimento finale (su proposta del RUP) non può che ritenersi di competenza del soggetto con poteri gestionali che, poi, ha il compito di assegnare l’appalto adottando la specifica determinazione di aggiudicazione.
L’aspetto che deve essere chiarito è se l’intero procedimento, compresa l’adozione delle risposte all’istante possono o meno essere attribuite dal dirigente/responsabile del servizio al RUP privo di poteri gestionali ad esempio con il disciplinare di gara o con il provvedimento di nomina del responsabile unico del procedimento.
A parere di chi scrive, l’intera procedura può essere effettivamente attribuita con il provvedimento di nomina del RUP ma è chiaro che questo tipo di decisione è foriera di questioni che possono risultare di difficile presidio da parte di chi ha comunque la complessiva responsabilità del procedimento di gara ovvero del dirigente/responsabile del servizio.
E’ necessario, a sommesso parere, trovare un momento di concerto ed appare preferibile una soluzione diversa dall’ultima ipotizzata ovvero che si demandi al RUP il compito di istruire l’istanza sottoponendo al proprio responsabile del servizio la proposta che ammette l’accesso, lo ammette parzialmente, lo differisce e/o lo nega. Senza, quindi, attribuire anche la prerogativa sull’adozione del provvedimento finale che rimane di competenza del responsabile del servizio.
Se questa fase procedurale non viene disciplinata in questo modo, il rischio è che il dirigente/responsabile del servizio possa essere chiamato – in un eventuale ricorso – su decisioni/atti su cui non ha un preciso presidio. Non si può dubitare infatti che in caso di diniego dell’accesso – viste le potenziali implicanze – l’eventuale opposizione/ricorso non possa che riguardare il soggetto gestionale del procedimento di gara e non il RUP che non ha un potere di firma esterna. Ovvero, pur con una chiamata in giudizio del RUP, è del tutto evidente che il dirigente/responsabile del servizio non si può ritenere esente dal dare impulso al relativo conseguente procedimento. Si pensi solamente alla stessa decisione di resistere in giudizio, alla scelta e nomina del legale, al relativo impegno di spesa e via discorrendo.
Pertanto, in ultima analisi, sembra più appropriato che con il decreto di nomina del RUP, il dirigente/responsabile del servizio specifichi quali fasi – in relazione al procedimento dell’accesso – questi debba presidiare riservandosi la competenza sull’adozione del provvedimento finale di riscontro al richiedente.
La norma non “illumina” su alcune fasi salienti del procedimento di accesso agli atti che riguardano, in primo luogo, la competenza sulla gestione/presidio della procedura
5. Aspetti specifici dell’istruttoria
Uno degli aspetti dell’istruttoria del RUP, probabilmente, di maggior rilievo attiene alla fase del contraddittorio che deve sempre essere assicurato nel caso di richiesta dei documenti relativi all’ offerta (in particolare di quella tecnica). Il RUP, già in fase di predisposizione della legge di gara, deve richiedere la dichiarazione dell’appaltatore circa le parti dell’offerta – per motivi afferenti eventuali segreti commerciali – che si ritenga non possano essere oggetto di ostensione (al netto dell’ipotesi in cui l’accesso sia motivato per il ricorso in giudizio vero e proprio). La richiesta non può avvenire, ovviamente, a pena di esclusione ma, nel caso in cui l’appaltatore non si sia pronunciato, deve emergere chiaramente che la stazione appaltante potrà arguire, dal silenzio, che nessuna parte dell’offerta debba ritenersi esclusa dall’accesso. Questo non libera comunque il RUP, nel caso di richiesta, dall’esigenza di comunicare preventivamente all’appaltatore “controinteressato” la necessità del proprio benestare. Eventuali obiezioni, ad esempio un generico riferimento a ragioni commerciali, dovrà essere oggetto di attenta istruttoria da parte del responsabile unico del procedimento che, in ogni caso, deve proporre (o assumere direttamente) una decisione sull’istanza. Non è superfluo annotare che l’articolo 53 conteneva uno specifico comma 7 che prevedeva che “le stazioni appaltanti” avrebbero potuto “imporre agli operatori economici condizioni intese a proteggere il carattere di riservatezza delle informazioni che le amministrazioni aggiudicatrici rendono disponibili durante tutta la procedura di appalto”. Il comma, però, è stato espunto con l’avviso di rettifica pubblicato in G. U. n. 162 del 15 luglio 2016. La circostanza che sia stato abrogato – in modo sicuramente irrituale – non impedisce comunque al RUP di prevedere la richiesta dichiarazione su eventuali segreti commerciali nel bando o nel disciplinare come già detto.
Il RUP, già in fase di predisposizione della legge di gara, deve richiedere la dichiarazione dell’appaltatore circa le parti dell’offerta – per motivi afferenti i segreti commerciali – che ritiene non possano essere oggetto di ostensione (al netto dell’ipotesi in cui l’accesso sia motivato per il ricorso in giudizio vero e proprio)
6. L’accesso agli “atti” delle fasi intermedie della procedura (i verbali di gara)
Una delle questioni pratiche che spesso si pongono in tema di accesso attengono agli atti intermedi che durante il procedimento di gara vengono adottati. Tra tutti, in particolare, i verbali di gara – ad esempio in relazione alla fase di ammissione (e simmetricamente di esclusione) dei concorrenti circa la prosecuzione alle fasi successive – e la questione del soccorso istruttorio sia nella fattispecie specificativa sia nella fattispecie integrativa (ora disciplinate nell’articolo 83, comma 9 del nuovo codice). Non appare superfluo rilevare che le problematiche, a ben vedere, sono solo apparenti considerato l’obbligo della comunicazione delle informazioni che il RUP deve fornire ai candidati ed offerenti ai sensi dell’articolo 76 del nuovo codice (e art. 79 del pregresso codice degli appalti). E’ chiaro che le fasi del riscontro sulle dichiarazioni e quella di eventuali soccorsi sono per eccellenza pubbliche pertanto non vi è ragione per ritenere che si sia in presenza di elementi segregati e/o tali da motivare il differimento su eventuali richieste di accesso. Si pensi proprio alla richiesta del verbale o dei verbali limitati alla prima fase pubblicistica.
E’ bene annotare in tema di verbalizzazioni quanto statuito dalla recente sentenza del Tar Abruzzo, L’Aquila, sez. I, del 2 gennaio 2017 n. 2.
Nel caso di specie il giudice affrontava le censure per il comportamento della stazione appaltante – prassi piuttosto diffusa – che aveva predisposto i verbali di gara “cumulativamente” ed a distanza di tempo dai fatti da verbalizzare. Il giudice puntualizza che pur vero che un simile modus operandi, si legge in sentenza, certo “non risponde alla migliore prassi amministrativa, (si) deve tuttavia rilevare che tale inappropriata verbalizzazione non ha inciso sulla legittimità della procedura”. Del resto, il pregresso articolo 78 del decreto legislativo 163/2006 “non prevede né la necessità, né l’obbligatorietà della verbalizzazione analitica di ogni singola seduta, ma si limita a prevedere che le stazioni appaltanti devono provvedere alla redazione del verbale”. Sul punto, l’orientamento giurisprudenziale si “limita” a statuire, infatti, che il principio di analiticità e tempestività delle verbalizzazioni non può significare anche contestualità di esternalizzazione dell’attività svolta dalla commissione. In questo senso, ancora in pronuncia si rileva che, “la verbalizzazione consiste nella redazione di un documento che riassume taluni fatti accaduti, ciò non significa che, al termine di ogni seduta, esso debba essere redatto, approvato e indi sottoscritto. In sintesi, la giurisprudenza, (…), ritiene che, sebbene la confezione di separati atti, ossia, un verbale per ciascuna seduta, sia il metodo da preferire, in mancanza di norme, anche della lex specialis, che prescrivano la documentazione distinta di ogni riunione, nulla impedisce ad una commissione di gara di redigere un unico verbale di tutte o di parte delle operazioni compiute, ancorché relativo a più giornate”.
E’ evidente l’utilità dell’indicazione per il RUP che, nella redazione della legge di gara, deve evitare prescrizioni eccessivamente formali e stringenti dell’operato della commissione di gara (o del seggio di gara) pur assicurando trasparenza e correttezza del procedimento. La verbalizzazione successiva, e quindi non contestuale alle sedute di gara, è si ammessa conferma il giudice ma deve comunque sopravvenire “in tempi idonei ad evitare l’insorgenza di errori od omissioni nella ricostruzione sia dei fatti che dell’iter valutativo percorso dalla Commissione (ex multis: Cons. Stato, sez. V, 2.9.2005, n. 4463; T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, 28-09-2011, n. 1332)”. Pertanto, la prassi corretta è quella delle verbalizzazione praticamente contestuale con la conseguente possibilità degli interessati di formulare istanza di accesso – almeno in relazione ai verbali che danno conto dell’esito delle fasi pubblicistiche – che, salvo specifiche motivazioni, non può che essere ammessa.
La verbalizzazione successiva, e quindi non contestuale alle sedute di gara, è si ammessa conferma il giudice ma deve comunque sopravvenire “in tempi idonei ad evitare l’insorgenza di errori od omissioni nella ricostruzione sia dei fatti”
7. I casi di esclusione dal diritto di accesso
Sempre fatti salvi i principi di tipo generale desumibili dalla norma in commento, per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, si prevede, altresì, che sono esclusi il diritto di accesso ed ogni forma di divulgazione inerenti le informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali (per tale ipotesi, si prevede, comunque, che sia consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto); i pareri legali acquisiti per la soluzione di liti relative ai contratti pubblici; le relazioni riservate del direttore dei lavori e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto; le soluzioni tecniche ed i programmi per elaboratore utilizzati dalla stazione appaltante o dal gestore del sistema informatico per le aste elettroniche, ove coperti da privativa intellettuale.
Rispetto al pregresso comma non è stata riportata, naturalmente, la lett. a) secondo cui l’accesso era escluso in relazione ad “eventuali ulteriori aspetti riservati delle offerte, da individuarsi in sede di regolamento”.
8. Le eccezioni alle esclusioni
Il nuovo comma 6 dell’articolo 53 conferma le possibilità di accesso in caso di difesa in giudizio dei propri interessi, nonostante i limiti predetti, rispetto alla formulazione della pregressa norma (comma 6, art. 13 del decreto legislativo 163/2006). Tale riduzione è determinata dal fatto che dal comma 5 risulta espunta – come appena detto – l’ipotesi di cui alla lettera b). In questo senso, il comma 6 puntualizza che “in relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettere a), è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”. Pertanto, il RUP dovrà consentire e/o istruire il riscontro all’accesso nel caso specificato alle “informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima anche se costituiscono, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”.