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( vote)Inquadramento generale
La tempestività nell’espletamento delle procedure di affidamento degli appalti pubblici è diventata – complici l’emergenza pandemica e la sempre più preoccupante crisi economica in cui l’Italia è piombata a causa del COVID – il nuovo diktat per i RUP, alle prese con le norme dettate dal c.d. DL Semplificazioni e con il regime transitorio in esso previsto.
Come è noto, infatti, il D.L. n. 76/2020, convertito con modificazioni nella L. n. 120/2020, ha voluto incidere sul settore degli appalti pubblici attraverso importanti strumenti di snellimento ed accelerazione, ritenendo tale ambito strategico per la ripresa economica del Paese e in grado di fare da volano per il rilancio degli investimenti e il superamento della profonda crisi che stiamo attraversando. Se si considera che gli appalti pubblici costituiscono più del 10% del PIL nazionale, può effettivamente affermarsi che tale settore rappresenta una leva economica straordinaria, in grado di rimettere in moto un importante comparto del sistema produttivo italiano e riavviare la ripresa economica e occupazionale.
Per tale ragione, il DL Semplificazioni ha introdotto un regime transitorio che prevede procedure semplificate di affidamento dei contratti pubblici denominate espressamente <<procedure per l’incentivazione degli investimenti pubblici durante il periodo emergenziale>>, distinte per gli appalti sopra e sotto soglia; come a dire che lo scopo dichiarato dell’intervento legislativo è quello di derogare per un periodo di tempo circoscritto (limitato alla durata dell’emergenza pandemica, che ci si augura non superi il 31 dicembre 2021), alle ordinarie procedure previste dal Codice dei contratti per gli affidamenti sia sopra che sotto soglia, proprio al fine di rilanciare gli investimenti e, più in generale, l’economia.
Tale espressa finalità comporta la previsione di procedure più celeri e snelle, che diventano, nel periodo emergenziale, le procedure ordinariamente applicabili. Il comma 1 dell’art. 1 del D.L. 76 citato recita infatti: <<Al fine di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19, in deroga agli articoli 36, comma 2, e 157, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante Codice dei contratti pubblici, si applicano le procedure di affidamento di cui ai commi 2, 3 e 4, qualora la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 31 dicembre 2021 (…)>>. Identica disposizione è prevista per le procedure sopra soglia dall’art. 2, comma 1 del D.L. n. 76.
In altre parole, fino a che durerà l’emergenza, e dunque fino a che sarà necessario far fronte alle ricadute economiche negative della pandemia incentivando il settore delle infrastrutture e dei servizi attraverso più ingenti e tempestivi investimenti pubblici, le stazioni appaltanti avranno l’obbligo – e non la facoltà – di applicare il regime transitorio dettato dal DL Semplificazioni; tanto ciò è vero che, in caso di scelta di una procedura ordinaria (secondo le regole del Codice), la stazione appaltante dovrà obbligatoriamente motivarne le ragioni, come vedremo meglio nel prosieguo, e dovrà comunque garantire il rispetto delle finalità costituenti la ratio del decreto de quo, ovvero il rilancio degli investimenti pubblici e la speditezza delle procedure.
Il DL Semplificazioni ha introdotto un regime transitorio che prevede procedure semplificate di affidamento dei contratti pubblici, sia sopra che sotto soglia, con lo scopo dichiarato di derogare per un periodo di tempo circoscritto alla durata dell’emergenza pandemica – per ora fino al 31 dicembre 2021 – alle ordinarie procedure previste dal Codice dei contratti, al fine di rilanciare gli investimenti e, dunque, contribuire in modo incisivo alla ripresa dell’economia nazionale, fortemente danneggiata dall’emergenza COVID.
Il regime transitorio si caratterizza per due aspetti innovativi: da un lato, la semplificazione delle procedure di affidamento e, dall’altro, la maggiore speditezza delle medesime imposta ex lege.
Per quanto riguarda il primo aspetto, sul quale non ci soffermeremo in quanto meriterebbe una trattazione ad hoc, basti rammentare che, per quanto riguarda le procedure sotto soglia, il DL Semplificazioni prevede, in deroga alle procedure di cui all’art. 36 del Codice:
- un affidamento diretto “puro”, senza alcun confronto competitivo per gli appalti di lavori fino a 150mila euro e di servizi (ivi compresi quelli di ingegneria e architettura) e forniture fino a 75mila euro;
- una procedura negoziata senza bando, con confronto competitivo tra non meno di:
b.1) cinque operatori economici per gli appalti di lavori da 150mila a 350mila euro e di servizi (ivi compresi quelli di ingegneria e architettura) e forniture da 75mila euro fino alla soglia comunitaria;
b.2) dieci operatori economici per gli appalti di lavori da 350mila a un milione di euro;
b.3) quindici operatori economici per gli appalti di lavori da un milione di euro fino alla soglia comunitaria.
Per quanto riguarda le procedure sopra soglia, l’art. 2 del DL Semplificazioni prevede che debbano essere espletate le procedure ordinarie previste dal Codice dei contratti (procedura aperta, procedura ristretta, dialogo competitivo ecc.) con applicazione automatica, tuttavia, dei termini ridotti per ragioni di urgenza, urgenza che si intende in ogni caso sussistente senza necessità di apposita motivazione[1].
Per quanto concerne invece il secondo aspetto – la maggiore speditezza delle procedure, che è il tema di cui ci occuperemo più diffusamente in questa sede – il legislatore ha stabilito tempi contingentati per la conclusione degli affidamenti di lavori, forniture e servizi, e tali tempi sono da intendersi come perentori, per quanto non siano previste vere e proprie sanzioni in caso di inosservanza degli stessi, quantomeno per i RUP.
La tempistica contingentata stabilita per le procedure del regime derogatorio introdotto dal DL Semplificazioni va intesa come applicabile per fasce di importo, più che per tipologia di procedura prescelta. Ciò al fine di evitare atteggiamenti elusivi e di aggiramento delle finalità acceleratorie della norma da parte delle stazioni appaltanti.
La tempistica contingentata delle procedure di affidamento suddivisa per fasce di importo
Una delle novità di maggior rilievo introdotta dal DL Semplificazioni è, come detto, l’aver imposto una tempistica contingentata alle procedure di affidamento al fine di garantirne la celere conclusione. In realtà, la tempistica prevista è stabilita non tanto per tipologie di procedure quanto per fasce di importo.
L’art. 1 del D.L. n. 76/2020 prevede che <<salve le ipotesi in cui la procedura sia sospesa per effetto di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, l’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente avviene entro il termine di due mesi dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento, aumentati a quattro mesi nei casi di cui al comma 2, lettera b) (procedure negoziate sopra i 75mila euro per forniture e servizi e sopra i 150mila euro per i lavori, ndr) (…)>>.
In altri termini, gli affidamenti diretti puri devono essere espletati entro due mesi dal loro avvio mentre le procedure negoziate entro quattro mesi.
Per essere precisi però, poiché le stazioni appaltanti sono obbligate, salvo adeguata motivazione, ad applicare le procedure che il regime transitorio stabilisce per ciascuna delle fasce di importo viste sopra, anche laddove ipoteticamente una amministrazione decidesse di espletare una procedura negoziata ad invito per un affidamento sotto i 75mila euro (non applicando quindi la procedura prescelta per tale fascia di importo dal DL Semplificazioni) dovrebbe comunque rispettare il termine di due mesi per la conclusione del procedimento. Stesso discorso varrebbe nell’ipotesi in cui, adeguatamente motivando, una stazione appaltante decidesse, per un affidamento sotto soglia, di espletare una procedura ordinaria: in tale caso, la tempistica da rispettare sarebbe quella di quattro mesi.
D’altra parte, se così non fosse si eluderebbe la ratio dell’intero decreto che è quella di garantire maggiore speditezza a tutte le procedure semplificando il più possibile quelle di importo più basso ed imponendo alle stazioni appaltanti di rispettare i tempi di conclusione prescritti. Se bastasse cambiare procedura per poter eludere i termini di conclusione dell’affidamento imposti, non avrebbe alcun senso averli previsti. In questo senso vanno anche le Linee guida ITACA[2] quando affermano che <<il legislatore con l’entrata in vigore del decreto Semplificazioni, ha attribuito interesse preminente all’esigenza di accelerare gli affidamenti ed incentivare gli investimenti. Tenuto necessariamente conto di quanto sopra, si ritiene che le stazioni appaltanti potranno procedere all’affidamento dei contratti sottosoglia anche tramite procedure ordinarie (aperte o ristrette), purché ciò avvenga previa motivazione da parte della SA nonché nel rispetto dei tempi scanditi in maniera espressa dal D.L. semplificazioni e degli obiettivi di velocizzazione perseguiti dal legislatore con la citata normativa emergenziale ed in particolare: 1. il rispetto del principio di non aggravamento; 2. il rispetto dei termini di conclusione del procedimento previsto; 3. il rispetto degli obiettivi di incentivazione degli investimenti e di argine alle ricadute economiche negative seguite all’emergenza COVID>>.
Nello stesso senso si è espresso il Ministero delle Infrastrutture[3], quando ha affermato che <<il decreto Semplificazioni, convertito con legge n. 120/2020 prescrive l’applicazione delle procedure enucleate all’art. 1, comma 2 del richiamato decreto. Non si tratta di una disciplina facoltativa; le nuove procedure sostituiscono infatti, fino al 31 dicembre 2021, quelle contenute all’art. 36 del d.lgs. 50/2016. Si tratta di procedure di affidamento più snelle e “semplificate”, introdotte nell’ottica di rilanciare gli investimenti ed accelerare gli affidamenti pubblici. Tenendo conto di tale finalità, cui è sotteso il nuovo assetto normativo in materia di contratti pubblici, si ritiene che non sia comunque precluso il ricorso alle procedure ordinarie, in conformità ai principi di cui all’art. 30 del d.lgs. 50/2016, a condizione che tale possibilità non sia utilizzata per finalità dilatorie. Gli affidamenti dovranno avvenire comunque nel rispetto dei tempi previsti dal nuovo decreto>>[4].
Più mediana è la posizione espressa in merito dall’ANAC[5], che ha sostenuto che la perdurante applicabilità dei principi di cui al comma 1 dell’art. 30, non intaccata dal DL Semplificazioni, induce a ritenere che il regime in deroga non abbia privato le stazioni appaltanti della possibilità di ricorrere a soluzioni aperte alla più ampia concorrenza qualora queste appaiano più idonee a soddisfare il pubblico interesse. L’Autorità aveva in verità suggerito di inserire nella legge di conversione un riferimento espresso alla possibilità per le stazioni appaltanti di ricorrere alle procedure ordinarie, previa adeguata motivazione, suggerimento poi non accolto.
Per quanto riguarda le procedure sopra soglia, l’art. 2 del Decreto prevede, alla stessa stregua degli appalti sotto soglia, che <<salve le ipotesi in cui la procedura sia sospesa per effetto di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, l’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente avviene entro il termine di sei mesi dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento (…)>>.
Ciò significa che, qualora una stazione appaltante volesse scegliere una procedura differente da quelle previste nel presente regime transitorio per le varie fasce di importo dovrebbe:
- motivare adeguatamente tale scelta alla luce delle finalità del D.L. n. 76;
- rispettare in ogni caso la tempistica imposta per quella fascia di importo.
E’ di immediata evidenza il fatto che sarà ben difficile che una stazione appaltante decida di optare, ad esempio, per una procedura aperta in caso di importi sotto soglia perché sarebbe tenuta a concludere la procedura entro quattro o addirittura due mesi, il che è praticamente impossibile considerata la complessità di tale procedura.
In sintesi, posto che il preminente interesse perseguito dal legislatore è quello al sollecito affidamento degli appalti al fine di ridare slancio all’economia nazionale, qualunque scelta da parte delle stazioni appaltanti che si discosti dal regime derogatorio dovrà essere adeguatamente motivata alla luce del miglior perseguimento di quegli stessi interessi di rilancio dell’economia e di incentivazione agli investimenti cui è sotteso il regime derogatorio stesso.
Al contrario, in vigenza del regime derogatorio, non sarà più necessario motivare la scelta del contraente soffermandosi anche sulle ragioni della scelta della procedura semplificata, come tradizionalmente era richiesto in vigenza del regime ordinario anche dalle Linee guida ANAC sugli affidamenti sotto soglia, in quanto questa volta, essendo il legislatore ad aver, per così dire, imposto la scelta di una procedura semplificata, le ragioni della scelta della procedura sono insite nel rispetto del dettato normativo.
Considerato che il preminente interesse perseguito dal legislatore è quello al sollecito affidamento degli appalti per superare la crisi economica da pandemia, qualunque scelta delle stazioni appaltanti difforme dal regime derogatorio deve essere adeguatamente motivata alla luce del miglior perseguimento proprio di quegli interessi di rilancio dell’economia e di incentivazione agli investimenti cui è sotteso il regime derogatorio stesso.
Il calcolo dei tempi contingentati
Per compiere correttamente il calcolo dei tempi contingentati e quindi individuare il dies a quo e il dies ad quem da prendere in considerazione, ci viene in soccorso il già citato Documento elaborato da ITACA[6] che, con estrema chiarezza, distingue tra il momento da prendere in considerazione ai fini dell’individuazione dell’ambito di applicazione del decreto Semplificazioni e il momento rilevante ai fini del calcolo delle tempistiche di conclusione dei procedimenti.
Il primo momento è definito con chiarezza: si tratta della determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente, il quale deve intervenire entro il 31 dicembre 2021 perché alla procedura scaturente da esso possa applicarsi il regime derogatorio.
Il secondo momento invece è definito in modo più sibillino: sia l’art. 1 che l’art. 2 fanno riferimento alla <<data di adozione dell’atto di avvio del procedimento>>, il cui significato va dunque rinvenuto ricorrendo ad altri riferimenti normativi.
Nel Documento di ITACA si prende spunto dall’art. 32 del Codice, nella parte in cui si riferisce alla determina a contrarre qualificandola in sostanza quale atto prodromico rispetto all’avvio del procedimento. In altri termini, l’avvio del procedimento non avviene con la determina a contrarre ma con altro atto successivo che abbia valenza verso l’esterno.
Per quanto riguarda la procedura negoziata senza bando, con consultazione di un certo numero di operatori, l’atto di avvio avente rilevanza esterna può essere facilmente rinvenuto nella lettera di invito. Il momento a decorrere dal quale conteggiare i quattro mesi è dunque quello dell’invio di quest’ultima.
L’eventuale consultazione preliminare di mercato, che può aver preceduto la procedura negoziata, essendo fase autonoma rispetto a questa, per quanto propedeutica ad essa, non va presa in considerazione per il calcolo dei tempi di conclusione della procedura.
Il momento finale sarà da individuare nell’atto di aggiudicazione ex art. 32, comma 5 del Codice, con cui si individua in via definitiva l’affidatario dell’appalto.
Per quanto riguarda gli affidamenti diretti puri, il termine contingentato di due mesi decorrerà dal momento dell’invio della richiesta di offerta all’operatore economico scelto, a parere di ITACA <<con o senza previa richiesta di preventivi a più operatori>>. Sembrerebbe dunque che, se sono richiesti preventivi a più operatori, ivi compreso il prescelto, i due mesi decorreranno da tale momento. Anche in questo caso, il dies ad quem è ravvisabile nel momento dell’adozione della determina a contrarre che contiene l’indicazione del contraente prescelto e le ragioni della scelta, ai sensi dell’art. 32, comma 2 del Codice, o comunque del provvedimento di aggiudicazione.
Infine, per quanto riguarda le procedure ordinarie sopra soglia, da concludersi entro sei mesi dall’avvio, il dies a quo è agevolmente ravvisabile nel momento di invio del bando o dell’avviso di indizione della gara alla GUCE mentre il dies ad quem sarà anche in questo caso il momento della determina di aggiudicazione.
E’ opportuno precisare che la determina di aggiudicazione non è di per se stessa efficace, essendo necessario, come prescrive l’art. 32, comma 7, del Codice, che abbia avuto esito positivo la verifica del possesso dei requisiti prescritti. Ciò significa che nel computo dei due, quattro o sei mesi non dovrà essere considerato il periodo necessario per lo svolgimento dei controlli sul possesso dei requisiti in capo all’aggiudicatario. Tale considerazione va tenuta presente dai RUP al fine di un più sereno svolgimento dell’insieme degli adempimenti connessi all’affidamento degli appalti.
Per espressa previsione di legge, inoltre, nel computo dei tempi contingentati di conclusione delle procedure non rientrano eventuali sospensioni dei termini dovuti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria, quindi in pendenza di eventuali ricorsi.
Il dies a quo da cui decorre la tempistica fissata per la conclusione degli affidamenti è quello di avvio della procedura, ravvisabile nell’invio della lettera di invito o della richiesta di offerta nelle procedure semplificate e nell’invio del bando di gara alla GUCE nelle procedure sopra soglia. Il dies ad quem sarà invece il momento dell’adozione della determina di aggiudicazione, anche non efficace.
Ulteriori previsioni a vantaggio della celerità delle procedure
Sempre nell’ottica di favorire la speditezza nell’espletamento delle procedure, il DL Semplificazioni introduce altre novità, anch’esse valide tuttavia solo nella presente fase transitoria.
La prima è quella introdotta dall’art. 1, comma 3, nella parte in cui dispone che, per le procedure di cui al comma 2, lett. b) del medesimo articolo, <<nel caso di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia individuata ai sensi dell’articolo 97, commi 2, 2-bis e 2-ter, del decreto legislativo n. 50 del 2016, anche qualora il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a cinque>>, anziché pari o superiore a dieci come è previsto, in regime ordinario, dall’art. 97, comma 8 del Codice.
E’ evidente che, nelle procedure negoziate di cui alla suddetta lett. b) in cui è richiesto un numero di invitati almeno pari a cinque, sarà decisamente frequente che il numero dei concorrenti sia pari o superiore a tale numero, con la conveniente conseguenza, in termini di celerità, di poter applicare la clausola dell’esclusione automatica delle offerte che superano la soglia di anomalia e evitare così tout court il sub procedimento di verifica di congruità dell’offerta che tanto tempo fa perdere ai RUP.
Tale modifica tuttavia è circoscritta alle procedure semplificate di cui al DL Semplificazioni. Non è quindi applicabile ad una eventuale procedura ordinaria espletata, in regime di autovincolo da parte della stazione appaltante, per un affidamento sotto soglia.
Un’altra disposizione volta a garantire maggiore celerità nelle procedure è contenuta nell’art. 8, comma 7 del DL Semplificazioni: con tale norma è stato prorogato al 31 dicembre 2021 il termine di sospensione dell’applicazione di talune norme del Codice dei contratti – disposte dal D.L. n. 32/2019, c.d. “Sblocca cantieri” – concernenti, tra l’altro, l’estensione ai settori ordinari della possibilità di inversione procedimentale della verifica dei requisiti prevista in regime ordinario soltanto per i settori speciali (art. 133, comma 8, D. Lgs. n. 50/2016). Ciò significa che, fino al 31 dicembre di quest’anno, salve ulteriori proroghe, le stazioni appaltanti, in qualunque tipo di appalto, nei settori ordinari e speciali, sopra e sotto soglia, potranno, se lo riterranno opportuno e conveniente in funzione del numero dei concorrenti, procedere prima all’apertura delle offerte tecniche ed economiche e solo successivamente alla verifica dell’assenza di cause di esclusione e del possesso dei requisiti di partecipazione in capo ai concorrenti.
L’inversione procedimentale, come è noto, ha suscitato non poche perplessità in quanto, pur essendo uno strumento di accelerazione della procedura, può talvolta rivelarsi foriera di ritardi laddove ci si renda conto che il primo classificato non aveva in realtà tutti i requisiti per partecipare. Ma tant’è. La legislazione d’urgenza in epoca Covid ha tentato di mettere in campo tutti gli strumenti – più o meno efficaci e collaudati – per dare una decisa accelerata alle procedure di affidamento degli appalti pubblici.
Un’altra norma volta a garantire, questa volta, la tempestiva esecuzione dei contratti, è sempre contenuta nell’art. 8 del Decreto Semplificazioni e dispone che, fino alla data del 31 dicembre 2021, è sempre autorizzata la consegna dei lavori in via di urgenza e, nel caso di servizi e forniture, l’esecuzione del contratto in via d’urgenza ai sensi dell’art. 32, comma 8, del Codice, nelle more della verifica dei requisiti di cui all’art. 80, nonché dei requisiti di qualificazione previsti per la partecipazione alla procedura.
In caso di mancato rispetto dei tempi di conclusione delle procedure, la responsabilità del RUP può essere valutata negativamente per danno erariale. Se il ritardo è causato da condotte imputabili all’operatore economico, queste costituiscono una causa di esclusione dell’operatore dalla procedura o di risoluzione del contratto per inadempimento.
I maggiori oneri ricadenti sul RUP e le ricadute negative in caso di mancato rispetto dei tempi previsti
Va da sé che tutta la normativa fin qui esaminata, volta a garantire procedure celeri e affidamenti tempestivi, non potrebbe sortire alcun effetto senza il presidio attento da parte dei RUP. E’ evidentemente su di loro che ricade l’onere di sovrintendere all’intera procedura di appalto, dalla progettazione all’esecuzione contrattuale, avendo bene in mente il necessario rispetto dei tempi contingentati imposti dal DL Semplificazioni.
Ciò significa che, in primo luogo, il RUP dovrà, già in fase di progettazione, scegliere con cura la tipologia di procedura da espletare, in funzione della soglia di importo e dell’eventuale concreta necessità di dover garantire un confronto competitivo maggiore rispetto a quello prescritto in base al valore dell’affidamento. Il responsabile del procedimento dovrà infatti essere ben consapevole del fatto che, in ogni caso, la tempistica da rispettare sarà quella fissata per la fascia di importo di quello specifico appalto.
In caso di mancato rispetto dei tempi prescritti, il RUP avrà cura di motivare adeguatamente – plausibilmente nel provvedimento di aggiudicazione o in eventuali atti successivi – le ragioni dello scostamento, dando conto degli eventuali impedimenti, non imputabili alla stazione appaltante, che siano intervenuti ed abbiano determinato o contribuito a determinare il ritardo nell’espletamento della procedura.
Sia l’art. 1 che l’art. 2 del DL Semplificazioni non comminano vere e proprie sanzioni alle stazioni appaltanti in caso di mancato rispetto dei tempi di conclusione delle procedure. L’unica ricaduta conseguente al ritardo nella stipulazione del contratto o nell’esecuzione del medesimo consiste nel poter valutare negativamente tale situazione di fatto ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale.
Si ponga l’attenzione sul fatto che qui la “sanzione” è formulata in termini di possibilità, di facoltatività. Diversamente, se il ritardo è causato da condotte imputabili all’operatore economico, queste costituiscono una causa di esclusione dell’operatore dalla procedura o di risoluzione del contratto per inadempimento che viene senza indugio dichiarata dalla stazione appaltante e opera di diritto.
A parere di chi scrive, tale disparità di trattamento nel valutare e punire la responsabilità del RUP e quella dell’operatore economico stride un po’ e depotenzia la perentorietà dei termini di conclusione delle procedure.
D’altro canto, si deve tener conto anche della complessità delle procedure e del fatto che spesso esse si complicano per ragioni del tutto estranee alla diligenza del RUP; si pensi all’inevitabile allungamento dei tempi che sub procedimenti come il soccorso istruttorio o la verifica della congruità delle offerte anomale o dei costi della manodopera comportano.
Più in generale, il DL Semplificazioni ha introdotto l’importante principio secondo cui, in tema di responsabilità amministrativo-contabile, è sanzionata con più rigore la condotta omissiva del RUP anziché quella commissiva, nel senso che, nel regime transitorio, la condotta commissiva del RUP sarà perseguibile per danno erariale solo in caso di dolo, mentre la condotta omissiva sia per dolo che per colpa grave, come è ordinariamente previsto. L’art. 21, comma 2 del D.L. n. 76 in esame prevede infatti che <<limitatamente ai fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2021, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente>>. Come a dire che ciò che conta, in questo periodo emergenziale, sul fronte degli appalti pubblici è agire – anche a rischio di sbagliare – piuttosto che rimanere inerti e, così facendo, contribuire al ritardo negli affidamenti.
La normativa emergenziale pare considerare predominante la necessità di procedure celeri e snelle, anche a parziale sacrificio della concorrenza. Tale sacrificio tuttavia è parzialmente temperato dall’obbligo di trasparenza e pubblicità sugli esiti delle procedure che lo stesso decreto Semplificazioni ha imposto.
L’incidenza del prioritario principio di tempestività su quello della tutela della concorrenza
Da un’analisi meditata del dettato normativo sin qui esaminato, sembra emergere la necessità di rivedere la posizione di supremazia che, in materia di appalti pubblici ha fino ad ora rivestito il principio, di estrazione europea, della tutela della concorrenza. Infatti, la normativa emergenziale considera predominante la necessità di procedure celeri e snelle, anche eventualmente a danno della concorrenza. In altre parole, in questo periodo di emergenza si preferisce che una procedura di affidamento sia conclusa in modo spedito anche se ciò significhi rinunciare ad un ampio ed efficace confronto competitivo.
Si pensi al concetto di danno alla concorrenza così come tradizionalmente elaborato dalla Corte dei Conti[7], secondo cui <<ove sia omessa qualsiasi procedura concorsuale, anche nella forma di semplice gara informale tra più operatori economici, la prova dell’effettività del danno può essere individuata nel fatto notorio che il confronto concorrenziale delle offerte di più operatori economici avrebbe consentito all’amministrazione aggiudicatrice di conseguire condizioni più vantaggiose di quelle ottenute contrattando con un’unica ditta>>. Secondo i giudici contabili, <<nei casi di omissione delle prescritte procedure concorrenziali, la perdita delle condizioni più favorevoli non costituisce una mera ipotesi da provare, ma rappresenta una ragionevole probabilità. Per affermare nella specie la sussistenza del danno da “perdita di chance”, sarebbe già sufficiente aver rilevato il mancato esperimento di qualsiasi procedimento di gara>>. L’impostazione tradizionale vede nel confronto competitivo sempre e comunque la best practice da mettere in pratica, in presenza del quale la stazione appaltante può essere sicura di aver compiuto una scelta corretta sotto il profilo dell’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa e, pertanto, incontestabile.
Nella fase che stiamo vivendo attualmente, invece, il confronto competitivo è ammesso nei termini e con i limiti previsti dal regime derogatorio e sempre che non comporti una dilatazione dei tempi di affidamento dell’appalto. In questo momento l’efficienza viene privilegiata a parziale discapito della concorrenza.
D’altro canto, la stazione appaltante non potrà, tuttavia, scegliere per assurdo un’offerta fuori mercato, priva dei requisiti di economicità, posto che il regime derogatorio del DL Semplificazioni ha fatto salvo il comma 1 dell’art 36 del Codice, che contiene il rinvio ai principi generali da rispettare nelle procedure sotto soglia, tra i quali vi è sicuramente l’economicità.
Un temperamento al parziale sacrificio della concorrenza va infine ravvisato nella maggiore attenzione che il legislatore riserva al garantire la pubblicità dell’operato delle stazioni appaltanti: il DL Semplificazioni prevede infatti che le stazioni appaltanti diano evidenza dell’avvio delle procedure negoziate senza bando tramite pubblicazione di un avviso nei rispettivi siti internet istituzionali; tale avviso sui risultati della procedura di affidamento dovrà altresì contenere l’indicazione dei soggetti invitati[8].
Tale adempimento, in realtà, persegue finalità di trasparenza e non di apertura alla concorrenza in quanto trattasi di avviso successivo all’espletamento della procedura e non precedente ad essa, avendo ad oggetto, per specifica previsione di legge, i risultati della stessa.
[1] Si veda l’art. 8, comma 1, lett. c) del D.L. n. 76/2020, convertito dalla L. n. 120,2020, come richiamato dall’art. 2, comma 2 del medesimo Decreto.
[2] Il Gruppo di Lavoro contratti pubblici presso ITACA (Istituto per l’innovazione e trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale) ha predisposto un Documento recante <<Indicazioni operative per l’applicazione delle norme in materia di contratti pubblici del d.l. n.76/2020, convertito nella legge n.126/2020 recante “misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”>>, approvato il 17 dicembre 2020 dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome.
[3] Parere MIT n. 735 del 24 settembre 2020.
[4] Altro interessante parere del MIT è il n. 764 del 20.10.2020, che, in tema di affidamento diretto puro, sostiene che, pur restando la previa richiesta di preventivi una best practice, la stessa deve essere evitata laddove, <<comporti una eccessiva dilatazione dei tempi di affidamento che, invece, sarebbe in contrasto con la ratio che informa l’intero decreto semplificazione>>.
[5] Cfr. ANAC Parere del 4 agosto 2020 <<Esame e commento degli articoli del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale» in tema di contratti pubblici, trasparenza e anticorruzione>>.
[6] Vedi nota n. 2.
[7] Corte dei Conti, sez. Liguria, sent. n. 187/2012.
[8] La pubblicazione dell’avviso de quo non è obbligatoria per gli affidamenti inferiori ad euro 40.000, per i quali, tuttavia, la stazione appaltante ha comunque l’obbligo di pubblicare la determinazione a contrarre contenente la scelta del contraente ai sensi dell’art. 29 del Codice.