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1. Il principio di suddivisione in lotti

In materia di appalti pubblici, costituisce principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese: tale principio, come recepito all’art. 51 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, non costituisce tuttavia una regola inderogabile, in quanto la norma consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito, proprio perché il precetto della ripartizione in lotti è funzionale alla tutela della concorrenza.

La scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce, peraltro, una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico. In tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione circa la ripartizione dei lotti da conferire mediante gara pubblica deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto e resta delimitato, oltre che da specifiche norme del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza.
Alle stazioni appaltanti è, tuttavia, vietato suddividere le gare in lotti distinti laddove ciò non sia giustificato dalla diversità dei servizi o delle forniture oggetto dei vari sub-lotti e/o dalla esigenza di favorire la partecipazione delle piccole medie imprese, anche in sintonia con l’assetto regolatorio contenuto nell’articolo 68 del codice dei contratti incentrato, quale canone generale dell’intera disciplina dell’evidenza pubblica, sulla valorizzazione del principio di equivalenza che, per definizione, rende valutabili prestazioni da ritenersi omogenee sul piano funzionale secondo criteri di conformità sostanziale.

In materia di appalti pubblici, costituisce principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese: tale principio, come recepito all’art. 51 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, non costituisce tuttavia una regola inderogabile, in quanto la norma consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito, proprio perché il precetto della ripartizione in lotti è funzionale alla tutela della concorrenza.  

Con il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (“Codice Appalti”), che ha attuato, tra le altre, la direttiva 2004/24/UE, risulta evidente che la funzione pro-concorrenziale delle regole di evidenza pubblica ha assunto ancora

Il principio della suddivisione in lotti promana direttamente dall’art. 30 del d.lgs. 50/2016, il quale prescrive (al comma 1) che l’affidamento e l’esecuzione delle pubbliche commesse debba garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, altresì specificando che  le stazioni appaltanti operano nel rispetto dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità, principi tutti ispirati alla tutela delle imprese concorrenti e del corretto funzionamento del mercato, infine puntualizzando (al comma 7) che «i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le microimprese, le piccole e medie imprese».

2. La suddivisione in lotti: fra obbligo e discrezionalità

L’opzione di suddividere gli appalti in lotti è rimessa alla discrezionalità delle stazioni appaltanti, le quali sono tenute a operare una corretta ponderazione degli interventi e a valutare se le singole parti di un appalto, singolarmente considerate, possiedano una certa autonomia funzionale, in rapporto alla realizzazione dell’opera.

Ai fini della suddivisione la stazione appaltante dovrà in primo luogo calcolare il valore del lotto, individuando se lo stesso sia idoneo a garantire alle piccole e medie imprese l’effettiva possibilità di partecipare alla gara, fermo rimanendo il divieto alle stazioni appaltanti della suddivisione in lotti con il solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del Codice Appalti. Anche quando l’intento sia quello di promuovere lo sviluppo delle microimprese e delle piccole e medie imprese, infatti, il frazionamento della gara d’appalto non potrà essere utilizzato al fine di aggirare le procedure del Codice Appalti, operando il frazionamento artificioso di un appalto unitario, al mero scopo di eludere la soglia comunitaria e di aggiudicare con procedure meno competitive.

Nel senso poc’anzi prospettato, l’art. 35, comma 6 del Codice Appalti dispone che «La scelta del metodo per il calcolo del valore stimato di un appalto o concessione non può essere fatta con l’intenzione di escluderlo dall’ambito di applicazione delle disposizioni del presente codice relative alle soglie europee. Un appalto non può essere frazionato allo scopo di evitare l’applicazione delle norme del presente codice tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino».

Anche nelle Linee Guida n. 4 ANAC, recanti “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici” al punto 2.1 si legge: «Il valore stimato dell’appalto è calcolato in osservanza dei criteri fissati all’articolo 35 del Codice dei contratti pubblici. Al fine di evitare un artificioso frazionamento dell’appalto, volto a eludere la disciplina comunitaria, le stazioni appaltanti devono prestare attenzione alla corretta definizione del proprio fabbisogno in relazione all’oggetto degli appalti, specialmente nei casi di ripartizione in lotti, contestuali o successivi, o di ripetizione dell’affidamento nel tempo».

Pertanto, come rilevato anche dai giudici amministrativi, la scelta di suddividere in lotti un appalto costituisce una decisione fondata su valutazioni di carattere tecnico-economico, nel rispetto dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza (Cons. di Stato, VI, 2 gennaio 2020 n. 25). È stato, infatti, in proposito osservato che la discrezionalità amministrativa posta alla base della scelta dell’amministrazione di suddividere in lotti una pubblica commessa debba essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto. In ogni caso, si tratta di scelta di carattere tecnico-economico, che resta sempre delimitata, oltre che dalle specifiche norme del Codice Appalti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza, oltre che dall’obbligo di motivazione, proprio in quanto l’obbligo diripartizione in lotti deve comunque rispondere alla tutela della concorrenza. Secondo una nota pronuncia (Consiglio di Stato, sez. V, 3 aprile 2018, n. 2044), il Giudice amministrativo ha precisato ulteriormente che «è pur vero che l’art. 51 d.lgs. n. 50-2016 ha mantenuto il principio della suddivisione in lotti, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese alle gare pubbliche, già previsto dall’art. 2, comma 1-bis, d.lgs. n. 163-2006; tuttavia, nel nuovo regime, il principio non risulta posto in termini assoluti ed inderogabili, giacché il medesimo art. 51, comma 1, secondo periodo afferma che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139”».

Il Codice Appalti considera quale ipotesi ordinaria e regolare la suddivisione in lotti funzionali o prestazionali di un appalto e condiziona la deroga all’ordinaria suddivisione in lotti alla formulazione di una specifica motivazione.  

Il Codice Appalti considera, dunque, quale ipotesi ordinaria e regolare la suddivisione in lotti funzionali o prestazionali di un appalto e condiziona la deroga all’ordinaria suddivisione in lotti alla formulazione di una specifica motivazione.

Il Codice degli appalti, dunque, se da un lato sostanzialmente obbliga a suddividere in lotti, dall’altro pone un onere motivazionale rafforzato in capo alle stazioni appaltanti, le quali sono chiamate a motivare la scelta di non aver proceduto a frazionare l’appalto per favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese. Per tale ragione, la motivazione non deve essere intesa come un mero adempimento formale, a cui far fronte mediante formule generiche o di rito, ma deve chiaramente dar conto delle ragioni che impongono di non frazionare l’appalto. L’onere motivazionale in questione non può infatti essere soddisfatto in maniera solo apparente o generica, dovendo invece, la Stazione Appaltante, indicare specificatamente le ragioni tecniche ed economiche che giustificano l’affidamento in unitario del servizio.

In merito alla sindacabilità della scelta di non suddividere l’appalto, la giurisprudenza ha affermato che «la suddivisione in lotti di un contratto pubblico si presta ad essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa: e ciò ancorché l’incontestabile ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito conduca per converso a confinare questo sindacato nei noti limiti rappresentati dai canoni generali dell’agire amministrativo, ovvero della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria» (Consiglio di Stato, sez. V, 6 marzo 2017, n. 1038).

Inoltre, è stato osservato che «la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, deve dunque costituire una decisione che deve essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza» (Consiglio di Stato, sez. III, 4 marzo 2019, n. 1491).

Lo stesso Consiglio di Stato, sull’obbligo di frazionamento dell’appalto, ha altresì precisato che «In tanto può configurarsi l’obbligo in questione in quanto non vi si oppongano obiettive esigenze di connessione funzionale che rendano opportuno affidare congiuntamente prestazioni di servizi e lavori e che all’opposto sconsiglino di separare le stesse […] (sulla preferenza solo tendenziale espressa dalla disposizione in esame per la suddivisione degli appalti pubblici in lotti, Cons. Stato, V, 3 aprile 2018, n. 2044, cui aderisce Cons. Stato, III, 21 marzo 2019, n. 1857 e 22 febbraio 2019, n. 1222). Peraltro, nell’indire la gara de qua la Regione […] non ha dato conto delle caratteristiche di “stretta interconnessione” oltre che di omogeneità e complessità delle forniture e dei servizi oggetto di appalto che avrebbero reso antieconomico e non efficiente la sua suddivisione in lotti, con ciò adempiendo all’obbligo di motivazione previsto dalla disposizione del codice dei contratti da ultimo citata per derogare alla regola della suddivisione in lotti. Deve ancora aggiungersi che il dichiarato obiettivo di favorire la partecipazione di imprese di minori dimensioni, cui la regola della suddivisione in lotti è preordinata, non sarebbe stato ragionevolmente raggiunto con la separazione dei lavori dalla preponderante componente di servizi oggetto dell’appalto (…)» (Consiglio di Stato, sez. V, 15 gennaio 2020, n. 378).

Come si vede, l’eterogenea casistica giurisprudenziale rende il ruolo dell’interprete, anche in questo caso, di fondamentale importanza, posto che da una norma dal tenore apparentemente univoco, quale l’art. 51 del Codice degli appalti, si sono sviluppate tesi di diversa natura, come sopra illustrato.

Il panorama si complica ulteriormente nel momento in cui, accanto alla questione della suddivisione in lotti, si palesa la problematica del collegamento sostanziale tra imprese nelle gare ad oggetto plurimo, come si vedrà nei paragrafi che seguono.

3. La suddivisione in lotti e il collegamento sostanziale tra imprese: tra tutela della concorrenza e le incertezze giurisprudenziali

Per garantire l’apertura competitiva del mercato, anche a tutela delle piccole e medie imprese, il limite di aggiudicazione dei lotti, ove previsto dal bando di gara, deve intendersi allargato anche all’”unitario centro decisionale”.

L’art. 51 del d.lgs. n.50/2016 prevede che gli appalti vengano suddivisi in lotti funzionali o prestazionali. Le stazioni appaltanti possono ammettere la partecipazione a un solo lotto, ad alcuni lotti o a tutti.

Ed ancora: <<Le stazioni appaltanti possono, anche ove esista la facoltà di presentare offerte per alcuni o per tutti i lotti, limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse, a presentare offerte o a negoziare>>.

La finalità della norma è quella, attraverso la suddivisione in lotti ed una eventuale limitazione degli affidamenti

nell’ambito dello stesso appalto, di consentire alle piccole e medie imprese maggiori opportunità di accedere alle

commesse pubbliche. La disposizione potrebbe essere aggirata nel caso di imprese distinte ma collegate, riferibili ad un unico centro decisionale, che presentino offerte (concordate) in più lotti, ancorché le offerte siano formalmente imputabili a distinti operatori economici.

La finalità della suddivisione in lotti di una eventuale limitazione degli affidamenti nell’ambito dello stesso appalto è quella di consentire alle piccole e medie imprese maggiori opportunità di accedere alle commesse pubbliche. La disposizione potrebbe essere aggirata nel caso di imprese distinte ma collegate, riferibili ad un unico centro decisionale, che presentino offerte concordate in più lotti, ancorché le offerte siano formalmente imputabili a distinti operatori economici.  

Sul punto, la giurisprudenza è divisa. Infatti, pur se in linea generale un bando di gara pubblica, suddiviso in lotti, costituisce un atto ad oggetto plurimo e determina l’indizione non di un’unica gara, ma di tante gare, per ognuna delle quali vi è un’autonoma procedura che si conclude con un’aggiudicazione, è altrettanto vero che secondo parte della giurisprudenza <<l’unitarietà della gara nonostante la suddivisione in lotti […] emerge da tutta una serie di elementi ‘unificanti’ […] e, cioè, più in particolare, dalla unicità della commissione esaminatrice, dall’identità per tutti i lotti dei requisiti richiesti dal bando e degli elementi di valutazione dell’offerta tecnica […]; dalla possibilità di produrre un’unica offerta telematica per più lotti; dall’identità […] delle modalità di prestazione del servizio e delle prestazioni richieste; dall’integrazione telematica riferita all’esecuzione di tutti gli adempimenti negoziali conseguenti>> (Cons. Stato, Sez. III, 18.5.2020, n. 3135; id., 6.5.2020, n. 2865).

Rispetto all’illustrata tesi giurisprudenziale, il Consiglio di Stato è nuovamente intervenuto sul tema dell’applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. m), del codice dei contratti pubblici nell’ipotesi in cui le offerte presentate dalle imprese si riferiscano a lotti diversi, puntualizzando che <<[…] l’affidamento di più contratti diversi fra loro non incide sulla natura della gara stessa che non ha carattere unitario, poiché a ciascun lotto corrisponde una gara finalizzata all’aggiudicazione di un distinto contratto. La possibilità dì aggiudicare autonomamente i singoli lotti è dunque incompatibile con la configurazione di una gara unitaria poiché le singole procedure di aggiudicazione sono dirette a tanti contratti di appalto quanti sono i lotti: se ciascun lotto può essere aggiudicato a concorrenti diversi, non ci si trova dì fronte ad un appalto unitario e se non vi è appalto unitario non vi può essere unicità della gara >>.

Ha poi precisato, in riforma della sentenza di primo grado: <<Applicando alla gara oggetto del presente contenzioso la soluzione ermeneutica di cui sopra, non è nemmeno necessario occuparsi degli elementi ritenuti dal primo giudice probanti della asserita unitarietà della gara. E’ sufficiente osservare che l’autonomia delle offerte e quindi delle graduatorie di ciascuno dei cinque lotti territoriali in cui la procedura è stata suddivisa comporta il carattere non unitario della gara ai fini dell’applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. m), del d.lgs. n. 50 del 2016>> (Cons. Stato, Sez. V, 18 marzo 2021 n. 2350).

Ancor più di recente, ha affermato che <<la logica che ispira l’art. 80, comma 5 lett. m) – che considera l’imputabilità a qualsiasi titolo, di diritto o di fatto, “ad un unico centro decisionale”, delle offerte proposte da distinti operatori economici nel contesto di una “medesima procedura di affidamento” quale motivo di esclusione – è quella di dequotare il profilo formale della pluralità soggettiva, per far valere la sostanziale unitarietà della proposta negoziale: la cui automatica inammissibilità discende recta via dal principio di unicità dell’offerta (art. 32, comma 4, prima parte d. lgs. n. 50/2016).

Nel caso di appalto suddiviso in lotti tale preclusione, come si è precisato, non opera, trattandosi di procedura unitaria per affidamenti formalmente distinti, cioè di una gara plurima: sicché è naturalmente ammessa la presentazione di un’offerta da parte di operatori economici anche riconducibili ad un unico centro decisionale, purché – come è chiaro – non riferita al medesimo lotto (nel qual caso opererebbe l’art. 80, comma 5 lett. m), ma a lotti distinti (e ciò, beninteso, sempreché la stazione appaltante, nell’esercizio della propria discrezionalità, non abbia ritenuto di precludere, anche qui per ragioni di programmatica segmentazione distributiva, tale facoltà: arg. ex art. 51, comma 2)>> (Cons. Stato, Sez. V, 27 settembre 2021, n. 6481).

Pare dunque evidente che l’indirizzo giurisprudenziale prevalente che il Consiglio di Stato continua a seguire è quello di ritenere non applicabile l’art. 80, comma 5, lett. m), del codice dei contratti pubblici nell’ipotesi in cui le offerte presentate dai partecipanti ad una procedura di gara si riferiscano a lotti diversi.

Volendo operare una “crasi” degli orientamenti giurisprudenziali sopra illustrati, potrebbe dunque dirsi che – se è, naturalmente, eccezionale la regola che di volta in volta limiti la partecipazione alle procedure evidenziali – non altrettanto può dirsi in ordine ad un vincolo, come quello correlato al divieto di plurime aggiudicazioni, che, senza precludere la competizione, operi, nei sensi chiariti, in funzione “proconcorrenziale”

Sicché appare corretto – in una plausibile logica sostanzialistica, orientata a disincentivare ed impedire forme e modalità di partecipazione che, anche quando non siano collusive o propriamente abusive (incorrendo, come tali, in specifiche cause di esclusione come illeciti anticoncorrenziali: cfr. art. 80, comma 5, lett. c) d. lgs. n. 50/2016), risultino, ai fini evidenziati, elusive del divieto di accaparramento – riferire il limite, estensivamente, anche agli operatori economici sostanzialmente riconducibili ad un unitario centro decisionale o ad una organizzazione economica operante in forma di holding.

Si tratta di una logica coerente con una disciplina di gara che – lungi dal limitarsi al frazionamento dell’appalto (ex art. 51, comma 1) – avesse specificamente inteso, nei termini illustrati, segmentare e distribuire l’affidamento dei lotti: i quali, a diversamente opinare, ben potrebbero essere acquisiti, a dispetto delle finalità proconcorrenziali, da un unico ed organizzato gruppo societario, che si avvalesse di una pluralità di operatori economici controllati.

Né si tratta di opzione ermeneutica fondata sul ragionamento analogico (come tale preordinato alla estensione di una regola ad un caso non previsto né codificato): la illustrata ratio della disposizione fa, invero, palese, che la stessa postula una nozione estensiva di “operatore economico”.

Del resto – e sotto distinto e concorrente profilo, specificamente rilevante nella questione in esame – la logica che ispira l’art. 80, comma 5 lett. m), che considera l’imputabilità a qualsiasi titolo, di diritto o di fatto, “ad un unico centro decisionale”, delle offerte proposte da distinti operatori economici nel contesto di una “medesima procedura di affidamento” quale motivo di esclusione, è quella di non valorizzare il solo profilo formale della pluralità soggettiva, per far valere la sostanziale unitarietà della proposta negoziale, la cui automatica preclusione discende direttamente dal riscontro dell’appartenenza dell’offerta ad un unico centro decisionale. (art. 32, comma 4, prima parte d. lgs. n. 50/2016).

Nel caso di appalto suddiviso in lotti tale preclusione, come si è precisato, non opera, trattandosi di procedura unitaria per affidamenti formalmente distinti, cioè di una gara plurima: sicché è naturalmente ammessa la presentazione di un’offerta da parte di operatori economici anche riconducibili ad un unico centro decisionale, purché – come è chiaro – non riferita al medesimo lotto (nel qual caso opererebbe l’art. 80, comma 5 lett. m), ma a lotti distinti (e ciò, beninteso, sempreché la stazione appaltante, nell’esercizio della propria discrezionalità, non abbia ritenuto di precludere, anche qui per ragioni di programmatica segmentazione distributiva, tale facoltà). Ne discende, allora, per coerenza, che – nel caso in cui sia limitato “il numero di lotti che possono essere aggiudicati ad un solo offerente” (art. 51, comma 3) – l’offerta imputabile ad un unico centro decisionale debba essere parimenti considerata unica, in quanto imputabile ad un solo offerente sostanziale.

E ciò, in buona sostanza, nel senso che così come una formale pluralità di offerte, in realtà unitariamente elaborate, mira ad aggirare il divieto – immediatamente operante nella fase di ammissione – di offerta plurima, alla stessa stregua una formale proposta di aggiudicazione di un singolo lotto, concordata con altri operatori in virtù di una unitaria determinazione, mira ad aggirare il divieto di aggiudicazione plurima.

Pertanto, alla luce di quanto rappresentato, se è il divieto normativo di “offerte plurime” a giustificare, quando sia unica la gara, l’immediata esclusione, è il divieto facoltativo di “aggiudicazioni plurime” ad imporre l’esclusione del concorrente che già si sia sostanzialmente aggiudicato un altro lotto, sul ricordato presupposto dell’unicità del centro decisionale.

4. Gli ulteriori approdi della giurisprudenza

Nel variegato panorama giurisprudenziale di cui si è parlato, interessante è la pronuncia del Consiglio di Stato, sez. IV, 22.04.2021 n. 3255, ove si legge che <<l’esclusione è avvenuta per la sussistenza del collegamento sostanziale tra due imprese in gara, tale da far ritenere che sussistesse “un unico centro decisionale di imputazione delle offerte delle società tale da porre in essere una distorsione della concorrenza tra gli operatori che hanno partecipato alla gara in oggetto” ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. m) del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50>>.

Ancora una volta, il riferimento all’unicità del “centro decisionale” evidenzia che la ratio della norma è quella di evitare il rischio di un previo accordo tra gli offerenti (appartenenti al medesimo gruppo o centro di interessi economici), che comprometterebbe la segretezza reciproca delle offerte e la serietà del confronto concorrenziale.

La ratio normativa, evidentemente, è quella di garantire la regolarità della competizione selettiva dell’affidatario di un determinato appalto, consentendo il confronto concorrenziale e scongiurando il pericolo di condizionamento dell’esito della gara.

La giurisprudenza amministrativa ha fornito numerose indicazioni sulla identificazione di situazioni che concretizzano fattispecie di collegamento, individuando una serie di indici, che per assurgere a presupposti del provvedimento di esclusione devono avere le caratteristiche di gravità, precisione e concordanza, che spetta all’Amministrazione valutare in concreto. Se, da un lato, l’Amministrazione è onerata delle verifiche puntuali degli elementi che fanno ritenere probabile il collegamento societario, dall’altro, non è necessario che effettui una verifica circa il fatto che il collegamento societario abbia in concreto influito sulla presentazione delle offerte e sull’esito della gara. In altri termini, non è necessaria la prova che il collegamento abbia influito sulla formazione delle offerte, ma è sufficiente che sia probabile il fatto che le stesse provengano da un unico centro decisionale.

Particolarmente ad altrettanto interessante è un recente pronuncia del TAR Abruzzo, che ha tentato di fare chiarezza su un tema così complesso come quello del collegamento sostanziale nelle gare ad oggetto plurimo.

E’ legittimo, in quanto adeguatamente motivato, il provvedimento con il quale la stazione appaltante ha escluso una ditta da una gara per l’affidamento temporaneo delle spiagge libere del territorio comunale e della gestione delle attività connesse alla balneazione, che sia motivato con riferimento al fatto che è emersa la sussistenza di elementi indiziari plurimi e concordanti che depongono per la riferibilità, delle offerte presentate da due diversi concorrenti, ad un unico centro decisionale; in tal caso, infatti, deve ritenersi sussistente la violazione, da parte dei suddetti concorrenti, dell’art. 80 comma 5, lett. m), d.lgs. n. 50/2016, per collegamento sostanziale tra imprese (TAR Abruzzo, Sez. I, 26 gennaio 2022 n. 44).  

Ad avviso del TAR Abruzzo, <<La esclusione prevista nel caso di cui all’art. 80, comma 5, lett. m), d. lgs. n. 50 del 2016, non trova applicazione nel caso di appalti suddivisi in lotti plurimi, atteso che essi sono valutati come tante gare distinte, e dunque il collegamento sostanziale o formale tra due partecipanti in due distinti lotti non integra il divieto della offerta plurima nella medesima gara che tale disposizione mira a rendere effettivo; tuttavia, nel caso in cui i distinti lotti siano tra loro collegati attraverso la previsione del divieto di aggiudicazione plurima di più di un lotto per operatore economico, la suddetta esclusione deve, invece, trovare di nuovo applicazione, in quanto ne riemerge la ratio di preservare condotte elusive anticoncorrenziali, che si sostanziano nell’aggirare il divieto di aggiudicazione plurima imposto dalla stazione appaltante>>.

In tal senso, ha ritenuto <<legittimo, in quanto adeguatamente motivato, il provvedimento con il quale la P.A. appaltante ha escluso una ditta da una gara per l’affidamento temporaneo delle spiagge libere del territorio comunale e della gestione delle attività connesse alla balneazione, che sia motivato con riferimento al fatto che è emersa la sussistenza di elementi indiziari plurimi e concordanti che depongono per la riferibilità, delle offerte presentate da due diversi concorrenti, ad un unico centro decisionale; in tal caso, infatti, deve ritenersi sussistente la violazione, da parte dei suddetti concorrenti, dell’art. 80 comma 5, lett. m), d. lgs. n. 50/2016, per collegamento sostanziale tra imprese>> (TAR Abruzzo, Sez. I, 26 gennaio 2022 n. 44).

Nella motivazione della sentenza, è stato osservato che correttamente la stazione appaltante, nella specie, ha rilevato la esistenza di un unico centro decisionale, in quanto: le offerte hanno la medesima impaginazione e impostazione grafica; le relazioni tecnico descrittive hanno contenuti per gran parte identici e si utilizzano spesso espressioni sovrapponibili; sono stati allegati convenzioni e protocolli d’intesa con gli stessi soggetti; hanno in allegato una medesima brochure; le tavole allegate alle offerte hanno la stessa grafica e formato; la cauzione prevista dall’avviso di gara è stata rilasciata dalla medesima compagnia assicurativa e a distanza di soli 10 minuti l’una dall’altra ecc… Ad avviso del TAR, si tratta di elementi sufficienti per dedurre, attraverso un ragionamento probabilistico e presuntivo, la provenienza di entrambe le offerte da un unico centro decisionale, tenendo conto del fatto che, secondo la giurisprudenza, ai fini dell’individuazione del collegamento sostanziale tra imprese di cui all’art. 80, c. 5, lett. m), d.lgs. n. 50/2016, i relativi indizi devono essere valutati nel loro insieme per riscontrare i requisiti di gravità, precisione e concordanza idonei a legittimare la sanzione, e che la valutazione operata dalla stazione appaltante, circa l’unicità del centro decisionale, postula semplicemente l’astratta idoneità a determinare un concordamento delle offerte, non essendo necessario che l’alterazione del confronto concorrenziale si sia effettivamente realizzata nel caso concreto, essendo quella delineata dal legislatore una fattispecie di pericolo; e la riconducibilità delle offerte a un unico centro decisionale deve essere quindi valutata con un ragionamento presuntivo e probabilistico.

5. Considerazioni finali

In definitiva, dal panorama giurisprudenziale analizzato, possono trarsi le seguenti considerazioni.

1. La suddivisione dell’appalto in lotti, pur discendendo da un obbligo normativo (art. 51 d.lgs. 50/2016) è pur sempre rimessa ad una valutazione discrezionale della stazione appaltante in termini di economicità ed opportunità della scelta.

2. La mancata suddivisione dell’appalto in lotti deve essere – comunque – adeguatamente motivata dalla stazione appaltante nei documenti di gara.

3. La suddivisione in lotti esclude, in re ipsa, la configurazione di una gara unitaria e, pertanto, rende non operante il divieto di collegamento sostanziale tra imprese (Cons. Stato, Sez. V, 27 settembre 2021, n. 6481).

4. Tuttavia, la presenza di elementi precisi e concordanti, potrebbe far ritenere comunque, a prescindere dalla suddivisione in lotti, che si tratti di gara unitaria (Cons. Stato, Sez. III, 18.5.2020, n. 3135; id., 6.5.2020, n. 2865).

5. In particolare, il divieto di collegamento sostanziale tra imprese trova applicazione nel caso in cui i distinti lotti siano tra loro collegati attraverso la previsione del divieto di aggiudicazione plurima di più di un lotto per operatore economico, in quanto ne riemerge la ratio di preservare condotte elusive anticoncorrenziali, che si sostanziano nell’aggirare il divieto di aggiudicazione plurima imposto dalla stazione appaltante (da ultimo TAR Abruzzo, Sez. I, 26 gennaio 2022 n. 44; Cons. di Stato, n. 393/2021).

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Riccardo Gai
Esperto in materia di appalti pubblici
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