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1 Premessa

La materia della revisione prezzi ha sempre tormentato il legislatore.

Nel precedente numero della Rivista Mediappalti, e’ stato affrontato il tema della revisione prezzi nei servizi e nelle forniture (cfr. Mediappalti, anno II n. 3).

Nel presente fascicolo, per completezza, sara’ esaminata la normativa che disciplina la revisione prezzi nei lavori pubblici.

Analogamente a quanto avviene per gli appalti di forniture e servizi, anche l’appalto di opere pubbliche e’ disciplinato da una normativa speciale rispetto a quella che disciplina la revisione prezzi nel diritto comune.

Tradizionalmente, a differenza di quanto avviene nel diritto comune, nella revisione prezzi dei lavori pubblici, si da’ luogo al riconoscimento a prescindere da qualsiasi considerazione in tema di prevedibilita’ o meno delle circostanze che hanno determinato la variazione nei costi dei fattori della produzione (presupposto che, invece, caratterizza la revisione prezzi nel sistema del codice civile).

Per un migliore inquadramento della materia, e’ opportuno un breve excursus storico sulle principali modifiche normative che hanno caratterizzato l’istituto.

2 Cenno storico

Storicamente, si contano numerosi interventi normativi che, dall’inizio dello scorso secolo, hanno via via interessato la materia.

Gli interventi normativi si sono verificati, di norma, in occasione di eventi che determinavano il mutamento dei costi dei fattori della produzione.

A) Primo dopoguerra

Ad esempio, nel primo dopoguerra, l’articolo 8 del D. Lgt. n. 107/1919, autorizzava la P.A. ad inserire nei contratti la clausola revisionale qualora fosse possibile prevedere una notevole oscillazione dei prezzi. Nello stesso senso erano ad esempio l’articolo 10 del R.D. 8 febbraio 1923 n. 422; l’art. 2 R.D.L. 6 agosto 1937 n. 1896; l’art. 2 R.D.L. 21 giugno 1938 n. 1296.

L’intento del legislatore era evidentemente quello di evitare che l’appaltatore “gonfiasse” le offerte in modo da tener conto anche dell’eventuale aumento dei fattori della produzione, determinato dai fenomeni inflazionistici del periodo post bellico, ovvero si trovasse in difficolta’ e, quindi, non portasse a tempestivo compimento l’opera.

B) Secondo dopoguerra

Nel secondo dopoguerra il D.Lgs.C.P.S. 6 dicembre 1947, n. 1501 prevedeva che “per i lavori relativi ad opere pubbliche di qualunque durata da appaltarsi, da concedersi o da affidarsi dalle Amministrazioni e dalle Aziende dello Stato anche con ordinamento autonomo, dalle Province, dai Comuni o dagli altri Enti pubblici è ammessa, salvo patti in contrario, la facoltà di procedere alla revisione dei prezzi pattuiti quando l’Amministrazione riconosca che il costo complessivo dell’opera è aumentato o diminuito in misura superiore al 10% per effetto di variazioni dei prezzi correnti intervenute successivamente alla presentazione della offerta. La revisione si intende operativa soltanto per la parte della differenza eccedente la percentuale suddetta […]”.

C) Divieto di procedere alla revisione prezzi per i lavori infrannuali. Introduzione del concetto di “prezzo chiuso”

Dopo vari interventi normativi, si arriva alla legge 28 febbraio 1986 n. 41 il cui articolo 33 abroga le precedenti disposizioni in contrasto con quanto da essa previsto  ed introduce i seguenti principi:

A) per i lavori relativi ad opere pubbliche da appaltarsi, da concedersi o da affidarsi dalle Amministrazioni e dalle Aziende dello Stato, anche con ordinamento autonomo, dagli enti locali o da altri enti pubblici, non è ammessa la facoltà di procedere alla revisione dei prezzi;

B) per i lavori di cui sopra aventi durata superiore all’anno, la facoltà di procedere alla revisione dei prezzi è ammessa, a decorrere dal secondo anno successivo alla aggiudicazione e con esclusione dei lavori già eseguiti nel primo anno e dell’intera anticipazione ricevuta, quando l’Amministrazione riconosca che l’importo complessivo della prestazione è aumentato o diminuito in misura superiore al 10 per cento per effetto di variazioni dei prezzi correnti intervenute successivamente alla aggiudicazione stessa. Le variazioni dei prezzi da prendere a base per la suddetta revisione per ogni semestre dell’anno sono quelle rilevate, rispettivamente, con decorrenza 1° gennaio e 1° luglio di ciascun anno (72).

Il terzo comma del citato articolo 33 prevedeva la facolta’, esercitabile dall’Amministrazione, di ricorrere al prezzo chiuso, consistente nel prezzo del lavoro al netto del ribasso di asta, aumentato del 5 per cento per ogni anno intero previsto per l’ultimazione dei lavori.

Infine, il comma 5 prevedeva che le disposizioni sopra sintetizzate, trovassero applicazione anche relativamente ai contratti aventi per oggetto forniture e servizi aggiudicati successivamente all’entrata in vigore della legge.

D) Il rapporto tra revisione prezzi e prezzo chiuso nella giurisprudenza della Cassazione.

In merito al rapporto tra revisione prezzi e prezzo chiuso, in tema di appalto di opere pubbliche, la giurisprudenza della Cassazione era giunta a distinguere nettamente i due istituti, considerandoli tra loro alternativi. La Cassazione (sez. I, sent. n. 4181 del 13-05-1997) era infatti giunta alla seguente conclusione: “l’istituto generale della “revisione dei prezzi” e quello del cosiddetto “prezzo chiuso“, introdotto dal comma quarto dell’art. 33 della legge 28 febbraio 1986 n. 41, rispondono a finalità ed esigenze diverse e distinte. Mentre, infatti, la revisione prezzi tende a ristabilire il rapporto sinallagmatico tra la prestazione dell’appaltatore e la controprestazione dell’Amministrazione, adeguando il corrispettivo alle variazioni dei prezzi di mercato qualora questi ultimi superino la soglia prevista dall’alea contrattuale, il “prezzo chiuso” risponde al criterio di un’alea convenzionale e forfetizzata che, mentre assicura all’Amministrazione certezza di bilanci, cristallizzando il corrispettivo dell’appalto in una cifra fissa e predeterminata, indennizza – anche se parzialmente – l’appaltatore nei riguardi della svalutazione monetaria intervenuta nel corso del rapporto contrattuale, e, se non perviene all’adeguamento in termini reali del corrispettivo, evita – d’altra parte – i rischi relativi alla “revisione dei prezzi” (alea elevata al 10 per cento, congelamento del primo anno)”.

Dunque, mentre una parte della Dottrina inquadrava la ratio della revisione dei prezzi nell’appalto di opere pubbliche quale tutela dell’interesse pubblico a vedere correttamente e tempestivamente adempiuta l’obbligazione dedotta nel contratto d’appalto, scongiurando il pericolo che la posizione dell’appaltatore potesse divenire critica ai fini della puntuale esecuzione dell’opera (cfr Antonio Cianflone, “L’Appalto di Opere Pubbliche”, nona edizione, pagina 701), la Cassazione ne ravvisa piuttosto la ratio nella necessita’ di riequilibrare il sinallagma contrattuale potenzialmente leso dall’intervenuta modifica dei prezzi.

Il “prezzo chiuso”, invece, nella ricostruzione operata dalla Suprema Corte, indicava la misura del rischio accettato dalle Parti.

Si deve anche segnalare che la giurisprudenza del CdS formatasi nella vigenza del richiamato art. 33, escludeva la revisione prezzi per i contratti di durata inferiore ad un anno (Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. n. 1331 del 30 settembre 1998).

E) Il divieto della revisione prezzi si conferma nell’impianto della legge 109 del 1994 (legge Merloni) che conferma il “prezzo chiuso” ed introduce il meccanismo delle “compensazioni”.

Il meccanismo del prezzo chiuso sopravvisse con fasi alterne sino ad essere reintrodotto dall’articolo 26 della legge 11 febbraio 1994 n. 109 (c.d. “legge Merloni”).

La legge Merloni stabili’ in sintesi tre cose:

A) il divieto di procedere alla revisione prezzi per i lavori pubblici affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli altri enti aggiudicatori o realizzatori, nonche’ il divieto di applicazione della revisione prezzi dettata dal diritto comune al primo comma dell’articolo 1664 del codice civile;

B) il meccanismo del prezzo chiuso, “consistente nel prezzo dei lavori al netto del ribasso d’asta, aumentato di una percentuale da applicarsi, nel caso in cui la differenza tra il tasso di inflazione reale e il tasso di inflazione programmato nell’anno precedente sia superiore al 2 per cento, all’importo dei lavori ancora da eseguire per ogni anno intero previsto per l’ultimazione dei lavori stessi”. La norma prevedeva poi che tale percentuale fosse fissata con decreto del Ministro dei lavori pubblici da emanare entro il 30 giugno di ogni anno, nella misura eccedente la predetta percentuale del 2 per cento.

C) In deroga al meccanismo del prezzo chiuso, si introduceva il criterio delle “compensazioni”. Si prevedeva, infatti che qualora il prezzo di singoli materiali da costruzione, per effetto di circostanze eccezionali, subisse variazioni in aumento o in diminuzione, superiori al 10 per cento rispetto al prezzo rilevato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell’anno di presentazione dell’offerta con apposito decreto, si facesse luogo a compensazioni, in aumento o in diminuzione, per la percentuale eccedente il 10 per cento e nel limite delle risorse di cui al comma 4-sexies del medesimo articolo 26 (somme accantonate per eventi imprevisti, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, Ndr). 

Si chiariva poi che “la compensazione è determinata applicando la percentuale di variazione che eccede il 10 per cento al prezzo dei singoli materiali da costruzione impiegati nelle lavorazioni contabilizzate nell’anno solare precedente al decreto di cui al comma 4-quater nelle quantità accertate dal direttore dei lavori”.

3 La revisione prezzi nel sistema del Codice degli Appalti.

La normativa di riferimento e’ contenuta nell’art. 133 del Codice degli Appalti.

Le sue disposizioni sono chiaramente ispirate a quanto previsto dall’art. 26 della Legge Merloni sopra sinteticamente ricordato. E’ bene chiarire che, dato il loro carattere di specialita’, esse derogano alle diverse previsioni stabilite dal codice civile in materia.

La norma e’ suddividibile in due grandi insiemi.

Un primo gruppo di norme (comma 1 ed 1 bis), disciplina l’eventuale ritardo nell’emissione dei certificati di pagamento o dei titoli di spesa.

Un secondo gruppo (commi 2 e seguenti), detta norme in materia di revisione ed adeguamento dei prezzi causato da fenomeni inflattivi o da altre cause.

Il primo insieme di norme, non e’ oggetto di analisi in questa sede in quanto riguarda, soprattutto, il fenomeno del ritardo nei pagamenti e degli strumenti a disposizione dell’appaltatore a propria tutela.

Oggetto di analisi e commento e’, invece, il secondo gruppo di norme. 

A) Il presupposto della colpa dell’appaltatore.

Prima di procedere al commento delle norme che disciplinano la revisione prezzi nei lavori pubblici, e’ necessario premettere che in tanto sara’ appalicabile la disciplina prevista dal legislatore, in quanto si sia in assenza di colpe attribuibili all’appaltatore.

La Cassazione, Sez. I, 5 marzo 2008 n. 5951, ha a tale riguardo chiarito come: “[…] la stessa revisione sia (e’, Ndr)  stata “domandata” dall’odierna ricorrente principale (tanto da essere stata, poi, “attribuita” dal primo Giudice) appunto “in dipendenza della ritardata consegna dei lavori”, ovvero in ragione dell’aumento dei prezzi subito dall’appaltatrice per fatto imputabile all’Amministrazione (la “ritardata consegna dei lavori” cioè) e, quindi, in funzione palesemente risarcitoria, trovandosi, del resto, affermato in dottrina che la revisione legale dei prezzi presuppone la mancanza di colpa da parte della medesima Amministrazione, nel senso esattamente che, se vi è colpa di quest’ultima e se, quindi, risultano ad essa addebitabili fatti per effetto dei quali la ritardata esecuzione dei lavori sia venuta a coincidere con un periodo di prezzi crescenti, gli aumenti subiti dall’appaltatore per fatto della committente restano al di fuori della disciplina della revisione anzidetta e dell’applicazione dello speciale procedimento predisposto per i computi revisionali, onde l’appaltatore stesso ha diritto di venire pienamente reintegrato di tutti i maggiori oneri sopportati (e che non avrebbe sopportato mediante un’esecuzione tempestiva), qualunque possa essere stata l’entità dell’aumento, senza alcuna detrazione di alea e senza alcuna pregiudiziale circa l’entità delle ripercussioni di tali maggiori oneri sul complessivo costo dell’opera”.

B)Il Codice degli Appalti conferma il divieto della revisione prezzi. Non si applica il primo comma dell’art. 1664 cod. civ. Non trova applicazione l’art. 115 del Codice degli Appalti (il cui ambito e’ riservato agli appalti di forniture e servizi).

Il comma 2 dell’articolo 133 del Codice degli Appalti, analogamente a quanto era previsto dal comma 3 dell’art. 26 della Legge Merloni  stabilisce che “per i lavori pubblici affidati dalle stazioni appaltanti non si può procedere alla revisione dei prezzi e non si applica il comma 1 dell’articolo 1664 del codice civile”.

Ricordiamo che il comma 1 dell’articolo 1664 prevede che: “qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione puo’ essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo”.

In merito alla revisione prezzi nei lavori pubblici non trovano dunque applicazione ne’ i principi stabiliti dal richiamato comma 1 dell’art. 1664 ne’ l’art. 115 del Codice degli Appalti (destinato a regolare la revisione prezzi per le forniture ed i servizi).

Con riferimento a quest’ultimo, ricordiamo come esso preveda che tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture devono recare la clausola di revisione periodica del prezzo. Questo principio non trova tuttavia applicazione per i lavori pubblici che sono, invece, specificamente disciplinati nell’art. 133 del Codice Appalti medesimo.

La Cassazione a Sezioni Unite (Ord.) n. 8519 del 5 aprile 2007 ha avuto modo di chiarire come il divieto di revisione dei prezzi sia da intendersi “principio regolatore degli appalti pubblici”. La Suprema Corte si e’, infatti, a tale riguardo cosi’ espressa:  il divieto della revisione prezzi contenuto nell’art. 3, D.L. 11.7.1992, n. 333, non consente più alcuno spazio all’esercizio di poteri discrezionali dell’amministrazione, sul quale si fondava la regola enunciata dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, secondo cui il diritto soggettivo dell’appaltatore alla revisione prezzi sorgeva soltanto quando l’amministrazione – ad esito di valutazione discrezionale – aveva espressamente riconosciuto tale diritto. La Corte regolatrice osserva che tale divieto è stato ripetuto dall’art. 26, 3° co., L. 11.2.1994, n. 109 (legge quadro sui lavori pubblici), il quale esclude, altresì, l’applicazione dell’art. 1664, 1° co. Il divieto della revisione prezzi deve, quindi, considerarsi un vero e proprio principio regolatore degli appalti pubblici. Venuto meno il potere delle amministrazioni appaltanti di concedere la revisione, non può, di conseguenza prospettarsi una corrispondente tutela d’interesse legittimo in capo all’appaltatore, ma soltanto un problema di validità delle clausole contrattuali che abbiano – nel sopravvenuto regime di divieto – riconosciuto il diritto alla revisione. Si tratta, all’evidenza, di un accertamento che non implica alcun sindacato sull’esercizio di poteri discrezionali dell’amministrazione ed è quindi, secondo le ordinarie regole di riparto della giurisdizione, devoluto al giudice ordinario, il quale dovrà verificare se una clausola che preveda la revisione prezzi sia contraria a una norma imperativa, e sia pertanto nulla ai sensi dell’art. 1418, 1° co.. Anche se si volesse ricondurre la controversia ad un rapporto di pubblico servizio, la giurisdizione, in difetto di attività discrezionali – autoritative, e non potendo configurarsi un’ipotesi di concessione poiché si tratta di contratto d’appalto, non potrebbe ritenersi devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 33, D.Lgs. 31.3.1998, n. 80, come modificato dall’art. 7, L. 21.7.2000, n. 205, secondo le regole tracciate dalla C. Cost. 26.5.2005, n. 204

C) L’ applicabilita’ del comma 2 dell’articolo 1664 codice civile all’appalto di lavori.

Si deve invece ritenere che trovi applicazione (in quanto non espressamente escluso), il comma secondo del richiamato art. 1664 (la cosiddetta “sorpresa geologica”) che espressamente recita: “se nel corso dell’opera si manifestano difficolta’ di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendono notevolmente piu’ onerosa la prestazione dell’appaltatore, questi ha diritto ad un equo compenso”.

Relativamente a tale norma, si registrano alcuni profili interpretativi che hanno da sempre accompagnato la riflessione della Dottrina e della Giurisprudenza.

Il primo, attiene all’interpretazione del termine “simili”.

Secondo una prima interpretazione, dovrebbero comprendersi nella previsione normativa tutte le cause estranee e non imputabili alle parti (purché non previste), anche di tipo diverso da quelle naturali. Vi rientrerebbe, ad esempio, il c.d. factum principis, inteso sia come normativa sopravvenuta che anche come semplice lungaggine burocratica, l’assenteismo, lo sciopero, eccetera.

Secondo altra tesi, rientrerebbero nella previsione normativa unicamente le cause naturali.

La giurisprudenza propende tendenzialmente per la seconda, più restrittiva, interpretazione.

In merito alla mancata previsione delle Parti, in giurisprudenza è stato di recente affermato che presupposto del diritto dell’appaltatore all’equo compenso sia non soltanto la mancata previsione nel contratto di appalto delle circostanze in oggetto, ma la loro stessa imprevedibilità al momento della stipulazione, sulla base della diligenza media richiesta dall’attività esercitata: la norma in esame, al pari di quella contenuta nel 1° co., costituisce infatti una specificazione del principio generale di cui all’art. 1467, 2° co. (cosi Cass, Sez I, 23 novembre 1999 n. 12989).

Relativamente all’onere di indagine sulla natura e la consistenza del suolo sul quale debba essere realizzato un fabbricato, Cassazione Sez. II, 7 settembre 2000 n. 11783 ha affermato che essa spetta comunque all’appaltatore.

D) Il meccanismo del “prezzo chiuso” e della “compensazione” nel sistema del Codice degli Appalti.

Il comma 3 ed il comma 4 dell’art. 133 prevedono rispettivamente il meccanismo del prezzo chiuso e della compensazione.

La previsione afferente il prezzo chiuso e’ in tutto identica a quella dell’art. 26 della Legge Merloni sopra richiamata. 

Ricordiamo che il prezzo chiuso consiste nel prezzo dei lavori al netto del ribasso d’asta, aumentato di una percentuale da applicarsi, nel caso in cui la differenza tra il tasso di inflazione reale e il tasso di inflazione programmato nell’anno precedente sia superiore al 2 per cento, all’importo dei lavori ancora da eseguire per ogni anno intero previsto per l’ultimazione dei lavori stessi. La norma prevede che tale percentuale sia fissata con decreto del Ministro dei lavori pubblici da emanare entro il 31 marzo di ogni anno, nella misura eccedente la predetta percentuale del 2 per cento.

A tale riguardo, la giurisprudenza amministrativa (cfr. ex multis, Cons. Stato Sez. VI, 09 giugno 2009, n. 3569), confermando precedenti pronunce rese dal TAR Lazio (ad ese. 5908/2008; 5907/2009), ha chiarito che, nell’appalto a prezzo chiuso, la ratio dell’istituto compensativo di cui all’art. 26L. n. 109/1994, non possa compendiarsi unicamente nell’esigenza di tutelare l’Amministrazione contro il rischio di scompensi nella erogazione della spesa. L’istituto, infatti, oltre che della stabilizzazione della spesa pubblica, partecipa anche della finalità di attualizzare, nell’interesse dell’appaltatore, il prezzo contrattuale al mutamento del costo della vita ove lo stesso superi, nel tempo necessario all’esecuzione del contratto, un certo limite di tollerabilità.

Il prezzo chiuso consente quindi di far fronte ad aumenti dovuti all’inflazione, prevedendo, quale corrispettivo per l’opera, il prezzo dei lavori al netto del ribasso d’asta aumentato di una percentuale fissata dal Ministro delle Infrastrutture entro il 31 marzo di ogni anno, da applicarsi nel caso in cui la differenza tra l’inflazione reale e l’inflazione programmata nell’anno precedente sia superiore al 2%.

Il comma 3 bis dell’art. 133 prevede poi che: “a pena di decadenza, l’appaltatore presenta alla stazione appaltante l’istanza di applicazione del prezzo chiuso, ai sensi del comma 3, entro sessanta giorni dalla pubblicazione del decreto ministeriale (di cui sopra, Ndr) sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”.

Il D.P.R. n. 5 ottobre 2010 n. 207 (il “Regolamento”) prevede all’articolo 172 le modalità esecutive per l’applicazione del prezzo chiuso.

Successivamente alla richiesta dell’esecutore, il responsabile del procedimento dispone che il direttore dei lavori, entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta dell’esecutore, effettui i conteggi relativi all’applicazione del prezzo chiuso.

Il comma 2 del predetto articolo 172 prescrive che: “nel termine di quarantacinque giorni decorrenti dalla presentazione dei conteggi di cui al comma 1 da parte del direttore dei lavori, il responsabile del procedimento o il dirigente all’uopo preposto, provvede a verificare la disponibilità di somme nel quadro economico di ogni singolo intervento. Entro lo stesso termine il responsabile del procedimento provvede, verificati e convalidati i conteggi effettuati dal direttore dei lavori ad emettere, ove esista la disponibilità dei fondi, il relativo certificato di pagamento”.

E) Il meccanismo della “compensazione”.

Il comma 4 dell’art. 133 prevede che “qualora il prezzo dei singoli materiali da costruzione, per effetto di circostanze eccezionali, subisca variazioni in aumento o in diminuzione, superiori al 10 per cento rispetto al prezzo rilevato dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti nell’anno di presentazione dell’offerta con il decreto annuale di rilevazione delle variazioni percentuali annuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione, si fa luogo a compensazioni, in aumento o in diminuzione, per la percentuale eccedente il 10 per cento e nel limite delle risorse appositamente accantonate per imprevisti”.

Se ricorre tale presupposto, si procede alla compensazione, in aumento o in diminuzione, per la percentuale di variazione che ecceda il 10 per cento e nel limite delle risorse destinate allo scopo.

La ratio della norma e’ evidentemente quella di ristabilire l’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni, equilibrio turbato dall’imprevisto aumento del costo dei singoli materiali.

Dunque, per l’applicazione della compensazione occorre che la variazione in aumento o diminuzione sia superiore al 10%, rispetto al prezzo rilevato dal Ministero delle Infrastrutture con il relativo decreto.

L’amministrazione deve inoltre aver provveduto ad accantonare risorse finanziarie adeguate per gli eventuali imprevisti, cui attingere per le compensazioni (si tratta degli importi da accantonare in misura non inferiore all’1% del totale dell’opera; somme a disposizione per lo stesso intervento; somme derivanti da ribassi d’asta; somme disponibili da altri interventi nei limiti della residua spesa autorizzata). Infine si tenga presente che occorre l’autorizzazione del CIPE ove si tratti di opere finanziate dal CIPE stesso.

Il comma 8 dell’art. 133 prevede poi che le stazioni appaltanti provvedono ad aggiornare annualmente i propri prezziari, con particolare riferimento alle voci di elenco correlate a quei prodotti destinati alle costruzioni, che siano stati soggetti a significative variazioni di prezzo legate a particolari condizioni di mercato. Questi prezziari cessano di avere validità il 31 dicembre di ogni anno e possono essere transitoriamente utilizzati sino al 30 giugno dell’anno successivo per i progetti a base di gara la cui approvazione sia intervenuta entro tale data.

In caso di inadempienza da parte dei predetti soggetti, i prezziari possono essere aggiornati dalle competenti articolazioni territoriali del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con le Regioni interessate.

F) Modalità per il calcolo e il pagamento della compensazione art. 171 del D.P.R. 207 del 2010 (Circolare Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 4 agosto 2005).

L’articolo 171 del Regolamento detta norme esecutive per il calcolo ed il pagamento della compensazione, prescrivendo i seguenti passaggi:

  1. nell’istanza di compensazione l’esecutore deve indicare i materiali da costruzione per i quali ritiene siano dovute eventuali compensazioni;
  2. successivamente alla richiesta dell’esecutore, il responsabile del procedimento dispone che il direttore dei lavori individui i materiali da costruzione per i quali sono dovute le eventuali compensazioni;
  3. entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta dell’esecutore, il direttore dei lavori effettua i conteggi relativi alle compensazioni e li presenta alla stazione appaltante.

Il comma 3 stabilisce poi che la compensazione è determinata dal direttore dei lavori secondo la seguente procedura:

  fase a) le variazioni percentuali annuali, per effetto di circostanze eccezionali di cui all’articolo 133, comma 4, del codice, che eccedono il dieci per cento sono applicate al prezzo, del singolo materiale da costruzione, rilevato nei decreti ministeriali annuali nell’anno solare di presentazione dell’offerta;

  fase b) la variazione di prezzo unitario determinata secondo la procedura di cui alla fase a) è applicata alle quantità del singolo materiale da costruzione contabilizzate nell’anno solare precedente.

Il direttore dei lavori provvede ad accertare le quantità del singolo materiale da costruzione cui applicare la variazione di prezzo unitario, determinata secondo la procedura di cui alla fase sub lettera a) che precede, sia per le opere contabilizzate a misura che per quelle contabilizzate a corpo e a determinare l’ammontare della compensazione secondo la procedura di cui alla superiore  fase b).

Il direttore dei lavori individua la quantità del singolo materiale da costruzione, ove detto materiale risulti presente come tale in contabilità, riscontrando nel registro di contabilità, per le opere contabilizzate a misura, le quantità contabilizzate, e per le opere contabilizzate a corpo, le percentuali di avanzamento cui corrispondono le quantità determinate sulla base delle previsioni progettuali. Qualora il singolo materiale da costruzione sia ricompreso in una lavorazione più ampia, il direttore dei lavori provvede a ricostruirne la relativa incidenza quantitativa sulla base della documentazione progettuale e degli elaborati grafici allegati alla contabilità.

La stazione appaltante verifica, tramite il direttore dei lavori, l’eventuale effettiva maggiore onerosità subita dall’esecutore, provata con adeguata documentazione, dichiarazione di fornitori o subcontraenti o con altri idonei mezzi di prova relativi alle variazioni, per i materiali da costruzione, del prezzo elementare pagato dall’esecutore, rispetto a quello documentato dallo stesso con riferimento al momento dell’offerta. Laddove la maggiore onerosità provata dall’esecutore sia relativa ad una variazione percentuale inferiore a quella riportata nel decreto ministeriale annuale, la compensazione è riconosciuta limitatamente alla predetta inferiore variazione per la parte eccedente il dieci per cento. Ove sia provata dall’esecutore una maggiore onerosità relativa ad una variazione percentuale superiore a quella riportata nel predetto decreto, la compensazione è riconosciuta nel limite massimo pari alla variazione riportata nel decreto ministeriale annuale, di cui all’articolo 133, comma 6, del codice (trattasi del Decreto del Ministero delle infrastrutture da emenarsi entro il 31 marzo di ciascun anno), per la parte eccedente il dieci per cento.

I prezzi riportati nei decreti ministeriali annuali di cui all’articolo 133, comma 6, del codice assumono unicamente un valore parametrico e non interferiscono con i prezzi contrattuali dei singoli contratti. Qualora il prezzo di un singolo materiale da costruzione non risulti essere stato rilevato nell’anno di presentazione dell’offerta, in quanto non sono state rilevate le circostanze eccezionali di cui all’articolo 133, comma 4, del codice, il direttore dei lavori fa riferimento al prezzo rilevato nel primo decreto ministeriale annuale, di cui all’articolo 133, comma 6, del codice, disponibile, successivo all’anno di presentazione dell’offerta. Sono esclusi dalla compensazione i lavori contabilizzati nell’anno solare di presentazione dell’offerta. Ai lavori contabilizzati in un periodo di tempo inferiore all’anno solare, diversi da quelli contabilizzati nell’anno solare di presentazione dell’offerta, si applica per intero la variazione di prezzo riportata nei decreti ministeriali annuali di cui all’articolo 133, comma 6, del codice.

La compensazione non è soggetta al ribasso d’asta ed è al netto delle eventuali compensazioni precedentemente accordate. Alle eventuali compensazioni non si applica l’istituto della riserva.

Nel termine di quarantacinque giorni decorrente dalla presentazione dei conteggi di cui al comma 2 da parte del direttore dei lavori, il responsabile del procedimento o il dirigente all’uopo preposto, provvede a verificare la disponibilità di somme nel quadro economico di ogni singolo intervento per la finalità di cui all’articolo 133, comma 4, del codice, nonché a richiedere alla stazione appaltante l’utilizzo, ai sensi dell’articolo 133, comma 7, secondo periodo, del codice, di ulteriori somme disponibili o che diverranno tali. Entro lo stesso termine il responsabile del procedimento provvede, verificati e convalidati i conteggi effettuati dal direttore dei lavori ad emettere, ove esista la disponibilità dei fondi, il relativo certificato di pagamento.

La procedura è avviata d’ufficio dalla stazione appaltante in presenza di materiali da costruzione che hanno subito variazioni in diminuzione, entro sessanta giorni dalla avvenuta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto ministeriale annuale di cui all’articolo 133, comma 6, del codice. In tal caso il responsabile del procedimento accerta con proprio provvedimento il credito della stazione appaltante e procede ad eventuali recuperi.

Dall’emissione del certificato di pagamento si applicano le disposizioni previste dall’articolo 143, comma 1, secondo periodo. Relativamente agli interessi per ritardato pagamento si applicano le disposizioni previste dall’articolo 144, commi 1 e 2, con la previsione che la mancata emissione del certificato di pagamento è causa imputabile alla stazione appaltante laddove sussista la relativa provvista finanziaria.

Qualora il direttore dei lavori riscontri, rispetto al cronoprogramma di cui all’articolo 40, un ritardo nell’andamento dei lavori addebitabile all’esecutore relativo a lavorazioni direttamente incidenti sui materiali soggetti a compensazione, non si applicano le compensazioni in aumento dovute al protrarsi dei lavori stessi oltre l’anno solare entro il quale erano stati previsti nel predetto cronoprogramma.

G) La Giurisdizione sulla revisione prezzi.

Le controversie in merito al contenzioso afferente la revisione prezzi, sono devolute alla giurisdizione del Giudice Amministrativo ai sensi dell’art. 133 comma 1 lettera e) del codice del processo amministrativo.

A tale riguardo si segnala Cass. Sez. Unite 26 settembre 2011 n. 19567 che, nel regime anteriore a quello del Codice degli Appalti, relativamente alla giurisdizione in tema di modifiche o deroghe al prezzo chiuso  nei contratti di appalti pubblici – analogamente a quelle, contigue, sulla revisione del  prezzo, dalle quali si distinguono solo per la mancanza di una clausola contrattuale – ha stabilito che esse “sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche nel regime (applicabile nella specie “ratione temporis”) antecedente a quello di cui all’art. 133, lettera e), n. 2), del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104; indicativo in tal senso è l’art. 244, comma 3, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (nel testo all’epoca vigente), il quale, facendo propria la previsione generale già contenuta nell’art. 6, comma 19, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ricomprende in tale giurisdizione le controversie relative “ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi” ai sensi dell’art. 133, commi 3 e 4, del medesimo d.lgs. n. 163 del 2006.

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Avv. Fabio Salierno
Esperto e docente in materia di appalti pubblici
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