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1. Premessa

La Legge 28 dicembre 2015, n. 221, c.d. Collegato ambientale, ha introdotto importanti novità nel D. Lgs. n. 163/2006, anticipando già nel Codice dei contratti pubblici vigente alcune novità previste dalla legge delega di attuazione delle nuove direttive europee sugli appalti, recepite altresì dal nuovo Codice in corso di emanazione.

Le novità introdotte, come vedremo, costituiscono sotto certi aspetti una vera e propria rivoluzione culturale nel mondo degli appalti pubblici. Diventa infatti obbligatoria per le stazioni appaltanti l’introduzione nei capitolati di gara, in percentuale differente a seconda delle categorie oggetto delle procedure, dei c.d. criteri ambientali minimi, la cui presenza garantisce la qualificazione dell’appalto come “verde”, ossia a ridotto impatto ambientale, e contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale che l’Italia, in linea con le indicazioni europee, si è posta a partire dal 2008 con l’approvazione del Piano d’azione nazionale per il Green Public Procurement (di seguito PAN GPP)[1]

2. Gli obiettivi del PAN GPP

Prima di esaminare le novità introdotte dal Collegato ambientale, appare opportuno dare conto di quale fosse il quadro normativo antecedente sul tema della sostenibilità ambientale degli appalti pubblici.

A seguito delle spinte provenienti dalla Commissione Europea, a partire dalla fine degli anni novanta e poi, più incisivamente dal 2006 con l’emanazione del Codice dei contratti pubblici, in Italia ha cominciato a farsi largo il Green Public Procurement (GPP), ovvero un sistema di acquisti pubblici sostenibili sotto il profilo ambientale.

La Commissione Europea, prima, e i vari Governi nazionali, a seguire, hanno compreso che, dinanzi alle importanti e crescenti emergenze ambientali, inizialmente messe in luce dal Protocollo di Kyoto e più recentemente evidenziate in tutta la loro gravità dalla Conferenza di Parigi[2], ovvero la crisi energetica mondiale che ha investito da anni il pianeta e il crescente, preoccupante inquinamento che sta portando ad un pericoloso innalzamento della temperatura del pianeta, occorre intervenire per scongiurare gli effetti devastanti di tale inquinamento su tutti i fronti possibili. Tra questi riveste una certa importanza il settore della domanda pubblica di beni e servizi, che costituisce un’importante fetta di mercato e che, per tale ragione – se impostata su criteri virtuosi di sostenibilità ambientale – avrebbe il potere di incidere sensibilmente sulla riduzione delle emissioni inquinanti, sulla riduzione dei consumi e degli sprechi, sul miglioramento generale della qualità dei beni e dei servizi offerti dal mercato, contribuendo a generare un’economia “a basso consumo di carbonio”.

Gli obiettivi esplicitati dal PAN GPP sono infatti molteplici.

La domanda pubblica di beni e servizi può essere usata utilmente per incentivare la sostenibilità ambientale delle produzioni e perseguire così il duplice scopo, da un lato, di ridurre consumi e inquinamento e, dall’altro, di migliorare la qualità dei beni e dei servizi.

L’introduzione dei criteri ambientali minimi nei capitolati di gara ha lo scopo di incentivare gli appalti pubblici a ridotto impatto ambientale. Alla sostenibilità ambientale corrisponde migliore qualità dei beni e servizi acquistati e maggiore razionalizzazione della spesa pubblica.  

Privilegiare l’acquisto di beni e servizi verdi costituisce uno stimolo per il mercato ad investire nella ricerca e nell’innovazione tecnologica sui temi ambientali. Si innesca così un circolo virtuoso che porta ad un miglioramento della qualità dei beni e dei servizi offerti dal mercato, alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica su tali tematiche, e, nel lungo periodo, ad una attenzione maggiore anche da parte dei consumatori privati alla qualità dei prodotti acquistati sotto il profilo della sostenibilità ambientale degli stessi.

Si mira, in altri termini, a favorire la diffusione di modelli virtuosi di consumo e di acquisto anche presso le aziende private e i singoli cittadini, a partire dal buon esempio dato dalla Pubblica amministrazione e dall’impatto che tale condotta può avere sull’opinione pubblica.

Non solo: un sistema di acquisti pubblici improntato a criteri di sostenibilità ambientale garantisce la razionalizzazione della spesa pubblica, da un lato, promuovendo la diffusione di una cultura attenta a contenere i consumi non necessari, innanzitutto tra gli operatori delle stesse stazioni appaltanti, e dall’altro, introducendo il fondamentale concetto di “Costo del ciclo di vita del prodotto” (c.d. approccio LCC: Life Cycle Costing), recepito ora anche dal nuovo Codice degli appalti pubblici che entrerà in vigore a breve.

Il Costo del ciclo di vita di un bene fa riferimento al suo costo totale, inteso come costo che include, oltre al prezzo di vendita dello stesso, i costi indiretti connessi all’utilizzo e allo smaltimento del bene. Tale concezione consente alla Pubblica amministrazione di compiere scelte di acquisto più consapevoli e convenienti nel medio e lungo periodo, in quanto tiene conto del costo complessivo che quel dato prodotto avrebbe per tutto il periodo del suo impiego da parte della Stazione appaltante.

La diffusione dei principi del GPP va di pari passo con la crescente tendenza, espressa sempre più incisivamente negli ultimi anni dal legislatore, all’aggregazione della domanda pubblica attraverso l’istituzione delle centrali uniche di committenza e dei soggetti aggregatori. Infatti la diffusione di beni e servizi ecologici potrà avere tanto più successo quanto più il mercato sarà disposto ad investire in ricerca e innovazione tecnologica su tali tematiche. Posto che l’investimento in ricerca e sviluppo può convenire alle imprese solo a fronte di una consistente domanda, ne consegue che più è forte l’aggregazione della domanda pubblica, con le relative economie di scala, e maggiore sarà la propensione del mercato ad investire in ricerca ed innovazione per soddisfare tale domanda.

Il PAN GPP ha, per le finalità sopra descritte, individuato una serie di categorie di prodotti, servizi e lavori[3] considerati prioritari per gli impatti ambientali e i volumi di spesa, sui quali applicare alcune indicazioni metodologiche per la costruzione di processi di acquisto sostenibili, e di criteri ambientali minimi da inserire nei relativi capitolati di gara, così da migliorare l’efficienza e il risparmio nell’uso delle risorse, in particolare quelle energetiche, con conseguente riduzione delle emissioni di CO2, e da incentivare la riduzione di sostanze pericolose ed in generale dei rifiuti prodotti, anche attraverso un sempre più deciso processo di dematerializzazione.

3. I criteri ambientali minimi nel PAN GPP e nei decreti attuativi. Le certificazioni ambientali

Il PAN GPP definisce i criteri ambientali minimi (di seguito CAM) come indicazioni tecniche, consistenti in considerazioni, generali o specifiche a seconda dei casi, di natura ambientale e, se possibile, etico-sociale collegate alle diverse fasi delle procedure di gara che, se recepite dalle stazioni appaltanti, saranno utili a classificare come sostenibile l’acquisto di beni o l’affidamento di servizi pubblici. I criteri ambientali si definiscono minimi in quanto sono gli elementi di base per la qualificazione delle procedure preferibili sotto il profilo ambientale.

Il Piano d’Azione rinvia ad una serie di decreti attuativi, da emanarsi da parte del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, che hanno il compito di individuare gli specifici CAM per le diverse categorie di beni e servizi ritenute prioritarie dal PAN GPP.

Tutti i decreti attuativi, sia quelli già adottati che quelli che verranno, seguono un medesimo schema, ovvero individuano i CAM per le diverse fasi delle procedure di gara prendendo in considerazione cinque momenti/elementi fondamentali delle procedure: l’oggetto dell’appalto, la selezione dei concorrenti, le specifiche tecniche di base, le specifiche tecniche premianti e le condizioni di esecuzione o, in generale, le clausole contrattuali.  

I criteri ambientali minimi possono essere inseriti nei capitolati quali specifiche tecniche premianti soltanto nelle procedure da aggiudicarsi in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

I decreti ministeriali che definiscono i CAM per le varie categorie individuano cinque momenti delle procedure in cui tali criteri si applicano: l’oggetto dell’appalto, la selezione dei concorrenti, le specifiche tecniche di base, quelle premianti e le condizioni di esecuzione.

Principio fondamentale è quello per cui i criteri ambientali da utilizzare nelle gare devono essere validi da un punto di vista scientifico, verificabili da parte dell’ente utilizzatore, realizzabili per le imprese offerenti.

Solo per fare qualche esempio, gli appalti verdi devono essere immediatamente riconoscibili come tali già dalla definizione dell’oggetto, nel quale deve essere presente il riferimento alla caratteristica di essere un appalto di beni o servizi “a basso impatto ambientale” e deve essere citato il decreto ministeriale di riferimento che identifica i CAM per quella data categoria.

Per quanto attiene alla selezione dei candidati, nel decreti attuativi del PAN GPP sono indicati i requisiti di qualificazione soggettiva atti a provare la capacità tecnica dell’offerente ad eseguire l’appalto in modo da provocare il minor danno ambientale possibile[4].

Le specifiche tecniche di base di carattere ambientale sono le caratteristiche tecniche che l’offerta deve possedere per essere ammissibile, la cui presenza definisce l’appalto come verde[5]

Le specifiche tecniche ambientali premianti sono quei criteri di valutazione dell’offerta – rilevanti nelle sole procedure da aggiudicarsi in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – atti a selezionare prodotti e servizi più sostenibili di quelli che si otterrebbero con il rispetto dei soli criteri di base e la cui presenza garantisce all’offerta che li contempla un punteggio tecnico aggiuntivo.

Infine, le condizioni di esecuzione sono i criteri di sostenibilità ambientale che l’appaltatore dovrà rispettare nel corso dello svolgimento delle prestazioni contrattuali[6].

Nei vari decreti attuativi sono indicate altresì le modalità di verifica dell’effettivo rispetto dei CAM da parte dei concorrenti.

Per la definizione delle specifiche tecniche richieste, i decreti attuativi del PAN GPP ricorrono spessissimo all’individuazione di particolari certificazioni ambientali, che forniscono informazioni sul ciclo di vita dei prodotti, attestandone le caratteristiche ecologiche o che certificano i sistemi di gestione ambientale adottati dalle imprese, incidenti sui beni prodotti o servizi erogati[7], o comunque garanzie di qualità equivalenti. Ne consegue che la documentazione richiesta agli operatori economici per comprovare la conformità della propria offerta ai CAM spesso coincide proprio con la produzione delle certificazioni ambientali. In mancanza di esse, l’offerente dovrà produrre qualsiasi altro mezzo di prova appropriato, quale una documentazione tecnica del fabbricante o una relazione di prova rilasciata da un organismo riconosciuto[8]. In merito, il PAN GPP precisa che <<laddove possibile, i criteri faranno riferimento alle norme tecniche delle etichette ecologiche ufficiali di vario tipo e alle altre fonti informative esistenti, così come suggerisce la Commissione europea, e saranno calibrati in modo che sia garantito il rispetto dei principi della non distorsione della concorrenza e della par condicio>>.

I criteri ambientali da utilizzare nelle gare devono essere scientificamente validi, verificabili da parte dell’ente utilizzatore e realizzabili per le imprese offerenti. Essi, inoltre, devono essere scelti in modo da garantire il principio della non distorsione della concorrenza. 

4. Le novità introdotte dal Collegato ambientale. Il nuovo art. 68 bis del Codice dei contratti pubblici

Dopo aver tratteggiato il quadro normativo esistente in tema di appalti verdi, veniamo ora alle novità introdotte dal Collegato ambientale.

La L. n. 221/2015 ha innanzitutto introdotto un art. 68 bis al D. Lgs. n. 163/2006, il quale impone l’obbligo per tutte le stazioni appaltanti di inserire almeno le specifiche tecniche di base e le clausole contrattuali dei criteri ambientali minimi nei capitolati di tutte le gare, sopra e sotto soglia, bandite per le seguenti categorie: acquisto  di  lampade a scarica ad alta intensità, di alimentatori elettronici e di moduli a LED per illuminazione pubblica, acquisto di apparecchi di illuminazione per illuminazione pubblica e affidamento del servizio di progettazione di  impianti di illuminazione pubblica; acquisto di attrezzature elettriche ed elettroniche d’ufficio, quali personal computer, stampanti, apparecchi multifunzione e fotocopiatrici; servizi energetici per gli edifici, servizio di illuminazione e forza motrice, servizio di riscaldamento/raffrescamento di edifici.

Degno di nota è il fatto che l’Italia sia stato l’unico Paese europeo ad aver recepito in maniera rigorosa l’indirizzo dato in materia dalle nuove direttive, imponendo un vero e proprio obbligo di inserimento dei CAM – seppure limitatamente alle specifiche tecniche e alle clausole contrattuali – nei capitolati di gara.

La norma individua poi un secondo elenco di categorie per le quali il medesimo obbligo è previsto per almeno il cinquanta per cento del valore delle gare, sopra e sotto soglia, bandite per quelle determinate categorie[9].

Il legislatore prevede altresì che la suddetta percentuale del cinquanta per cento venga progressivamente incrementata nell’arco di cinque anni.

Se è di immediata comprensione l’individuazione del 50 per cento del valore dell’appalto per quanto concerne le forniture, non è altrettanto facile capire come si possa calcolare il 50 per cento del valore di una gara di servizi da destinare a servizi sostenibili sotto il profilo ambientale. Probabilmente occorrerà distinguere le diverse componenti di un servizio complesso e calcolarne il valore, così da garantire che una parte di esse sia caratterizzata dal rispetto delle specifiche tecniche ambientali e sia eseguita nel rispetto delle clausole contrattuali di sostenibilità ambientale.

I CAM a cui fa riferimento la norma sono non soltanto quelli già approvati con appositi decreti ministeriali, citati puntualmente dall’art. 68 bis, ma anche tutti i decreti ulteriori che saranno approvati in futuro, come precisa il comma 4 dell’art. 68 bis anzidetto. Si tratta, come è evidente, di un rinvio dinamico, che recepirà in automatico i nuovi criteri ambientali che saranno introdotti con futuri decreti ministeriali.

L’altro aspetto di rilievo è dato dal fatto che il medesimo comma 4 citato prevede con chiarezza l’obbligo di inserire i CAM anche nelle gare di lavori, prima non contemplate nei decreti attuativi del PAN GPP, tradizionalmente riferiti ad affidamenti di beni e servizi. Ora sono stati emanati appositi decreti ministeriali in tema di lavori ed altri ne saranno adottati in futuro.

Viene infine imposto un obbligo di trasparenza ulteriore in capo alle stazioni appaltanti che bandiscano appalti verdi. Esse dovranno infatti pubblicare nel proprio sito internet istituzionale i bandi di gara con le clausole contrattuali recanti i criteri ambientali minimi, nonché l’indicazione dei soggetti aggiudicatari ed i relativi capitolati contenenti il recepimento dei suddetti CAM.

L’Italia ha recepito l’indirizzo dato dalle nuove direttive in materia ambientale in maniera rigorosa, imponendo un vero e proprio obbligo di inserimento dei CAM – seppure limitatamente alle specifiche tecniche e alle clausole contrattuali – nei capitolati di gara.

5. (Segue) Le novità introdotte dal Collegato ambientale. La riduzione della garanzia come premialità per la sostenibilità ambientale. I criteri di valutazione nell’offerta economicamente più vantaggiosa

Un’altra importante novità introdotta dal Collegato ambientale è la riduzione della cauzione provvisoria, prevista dall’art. 75 del Codice dei contratti pubblici, ulteriore rispetto a quella già prevista in caso di possesso della certificazione di qualità e cumulabile con essa, in misura differente a seconda della certificazione ambientale posseduta:  30  per  cento per gli operatori  economici  in  possesso  di registrazione al sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS), 20 per cento per gli operatori  in  possesso  di certificazione ambientale ai sensi della norma UNI EN ISO 14001.

Ancora, la riduzione ulteriore è del 20 per cento, sempre cumulabile con le premialità precedenti, per gli operatori economici in possesso, in relazione ai beni o servizi che costituiscano almeno il 50 per cento del valore dei beni e servizi oggetto del contratto stesso, del marchio di qualità ecologica dell’Unione europea (Ecolabel UE). L’importo della garanzia è invece ridotto del 15 per cento per gli operatori economici che sviluppano un inventario di gas ad effetto serra o un’impronta climatica (carbon footprint) di prodotto.

La L. n. 221/2015 ha inoltre integrato i criteri di valutazione dell’offerta nelle procedure da affidarsi in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, introducendo nuovi criteri quali: <<le caratteristiche ambientali e il contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell’opera, del servizio o del prodotto, anche con riferimento alle specifiche tecniche premianti previste dai criteri ambientali minimi>> di cui al PAN GPP; <<il possesso di un marchio di qualità ecologica dell’Unione europea (Ecolabel UE) in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, in misura pari o superiore al 30 per cento del valore delle forniture o prestazioni oggetto del contratto stesso; il costo di utilizzazione e manutenzione, avuto anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi, inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all’intero ciclo di vita dell’opera, bene o servizio>>.

Ancora, possono costituire criteri di valutazione delle offerte tecniche, la compensazione delle emissioni di gas ad effetto serra associate alle attività dell’azienda.

Di particolare rilievo tra i nuovi criteri di valutazione delle offerte sopra descritti vi è senza dubbio quello dei costi complessivi di un bene o di un servizio, con i quali si intendono tutti i costi scaturenti dall’intero ciclo di vita di un prodotto. Tale previsione dà diritto di cittadinanza nel Codice vigente al concetto sopra descritto di LCC, ovvero al costo del ciclo di vita di un prodotto, anticipando la vigenza di un istituto previsto esaustivamente nel nuovo Codice dei contratti, in corso di perfezionamento, che recepisce le direttive europee del 2014. 

Ovviamente, poiché l’introduzione di criteri di sostenibilità ambientale deve, sì, favorire l’elevazione della qualità delle offerte ma non deve andare a discapito della libera concorrenza né creare distorsioni nel mercato, il legislatore si è preoccupato di precisare che il bando contenente criteri di valutazione afferenti alla sostenibilità ambientale deve necessariamente indicare <<i dati che devono essere forniti dagli offerenti e il metodo che l’amministrazione aggiudicatrice utilizza per valutare i costi del ciclo di vita, inclusa la fase di smaltimento e di recupero, sulla base di tali dati>>. Il metodo di valutazione di tali costi deve basarsi su criteri oggettivamente verificabili e non discriminatori, deve essere accessibile a tutti i concorrenti e deve infine basarsi su dati che possono essere forniti dagli operatori economici con un ragionevole sforzo. 

Va da sé che ciascuna stazione appaltante avrà l’onere di verificare, in sede di esecuzione contrattuale, l’effettivo rispetto di tutti i criteri ambientali minimi richiesti dal bando e promessi nell’offerta dell’aggiudicatario, nonché delle clausole contrattuali di sostenibilità indicate nei capitolati. In mancanza, si rischia di far diventare lettera morta tutte le norme introdotte per favorire la sostenibilità ambientale degli appalti pubblici e di vedere vanificati tutti gli sforzi amministrativi compiuti dalle Stazioni appaltanti per redigere capitolati conformi a dette norme.

Importanti compiti di supervisione sono attribuiti all’Osservatorio dei contratti pubblici istituito presso l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici – ANAC, il quale, ai sensi del novellato art. 7 del D. Lgs. n. 163/2006, dovrà monitorare l’applicazione dei criteri ambientali minimi di cui ai decreti attuativi del PAN GPP e il raggiungimento degli obiettivi prefissati dal Piano medesimo.

L’ANAC inoltre dovrà integrare opportunamente i bandi-tipo con l’indicazione dei criteri ambientali minimi di cui ai decreti attuativi del Piano d’azione.

Viene infine stabilito che nella formulazione delle graduatorie per l’assegnazione di contributi, agevolazioni e  finanziamenti in materia ambientale, costituiscono elemento di preferenza il possesso di registrazione EMAS, il possesso di certificazione UNI EN ISO 14001 emessa da un organismo di certificazione accreditato, il possesso per un proprio prodotto o servizio del marchio di qualità ecologica dell’Unione europea (Ecolabel UE) e, infine, il possesso della certificazione ISO 50001, relativa ad un sistema  di  gestione  razionale  dell’energia, emessa da un organismo di certificazione accreditato.

Il Collegato ambientale introduce nuovi criteri di valutazione delle offerte tecniche tra cui vi è quello afferente ai costi complessivi di un bene o di un servizio, con i quali si intendono tutti i costi scaturenti dall’intero ciclo di vita di un prodotto.

6. I criteri ambientali nel nuovo Codice degli appalti pubblici

La L. n. 221/2015 ha di fatto anticipato la vigenza di tutta una serie di norme volte a favorire la sostenibilità ambientale dei beni, servizi e lavori oggetto di pubbliche commesse, già previste nelle nuove direttive europee sugli appalti e puntualmente inserite nel nuovo Codice degli appalti pubblici, licenziato dal Consiglio dei Ministri il 4 marzo scorso, attualmente sottoposto al parere parlamentare prima della sua entrata in vigore prevista per la fine di aprile 2016[10].   

L’art. 34 del nuovo Codice contiene infatti tutte le prescrizioni afferenti all’obbligo per le stazioni appaltanti di inserire in tutti i capitolati di gara, per l’intero valore o per il 50 per cento del valore della gara a seconda delle categorie, almeno le specifiche tecniche e le clausole contrattuali dei criteri ambientali minimi approvati con i decreti attuativi del PAN GPP, così come ora stabilito dall’art. 68 bis del vigente Codice, introdotto dal Collegato ambientale.

La previsione del nuovo Codice è tuttavia più ampia, in quanto l’ambito di applicazione del suddetto obbligo –     riferito agli affidamenti per almeno il 50 per cento del valore a base d’asta – non è individuato con un elenco specifico di categorie come quello presente nell’art. 68 bis, comma 2 citato ma è definito più in generale <<relativamente alle categorie di forniture e affidamenti non connesse agli usi finali di energia e oggetto dei criteri ambientali minimi>>.

Il nuovo Codice disciplina inoltre in modo compiuto l’istituto delle etichettature, cui dedica una disposizione ad hoc, l’art. 69, che prevede che le stazioni appaltanti che intendano acquistare lavori, forniture o servizi con specifiche caratteristiche ambientali, <<possono imporre nelle specifiche tecniche, nei criteri di aggiudicazione o nelle condizioni relative all’esecuzione dell’appalto, un’etichettatura specifica come mezzo di prova che i lavori, le forniture o i servizi corrispondono alle caratteristiche richieste>>, purché i requisiti per l’etichettatura siano idonei a definire le caratteristiche dei lavori, delle forniture e dei servizi oggetto dell’appalto, riguardino soltanto i criteri ad esso connessi e purché siano basati su criteri oggettivi, verificabili e non discriminatori.

Altra importante condizione perché le pubbliche amministrazioni possano imporre specifiche etichettature nei bandi è il fatto che le etichettature medesime siano stabilite nell’ambito di un apposito procedimento aperto e trasparente al quale possano partecipare tutte le parti interessate e siano pienamente accessibili. I requisiti per l’etichettatura infine devono essere stabiliti da terzi sui quali l’operatore economico che richiede l’etichettatura non possa esercitare un’influenza determinante.

Le amministrazioni aggiudicatrici che esigono un’etichettatura specifica devono in ogni caso accettare tutte le etichettature che confermino che i lavori, le forniture o i servizi soddisfano i requisiti equivalenti o, in mancanza, altri mezzi di prova, ivi compresa una documentazione tecnica del fabbricante, idonei a dimostrare che i lavori, le forniture o i servizi che l’operatore economico interessato deve prestare soddisfano i requisiti dell’etichettatura specifica o i requisiti specifici indicati. 

Il Collegato ambientale ha anticipato la vigenza di una serie di norme volte a favorire la sostenibilità ambientale dei beni, servizi e lavori oggetto di pubbliche commesse, già previste nelle nuove direttive europee sugli appalti ed inserite ora nel nuovo Codice degli appalti pubblici, in via di emanazione.

L’art. 87 del nuovo Codice prevede altresì che quando le stazioni appaltanti richiedano la presentazione di certificati rilasciati da organismi indipendenti per attestare il rispetto da parte dell’operatore economico di determinati sistemi o di norme di gestione ambientale, ci si debba necessariamente riferire al sistema dell’Unione di ecogestione e audit (EMAS) o ad altri sistemi di gestione ambientale conformi alla normativa europea o, ancora, ad altre norme di gestione ambientale fondate su norme europee o internazionali in materia, certificate da organismi accreditati.

Come è noto, la legge delega prima ed ora il nuovo codice degli appalti pubblici, in ossequio all’indirizzo dettato dalle direttive europee, prediligono in maniera spiccata il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in base al quale vanno valutati sia la qualità tecnica dell’offerta che l’elemento prezzo. Nella valutazione dell’elemento prezzo viene ora introdotto – come sopra accennato – in modo esplicito il concetto di costo del ciclo di vita del prodotto. Infatti, l’art. 96 del nuovo Codice, intitolato proprio “Costi del ciclo di vita”, definisce tali costi come quelli comprendenti tutti i costi legati al ciclo di vita di un prodotto, di un servizio o di un lavoro sostenuti dall’amministrazione aggiudicatrice o da altri utenti, quali i costi relativi all’acquisizione, i costi connessi all’utilizzo, quali consumo di energia e altre risorse, i costi di manutenzione e quelli relativi al fine vita, come i costi di raccolta e di riciclaggio, i costi imputati a esternalità ambientali legate ai prodotti, servizi o lavori nel corso del ciclo di vita, purché oggettivamente determinabili.

Al fine di una corretta e obiettiva quantificazione del prezzo da parte dei concorrenti alle procedure di gara, le stazioni appaltanti hanno l’obbligo di indicare nei documenti di gara i dati che gli offerenti devono fornire e il metodo che la stazione appaltante impiegherà al fine di determinare i costi del ciclo di vita sulla base di tali dati. Tale metodo deve essere necessariamente basato su criteri oggettivi, verificabili e non discriminatori, deve essere accessibile a tutte le parti interessate e i dati richiesti devono poter essere forniti con ragionevole sforzo da operatori economici normalmente diligenti.

Sono infine recepite nel nuovo Codice – all’art. 93 – le premialità di riduzione della cauzione provvisoria, in caso di possesso di determinate certificazioni ambientali, da presentare a corredo delle offerte, nelle stesse ipotesi e misure previste dal Collegato ambientale ed esaminate nel paragrafo precedente.


[1] Il PAN GPP, ovvero il Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della Pubblica amministrazione, è stato approvato con Decreto interministeriale 11/04/2008, n. 135, in attuazione di quanto previsto dall’art. 1, comma 1126, della L. n. 296/2006, ed in applicazione di quanto stabilito dalla Commissione Europea con la Comunicazione n. 2003/302 sulla “Politica Integrata dei Prodotti – Sviluppare il concetto di ‘ciclo di vita ambientale’”. Il PAN GPP è stato poi aggiornato con D.M. 10 aprile 2013 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 2013. Esso costituisce il documento di riferimento per l’identificazione dei criteri ambientali minimi per diverse tipologie di beni e servizi, da effettuarsi mediante l’adozione di appositi decreti ministeriali.

[2] Il Protocollo di Kyoto è un accordo internazionale per contrastare il riscaldamento climatico, fenomeno ambientale di cui è assolutamente chiara e comprovata la responsabilità umana. Il trattato, di natura volontaria, è stato sottoscritto l’11 dicembre 1997 ma è entrato in vigore solo il 16 febbraio 2005, a seguito della ratifica da parte di almeno 55 Nazioni, contestualmente rappresentative di non meno del 55% delle emissioni serra globali di origine antropica. La Conferenza di Parigi sul clima, tenutasi nel mese di dicembre 2015, si è conclusa con l’impegno dei Paesi firmatari alla massima cooperazione di tutti i paesi con l’obiettivo di accelerare la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra.

[3] Le macrocategorie individuate sono le seguenti: arredi, edilizia, gestione dei rifiuti, servizi urbani e al territorio, servizi energetici, elettronica, prodotti tessili e calzature, ristorazione, servizi di gestione degli edifici, cancelleria, servizi di pulizia e materiali per l’igiene, trasporti.

[4] Tanto per fare un esempio tra i CAM relativi all’affidamento dei servizi di ristorazione è richiesto che i concorrenti siano dotati di un sistema di gestione ambientale tipo EMAS o ISO 14001.

[5] Ad esempio, sempre nei CAM relativi ai servizi di ristorazione, viene richiesto che i prodotti ortofrutticoli offerti provengano per determinate quantità percentuali da agricoltura biologica, così come la carne da produzioni biologiche e il pesce da acquacultura biologica. O ancora, i CAM adottati per l’affidamento dei servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e gestione dei cantieri nella pubblica amministrazione prevedono, ad esempio, la necessaria previsione di sistemi specifici di approvvigionamento energetico in grado di coprire in tutto o in parte il fabbisogno di quel dato fabbricato.

[6] Per esempio, nei CAM previsti per i servizi di progettazione e lavori citati nella precedente nota, è previsto che l’appaltatore debba utilizzare, per i veicoli e i macchinari di cantiere, oli lubrificanti che contribuiscano alla riduzione delle emissioni di CO2, quali quelli biodegradabili o rigenerati.    

[7] Le certificazioni ambientali esistenti sono di svariati tipi: etichette ambientali, autodichiarazioni ambientali, marchi ed etichettature obbligatori, certificazioni di sistemi di gestione ambientali ecc. Alcune di esse sono riconosciute a livello nazionale, ad esempio “Agricoltura biologica”, altre a livello europeo (EMAS o Ecolabel) o internazionale (ISO 14001). A seconda della natura pubblica o privata del soggetto terzo che le rilascia, le certificazioni ambientali sono più o meno significative sotto il profilo della capacità di garantire la natura “verde” di un prodotto o di un servizio. L’Italia si colloca ai primi posti in Europa per numero di imprese dotate di certificazioni ambientali.

[8] Si veda l’art. 68 del Codice dei contratti pubblici che disciplina in generale le specifiche tecniche.

[9] Si tratta di: affidamento  del  servizio  di  gestione  dei  rifiuti  urbani; forniture di cartucce toner e cartucce a  getto  di  inchiostro, affidamento del servizio integrato di ritiro e fornitura di  cartucce toner e a getto di inchiostro; affidamento del servizio di gestione  del  verde  pubblico,  per acquisto  di  ammendanti,  di  piante  ornamentali,  di  impianti  di irrigazione; carta  per  copia  e  carta  grafica; ristorazione collettiva e  derrate  alimentari; affidamento del servizio  di  pulizia  e  per  la  fornitura  di prodotti per l’igiene; prodotti  tessili; arredi  per  ufficio.

[10] Il testo del nuovo Codice qui esaminato è l’atto del Governo n. 283 (Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) sottoposto a parere parlamentare. Il testo è disponibile sul sito istituzionale della Camera dei Deputati.

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott.ssa Alessandra Verde
Referendaria consiliare presso il Consiglio regionale della Sardegna
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