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( votes)1. Premesse
La materia della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è quasi integralmente disciplinata dal corpus normativo di cui al D.Lgs. 81/08 e s.m.i. c.d. Testo Unico sulla Sicurezza che – in attuazione dell’articolo 1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123 – ha riformato, riunito ed armonizzato, le disposizioni dettate da numerose precedenti normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro succedutesi nell’arco degli ultimi anni, al fine di adeguare il tessuto normativo esistente all’evolversi della tecnologia e del sistema di organizzazione del lavoro.
Gli appalti pubblici di lavori, poiché l’espletamento delle relative attività avviene all’esterno dell’ambito propriamente aziendale, sono qualificati dalla norma di riferimento alla stregua di una species del genus “luogo di lavoro”, pertanto sono da ricomprendersi nell’alveo dei cantieri temporanei e mobili, cui il Testo Unico riconnette specifiche accortezze.
La sicurezza nei cantieri temporanei e mobili è normata dal Titolo IV del Testo Unico che ha introitato e migliorato alcune tra le più importanti disposizioni già presenti nell’ordinamento giuridico italiano, tra cui il D.P.R. 547/55, D.P.R. 164/56 e il D.P.R. 303/56 inerente l’igiene degli ambienti e la sicurezza dei luoghi di lavoro.
La presente disamina, soffermandosi sulle peculiarità dei cantieri degli appalti pubblici di lavori, porrà principale attenzione in merito all’assetto normativo che regola da un lato i soggetti onerati delle verifica del concreto espletamento delle misure in materia di sicurezza, dall’altro le funzioni cui sono diretti i documenti disciplinati rispettivamente dagli artt. 28 e 89 comma 1 lett. h) del Testo Unico, cioè il DVR e il POS.
1.1 Imprese Affidatarie e Imprese Esecutrici
In via preliminare, occorre approfondire quale sia la differenza che il Testo Unico sulla Sicurezza delinea tra l’impresa affidataria di cui alla lettera i) del comma dell’art. 89 ed impresa come esecutrice definita alla lettera i-bis del medesimo articolo, al fine di poter definirne le specifiche incombenze in ordine alla sicurezza nei cantieri.
L’impresa affidataria è l’impresa titolare del contratto di appalto stipulato con il committente, la quale, nei limiti di legge previsti dal codice dei contratti pubblici, ai fini dell’esecuzione dell’opera appaltata, può avvalersi di imprese subappaltatrici ovvero di lavoratori autonomi. L’impresa esecutrice invece, è l’impresa che esegue concretamente l’opera oppure una parte di essa, impegnando proprie risorse umane e materiali.
Il legislatore ha inteso inserire tali definizioni nel tessuto normativo del Testo Unico sulla Sicurezza tramite la novella legislativa di cui all’art. 58 del d.lgs. n. 106 del 2009, al fine di conformare, tramite una più accurata indicazione terminologica, le categorie utilizzate in materia di sicurezza a quelle dei lavori pubblici.
Infatti, come noto, una impresa affidataria di lavori pubblici ha la facoltà di eseguire direttamente i lavori, oppure può avvalersi di imprese subappaltatrici o di lavoratori autonomi per l’esecuzione delle prestazioni connesse all’opera appaltata, ovvero come nel caso dei concessionari di lavori pubblici, ha la facoltà di affidare interamente a terzi l’esecuzione delle opere.
Da quanto sopra consegue che l’impresa affidataria, qualora proceda all’esecuzione delle lavorazioni in proprio, deve qualificarsi anche come impresa esecutrice.
In ragione di tali circostanze, è apparso necessario distinguere le singole posizioni in cantiere, adattando i compiti, funzioni e responsabilità in materia di sicurezza, in relazione alle specifiche attività ivi poste concretamente in essere.
In sintesi, si può affermare che l’onere di porre in essere le concrete attività e misure volte alla tutela della salute e sicurezza nei cantieri risulta tanto più ampio tanto più l’impresa è direttamente responsabile dell’esecuzione dell’opera. Tale onere, invece, si tramuta e sfuma in dovere di controllo e vigilanza circa l’attuazione di tali misure, tanto più il ruolo dell’impresa è assimilabile ad un soggetto mero contraente con la pubblica amministrazione.
A conferma di tale gradualità e differenziazione delle responsabilità, si rinviene nell’ordinamento pubblicistico il comma 7 dell’art. 131 del codice dei contratti, in tema di onere predisposizione di uno dei documenti più importanti per la valutazione dei rischi (il Piano Operativo per la Sicurezza), che chiarisce che “Ai fini del presente articolo il concessionario che esegue i lavori con la propria organizzazione di impresa è equiparato all’appaltatore”.
Tale specificazione normativa tende infatti ad affrancare, in virtù di una interpretazione a contrario della disposizione, il concessionario mero affidatario, dai compiti ed oneri di porre concretamente in essere le misure volte alla tutela in materia di sicurezza, propri di chi esegue concretamente le opere come l’appaltatore, assimilandolo in tal caso alla figura del committente, al quale, come si dirà, vengono affidate funzioni di controllo e vigilanza.
Ciò premesso, prima di addentrarci nella ricostruzione di come tali compiti, funzioni e responsabilità vengano attribuite dalla legge a seconda che l’impresa sia solo affidataria, ovvero anche esecutrice, appare necessario spendere alcune considerazioni in merito alla differenza che intercorrere tra due dei documenti fondamentali in materia di sicurezza del lavoro, entrambi posti dal Testo Unico quali inderogabili: il Documento di valutazione dei rischi ed il Piano Operativo della Sicurezza.
1.2 Il Documento di Valutazione dei Rischi
Il DVR è un documento fondamentale per la tutela dei lavoratori nei luoghi di lavoro, di cui ogni datore di lavoro deve dotarsi, ai fini di una compiuta individuazione e prevenzione di tutti i rischi potenzialmente presenti in azienda.
Sul piano prettamente normativo, si rinviene che l’art. 17 c. 1 lett. a) del Testo Unico individua tra le funzioni non delegali “la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28”. Il seguente art. 29, a tal riguardo, espressamente infatti prevede che sia “Il datore di lavoro” ad effettuare “la valutazione ed elabora il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a)”.
Il richiamato art. 28 del Testo Unico, come novellato dall’art. 18 del D.lgs. n. 106 del 2009, reca inoltre particolare disciplina in merito alle finalità e modalità di predisposizione del documento, che risulta essere propriamente deputato ad una valutazione ex ante dei potenziali rischi presenti nei luoghi di lavoro.
A tal proposito, per quanto di interesse ai nostri fini, il comma 1 del citato articolo 28 prevede che: “La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a) … [omissis] … deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori”.
Il comma susseguente del medesimo art. 28, detta inoltre la disciplina in merito al contenuto del DVR, che – “redatto a conclusione della valutazione” -, deve pertanto contenere inter alia:
“a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione;
b) l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all’articolo articolo 17, comma 1, lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; […]”.
Disposizione di chiusura è il comma 3-bis, che prevede che “in caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi elaborando il relativo documento entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attività”.
Il DVR rappresenta, pertanto, il documento che ogni azienda deve redigere, entro il citato termine perentorio di 90 giorni dall’inizio della propria attività, in seno al quale devono essere registrate annotate e rese evidenti, sia al personale dell’impresa che agli enti preposti al controllo e alla vigilanza, le valutazioni e le conseguenti misure preventive finalizzate alla riduzione dei rischi presenti sui luoghi di lavoro.
Più propriamente, il DVR è il documento dal quale deve chiaramente emergere, ai sensi dell’art. 2 lett. q) del Testo Unico, una compiuta “valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza”.
E’ inoltre il caso di aggiungere che, al fine di rendere maggiormente cogente l’obbligo di predisposizione del DVR in capo al datore di lavoro, il legislatore ha previsto uno specifico sistema sanzionatorio, regolato dall’art. 55 del Testo Unico, applicabile in ipotesi di omessa predisposizione del documento in parola.
Sul punto, la giurisprudenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, in molteplici propri precedenti, ha più volte stigmatizzato e sanzionato una tale condotta omissiva del datore di lavoro, chiarendo che “commette il reato di cui agli artt. 29, comma 1, e 55 D.Lgs. n. 81/2008 il datore di lavoro che ometta di redigere il documento di valutazione del rischio” (Cass. Pen. Sez. III, 5 aprile 2011, n. 28892).
Alla luce del breve excursus normativo anzi rappresentato, emerge, in estrema sintesi, la funzione del DVR, quale documento che mira all’individuazione di tutti i rischi presenti nell’ambiente lavorativo aziendale che, a fronte di una apertura di una attività e nel termine tassativo di 90 giorni, il datore di lavoro deve inderogabilmente redigere al fine di ottemperare ad una delle primarie funzioni che, in concreta applicazione dei principi costituzionali sanciti dall’art. 32 della Cost., vengono ad esso attribuite ai sensi dell’art. 15 del Testo Unico sulla Sicurezza.
1.3 Il Piano Operativo di Sicurezza
Funzione ulteriore è stata invece attribuita dal legislatore al Piano Operativo di Sicurezza, documento principe per il cantieri mobili, richiamato anche all’art. 131 del codice dei contratti pubblici.
Il POS è il documento che il datore di lavoro di una imprese di costruzioni ha l’obbligo di redigere nell’ipotesi in cui la stessa debba procedere all’esecuzione delle attività operative in un cantiere esterno.
La fattispecie è disciplinata dall’art. 89, comma 1, lettera h) del Testo Unico che definisce il POS come: “il documento che il datore di lavoro dell’impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell’articolo 17 comma 1, lettera a), i cui contenuti sono riportati nell’allegato XV”.
Inoltre, ai sensi dell’art. 96, comma 1 del Testo Unico della Sicurezza “I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti: […] g) redigono il piano operativo di sicurezza di cui all’articolo 89, comma 1, lettera h) […]”.
Il POS rappresenta, in effetti, il dettaglio della valutazione dei rischi di cui ai citati artt. 17 e 28 del Testo Unico, per le attività che si prevede di eseguire in uno specifico cantiere temporaneo o mobile, qual è quello per l’esecuzione di lavori pubblici.
Il documento deve essere sviluppato secondo quanto dettato dall’Allegato XV del Testo Unico che ne stabilisce i contenuti minimi inderogabili, la cui carenza/omissione integra diretta responsabilità di carattere penale in capo del datore di lavoro ai sensi dell’art. 55 del Testo Unico.
A tal proposito la giurisprudenza della Cassazione, in una propria recente sentenza della Sez. III, del 13 luglio 2012, n. 28136: ha “dichiarato responsabile del reato di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 89, lettera h), articolo 17, comma 1, lettera a) e articolo 55, comma 1, lettera a), perchè nella qualità di titolare dell’impresa, predisponeva un piano operativo di sicurezza con contenuti non conformi a quanto disposto dall’articolo 28 e articolo 92, comma 1, lettera b) e dell’allegato 15 dello stesso Testo Unico, poiché […] il piano operativo di sicurezza costituisce uno strumento di prevenzione dei rischi connessi allo svolgimento dell’attività e, pertanto, deve contenere disposizioni specifiche in relazione alle diverse attività che vengono svolte nel luogo di lavoro, tali da rendere attuabili gli obiettivi del piano di sicurezza e coordinamento, non potendo costituire la mera riproduzione di quest’ultimo”.
Il POS, anche in ragione del grado di dettaglio richiesto dalla giurisprudenza, pertanto, deve recare l’implementazione delle misure autonomamente individuate delle imprese affidatarie/esecutrici e le relative responsabilità nell’organizzazione del cantiere mobile temporaneo, dovendosi considerare come un piano di carattere di dettaglio rispetto al piano di sicurezza e di coordinamento di cui all’art. 12 del Testo Unico (PSC), con il quale lo stesso deve essere coerente ai sensi dell’art. 5, comma 1, lettera b).
Tali norme, per quanto concerne i lavori pubblici, sono da leggersi inderogabilmente in combinato disposto con l’art. 131 del codice dei contratti, secondo cui “Entro trenta giorni dall’aggiudicazione, e comunque prima della consegna dei lavori, l’appaltatore od il concessionario redige e consegna ai soggetti di cui all’articolo 32:
a) eventuali proposte integrative del piano di sicurezza e di coordinamento quando quest’ultimo sia previsto ai sensi del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494; (ora decreto legislativo n. 81 del 2008)
b) un piano di sicurezza sostitutivo del piano di sicurezza e di coordinamento quando quest’ultimo non sia previsto ai sensi del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494; (ora decreto legislativo n. 81 del 2008)
c) un piano operativo di sicurezza per quanto attiene alle proprie scelte autonome e relative responsabilità nell’organizzazione del cantiere e nell’esecuzione dei lavori, da considerare come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e di coordinamento quando quest’ultimo sia previsto ai sensi del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 (ora decreto legislativo n. 81 del 2008), ovvero del piano di sicurezza sostitutivo di cui alla lettera b)”.
Il comma 5 del medesimo articolo infine stabilisce che “I contratti di appalto o di concessione, se privi dei piani di sicurezza di cui al comma 2, sono nulli”, confermandosi il crescente interesse del legislatore ai temi della tutela della salute e sicurezza nei cantieri edili per l’esecuzione dei lavori pubblici o di pubblica utilità.
1.4 Conclusioni preliminari
Alla luce delle brevi considerazioni appena espresse, emerge con chiarezza la differenza fondamentale che intercorre tra il DVR ed il POS, le cui funzioni si rappresentano, per alcuni versi, come le une complementari delle altre.
Come chiarito supra, infatti, il DVR è il documento che “fotografa” lo stato iniziale dell’azienda in ordine alla pianificazione ed attuazione delle diverse attività svolte nell’ambito della conduzione dell’impresa, mentre il POS è il documento che il datore di lavoro, dell’impresa materialmente esecutrice dei lavori, deve redigere qualora debba iniziare un’attività all’esterno, funzionale alla descrizione dei rischi presenti e le relative misure di sicurezza da adottare nello specifico cantiere temporaneo o mobile.
In sintesi, se da un lato il DVR deve contenere, in un ottica di costante aggiornamento, tutte le valutazioni di tutti i rischi relativi a tutti i dipendenti per l’interezza delle attività aziendali, il POS, d’altro verso, spiega il proprio ambito applicativo nell’alveo più ristretto del singolo cantiere, relativamente alle misure di tutela per i lavoratori che saranno ivi adibiti.
Pertanto, il DVR e il POS sono i documenti, insieme all’anzi citato Piano di Sicurezza e Coordinamento di cui all’art. 91 e art. 100 del Testo Unico, che devono essere inderogabilmente predisposti ed acquisiti ai fini del legittimo avvio dell’esecuzione delle opere all’interno di un cantiere mobile o temporaneo da parte di un qualsiasi esecutore di lavori.
2. L’onere di verifica di idoneità delle imprese affidatarie ed esecutrici
Onde garantire l’effettiva applicazione nella prassi cantieristica delle norme relative alla valutazione dei rischi sopra enunciate, il legislatore ha ritenuto di affidare alternativamente a due specifici soggetti, il Committente ovvero il Responsabile dei Lavori all’uopo incaricato dal Committente medesimo, l’onere di verificare che le imprese affidatarie ed esecutrici delle prestazioni in cantiere, siano effettivamente dotate della documentazione prescritta dalla legge.
Sul piano normativo, tale obbligo di verifica in capo ai soggetti anzi enunciati, si rintraccia all’art. 90. c. 9 lett. a) del Testo Unico, laddove la norma prescrive che: “Il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un’unica impresa o ad un lavoratore autonomo:
a) verifica l’idoneità tecnico-professionale delle imprese affidatarie, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione alle funzioni o ai lavori da affidare, con le modalità di cui all’allegato XVII […]”.
Ai nostri fini è opportuno sottolineare che in base alla novella legislativa di cui all’art. 58 del d.lgs. n. 106 del 2009, si è normativamente stabilito all’art. 89 c. 1 lett. c) del Testo Unico che “nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, il responsabile dei lavori è il responsabile del procedimento”.
Nell’affidamento dell’esecuzione di lavori pubblici, pertanto, il RUP ricopre un ruolo di garanzia in ordine alla vigilanza e controllo del rispetto del norme in materia di sicurezza.
In ordine al procedimento di verifica dell’idoneità tecnica, il citato Allegato XVII al comma 1 lett. b) chiarisce inoltre che: “Le imprese affidatarie dovranno indicare al committente o al responsabile dei lavori almeno il nominativo del soggetto o i nominativi dei soggetti della propria impresa, con le specifiche mansioni, incaricati per l’assolvimento dei compiti di cui all’articolo 97.
Ai fini della verifica dell’idoneità tecnico professionale le imprese, le imprese esecutrici nonché le imprese affidatarie, ove utilizzino anche proprio personale, macchine o attrezzature per l’esecuzione dell’opera appaltata, dovranno esibire al committente o al responsabile dei lavori almeno:
a) iscrizione alla camera di commercio, industria ed artigianato con oggetto sociale inerente alla tipologia dell’appalto;
b) documento di valutazione dei rischi di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a) o autocertificazione di cui all’articolo 29, comma 5, del presente decreto legislativo”.
Infatti, la legge attribuisce al Committente ovvero al Responsabile del Lavori, una specifica responsabilità, funzionalizzata alla verifica dell’idoneità tecnico-professionale così come definita all’art. 89, comma 1, lett. l) del Testo Unico: “possesso di capacità organizzative, nonché disponibilità di forza lavoro, di macchine e di attrezzature, in riferimento ai lavori da realizzare” che, pertanto, non può sostanziarsi esclusivamente in una mera verifica documentale.
Dunque, nello specifico settore dei lavori pubblici, il RUP verifica dapprima l’idoneità tecnica in astratto del soggetto aggiudicatario ai sensi della normativa sopra citata, attività che si svolge in sede di comprova dei requisiti a valle dell’aggiudicazione, e successivamente, lo stesso procederà all’acquisizione del POS dall’aggiudicatario entro 30 giorni dall’aggiudicazione e comunque prima della consegna dei lavori.
3. Impianto sanzionatorio
E’ necessario poi sottolineare che il legislatore ha inteso conferire sempre maggiore rilevanza al tema della sicurezza in cantiere, soprattutto a seguito della sempre crescente sensibilità dell’opinione pubblica sul tema delle cd. morti bianche, attraverso anche un impianto sanzionatorio all’uopo tipizzato.
Infatti, l’omessa previa acquisizione e positiva valutazione da parte del Responsabile dei Lavori (RUP) dei documenti relativi alla sicurezza, integra una condotta penalmente sanzionata sotto il profilo della “culpa in eligendo”.
La giurisprudenza ha chiarito da un lato che “il responsabile dei lavori edili è titolare di una posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori”, e dall’altro “in materia di infortuni sul lavoro in un cantiere edile, il committente rimane il soggetto obbligato in via principale all’osservanza degli obblighi imposti in materia di sicurezza, atteso che l’effetto liberatorio si verifica solo a seguito della nomina del responsabile dei lavori”, da ciò confermandosi il grado di responsabilità di cui è onerato il Responsabile dei Lavori in relazione alle verifiche in parola, che nel caso dei lavori pubblici si radicano in capo al RUP.
In tema, di verifica di idoneità tecnico-professionale di cui all’art. 90. c. 9 lett. a) del Testo Unico, il legislatore ha previsto un sistema sanzionatorio, ipoteticamente applicabile, qualora il Committente ovvero il Responsabile dei Lavori non dovessero procedere con adeguata diligenza al vaglio delle sussistenza dei requisiti previsti dall’Allegato XVII in capo alle imprese esecutrici e affidatarie, ai fini dell’affidamento dei lavori.
L’art. 157 del Testo Unico, infatti prevede che: “Il committente o il responsabile dei lavori sono puniti:
a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro per la violazione dell’articolo 90, commi 3, 4 e 5;
b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.000 a 4.800 euro per la violazione degli articoli 90, comma 9, lettera a), 93, comma 2, e 100, comma 6-bis;
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 1.800 euro per la violazione degli articoli 90, commi 7 e 9, lettera c), 101, comma 1, primo periodo”.
A tal proposito, in linea generale, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che “In materia di responsabilità colposa, il committente di lavori dati in appalto deve adeguare la sua condotta a due fondamentali regole di diligenza e prudenza: a) scegliere l’appaltatore e più in genere il soggetto al quale affidare l’incarico, accertando che la persona, alla quale si rivolge, sia non soltanto munita dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, ma anche della capacità tecnica e professionale, proporzionata al tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa; b) non ingerirsi nella esecuzione dei lavori” (Sez. 3^, 20.1.1992 n. 2329 riv. 189173: principio enunciato prima dell’entrata in vigore della L. n. 626 del 1996, ma poi richiamato anche nel contesto motivazionale di Sez. 4^, n. 8589 del 14/01/2008 Ud. – dep. 27/02/2008 – Speckenhauser).
In ordine più specificamente al Responsabile dei Lavori, la Corte di Cassazione, ha espressamente avvertito che la “legge ha inteso rafforzare la tutela dei lavoratori rispetto ai rischi cui possano essere esposti nello svolgimento dell’opera, prevedendo in capo ai committenti ed ai responsabili dei lavori, una posizione di garanzia particolarmente ampia dovendo essi, sia pure con modalità diverse rispetto a datori di lavoro, dirigenti e preposti, prendersi cura della salute e dell’integrità fisica dei lavori, garantendo, in ultima istanza ed in caso di inadempienza dei predetti soggetti, l’osservanza delle condizioni di sicurezza previste dalla legge “(Cass. Sez. Penale n. 7714 del 20/02/2008).
In ragione di quanto appena rappresentato, ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 90, comma 9 lett. a), Allegato XVII e art. 157 del Testo Unico, risulta penalmente sanzionato affidare contratti di appalto ad imprese che non rispettino le norme in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e che pertanto non siano idonei all’esecuzione di tali attività.
Un’eventuale condotta omissiva della detta verifica da parte del Committente o del Responsabile dei Lavori, costituirebbe comportamento penalmente rilevante sanzionato quindi con l’arresto da due a quattro mesi o l’ammenda da 1000 a 4800 euro.
4. Conclusioni
E’ innegabile il sempre crescente impegno del legislatore italiano in tema di sicurezza nei cantieri edili, teso alla riduzione delle cd. morti bianche. Il Testo Unico sulla Sicurezza ne è un esempio inequivoco, il cui impatto concreto si è però rivelato limitato.
Le statistiche degli ultimi anni, non sembrano infatti aver risentito positivamente dello sforzo codificatorio del 2008.
D’altro canto, deve evidenziarsi che il vulnus entro cui si insinuano gli episodi di cronaca nera, come spesso succede in Italia, non risiede negli strumenti normativi messi a disposizione degli operatori del settore, ma si rintraccia nella sovente inadeguatezza dei processi di controllo sull’effettività del rispetto delle norme esistenti.
E’ pertanto auspicio comune, che il rispetto di tali norme, qualora si intenda davvero combattere una prassi cantieristica troppo spesso impermeabile ed insensibile a tali temi, sia reso concreto ed effettivo tramite un deciso incremento dei mezzi e fondi all’uopo stanziati, al fine di determinare un aumento importante del numero di controlli nei singoli cantieri edili, unico strumento realmente deterrente.