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( votes)La sentenza del T.A.R. Milano n. 2888 del 25 ottobre 2024 si propone di analizzare ed affrontare la questione della distinta applicazione dell’articolo 108 del Decreto Legislativo 36/2023 in materia di appalti pubblici, con un focus particolare sulla valutazione dei requisiti di distanza tra la sede dell’appaltatore e l’impianto di smaltimento dei rifiuti. In particolare, la sentenza offre una riflessione sulla discrezionalità delle stazioni appaltanti nella determinazione dei criteri di aggiudicazione e sul rispetto dei principi di concorrenza, trasparenza ed efficacia nell’ambito delle gare pubbliche. Al centro del caso, infatti, vi è una questione relativa alla valutazione della “prossimità” di un impianto di smaltimento rispetto alla sede legale della stazione appaltante, e al suo impatto sul concorso competitivo tra i concorrenti.
Analizzando in primis il contesto normativo il comma 4 dell’articolo 108 è uno dei dispositivi centrali in materia di criteri di aggiudicazione. Esso stabilisce che i criteri devono essere:
- pertinenti rispetto alla natura e all’oggetto dell’appalto;
- oggettivi e coerenti con gli obiettivi pubblici del contratto;
- in grado di garantire un effettivo confronto concorrenziale su profili tecnici, economici e qualitativi;
- non discriminatori, cioè non favorenti un operatore rispetto a un altro in maniera ingiustificata.
Viene disposto quindi che la stazione appaltante individui criteri di aggiudicazione che siano proporzionati agli scopi del contratto, evitando che fattori non rilevanti per l’oggetto dell’appalto possano influenzare in modo significativo l’esito della gara.
La sentenza n. 2888 del TAR Milano riguarda un ricorso presentato da un operatore economico che aveva partecipato a una gara per l’affidamento di un appalto nel settore dello smaltimento dei rifiuti. La stazione appaltante aveva deciso di utilizzare come criterio di aggiudicazione la vicinanza dell’impianto di smaltimento dei rifiuti alla propria sede legale. Questo criterio attribuiva un punteggio di 35 punti su 70 all’operatore che fosse in grado di garantire una distanza inferiore ai 30 km dalla sede legale della stazione appaltante.
Tale scelta si basava sulla convinzione che la vicinanza dell’impianto potesse determinare vantaggi operativi e ridurre i costi logistici, soprattutto per quanto riguarda il trasporto dei rifiuti. Tuttavia, il ricorrente ha contestato questo sistema di valutazione, affermando che la distanza geografica non fosse un elemento tecnico rilevante ai fini dell’offerta e che, pertanto, favorisse indebitamente gli operatori locali.
Una delle questioni cruciali sollevate dal ricorso riguarda la violazione del principio di concorrenza effettiva. Il ricorrente ha sostenuto che il criterio di valutazione basato sulla distanza avrebbe escluso o limitato la partecipazione di operatori che, pur non avendo impianti di smaltimento nelle vicinanze, potessero offrire soluzioni tecnicamente più valide o più vantaggiose dal punto di vista economico.
Il TAR Milano ha condiviso questa argomentazione, affermando che il punteggio attribuito alla vicinanza dell’impianto non fosse giustificato da un’analisi tecnica che ne evidenziasse i benefici concreti per la qualità complessiva dell’offerta. In sostanza, il Tribunale ha ritenuto che la distanza fosse un criterio non pertinente rispetto agli aspetti tecnici e qualitativi di un appalto per lo smaltimento dei rifiuti, dove invece dovrebbero prevalere elementi come la capacità tecnica dell’impianto, il rispetto delle normative ambientali e la qualità dei processi di trattamento dei rifiuti.
Il principio di concorrenza, secondo il TAR, deve garantire a tutti gli operatori la possibilità di partecipare alla gara senza che vengano introdotti fattori discriminatori che possano favorire indebitamente determinati concorrenti, in questo caso quelli localizzati nelle vicinanze.
Un altro elemento rilevante che il Tribunale ha sottolineato è il cosiddetto doppio vantaggio che gli operatori locali ottenevano grazie al sistema di valutazione adottato. Da un lato, questi operatori erano favoriti dal punteggio tecnico attribuito dalla vicinanza geografica; dall’altro, la stazione appaltante si faceva carico dei costi di trasporto, riducendo ulteriormente l’onere economico per gli operatori locali.
Ciò significa che gli operatori nelle vicinanze non solo potevano proporre un’offerta economicamente più bassa grazie all’eliminazione dei costi di trasporto, ma ottenevano anche un punteggio tecnico maggiore, senza dover dimostrare alcuna superiorità in termini di qualità dell’impianto o efficienza operativa. Questo meccanismo ha quindi determinato una distorsione della concorrenza, poiché non premiava le offerte più vantaggiose sul piano tecnico o economico, ma esclusivamente la vicinanza geografica.
Il TAR Milano, dopo aver esaminato il caso, ha accolto il ricorso dell’operatore economico e annullato il provvedimento della stazione appaltante, dichiarando che il criterio di valutazione basato sulla distanza geografica fosse illegittimo. In particolare, il Tribunale ha affermato che tale criterio violava l’art. 108, comma 4 del D.lgs. 36/2023, in quanto non rispetta i principi di proporzionalità e concorrenza effettiva.
Questa decisione ha rilevanti implicazioni per la giurisprudenza degli appalti pubblici in Italia, poiché riafferma che i criteri di valutazione devono essere:
- oggettivi e giustificabili in relazione all’oggetto dell’appalto;
- proporzionati rispetto agli obiettivi del contratto;
- trasparenti e in grado di garantire una concorrenza effettiva.
La sentenza evidenzia la necessità di evitare criteri di aggiudicazione che possano indebitamente favorire determinati operatori, specialmente se tali criteri non sono giustificati da una relazione diretta con la qualità dell’offerta o con gli obiettivi pubblici dell’appalto.
La sentenza n. 2888/2024 del TAR Milano rappresenta un importante punto di riferimento per l’evoluzione della giurisprudenza in materia di appalti pubblici, poiché ribadisce il ruolo fondamentale della concorrenza nel garantire l’equità e l’efficienza nei processi di affidamento. L’articolo 108 del D.lgs. 36/2023 deve essere applicato in modo rigoroso, evitando che i criteri di valutazione possano compromettere la parità di trattamento tra gli operatori e favorire ingiustamente alcune imprese a discapito di altre.
Questa decisione invita anche le stazioni appaltanti a una maggiore attenzione nella formulazione dei criteri di aggiudicazione, affinché siano sempre adeguatamente giustificati e congruenti con le finalità dell’appalto. Inoltre, potrebbe suggerire una riconsiderazione dei criteri di valutazione in altri settori degli appalti pubblici, in cui fattori apparentemente innocui, come la distanza o la localizzazione geografica, possano nascondere distorsioni della concorrenza.
In conclusione, la sentenza del TAR Milano costituisce una vittoria per i principi di trasparenza, concorrenza e equità nelle gare pubbliche e stabilisce un precedente significativo per l’interpretazione dell’articolo 108 del D.lgs. 36/2023, contribuendo a garantire che le stazioni appaltanti non superino i limiti della discrezionalità nella scelta dei criteri di aggiudicazione, tutelando così il corretto svolgimento delle gare pubbliche.
Il ricorso accolto dal TAR conferma l’importanza di adottare criteri di valutazione che, pur rispettando la discrezionalità amministrativa, siano sempre proporzionati, trasparenti e finalizzati alla realizzazione del miglior contratto possibile per la collettività.