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Premesse: il quadro normativo odierno in raffronto col previgente

Come ormai noto ai più, in applicazione di quanto previsto dall’articolo 29, co. 1, lett. a), del D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito in Legge 28 marzo 2022, n. 25, è stato reso obbligatorio “l’inserimento, nei documenti di gara iniziali, delle clausole di revisione dei prezzi previste dall’articolo 106, comma 1, lettera a), primo periodo di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fermo restando quanto previsto dal secondo e dal terzo periodo della medesima lettera a)…”.

La succitata norma, in particolare, ha previsto che per le gare bandite a far data dal 27 gennaio 2022 e fino al 31 dicembre 2023, le stazioni appaltanti siano tenute a prevedere, negli atti di gara, delle clausole di revisione dei prezzi contrattuali di cui all’articolo 106, co. 1, lett. a), del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (di seguito, “Codice dei Contratti”).

Dalla lettura della norma, risulta subito evidente che il Legislatore non abbia inteso compiere alcuna distinzione in ordine alla disciplina applicabile nei diversi casi in cui l’approvvigionamento pubblico consti di opere o di servizi.

Invero, nulla di nuovo sotto il sole del mercato delle commesse pubbliche.

Molti rammenteranno che già il previgente codice degli appalti (d.lgs. 163/2006) prescriveva una specifica disciplina in tema di revisione del corrispettivo, prevedendo, inoltre, differenti modalità di rideterminazione dello stesso, nel caso si trattasse di un corrispettivo per remunerare l’esecuzione di un appalto di servizi a carattere continuativo ovvero per remunerare l’esecuzione di un appalto di un’opera pubblica.

All’articolo 115 il precedente codice era previsto, infatti, l’obbligatorietà della revisione del corrispettivo offerto in gara, con esclusivo riguardo ai contratti di servizi e forniture a esecuzione continuata o periodica, che operava su istanza di parte, previa apposita istruttoria del RUP.

Diverso, invece, era il meccanismo pensato per i lavori, previsto dall’articolo 133, co. 2, che, nel vietare l’applicazione della revisione (nonché dell’articolo 1664 del Codice Civile), imponeva, d’altro canto, l’applicazione del meccanismo del c.d. “prezzo chiuso”, secondo cui sarebbe stato possibile rivedere il prezzo delle lavorazioni ancora da effettuarsi, ad un dato tempo, in funzione della differenza tra il tasso d’inflazione reale e quello programmato, rilevata annualmente dal Ministero delle Infrastrutture.

L’articolo 106, co. 1, lett. a), del Codice dei Contratti vigente si limita, invece, a definire come facoltativo l’inserimento di clausole di revisione, rimettendo alla discrezionalità della Stazione Appaltante la valutazione di tale opportunità, almeno fino all’introduzione della norma di che trattasi, che ha imposto, sebbene per un periodo limitato, la sua obbligatorietà.

E’ obbligatorio l’inserimento, nei documenti di gara iniziali, delle clausole di revisione dei prezzi previste dall’articolo 106, comma 1, lettera a), primo periodo di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50

Ciò premesso, il presente contributo mira a verificare in che termini, tale obbligo possa estendersi ai servizi di natura intellettuale, quali sono, in particolare, i servizi di natura tecnica.

L’analisi appare ancor più necessaria, se si pone riguardo ad alcuni impulsi che sono pervenuti dalle associazioni di categoria dei progettisti, che hanno inteso cavalcare, da un lato, l’onda inflattiva di questo periodo, lamentando una discriminazione con gli altri servizi del mercato delle commesse pubbliche, dall’altro, la mancata chiarezza dell’ambito oggettivo di applicazione della revisione stessa.

Sebbene il Legislatore non abbia inteso espressamente escludere alcuna fattispecie – né in funzione della durata del contratto né in funzione del loro oggetto -, si nutrono, invero, dubbi in merito all’applicabilità della revisione del corrispettivo per gli appalti che siano connotati da una esigua durata, nonché per i servizi di natura intellettuale, con specifico riferimento ai servizi di progettazione. 

  1. La giurisprudenza formatasi in tema di revisione sulla base della normativa previgente

Come accennato in premessa, secondo la disciplina previgente, l’istituto della revisione era stato ritenuto come propriamente applicabile agli appalti di servizi o forniture di durata pari almeno ad un anno.

A tale riguardo, la giurisprudenza amministrativa, con sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 luglio 2022, n. 5667, aveva posto in evidenza alcuni nodi ermeneutici caratterizzanti l’istituto in parola:

“a) la revisione prezzi si applica ai contratti di durata, ad esecuzione continuata o periodica, trascorso un determinato periodo di tempo dal momento in cui è iniziato il rapporto e fino a quando lo stesso, fondato su uno specifico contratto, non sia cessato ed eventualmente sostituito da un altro;

b) con la previsione dell’obbligo di revisione del prezzo, i contratti di servizi e forniture sono stati muniti di un meccanismo che, a cadenze determinate, comporti la definizione di un «nuovo» corrispettivo per le prestazioni oggetto del contratto, conseguente alla dinamica dei prezzi registrata in un dato arco temporale, con beneficio per entrambi i contraenti;

c) l’istituto della revisione dei prezzi, in particolare, ha la finalità di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa e al contempo essa è posta a tutela dell’interesse dell’impresa a non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi sopraggiunte durante l’arco del rapporto;

d) l’istituto della revisione prezzi si atteggia secondo un modello procedimentale volto al compimento di un’attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale”.

Sul punto, il Consiglio di Stato, Sez. III, 12 agosto 2019, n. 5686, aveva chiarito che la revisione prezzi, secondo quella disciplina, si riferiva ai contratti di durata pluriennale a partire dall’anno successivo al primo, con lo scopo di “…salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse (incidente sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell’offerta), e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2295; Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994; Cons. di Stato, Sez. III, 20 agosto 2018, n. 4985)…”, onde evitare che “il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 aprile 2014 n. 2052; Sez. III 4 marzo 2015 n. 1074; Sez. V 19 giugno 2009 n. 4079)”[1].

Nella disciplina di diritto positivo dell’istituto non è affatto stabilito che la revisione prezzi abbia come obiettivo l’azzeramento del rischio di impresa connesso alla sopportazione in capo all’appaltatore dell’alea contrattuale normale riconducibile a sopravvenienze, quali l’oscillazione generale e diffusa dei prezzi

In altre parole, il presupposto per l’applicazione della revisione, così come congegnata dalla normativa previgente, era quello di verificare che, durante l’arco di esecuzione del contratto, ci fossero state delle oscillazioni inflattive tali da incidere sulla remuneratività dell’offerta presentata dall’appaltatore.

E’ di tutta evidenza che, ove il contratto prevedesse l’espletamento delle prestazioni in un arco limitato di tempo, ogni revisione del relativo corrispettivo finirebbe per annullare l’assunzione del rischio di impresa, proprio di un contratto di appalto, in quanto, come sancito più di recente, “nella disciplina di diritto positivo dell’istituto non è affatto stabilito che la revisione prezzi abbia come obiettivo l’azzeramento del rischio di impresa connesso alla sopportazione in capo all’appaltatore dell’alea contrattuale normale riconducibile a sopravvenienze, quali l’oscillazione generale e diffusa dei prezzi. Al contrario, è necessario che ricorrano circostanze eccezionali e imprevedibili, la cui esistenza non può essere ricondotta ad aumenti del costo di fattori della produzione prevedibili – anche dal punto di vista della loro consistenza valoriale – nell’ambito del normale andamento dei mercati relativi, dovendo invece a tal fine farsi riferimento ad eventi, appunto eccezionali ed imprevedibili, tali da alterare significativamente le originarie previsioni contrattuali[2].

Di stesso avviso si è mostrata ANAC, con il parere n. 20 del 18 luglio 2022, laddove ha avuto modo di far propri alcuni recenti arresti pretori, rammentando che “…la clausola di revisione dei prezzi ai sensi del citato art. 106, comma 1, lett. a) non assume la funzione di eliminare completamente l’alea tipica di un contratto d’appalto. «Se indubbiamente il meccanismo deve prevedere la correzione dell’importo previsto ab origine in esito al confronto comparativo — per prevenire il pericolo di un’indebita compromissione del sinallagma contrattale — il riequilibrio non si risolve in un automatismo perfettamente ancorato ad ogni variazione dei valori delle materie prime (o dei quantitativi), che ne snaturerebbe la ratio trasformandolo in una clausola di indicizzazione” (T.A.R. Brescia, sez. I, 03/07/2020, n. 504; TAR Trieste, sez. I, 7 luglio 2021 n. 211)» (TAR Lombardia n. 238/2022 cit., in tal senso anche TAR Lombardia n. 181/2022 cit.)”.

  • La posizione di ANAC

Rammentato il quadro normativo e giurisprudenziale, la cornice interpretativa è stata adornata dall’ANAC, che, con la Delibera numero 154 del 16 marzo 2022 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – n. 91 del 19 aprile 2022) ha provveduto a rettificare il Bando tipo n. 1 recante lo schema di disciplinare per “Procedura aperta telematica per l’affidamento di contratti pubblici di servizi e forniture nei settori ordinari sopra soglia comunitaria con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo”.

L’Autorità ha inteso concentrare la propria attenzione sui contratti di durata superiore all’anno, assumendo come presupposto per la revisione del corrispettivo il fatto che il contratto sia connotato da una durata sufficiente da legittimare una attività finalizzata alla rideterminazione delle condizioni di equilibrio economico tra le parti del contratto.

L’Autorità, in particolare, ha integrato lo schema precedente per mezzo del punto 3.3 del Bando tipo n. 1, rubricato “Revisione dei prezzi”, ricordando come l’inserimento della stessa clausola di revisione del corrispettivo sia obbligatorio “fino al 31/12/2023 per i contratti pubblici, i cui bandi o avvisi siano pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, qualora l’invio degli inviti a presentare le offerte sia effettuato successivamente alla data di entrata in vigore del decreto medesimo”, individuando al contempo  degli schemi di clausole da inserire negli atti di gara:

•          “[nei contratti di durata superiore all’anno]: A partire dalla seconda annualità contrattuale] i prezzi sono aggiornati, in aumento o in diminuzione, … [indicare le modalità di revisione. Ad esempio, sulla base dei prezzi standard rilevati dall’ANAC, degli elenchi dei prezzi rilevati dall’ISTAT, oppure, qualora i dati suindicati non siano disponibili, in misura non superiore alla differenza tra l’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, al netto dei tabacchi (c.d. FOI) disponibile al momento del pagamento del corrispettivo e quello corrispondente al mese/anno di sottoscrizione del contratto].

•          La revisione dei prezzi è riconosciuta se le variazioni accertate risultano superiori al … per cento [indicare la percentuale] rispetto al prezzo originario.

•          [nei contratti di durata superiore all’anno] La revisione dei prezzi può essere richiesta una sola volta per ciascuna annualità”.

Dalla lettura delle succitate possibili clausole, emerge come l’Autorità abbia inteso concentrare la propria attenzione sui contratti di durata superiore all’anno, assumendo come presupposto per la revisione del corrispettivo il fatto che il contratto sia connotato da una durata sufficiente da legittimare una attività finalizzata alla rideterminazione delle condizioni di equilibrio economico tra le parti del contratto.

Quanto sopra, ci consente, sotto altro profilo, di sostenere come trovi conferma la tesi per cui la revisione non trovi applicabilità ai contratti la cui durata è limitata nel tempo, e perciò stesso intangibili rispetto alle oscillazioni di mercato dei prezzi sottostanti.

  • La posizione del Ministero delle Infrastrutture

L’OICE (l’Associazione di categoria, aderente a Confindustria, che rappresenta le organizzazioni italiane di ingegneria, architettura e consulenza tecnico-economica), con atto del proprio ufficio legislativo denominato “Focus OICE su revisione prezzi nei servizi” del 25 marzo 2022 e pubblicato il successivo 28 marzo 2022, ha sollecitato di recente un inserimento specifico di una clausola contrattuale per l’applicazione della revisione nei contratti relativi ai servizi di ingegneria, sebbene consapevole dell’arduo compito delle Stazioni Appaltanti che, a tale scopo, dovrebbero “ragionare sulle concrete prospettive di tale clausola”, intravedendo, come soluzione la sola “automatica indicizzazione” del compenso.

A tal proposito, è opportuno rammentare che il governo allora in carica aveva espresso parere negativo rispetto all’inserimento, all’interno della legge di conversione del Sostegni Ter, di una specifica clausola per i compensi dei progettisti, evidenziando sin da subito come lo spirito della legge non contemplasse i servizi di questa tipologia.

La clausola in questione, infatti, è applicabile a tutti i contratti che abbiano termine di conclusione distante dalla conclusione del contratto e/o consegna dei servizi/lavori. In merito al terzo quesito, si ritiene che nelle procedure di affidamento in oggetto ad esecuzione non istantanea, la clausola di revisione prezzi sia rapportata solo all’importo delle spese e degli oneri accessori

Il succitato approccio contrario del governo Draghi allora in carica, è stato in effetti confermato dal Ministero della Infrastrutture laddove, chiamato a esprimere parere in merito alle concrete modalità operative della clausola in questione, ha avuto modo di limitare, con parere n. 1455 dell’8 maggio 2022, pubblicato, però, ad ottobre del 2022, l’ambito di operatività della revisione alle sole prestazioni di servizi di ingegneria e architettura la cui esecuzione sia prolungata nel tempo, quali, ad esempio, la direzione dei lavori e il coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, escludendone espressamente l’applicazione per gli appalti a esecuzione c.d. “istantanea”, quali i servizi di progettazione e di coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, proprio in ragione della breve durata dell’esecuzione dell’incarico ed esclusivamente con riferimento alle spese e agli oneri accessori.

Per completezza espositiva si rappresenta che, in relazione alla pretesa avanzata sempre da OICE di applicare revisione del corrispettivo in funzione degli obblighi di adeguamento del prezzo dei lavori, ai sensi dell’articolo 26 del D.L. 18 maggio 2022, convertito in L. 15 luglio 2022, n. 91, il Ministero delle Infrastrutture ha inoltre sottolineato, con parere n. 1371 del 21 giugno 2022, come alcuna revisione del corrispettivo per i progettisti sia dovuto nell’ipotesi di aumento del valore dell’opera progettata conseguente alla rideterminazione dell’importo dei lavori in ragione dell’attuazione dell’adeguamento di cui all’articolo 26 del D.L. n. 50/2022.

  • Conclusioni

Le superiori considerazioni consento, pertanto, di chiudere il cerchio in ordine all’ambito di operatività dell’obbligo di revisione del corrispettivo di appalto, sancito dall’articolo 29 in parola.

Sebbene ANAC mostri di essere di segno opposto, la giurisprudenza relativa alla normativa previgente sul tema ed i pareri del Ministero delle Infrastrutture, tracciano una linea ermeneutica bene chiara: perché i corrispettivi di appalto possano essere oggetto di revisione, è necessario che gli stessi siano connotati da una durata pluriennale.

Secondo il Ministero, in particolare, “la clausola in questione, infatti, è applicabile a tutti i contratti che abbiano termine di conclusione distante dalla conclusione del contratto e/o consegna dei servizi/lavori”, giungendo a concludere che sia “corretto non applicare la clausola di revisione ai contratti ad esecuzione istantanea”, escludendo, pertanto, i corrispettivi relativi ai servizi di progettazione pura, nonché limitando, per i servizi a  ad esecuzione non istantanea, l’applicazione della  clausola di revisione prezzi in rapporto al solo all’importo delle spese e degli oneri accessori.

De jure condendo, la Legge 21 giugno 2022, n. 78, recante la delega in materia di contratti pubblici, all’articolo 1, co. 2, lett. g), stabilisce che il nuovo codice preveda “…un regime obbligatorio di revisione dei prezzi al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva e prevedibili al momento della formulazione dell’offerta compresa la variazione del costo derivante dal rinnovo dei contratti collettivi  nazionali di lavoro sottoscritti  dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale,  applicabili in relazione all’oggetto dell’appalto e delle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente, stabilendo che gli eventuali oneri derivanti dal suddetto meccanismo di revisione dei prezzi siano a valere sulle risorse disponibili del quadro economico degli interventi e su eventuali altre risorse disponibili per la stazione  appaltante da utilizzare nel rispetto delle procedure contabili di spesa”.

L’articolo 60 delle bozze di decreto delegato che sono state fatte circolare in questi giorni da parte del Consiglio di Stato, prevedono, in effetti, un obbligo di inserimento, a cura della stazione appaltanti, di una clausola di revisione del prezzo, senza che sia stato chiarito l’ambito di operatività della clausola.

Sarebbe opportuno che l’occasione sia colta, onde conferire alla disciplina della revisione un canone ermeneutico chiaro, identificando l’ambito oggettivo di applicazione della stessa, facendo tesoro, anche, delle indicazioni pervenute di recente dal Ministero competente.


[1] (Consiglio di Stato, 16 giugno 2020, n. 3874)

[2] (cfr. T.A.R. Milano, 26.01.2022 n. 181, in tal senso anche T.A.R. Napoli, Sez. I, n. 2306/2014; T.A.R. Milano, Sez. I, n. 435/2021)

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Giuseppe Totino
Esperto in contratti pubblici
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