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( votes)1 Analogie e differenze tra rinnovo e proroga del contratto
Secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa la più evidente differenza tra il rinnovo e la proroga di un contratto pubblico consiste nel fatto che il primo istituto comporta una nuova negoziazione delle clausole contrattuali, realizzata dalla stazione appaltante con il medesimo aggiudicatario: tale rinegoziazione può concludersi con l’integrale conferma delle precedenti condizioni, ma anche con la modifica di alcune di esse, in quanto non più attuali. La proroga, al contrario, ha come solo effetto il differimento del termine finale del rapporto contrattuale, rapporto che, pertanto, per il resto rimane integralmente regolato dall’accordo originario[1].
In altri termini, la proroga non comporta un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale, bensì una mera prosecuzione dell’efficacia del contratto in essere che, semplicemente, vede spostato in avanti nel tempo il termine di scadenza del rapporto ancora in corso[2].
2 Il “rinnovo programmato” del contratto di servizi previsto all’art. 57 del codice dei contratti
Per quanto concerne gli appalti di servizi, il codice dei contratti pubblici prevede, invero, una specifica (ed unica) fattispecie di rinnovo nella forma del c.d. “rinnovo programmato”, disciplinato all’art. 57 nell’ambito delle varie fattispecie di procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara. Le condizioni per l’affidamento di un rinnovo programmato consistono, in particolare, nella possibilità di affidare – dando conto delle ragioni in fatto ed in diritto mediante un’adeguata motivazione della determina a contrarre – nuovi servizi consistenti nella ripetizione di servizi analoghi già affidati all’operatore economico aggiudicatario del contratto iniziale, a condizione che tali servizi siano conformi a un progetto di base e che tale progetto sia stato oggetto di un primo contratto aggiudicato con una procedura aperta o ristretta. L’affidamento del rinnovo è inoltre consentito soltanto nei tre anni successivi alla stipulazione del contratto iniziale e tale possibilità deve esser stata indicata e quantificata economicamente nel bando del contratto originario[3].
3 La giurisprudenza relativa al “rinnovo programmato”
La giurisprudenza amministrativa ha rilevato, in relazione all’art. 57, comma 5, lett. b) del codice, che la conformità ai canoni europei di tutela della concorrenza deriva dalla circostanza che il rinnovo risulta già programmato, sia pure come facoltà eventuale, negli atti di gara: ciò rende infatti avvertiti tutti i possibili concorrenti, sin dall’inizio, del potenziale sviluppo del rapporto contrattuale, garantendo in tal modo la trasparenza e la par condicio tra gli operatori economici[4].
In altre occasioni, il Consiglio di Stato ha poi sottolineato che la possibilità della ripetizione dei servizi analoghi esige indefettibilmente la conformità dei nuovi servizi (affidati direttamente, mediante procedura negoziata) rispetto ad un “progetto di base”: proprio tale conformità dei nuovi servizi ad un progetto di base risulterebbe essere, pertanto, uno dei necessari presupposti della legittimità del nuovo affidamento[5].
A tale proposito, tuttavia, è stato anche rilevato che al predetto progetto base “non può in alcun modo essere assimilato il capitolato speciale” di gara: quest’ultimo, infatti, risulta esser stato definito unilateralmente dalla stazione appaltante, mentre il progetto di base deve essere elaborato ed offerto necessariamente dall’impresa appaltatrice.
Con la conseguenza – necessitata, a parere di chi scrive – che la legittimità della ripetizione dei servizi analoghi è strettamente connessa al criterio di selezione delle offerte indicato dall’originario bando di gara: solo in caso di criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, infatti, i concorrenti sono tenuti ad elaborare un proprio progetto che integra il capitolato speciale, e solo in tali ipotesi può quindi ritenersi consentita la ripetizione dei servizi.
Viceversa, non potrà essere ammessa la ripetizione in caso di appalti aggiudicati al prezzo più basso, laddove l’indizione è fondata soltanto sul capitolato predisposto unilateralmente dalla stazione appaltante.
4 Come si attua la tracciabilità del “rinnovo programmato”
Per quanto concerne gli adempimenti relativi alla tracciabilità dei flussi finanziari, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (oggi: ANAC[6]) ha evidenziato che “la ripetizione di servizi analoghi di cui all’art. 57, comma 5, lett. b) non richiede l’acquisizione di un nuovo CIG: tale fattispecie mantiene il CIG già acquisito per l’affidamento originario”[7].
L’Autorità di vigilanza ha dato indicazioni contrastanti sul CIG per il rinnovo
Tuttavia, in altre parallele indicazioni fornite dalla medesima Autorità, è stato evidenziato che i rinnovi di contratti non devono essere sottoposti al pagamento di una nuova “tassa sulla gara” poiché, in via generale, “l’importo a base di gara deve essere comprensivo, tra l’altro, di qualsiasi forma di rinnovo del contratto (art. 29 del codice). Sussiste, però, l’obbligo di acquisire il CIG in quanto il rinnovo dà vita ad un nuovo contratto. In sede di registrazione sul SIMOG, dovrà essere indicato che trattasi di «ripetizione di precedente contratto», riportando il CIG del contratto originario[1].
Tali ultime indicazioni sono conformi, peraltro, a quanto chiarito dalla medesima Authority all’interno degli specifici atti di regolazione vigenti in materia di tracciabilità, laddove è stato rilevato che “l’espressione nuovo contratto si riferisce (…) ai contratti aventi ad oggetto varianti in corso d’opera che superino il quinto dell’importo complessivo dell’appalto ai sensi dell’articolo 132 del Codice e degli articoli 161 e 311 del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010. Per tali contratti occorre acquisire un nuovo codice CIG”[2].
È comunque evidente che indicazioni difformi e contrastanti, fornite dalla medesima Autorità sul medesimo tema, pubblicate nello stesso periodo mediante il medesimo strumento – le FAQ pubblicate sul sito istituzionale in tema di tracciabilità e di versamento dei contributi – non aiutano gli operatori ad orientarsi nel complesso mondo degli adempimenti da attuare in materia di tracciabilità.
In tale situazione di obiettiva indeterminatezza, chi scrive suggerisce – sommessamente, ma con spirito di prudente cautela – di considerare, in conformità ai principi generali dell’istituto, il rinnovo come un “nuovo contratto”, per l’affidamento del quale si consiglia pertanto di acquisire un nuovo CIG[3].
Tale deduzione
si fonda, in particolare, sulla considerazione che la normativa contenuta alla
legge n. 136 del 2010 è dotata, per quanto concerne gli adempimenti in tema di
tracciabilità, di specifiche sanzioni pecuniarie applicabili in caso di
inosservanza dei vari adempimenti, ivi inclusi quelli che riguardano
l’indicazione del CIG sugli strumenti di pagamento[4].
Per quanto concerne, infine, la verifica del possesso dei requisiti relativi al nuovo contratto, si può osservare che, in armonia con le disposizioni generali vigenti in tema di documentazione amministrativa, i requisiti speciali di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa non dovranno essere verificati nuovamente, trattandosi di stati, qualità personali e fatti non soggetti a modificazioni nel corso del tempo: essendo stati verificati con l’affidamento originario, infatti, i relativi certificati avranno validità illimitata nel tempo[5]. Diversamente, i requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 del codice – che, per le loro stesse caratteristiche, possono invece essere soggetti a modificazioni nel corso del tempo – dovranno essere soggetti alla presentazione di una nuova dichiarazione sostitutiva da parte dell’affidatario, e pertanto dovranno essere verificati nuovamente con l’acquisizione dei relativi certificati. Resta salva la possibilità che la stazione appaltante abbia già a sua disposizione una dichiarazione sostitutiva di data non anteriore a sei mesi, oppure disponga già dei certificati, necessari per le verifiche da attuare ai sensi dell’art. 38 del codice, con data non anteriore a sei mesi[6].
5 Quale norma consente la c.d. “proroga tecnica” dei servizi e delle forniture?
All’interno del codice dei contratti pubblici non esiste un riferimento testuale ed espresso alla c.d. “proroga tecnica” dei contratti d’appalto[1]. Il ricorso a tale istituto è, tuttavia, estremamente frequente nella prassi amministrativa, laddove le amministrazioni fanno spesso ricorso allo spostamento del termine finale di un contratto ancora in corso di esecuzione, in presenza di circostanze (indipendenti dal volere della stessa PA) che rendono impossibile procedere all’affidamento di un contratto nuovo. Ciò può accadere, ad esempio, nel caso in cui si sia in presenza di un contratto in corso di esecuzione e l’amministrazione, prima della relativa scadenza, abbia diligentemente indetto una nuova procedura di gara, ma uno dei concorrenti abbia nel frattempo elevato ricorso e non sia quindi possibile procedere alla stipula del nuovo contratto entro il termine generale di 180 giorni decorrenti dalla scadenza di presentazione delle offerte[2].
Nel codice dei contratti non esiste un riferimento esplicito alla c.d. “proroga tecnica”
In assenza di una disciplina generale e sistematica contenuta all’interno del codice dei contratti pubblici, occorrerà quindi verificare quali siano le norme e le condizioni che consentono il predetto spostamento del termine finale del contratto. A tale proposito, è importante richiamare quanto disposto alla legge 18 aprile 2005, n. 62 (Legge comunitaria 2004) in cui, all’art. 23, si prevede che i contratti per la prestazione di servizi o per l’acquisizione di forniture “già scaduti o che vengano a scadere nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere prorogati per il tempo necessario alla stipula dei nuovi contratti a seguito di espletamento di gare ad evidenza pubblica a condizione che la proroga non superi comunque i sei mesi e che il bando di gara venga pubblicato entro e non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”.
Dal chiaro tenore dell’anzidetta disposizione emerge che il perimetro che delinea la legittimità della proroga tecnica è definito:
- dalla necessità di aver indetto, preventivamente, una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento del nuovo appalto;
- la proroga potrà essere disposta per il tempo necessario alla stipula dei nuovi contratti ma, in ogni caso, essa non dovrà superare comunque i sei mesi, e ciò in coerenza con il già ricordato periodo generale di 180 previsto per il completamento delle procedure di gara[3].
6 La giurisprudenza relativa alla “proroga tecnica”
La magistratura amministrativa ha costantemente rimarcato, nel corso del tempo, che il già citato art. 23 della legge n. 62 del 2005 ha valenza generale e costituisce il fondamento del generale divieto di proroga dei contratti pubblici[4], fatte salve le limitate deroghe espressamente ivi previste, da interpretare comunque in modo rigoroso e restrittivo[5].
Con una ripetuta serie di pronunce rese proprio sul tema del generale divieto di proroga degli appalti di servizi e forniture, è stato così ribadito l’orientamento restrittivo secondo il quale, nella materia del rinnovo o della proroga dei contratti pubblici di appalto, non vi è spazio per l’autonomia contrattuale delle parti, stante l’esistenza di una normativa inderogabile dettata dal legislatore per ragioni di interesse pubblico; al contrario, in tale materia vige il principio per cui, fatte salve le espresse eccezioni dettate dalla legge in conformità della normativa comunitaria, l’amministrazione – una volta scaduto il contratto – deve, qualora abbia ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, espletare una nuova gara[6].
Per quanto concerne, in particolare, la prorogabilità del precedente contratto per il limitato periodo di sei mesi, la stessa giurisprudenza amministrativa ha sottolineato come si tratti di una prescrizione cogente, posta da norma imperativa che, in quanto espressione dell’anzidetto principio comunitario, vincola l’amministrazione alla sua osservanza: da ciò consegue, pertanto, la nullità – ex artt. 1339 e 1418 del codice civile – dell’accordo che abbia ad oggetto la proroga per un periodo superiore a sei mesi[7].
Il generale divieto di proroga stabilito dall’art. 23 della legge n. 62 del 2005 deve quindi essere considerato come principio di valenza generale e preclusiva rispetto alle altre – eventualmente contrarie – disposizioni dell’ordinamento[8].
La giurisprudenza ha inoltre distinto l’ipotesi in cui la possibilità di proroga non sia stata espressamente indicata nella lex specialis del contratto da prorogare, rispetto a quella in cui l’originario bando abbia invece contemplato espressamente tale eventualità: solo in quest’ultima ipotesi, infatti, è consentito alla PA di disporre la proroga dei rapporti in corso, purché dandone conto con puntuale motivazione[9]. In ogni caso, se l’amministrazione opta per l’indizione della gara, nessuna particolare motivazione sarà necessaria, mentre se si avvale della possibilità di proroga (ancorché prevista dal bando) tale scelta dovrà essere comunque ed analiticamente motivata, e dovranno essere chiarite esplicitamente le ragioni per le quali si sia stabilito di discostarsi dal principio generale dell’evidenza pubblica[10].
La proroga è legittima solo se il bando per l’affidamento del contratto originario l’aveva già prevista
Anche la giurisprudenza più recente si è pronunciata nel senso della legittimità delle proroghe, se già previste nei contratti originariamente affidati con gara, e comunque a determinate condizioni[11]; viceversa, una volta che il contratto scada e si proceda ad una sua proroga senza che essa sia stata prevista ab origine (oppure nei casi in cui la proroga sia stata disposta oltre i limiti temporali consentiti), tale proroga deve essere equiparata ad un affidamento senza gara[12]. Laddove la possibilità di proroga sia stata prevista nella lex specialis, essa potrebbe, pertanto, eventualmente consentire una limitata deroga al generale divieto, purché la proroga sia supportata da una puntuale motivazione con la quale la PA dia conto degli elementi che conducono a disattendere tale principio generale[13].
In definitiva, le proroghe dei contratti affidati con gara sono consentite soltanto se già inizialmente previste e, comunque, entro termini determinati, mentre, ove il contratto sia scaduto e si proceda ad una proroga non prevista originariamente, oppure si proroghi il contratto oltre i limiti temporali consentiti dalla normativa vigente, la stessa proroga deve essere equiparata ad un affidamento senza gara[14].
7 La tracciabilità della proroga tecnica
Per quanto concerne gli adempimenti relativi alla tracciabilità dei flussi finanziari derivanti dal contratto prorogato, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ha chiarito che “non è prevista la richiesta di un nuovo codice CIG quando la proroga sia concessa per garantire la prosecuzione dello svolgimento del servizio (in capo al precedente affidatario) nelle more dell’espletamento delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo soggetto affidatario”[15].
Di norma non è necessario chiedere un nuovo cig per la proroga tecnica
Tale indicazione va letta, tuttavia, unitamente alle istruzioni fornite dalla medesima Autorità laddove la stessa ha evidenziato che “l’espressione «nuovo contratto» si riferisce (…) ai contratti aventi ad oggetto varianti in corso d’opera che superino il quinto dell’importo complessivo dell’appalto ai sensi dell’articolo 132 del Codice e degli articoli 161 e 311 del d.P.R. n. 207/2010. Per tali contratti occorre acquisire un nuovo codice CIG”[16].
Si può quindi dedurre che, di norma, l’estensione contrattuale non raggiungerà il quinto dell’importo del contratto originario, e non potrà essere considerato quale contratto nuovo, con la conseguenza che non occorrerà nemmeno acquisire un nuovo CIG né occorrerà effettuare nuovi controlli sui requisiti generali dell’affidatario. Per converso, ove l’estensione contrattuale superi il quinto dell’importo, tale “variante” andrà considerata quale contratto nuovo ed occorrerà acquisire un nuovo CIG nonché una nuova dichiarazione sostitutiva ex art. 38 del codice per l’effettuazione dei relativi controlli.
Art. 23 della legge n. 62/2005 | ADEMPIMENTI |
Come si attua la tracciabilità finanziaria della proroga? | Di norma non è necessario chiedere un nuovo CIG Se tuttavia la variazione dell’importo è superiore al quinto dell’importo complessivo dell’appalto originario, occorre acquisire un nuovo CIG |
Quali sono i controlli da effettuare sull’affidatario? | Di norma, non si tratta di un contratto nuovoConseguentemente, non occorre effettuare nuovi controlli sui requisiti generali sull’affidatarioSe tuttavia la variazione dell’importo è superiore al quinto dell’importo dell’appalto originario, si tratterà di un contratto nuovo ed occorrerà anche effettuare nuovi controlli sui requisiti generali sull’affidatario |
8 Le indicazioni della Corte dei conti sul rinnovo e sulla proroga tecnica
Da ultimo, è utile evidenziare che anche la Corte dei conti ha avuto modo di esprimersi in ordine alle caratteristiche ed ai limiti della proroga tecnica e del rinnovo.
È stato sottolineato, infatti, che l’art. 23 comma 2 della già citata legge n. 62 del 2005 ha previsto l’eliminazione della possibilità di rinnovo (comma 1[17]) ed ha introdotto (al comma 2) un’eccezionale possibilità di “proroga tecnica” per gli appalti di servizi e forniture – da intendere, quindi, quali contratti non più rinnovabili – al fine di consentire, in determinate condizioni e per un limitato periodo di tempo, l’espletamento di nuove procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento di nuovi contratti[18].
Al di là di poche specifiche eccezioni, vige il divieto generale di rinnovo dei contratti
Secondo la Corte dei conti, la possibilità di proroga introdotta dall’art. 23 della legge n. 62 del 2005 era finalizzata – come si evince dall’esame della relazione illustrativa allegata al disegno di legge ed anche dalla collocazione sistematica della disposizione – all’archiviazione di una procedura di infrazione comunitaria[19] che aveva ad oggetto proprio la previsione, contenuta nella legge n. 537 del 1993, della facoltà di procedere liberamente al rinnovo espresso dei contratti pubblici. Tale previsione era stata infatti ritenuta incompatibile con i principi di libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi di cui agli artt. 43 e 49 del Trattato CE, nonché con i principi di non discriminazione e di trasparenza, e, più in generale, con la normativa europea in tema di tutela della concorrenza nell’affidamento degli appalti pubblici[20].
In questa luce, sempre secondo la lettura fornita dalla Corte dei conti, anche l’eliminazione della possibilità di provvedere al rinnovo dei contratti scaduti introdotto all’art. 23 della legge n. 62 del 2005 ha una valenza generalizzata ed una portata che preclude la legittimità di opzioni ermeneutiche ed applicative di altre disposizioni dell’ordinamento che si risolverebbero, di fatto, nell’elusione del divieto di rinnovazione dei contratti pubblici, ed impedirebbero l’effettiva conformazione dell’ordinamento interno a quello comunitario[21].
La Corte dei conti ha ribadito l’esistenza di precisi limiti per la proroga
Tali considerazioni, aggiunge la Corte dei conti, valgono anche con riferimento all’indebito ricorso ad istituti similari, quali la proroga, poiché la ratio della legge n. 62 del 2005 consiste nel dare massima attuazione ai principi di concorrenza e di par condicio – divenuti sempre più i veri principi ispiratori della disciplina europea e nazione per l’affidamento degli appalti pubblici – rendendo così obbligatorio il ricorso alle procedure di evidenza pubblica ai fini della scelta del contraente, fatti salvi i casi, eccezionali e dunque di stretta interpretazione, ammessi dall’ordinamento europeo[22].
(*) Avvocato, funzionario pubblico, Responsabile della Sezione Monitoraggio appalti di servizi e forniture della Regione Umbria. Il presente contributo costituisce espressione della libera opinione dell’autrice, si configura quale semplice analisi di studio liberamente apprezzabile dai lettori – che rimangono pertanto responsabili in via esclusiva per le proprie decisioni e conseguenti scelte operative – e non impegna in alcun modo l’amministrazione regionale (versione definitiva completata in data 29 ottobre 2014).
[1] TAR Sardegna, sez. I, 25 settembre 2014, n. 755.
[2] Corte dei conti, sez. regionale di controllo per il Veneto, deliberazione n. 215/2009/Par del 2 dicembre 2009.
[3] L’art. 57, comma 5, lett. b) del codice dei contratti pubblici prevede, inoltre, che – all’atto di indizione della gara originaria – l’importo complessivo stimato dei servizi che dovranno essere ripetuti è computato per la determinazione del valore globale del contratto, ai fini del rispetto delle soglie di rilievo europeo.
[4] TAR Campania, Napoli, sez. I, 6 maggio 2008, n. 3379.
[5] C.d.S., sez. IV, 31 ottobre 2006, n. 6458, a margine di una ripetizione di servizi analoghi disciplinata, ratione temporis, all’art.7, comma 2, lett. f) del decreto legislativo n.157 del 1995.
[6] Ai sensi dell’art. 19 del D.L. 24 giugno 2014, n. 90 s.m.i., i compiti e le funzioni svolti dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture sono stati trasferiti all’Autorità nazionale anticorruzione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.
[7] FAQ Tracciabilità dei flussi finanziari (Aggiornamento al 21 maggio 2014), n. B17, in www.avcp.it .
[8] FAQ Contributi in sede di gara (Aggiornamento al 21 maggio 2014), n. 11, in www.avcp.it .
[9] A.V.C.P., Determinazione n. 4 del 7 luglio 2011, recante le Linee guida sulla tracciabilità dei flussi finanziari ai sensi dell’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, paragrafo 2.1. In senso conforme cfr. FAQ Tracciabilità dei flussi finanziari cit., n. 39.
[10] In conformità a quanto chiarito da A.V.C.P. con la determinazione n. 4/2011 cit.
[11] Non appare superfluo ricordare, infatti, che la legge 13 agosto 2010, n. 136, recante il Piano straordinario contro le mafie, ha previsto, all’art. 6 (Sanzioni), comma 2, che le transazioni relative ai lavori, ai servizi e alle forniture comportano, a carico del soggetto inadempiente, l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria dal 2 al 10 per cento del valore della transazione nel caso in cui nel bonifico bancario o postale, ovvero in altri strumenti di incasso o di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni, venga omessa l’indicazione del CUP o del CIG.
[12] Il decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 dispone infatti, all’art. 41 (Validità dei certificati) che i certificati rilasciati dalle pubbliche amministrazioni attestanti stati, qualità personali e fatti non soggetti a modificazioni hanno validità illimitata e che le restanti certificazioni hanno validità di sei mesi dalla data di rilascio se disposizioni di legge o regolamentari non prevedono una validità superiore.
[13] Così come è possibile dedurre ancora ex art. 41 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000.
[14] Un fugace accenno alla possibilità di proroga è contenuto all’art. 253, comma 27 del codice, relativo a “concessioni già affidate, ovvero rinnovate e prorogate ai sensi della legislazione vigente alla data del 10 settembre 2002”.
[15] Ai sensi dell’art. 11, comma 6 del codice “L’offerta è vincolante per il periodo indicato nel bando o nell’invito e, in caso di mancata indicazione, per centottanta giorni dalla scadenza del termine per la sua presentazione. La stazione appaltante può chiedere agli offerenti il differimento di detto termine”.
[16] Ai sensi del già citato art. 11, comma 6 del codice dei contratti pubblici.
[17] C.d.S., IV, sent. 31 ottobre 2006, n. 6462.
[18] C.d.S., IV, sent. 31 maggio 2007, n. 2866. Anche l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ha individuato alcune ristrettissime ipotesi nelle quali la proroga può ritenersi ammessa, in ragione del principio di continuità dell’azione amministrativa, restringendo tuttavia tale possibilità a casi limitati ed eccezionali nei quali, per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’amministrazione, vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento, con le ordinarie procedure, di un nuovo contraente: così A.V.C.P. parere AG 33/13 del 16 maggio 2013, che richiama, ex multis, la propria precedente deliberazione 19 gennaio 2011, n. 7, nonché la deliberazione 19 dicembre 2012, n. 110, la deliberazione 19 settembre 2012, n. 82, la deliberazione 10 settembre 2008, n. 36 e la deliberazione 6 ottobre 2011, n. 86.
[19] TAR Lombardia, Milano, I, sent. 23 gennaio 2012, n. 251; nondimeno, la medesima pronuncia ha riconosciuto legittimo il provvedimento con il quale la stazione appaltante, a seguito dell’inutile esperimento di una nuova procedura, abbia disposto la proroga del contratto in essere, in conformità a quanto già espressamente previsto e consentito dal capitolato speciale d’appalto. In tal caso, infatti, la stazione appaltante non ha proceduto ad un “rinnovo”, alias ad una novazione di un rapporto esaurito, ma si è al contrario avvalsa, prima della sua scadenza, della facoltà – prevista ab origine dal capitolato – di estendere per un ridotto lasso temporale la durata del rapporto negoziale, e ciò per un periodo limitato e necessario per consentire la conclusione della nuova procedura di selezione.
[20] TAR Lazio, Roma, III, sent. 30 gennaio 2012, n. 1043, che rinvia a C.d.S., V, sent. 1 marzo 2010, n. 1156.
[21] C.d.S., sez. VI, 24 novembre 2011, n. 6194.
[22] C.d.S., n. 6194/2011 cit.
[23] C.d.S., n. 6194/2011 cit.
[24] C.d.S., sez. III, 5 luglio 2013, n. 3580.
[25] C.d.S., n. 3580/2013 cit., che richiama C.d.S., sez. VI, 16 febbraio 2010, n. 850; C.d.S., sez. V, 27 aprile 2012, n. 2459; C.d.S., sez. VI, 16 marzo 2009, n. 1555.
[26] C.d.S., sez. V, 20 agosto 2013, n. 4192, secondo cui tale principio vale sicuramente anche in relazione alle concessioni di servizio e alle concessioni su aree demaniali afferenti al servizio stesso ex art. 30 del codice dei contratti pubblici. Va peraltro segnalato che diversa parte della giurisprudenza amministrativa ha sottolineato, anche recentemente, la legittimità della clausola, conosciuta e accettata da tutti i partecipanti alla gara, contenuta nell’originaria lex specialis di gara, che aveva previsto la possibilità di prorogare “automaticamente” il contratto alla sua scadenza, in quanto tale clausola ha formato oggetto dell’insieme di regole sulle quali si è svolto il confronto concorrenziale tra le imprese, nel rispetto dei principi di trasparenza e concorrenza, con la conseguenza che tutti i partecipanti hanno avuto la possibilità di formulare le proprie offerte tenendo conto della possibilità del prolungamento della durata del contratto: così C.d.S., sez. III, 28 febbraio 2014, n. 942, che richiama C.d.S. n. 3580/2013 cit.
[27] TAR Sardegna, n. 755/2014 cit., che richiama T.A.R. Sardegna, sez. I, 6 marzo 2012, n. 242.
[28] FAQ Tracciabilità dei flussi finanziari cit., n. 42.
[29] FAQ Tracciabilità dei flussi finanziari cit., n. 39.
[30] Il comma 1 dell’art. 23 della legge n. 62/2005 ha disposto la soppressione dell’ultimo periodo dell’articolo 6, comma 2 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 s.m.i., ove si ammetteva che, entro tre mesi dalla scadenza dei contratti, le amministrazioni potevano accertare la sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse per la rinnovazione dei contratti medesimi e, ove fosse stata verificata tale sussistenza, potevano comunicare al contraente la volontà di procedere alla rinnovazione del contratto.
[31] Corte conti Veneto, deliberazione n. 215/2009/Par cit.
[32] È significativo notare che dalla Relazione 2742-A allegata al testo del DDL recante la legge comunitaria 2004 emerge che la modifica normativa era stata resa necessaria a seguito delle censure mosse da parte della Commissione europea, espresse nel parere motivato del 16 dicembre 2003 (procedura d’infrazione n. 2003/2110), per contrasto con gli articoli 11, 15 e 17 della direttiva 92/50/CEE, in materia di appalti di servizi, con gli articoli 6 e 9 della direttiva 93/36/CEE, in materia di appalti pubblici, e con gli articoli 43 e 49 del Trattato CE, relativi alla libertà di stabilimento ed alla libertà di prestazione dei servizi. La Commissione europea aveva infatti ritenuto che l’articolo 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, consentiva alle amministrazioni pubbliche di attribuire in modo diretto, e senza ricorrere ad alcuna procedura di messa in concorrenza, nuovi appalti di servizi e di forniture, che sarebbero stati affidati, in tal modo, mediante procedure non coerenti con il diritto comunitario.
[33] Circostanza, peraltro, ben evidenziata anche in C.d.S., n. 6458/2006 cit.
[34] Corte conti Veneto, deliberazione n. 215/2009/Par cit.
[35] Corte conti Veneto, deliberazione n. 215/2009/Par cit.