Questo articolo è valutato
( votes)Premesse
In tempi recenti, con alcuni interventi importanti anche sotto il profilo pratico il giudice amministrativo è tornato sulla questione della c.d. regolarità contributiva e sulla corretta interpretazione dell’articolo 80 comma 4 del Codice dei contratti.
La norma in parola, dopo i recenti adeguamenti (intervenuti nel 2021) testualmente – prima parte per quanto interessa il presente contributo – dispone che “Un operatore economico è escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti. Costituiscono gravi violazioni quelle che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all’importo di cui all’articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione. Costituiscono gravi violazioni in materia contributiva e previdenziale quelle ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), di cui al decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 30 gennaio 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 125 del 1° giugno 2015, ovvero delle certificazioni rilasciate dagli enti previdenziali di riferimento non aderenti al sistema dello sportello unico previdenziale”.
La norma quindi, semplificando, impedisce alla P.A. di negoziare e contrarre con chi non abbia ossequiato propri obblighi contributivi.
Come si diceva, recenti interventi sono stati espressi a chiarire alcune implicazioni pratiche del riferimento normativo riportato.
BOX: Una prima questione è stata chiarita dalla recente sentenza del Tar Campania, Napoli, n. 775/2022 in cui si è analizzata la posizione dell’appaltatore diretta ad affrancarsi dalle conseguenze della rilevata irregolarità evidenziando che il proprio debito doveva essere considerato al netto di sanzioni e interessi.
1. Irregolarità contributiva, sanzioni e interessi
Una prima questione è stata chiarita dalla recente sentenza del Tar Campania, Napoli, n. 775/2022 in cui si è analizzata la posizione dell’appaltatore diretta ad affrancarsi dalle conseguenze della rilevata irregolarità evidenziando che il proprio debito doveva essere considerato al netto di sanzioni e interessi. In questo modo, riteneva, la propria violazione non avrebbe potuto essere considerata come grave ai sensi di quanto specificano i richiami normativi.
Il giudice non viene persuaso da tali riflessioni affermando, evidentemente, che il debito deve essere considerato al lordo e quindi comprensivo di sanzioni e interessi.
Più nel dettaglio il giudice, immediatamente rammenta che secondo la giurisprudenza, a fronte di una certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate che attesti l’irregolarità contributiva del concorrente ai sensi dell’art. 80, co. 4, del codice, l’esclusione costituisce un atto dovuto. Il RUP quindi, quale dominus del procedimento afferente le verifiche sui requisiti – compito che può anche delegare ad un seggio di gara, responsabile di procedimento ad hoc o alla stessa commissione purché faccia proprie le conclusioni e adotti il provvedimento relativo.
Il Consiglio di Stato, ma la stessa sezione campana e l’orientamento consolidato affermano che “le certificazioni relative alla regolarità contributiva e tributaria delle imprese partecipanti, emanate dagli organi preposti si impongono alle stazioni appaltanti che non possono in alcun modo sindacarne il contenuto, non residuando alle stesse alcun potere valutativo sul contenuto o sui presupposti di tali certificazioni; spetta, infatti, in via esclusiva all’Agenzia delle Entrate il compito di dare un giudizio sulla regolarità fiscale dei partecipanti a gara pubblica, non disponendo la stazione appaltante di alcun potere di autonomo apprezzamento del contenuto delle certificazioni di regolarità tributaria, ciò al pari della valutazione circa la gravità o meno della infrazione previdenziale, riservata agli enti previdenziali (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 8/2012; Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2682/2013)” (TAR Campania, Sez. I, 9 gennaio 2020, n. 114).
Insiste pertanto, come noto, un vincolo per la stazione appaltante (e per il RUP) di attenersi alle risultanze delle certificazioni rilasciate dagli enti preposti allo scopo di ridurre i possibili arbitri nelle verifiche delle amministrazioni aggiudicatrici.
Non può sfuggire la considerazione che se la valutazione sulla gravità della irregolarità venisse rimessa alla stazione appaltante le decisioni in materia varierebbero pericolosamente senza certezza per gli operatori economici.
Sulla questione centrale, ovvero se il debito “contributivo” debba o meno considerarsi come comprensivo di sanzione e interessi il giudice non ha, ovviamente, dubbi.
A tal proposito, infatti, in sentenza si legge che l’interpretazione patrocinata dalla ricorrente non persuade nemmeno nel merito ed infatti, rileva in contrario il Collegio che l’art. 80, co. 4, del d.lgs. n. 50/2016 dispone sul punto che “Costituiscono gravi violazioni quelle che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all’importo di cui all’articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602”, sennonché l’art. 48-bis co. 1 fissa tale soglia di grave inadempimento ad euro 5.000 avendo cura di precisare che tale importo deriva dall’omesso “versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo” al predetto importo.
È sufficiente pertanto ad integrare la gravità della sanzione espulsiva di cui all’art. 80 co. 4 del codice dei contratti che l’ammontare “complessivo” di una o più cartelle di pagamento non pagate raggiunga l’importo di euro 5.000, come del resto conferma espressamente l’art. 3, co. 3, del Decreto del ministero dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40 “Modalità di attuazione dell’art. 48-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602” a mente del quale la segnalazione rivolta alle Amministrazioni che ne facciano richiesta, quindi anche le stazioni appaltanti, contenga l’indicazione dell’ammontare del debito del beneficiario per cui si è verificato l’inadempimento, “comprensivo delle spese esecutive e degli interessi di mora dovuti”.
La logica conclusione è che in base alla disciplina vigente ai fini del computo della soglia di gravità dell’inadempimento agli obblighi contributivi debba tenersi conto della somma complessivamente considerata comprensiva di interessi e sanzioni.
BOX: È sufficiente pertanto ad integrare la gravità della sanzione espulsiva di cui all’art. 80 co. 4 del codice dei contratti che l’ammontare “complessivo” di una o più cartelle di pagamento non pagate raggiunga l’importo di euro 5.000.
2. Il principio di certezza del diritto
L’epilogo appena sintetizzato della sentenza in commento, secondo cui il debito deve essere considerato al lordo con sanzioni e interessi e queste/i non devono essere scorporati, risulta anche coerente con il principio di certezza, atteso che la “segnalazione dell’Agenzia delle Entrate non recava alcuna precisazione relativa al diverso titolo per il quale la somma complessivamente indicata era dovuta dalla ricorrente (capitale, sanzioni ovvero interessi), sicché qualora si ipotizzasse che, ai fini del calcolo della soglia di gravità, occorra detrarre dal computo le somme dovute per sanzioni ed interessi, l’Amministrazione sarebbe investita di un onere di indagine che aggraverebbe in modo considerevole il compito di verifica”.
Senza considerare, inoltre, che gli interessi e le sanzioni, conclude la sentenza, “sono di norma proporzionali al tempo decorso dal momento in cui il pagamento dell’obbligo contributivo avrebbe dovuto essere eseguito, di modo che appare coerente tenerne conto ai fini della valutazione di gravità dell’inadempimento, in quanto costituiscono elementi atti a renderlo obiettivamente più rilevante”.
3. La richiesta di rateizzazione e l’impegno a saldare il debito
Riveste altrettanto rilievo la recente sentenza del Consiglio di Stato sez. V, 942/2022 sull’intensità e il valore della (sola) intervenuta richiesta di rateizzazione sul debito e sulla irregolarità (grave) rilevata attraverso le comunicazioni degli enti preposti.
La questione che viene affrontata dal giudice di Palazzo Spada è se la stazione appaltante (meglio sarebbe, il RUP) per ritenere l’irregolarità “sanata” debba acquisire dall’appaltatore anche il riscontro positivo da parte dell’Inail o, piuttosto, non sia sufficiente la sola presentazione dell’istanza/richiesta di rateizzazione.
Il Consiglio di Stato chiarisce come sia sufficiente la sola proposizione, entro i termini di scadenza della presentazione dell’offerta, dell’istanza di rateizzazione. E’ da questo “fatto” pertanto che la stazione appaltante deve dedurre una chiara e leale volontà dell’appaltatore di sanare l’irregolarità e di pagare il proprio debito.
BOX: Riveste altrettanto rilievo la recente sentenza del Consiglio di Stato sez. V, 942/2022 sull’intensità e il valore della (sola) intervenuta richiesta di rateizzazione sul debito e sulla irregolarità (grave) rilevata attraverso le comunicazioni degli enti preposti.
4. La norma del codice
Il giudice rammenta che l’art. 80, comma 4, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 nella parte in cui (nell’attuale formulazione) prevede che: “Il presente comma [ovvero la causa di esclusione per irregolarità tributaria e previdenziale, n.d.s.] non si applica quando l’operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, ovvero quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purchè l’estinzione, il pagamento o l’impegno si siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine per la presentazione delle domande”.
Più in particolare, prosegue il giudice, “posto che l’istanza di rateizzazione costituisce un impegno vincolante al pagamento dei contributi previdenziali, il dubbio interpretativo è se affinché l’impegno possa dirsi perfezionato sia sufficiente una valida istanza di rateizzazione ovvero sia necessario che l’istanza sia accolta dall’ente creditore. (…) L’art. 80, comma 4, ult. periodo d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 già precedentemente trascritto prevede che prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande sia “perfezionato” l’impegno vincolante al pagamento”.
Il perfezionamento – riferito dalla norma all’impegno vincolante e non alla procedura amministrativa che conduce alla dilazione dei termini di pagamento (art. 19 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602) – può dirsi compiuto, secondo il giudice, con la sola trasmissione di valida istanza di rateizzazione.
Risulta dirimente, a tal riguardo, anche la circostanza dell’intervenuta modifica dell’art. 80, comma 4, ultimo periodo, (dal d.l. n. 76 del 2020) in duplice senso:
a) con la previsione, tra le situazioni di inapplicabilità della causa di esclusione per irregolarità tributaria e contributiva, dell’integrale estinzione del debito, oltre all’assunzione di impegno vincolante al pagamento e al pagamento stesso
b) con la precisazione che i motivi di inapplicabilità devono essersi “perfezionati” anteriormente alla scadenza del termine di presentazione della domanda, laddove, in precedenza era usato il termine “formalizzata”.
Secondo quanto si legge in sentenza, è proprio la duplice contestuale modifica, induce a ritenere che l’utilizzo del termine “perfezionati” al posto di “formalizzati” si sia reso necessario per comprendere con unica locuzione verbale l’esito richiesto (come necessario all’ammissione) di tutte le vicende prima richiamate e così del “pagamento”, del “l’impegno vincolate” e dell’ “estinzione”.
D’altra parte, la modifica normativa non è, invece, ragione decisiva – prosegue il giudice -, per dire che ora sia necessario “per volontà di legge che all’impegno vincolante assunto dal debitore segua l’accettazione dell’ente creditore”.
Non è affatto necessario, quindi, il riscontro positivo dell’ente creditore. Si tratta di due pronunce, in particolare la seconda, che ben può essere oggetto anche di chiarimento preventivo nella fase di redazione del bando/lettera di invito. Gli atti in parola, per intendersi, ben potrebbero avere la precisazione che l’eventuale irregolarità (grave) che altrimenti produrrebbe l’esclusione del concorrente può dirsi “sanata” in presenza di una (leale) richiesta di rateizzo ovviamente già presentata all’ente creditore prima del termine di scadenza di presentazione delle domande di partecipazione o di presentazione dell’offerta.