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Premesse

I requisiti di partecipazione alle pubbliche gare sono requisiti, prescritti dalla legge o richiesti dalla stazione appaltante nel bando di gara, con cui i concorrenti dimostrano di possedere sia l’integrità e l’affidabilità professionale che la capacità di eseguire correttamente l’opera o la fornitura o il servizio oggetto dell’appalto. Essi si dividono in requisiti di ordine generale e requisiti di ordine speciale, oggi disciplinati nel nuovo codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 36/2023 nella Parte V, Titolo IV, Capo II e Capo III (artt. 94, 95, 98, 100 e 103).

Con riferimento ai requisiti di ordine generale, come anche messo in luce dalla Relazione illustrativa dello stesso D.Lgs. n. 36/2023, in senso innovativo quest’ultimo prevede cinque distinti articoli in luogo del previgente art. 80 del D.Lgs. n. 50/2016: agli articoli 94-98, troviamo poi la distinzione tra cause di esclusione “automatica” e cause di esclusione “non automatica”.

In particolare, è l’art. 94 ad essere dedicato alle cause di esclusione automatica, operanti senza alcun margine di apprezzamento discrezionale da parte della stazione appaltante, mentre l’art. 95 prevede le cause di esclusione non automatica, per le quali quindi l’esclusione è rimessa alla valutazione della stazione appaltante.

Sin dall’introduzione nel nostro ordinamento della disciplina della responsabilità amministrativa degli enti di cui al Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (“D.Lgs. 231/2001”) si è sviluppato un ampio dibattito sugli effetti di detta disciplina rispetto alla materia della contrattualistica pubblica e, in particolare, sulle cause di esclusione dalle procedure ad evidenza pubblica.

Come andremo a vedere nel presente contributo, ai fini della partecipazione alle gare pubbliche per la scelta del contraente di una Pubblica Amministrazione è richiesto, infatti, ai concorrenti il possesso di specifici requisiti soggettivi di moralità professionali sui quali possono incidere eventuali condanne o misure cautelari disposte dal giudice penale per le fattispecie di reato previste dal D.Lgs. 231/2001, con riferimento ai quali il legislatore del D.Lgs. 36/2023 ha inteso apportare alcune novità rispetto alla precedente disciplina.

Il D.Lgs. 36/2023 rafforza la rilevanza della responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. 231/2001 ai fini della partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica.

1. Il ruolo della compliance

Il D.Lgs. 231/2001– che disciplina la responsabilità amministrativa degli enti forniti di personalità giuridica – ha introdotto nel nostro ordinamento una responsabilità di tipo penale in capo alle persone giuridiche qualora un fatto illecito, penalmente rilevante e previsto in un elenco dettagliato presente nello stesso D.Lgs. 231/2001 (cd. reati presupposto), sia commesso da un soggetto incardinato nella società (amministratori, dirigenti, dipendenti, collaboratori) e dalla cui consumazione sia derivato un interesse o un vantaggio per il medesimo ente (cfr. art. 5 del D.Lgs. 231/2001[1]).

Alla responsabilità penale della persona fisica che materialmente consuma il reato si aggiunge, quindi, anche una responsabilità amministrativa, in capo all’organizzazione aziendale, conseguente ad una “colpa di organizzazione” o “colpa organizzativa”, ascrivibile all’ente proprio per il reato commesso da un soggetto apicale o da un soggetto sottoposto.

L’elenco dei reati per i quali si configura una responsabilità amministrativa degli enti e si applicano le previsioni del D.Lgs. 231/2001 negli anni è stato oggetto di modifiche in termini ampliativi. Tenuto conto delle diverse esigenze di prevenzione da reati venute a determinarsi nel tempo, successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. 231/2001, il novero dei reati presupposto è stato infatti largamente esteso.

Riprendendo l’art. 5 del D.Lgs. 231/2001, è previsto che l’ente non risponde del reato se le persone ivi indicate al comma 1 hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi. Pertanto, nel caso di commissione di uno di questi reati, l’ente dovrà dimostrare di non aver avuto alcun vantaggio dal fatto criminoso, comunque non direttamente. Tale prova è evidentemente complicata da fornire, poiché se un soggetto agisce per un proprio tornaconto personale e l’ente ne trae comunque vantaggio, la prova dell’estraneità dell’ente è di difficile dimostrazione.

Sul punto viene però in soccorso l’art. 6 del D.Lgs. 231/2001 ai sensi del quale se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell’art. 5, comma 1, lettera a) l’ente non risponde se prova tra l’altro che «a) l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;

c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;

d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b)».

Particolare importanza assume quindi per l’ente l’aver adottato ed efficacemente attuato un modello organizzativo ex D.Lgs. 231/2001 (cd. Modello 231) il quale costituisce lo strumento fondamentale da sottoporre alla valutazione del giudice per giungere all’esenzione di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, poiché la sua ideazione, applicazione ed efficace attuazione rappresenta la prova della sussistenza di un’adeguata organizzazione aziendale in cui vengono previste procedure idonee a prevenire la commissione dei reati presupposto, così da garantire la compliance aziendale dell’ente.

Nell’ambito della contrattualistica pubblica, il D.Lgs. 36/2023, come già i suoi predecessori, non pone un obbligo a carico degli operatori economici di dotarsi di un Modello 231 pur prevedendo una serie di punti di contatto con il D.Lgs. 231/2001 per quanto riguarda il possesso dei requisiti di partecipazione alle gare pubbliche e le connesse cause di esclusione.

Il D.Lgs. 36/2023, come vedremo, tende in generale infatti a incentivare la funzione della compliance aziendale, soprattutto ai fini della valutazione dell’illecito professionale grave da parte della stazione appaltante.

Il D.Lgs. 36/2023, come i suoi predecessori, non pone un obbligo a carico degli operatori economici di dotarsi di un Modello 231 pur incentivando la funzione della compliance aziendale

2. I reati ex D.Lgs. 231/2001 quali cause di esclusione dalle gare

Il D.Lgs. 36/2023 fra le cause di esclusione di cui agli artt. 94 e 95 e ss. pone ampio rilievo alle condanne e alle misure cautelari previste ai sensi del D.Lgs. 231/2001, come anche al solo accertamento dei reati ivi previsti ai fini della responsabilità amministrativa degli enti.

Entrando nel dettaglio della disciplina del D.Lgs. 36/2023, il legislatore in primis ha espresso particolare attenzione alle condanne comminate all’operatore economico ai sensi del D.Lgs. 231/2001 ai fini delle cause di esclusione automatiche di cui all’art. 94.

Partendo con ordine, rispetto all’elencazione dei reati presupposto al comma 1 dell’art. 94 (che corrisponde al comma 1 dell’art. 80 del precedente D.Lgs. 50/2016), l’art. 94 al comma 3 prevede espressamente che «L’esclusione di cui ai commi 1 e 2 è disposta se la sentenza o il decreto oppure la misura interdittiva ivi indicati sono stati emessi nei confronti: a) dell’operatore economico ai sensi e nei termini di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231; …».

La condanna definitiva dell’ente, rileva, dunque quale causa di esclusione dell’operatore economico nel caso in cui faccia riferimento a uno dei reati presupposto del comma 1 dello stesso art. 94 che, si segnala, corrispondono in buona parte con i reati presupposto di cui al D.Lgs. 231/2001.

Prosegue ancora l’art. 94 comma 5 disponendo che «Sono altresì esclusi: a) l’operatore economico destinatario della sanzione interdittiva di cui all’articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, o di altra sanzione che comporta il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, compresi i provvedimenti interdittivi di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81; …».

Anche in questo caso, dunque, l’esclusione colpisce l’operatore economico nel caso in cui lo stesso sia destinatario di una misura interdittiva del divieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio ai sensi dell’art. 9 comma 2 lettera c) del D.Lgs. 231/2001.

L’art. 94 individua specifiche ipotesi di esclusione automatica in caso di condanna definitiva dell’operatore economico ex D.Lgs. 231/2001 o applicazione della sanzione interdittiva del divieto di contrarre con la PA

Il legislatore, data la rilevanza della responsabilità amministrativa dell’ente nell’ambito della contrattualistica pubblica, ha inteso valorizzare la portata dell’accertamento dei reati ex D.Lgs. 231/2001 a carico dell’operatore economico oppure dei soggetti indicati all’art. 94 comma 3 anche con riferimento alle cause di esclusione non automatiche dell’art. 95.

In particolare, il legislatore ha ricondotto la commissione o la mera contestazione di uno dei reati previsti dal D.Lgs. 231/2001 fra gli elementi da cui è desumibile l’illecito professionale grave.

Rispetto alla previgente impostazione del D.Lgs. 50/2016, il legislatore del D.Lgs. 36/2023 prevede che ai fini dell’esclusione debba sussistere una delle fattispecie espressamente previste come tassative per configurare un grave illecito professionale, nonché la necessaria prova di esse con uno dei mezzi tassativamente indicati, rimanendo invece immutata l’impostazione in ordine alla natura del potere discrezionale della stazione appaltante di valutazione circa l’idoneità dell’illecito professionale ad incidere sull’affidabilità dell’operatore economico.

Sul punto il D.Lgs. 36/2023 all’art. 95 comma 1 lettera e) prevede infatti che «1. La stazione appaltante esclude dalla partecipazione alla procedura un operatore economico qualora accerti: … e) che l’offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati. All’articolo 98 sono indicati, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi».

Come anticipato, il D.Lgs. 36/2023 ha infatti introdotto una tipizzazione dei mezzi di prova necessari per la valutazione dell’illecito professionale grave, superando la previgente impostazione dell’art. 80, comma 5 lett. c) del D.Lgs. 50/2016 che consentiva alla stazione appaltante di valutare ogni condotta la cui gravità era idonea ad incidere sulla affidabilità e sull’integrità della impresa concorrente.

A tale riguardo, l’art. 98 comma 1 dispone che «1. L’illecito professionale grave rileva solo se compiuto dall’operatore economico offerente, salvo quanto previsto dal comma 3, lettere g) ed h)», per poi indicare al comma 2 che «2. L’esclusione di un operatore economico ai sensi dell’articolo 95, comma 1, lettera e) è disposta e comunicata dalla stazione appaltante quando ricorrono tutte le seguenti condizioni:

a) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale;

b) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore;

c) adeguati mezzi di prova di cui al comma 6».

Tutte condizioni che devono ricorrere, tutte congiuntamente, ai fini dell’esclusione di un operatore economico con riferimento all’illecito professionale grave di cui alla lettera e) dell’art. 95, comma 1 del D.Lgs. 36/2023.

Sempre ai fini dell’applicazione della causa di esclusione (non automatica) del grave illecito professionale nel D.Lgs. 36/2023 rileva poi l’art. 98 comma 3, il quale fornisce l’elenco tassativo degli elementi da cui la stazione appaltante può desumere la sussistenza del grave illecito professionale.

Nel caso dei reati ex D.Lgs. 231/2001, ai sensi dell’art. 98 comma 3 «L’illecito professionale si può desumere al verificarsi di almeno uno dei seguenti elementi: …

h) contestata o accertata commissione, da parte dell’operatore economico oppure dei soggetti di cui al comma 3 dell’articolo 94, di taluno dei seguenti reati consumati:

1) abusivo esercizio di una professione, ai sensi dell’articolo 348 del codice penale;

2) bancarotta semplice, bancarotta fraudolenta, omessa dichiarazione di beni da comprendere nell’inventario fallimentare o ricorso abusivo al credito, di cui agli articoli 216, 217, 218 e 220 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

3) i reati tributari ai sensi del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i delitti societari di cui agli articoli 2621 e seguenti del codice civile o i delitti contro l’industria e il commercio di cui agli articoli da 513 a 517 del codice penale;

4) i reati urbanistici di cui all’articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, con riferimento agli affidamenti aventi ad oggetto lavori o servizi di architettura e ingegneria;

5) i reati previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231».

Dal tenore letterale della norma in questione la grande novità risiede nel fatto che ai fini dell’esclusione del concorrente per grave illecito professionale derivante da fattispecie di reato ex D.Lgs. 231/2001, l’illecito professionale potrà essere desunto non solo da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile ma potrà essere sufficiente anche il mero atto di esercizio dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero.

La stazione appaltante per l’adozione del provvedimento di esclusione dalla gara di un concorrente per un illecito professionale deve poi considerare ancora l’art. 98 comma 6 ai sensi del quale il legislatore ha indicato quali sono i mezzi di prova adeguati a dimostrare gli elementi del comma 3. Per le ipotesi dei reati ex D.Lgs. 231/2001 di cui alla lettera h) del comma 3, l’art. 98 comma 6 dispone che «Costituiscono mezzi di prova adeguati, in relazione al comma 3: …. h) quanto alla lettera h), la sentenza di condanna definitiva, il decreto penale di condanna irrevocabile, e la condanna non definitiva, i provvedimenti cautelari reali o personali, ove emessi dal giudice penale».

Quale mezzo di prova, dunque, la stazione appaltante potrà far riferimento non solo alle pronunce di condanna (definitive e non) del giudice penale ma anche ai provvedimenti cautelari dallo stesso emessi.

Si segnala tuttavia l’obbligo di stretta motivazione in capo alla stazione appaltante ai fini dell’esclusione per illecito professionale grave previsto dall’art. 98 comma 7 secondo cui «La stazione appaltante valuta i provvedimenti sanzionatori e giurisdizionali di cui al comma 6 motivando sulla ritenuta idoneità dei medesimi a incidere sull’affidabilità e sull’integrità dell’offerente; l’eventuale impugnazione dei medesimi è considerata nell’ambito della valutazione volta a verificare la sussistenza della causa escludente».

Di rilievo, infine, la previsione all’art. 96, comma 10 di “durata” delle cause di esclusione non automatiche che, per i reati del D.Lgs. 231/2001 previsti dall’art. 95, comma 1, lettera e), dura “per tre anni decorrenti rispettivamente:

1) dalla data di emissione di uno degli atti di cui all’articolo 407-bis, comma 1, del codice di procedura penale oppure di eventuali provvedimenti cautelari personali o reali del giudice penale, se antecedenti all’esercizio dell’azione penale ove la situazione escludente consista in un illecito penale rientrante tra quelli valutabili ai sensi del comma 1 dell’articolo 94 oppure ai sensi del comma 3, lettera h), dell’articolo 98;

2) dalla data del provvedimento sanzionatorio irrogato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato o da altra autorità di settore nel caso in cui la situazione escludente discenda da tale atto;

3) dalla commissione del fatto in tutti gli altri casi».

Fra le cause di esclusione non automatica ex art. 95 rileva l’illecito professionale grave desumibile dalla commissione o contestazione di uno dei reati ex D.Lgs. 231/2001

3. Cause di esclusione e misure di “self cleaning

L’art. 96 del D.Lgs. 36/2023 dispone che «2. L’operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui all’articolo 94, a eccezione del comma 6, e all’articolo 95, a eccezione del comma 2, non è escluso se si sono verificate le condizioni di cui al comma 6 del presente articolo e ha adempiuto agli oneri di cui ai commi 3 o 4 del presente articolo.

Il legislatore ha, dunque, previsto che l’operatore che sia incorso nelle clausole di esclusione di cui all’art. 94 (ad eccezione di quelle previste al comma 6 con riferimento alle violazioni gravi, definitivamente accertate, degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali) e di quelle all’art. 95 (ad eccezione di quelle previste al comma 2 con riferimento alle gravi violazioni non definitivamente accertate agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse o contributi previdenziali) non è escluso qualora abbia adottato le misure di ravvedimento previste dalla norma stessa.

La ratio della previsione è quella di consentire la partecipazione alle procedure di gara anche agli operatori economici che siano incorsi in una delle cause di esclusione ma abbiano posto in essere dei comportamenti o comunque abbiano adottato misure organizzative volte ad eliminare o rimuovere dette cause di esclusione dalla gara pubblica.

Il legislatore del D.Lgs. 36/2023, sulla scia della pronuncia della Corte di Giustizia 4 gennaio 2021 (causa C-387/19) e della successiva giurisprudenza nazionale, è intervenuto sull’istituto del self cleaning, già introdotto nel D.Lgs. 50/2016, estendendo in particolare l’ambito di applicazione, in particolare con riferimento al momento in cui siano intervenute le fattispecie idonee a determinare una potenziale causa di esclusione dalla gara. La Relazione al D.Lgs. 36/2023 parla a riguardo di una «nuova versione allargata del self cleaning aderente alla direttiva 24/2014».

Il legislatore dell’art. 96 prosegue infatti distinguendo le ipotesi in cui:

  • le fattispecie escludenti siano intervenute prima della presentazione dell’offerta: in questo caso l’operatore economico, contestualmente all’offerta, deve comunicare ciò alla stazione appaltante, dovendo altresì dare prova di aver adottato le misure previste dall’art. 96 comma 6 dello stesso D.Lgs. 36/2023 oppure dell’impossibilità di adottare tali misure prima della presentazione dell’offerta pur dovendo successivamente ottempera ai sensi del comma 4 (cfr. comma 3);
  • le fattispecie escludenti siano intervenute dopo la presentazione dell’offerta: in questo caso l’operatore economico, per non essere escluso, deve adottare e comunicare alla stazione appaltante le misure previste dal comma 6 (cfr. comma 4).

Alla luce della modifica introdotta, pertanto, le misure di self-cleaning possono, quindi, riguardare anche eventi verificatisi nel corso della procedura e dopo la presentazione dell’offerta, a differenza della precedente disciplina dell’art. 80 del D.Lgs. 50/2016 (sul punto le Linee Guida ANAC n. 6 adottate ai sensi del D.Lgs. 50/2016 prevedevano che«L’adozione delle misure di self-cleaning deve essere intervenuta entro il termine fissato per la presentazione delle offerte o, nel caso di attestazione, entro la data di sottoscrizione del contratto con la SOA. Nel DGUE o nel contratto di attestazione l’operatore economico deve indicare le specifiche misure adottate»).

Ai sensi del comma 6 dell’art. 96 è previsto che «Un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui all’articolo 94, a eccezione del comma 6, e all’articolo 95, a eccezione del comma 2, può fornire prova del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità. Se tali misure sono ritenute sufficienti e tempestivamente adottate, esso non è escluso dalla procedura d’appalto. A tal fine, l’operatore economico dimostra di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito, di aver chiarito i fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente con le autorità investigative e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti. Le misure adottate dagli operatori economici sono valutate considerando la gravità e le particolari circostanze del reato o dell’illecito, nonché la tempestività della loro assunzione. Se la stazione appaltante ritiene che le misure siano intempestive o insufficienti, ne comunica le ragioni all’operatore economico …».

Con riferimento alle fattispecie di reato ex D.Lgs. 231/2001, tenuto conto della formulazione del comma 6 dell’art. 96, il riferimento espresso a “provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti” non potrebbe che esplicitarsi nell’adozione da parte degli operatori economici del cd. Modello 231 (v. paragrafo 2).

In presenza di un operatore che abbia già adottato un Modello 231 la stazione appaltante, nell’ambito della discrezionalità riconosciutale, potrebbe infatti considerare detta misura come idonea ad evitare l’esclusione.

Si segnala una recentissima pronuncia del Giudice Amministrativo relativa all’adozione di misure self clearing, in particolare l’adozione di un Modello 231 da parte del concorrente, con riferimento a fattispecie non automaticamente escludenti ai sensi dell’art. 95 in cui si legge che «ai sensi dell’art. 96, comma 2, l’esclusione di un operatore economico in ragione di una fattispecie “non automatica” di cui all’art. 95 (con l’eccezione del comma 2 che attiene alla diversa ipotesi di violazioni tributarie e previdenziali) non può essere disposta se si verificano le seguenti condizioni cumulative:

I) il concorrente abbia adottato misure di self – cleaning sufficienti a dimostrare la propria affidabilità secondo le indicazioni contenute nel comma 6 dell’art. 96 ….; tali misure devono essere adeguatamente valutate dall’amministrazione appaltante considerando la gravità e le particolari circostanze del reato o dell’illecito, nonché la tempestività della loro assunzione, potendo prospettarsi uno degli epiloghi di seguito indicati: a) se tali misure sono ritenute sufficienti e tempestivamente adottate, l’operatore non è escluso dalla procedura d’appalto; b) se la stazione appaltante ritiene che le misure siano intempestive o insufficienti, ne comunica le ragioni all’operatore economico;

II) l’operatore abbia assolto agli oneri di cui ai commi 3 o 4 del medesimo articolo, cioè: 1) nel caso in cui la causa di esclusione si sia verificata prima della presentazione dell’offerta, abbia indicato eventuali misure di self – cleaning, ovvero la impossibilità di tale tempestiva adozione ma vi provveda in seguito; 2) qualora la causa di esclusione si verifichi successivamente alla presentazione dell’offerta, l’operatore adotti tali misure di self – cleaning;

– dal descritto quadro normativo si desume che l’eventuale esclusione, in presenza di cause “non automatiche” ex art. 95, nei confronti di un operatore che – come nel caso in esame – abbia puntualmente indicato le vicende ostative ed indicato le misure di self – cleaning ex art. 96, avrebbe dovuto essere preceduta da motivata valutazione: in prima battuta, l’amministrazione avrebbe dovuto vagliare “in astratto” l’attitudine dei fatti storici e delle imputazioni come potenziali elementi di rottura del rapporto fiduciario, verificando in concreto che i procedimenti pendenti incidano in senso negativo, alla stregua di un giudizio prognostico, anche in merito alla procedura di gara in questione, a tal fine valutando ogni circostanza del caso (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4669/2023; T.A.R. Piemonte n. 932/2023), inoltre avrebbe dovuto valutare le predette misure self-cleaning, con specifico riferimento alla tempestività della loro assunzione e la loro sufficienza a ristabilire la fiducia (art. 96, comma 6) …» (TAR Campania-Napoli, sez. 5^, sentenza 14 marzo 2024 n. 1733).

In caso di contestazioni per reati ex D.Lgs. 231/2001, fra le misure di self-cleaning attuabili al fine di non incorrere in provvedimenti espulsivi rilievo assume l’adozione del cd. Modello 231

4. Conclusioni

Le novità introdotte dal legislatore nel D.Lgs. 36/2023 con riferimento alle cause di esclusione per fattispecie di reato ex D.Lgs. 231/2001 hanno suscitato sin da subito molte preoccupazioni in capo agli operatori economici essendo previsto che:

  • l’operatore economico che subisce un provvedimento oppure risulta destinatario di una sanzione interdittiva ex D.Lgs.n. 231/2001 debba essere automaticamente escluso dalle gare;
  • anche la sola “contestata” commissione di un reato previsto dal D.Lgs. 231/2001, contestazione che è sufficiente venga provata da una “condanna non definitiva” o da un “provvedimento cautelare personale emesso dal giudice penale” possa configurare un illecito professionale grave ovvero una causa d’esclusione non automatica dalle gare.

È evidente che, data la rilevanza che il legislatore del D.Lgs. 36/2023 ha voluto espressamente assegnare alla responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. 231/2001, un valido presidio da attuare in via preventiva possa essere l’adozione di un Modello 231, da sottoporre a continuo e costante aggiornamento così da renderlo sempre attuale, ai fini della sua valorizzazione da parte delle stazioni appaltanti nell’ambito delle misure self-cleaning.


[1] Art. 5 D.Lgs. 231/2001 «1. L’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

2. L’ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi».

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Paola Cartolano
Esperta in materia di appalti pubblici
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