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di Stefano Usai  

Premessa

L’articolo 1, del decreto correttivo di modifica del codice dei contratti apporta – e si pone come una delle disposizioni di maggior rilievo (nonostante il parere del Consiglio di Stato che ne ha richiesto degli adeguamenti)-  adeguamenti all’articolo 11 in tema di contratti collettivi con introduzione di un nuovo allegato (I.01) che dovrebbe  guidare il RUP nella non facile valutazione sulle equivalenze di trattamenti normativi ed economici nel caso in cui l’operatore economico proponga l’applicazione (al proprio personale) di un contratto collettivo diverso da quello indicato dal RUP nella legge di gara. In questo senso i commi 2 e 3 dell’articolo citato.

La previsione del decreto correttivo  

L’articolo 1 del decreto correttivo (“bollinato”) prevede, in sintesi, l’inserimento ai commi 2 e 4 del riferimento, appunto, all’allegato I.01.

L’allegato in argomento (rubricato “Contratti collettivi”) ha un obiettivo di grande rilievo ovvero introdurre una disciplina dei criteri e delle modalità tali da consentire al RUP di individuare, nel suo compito istruttorio e decisorio, con certezza – i contratti collettivi nazionali/territoriali applicabili al personale coinvolto nell’esecuzione delle prestazioni.

Come detto, ai sensi del comma 2 dell’articolo 11 si dispone un compito inedito, per il RUP, rispetto al pregresso codice ed in specie che “Nei bandi e negli inviti le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione”.

È noto che nel pregresso regime non era consentito che la stazione appaltante “imponesse/esigesse” l’applicazione di uno specifico contratto.

Gli estensori, invece, si sono soffermati sulla necessità che gli operatori economici applichino contratti adeguati e rispettino i trattamenti economici/normativi al proprio personale. 

Entrando nel dettaglio del contenuto dell’allegato è bene annotare che all’art. 2 dell’allegato contiene – commi 1 e 2 – si innestano importanti indicazioni per il RUP secondo cui il contratto collettivo deve essere individuato (nella fase di predisposizione della legge di gara) “previa valutazione della stretta connessione dell’ambito di applicazione del contratto collettivo rispetto alle prestazioni oggetto dell’appalto o della concessione, da eseguire anche in maniera prevalente”.

Con il secondo comma si chiarisce che il RUP non può esigere l’applicazione di un contratto collettivo a pena di esclusione.

La sottolineatura – tutt’altro che banale – appare necessaria visto che il RUP, nella difficoltà di individuare ipotesi alternative – potrebbe essere indotto a rendere più semplice il proprio lavoro creando, in pratica, una nuova causa di esclusione. 

L’allegato chiarisce che il contratto collettivo, evidenzia il comma 3, deve essere individuato dal RUP sulla base di due criteri:

1)         sulla base delle attività da eseguire, identificando il rispettivo codice ATECO, secondo la classificazione delle attività economiche adottata dall’ISTAT, eventualmente anche in raffronto con il codice per gli appalti pubblici (CPV) indicato nel bando o nell’invito. L’ambito di applicazione del contratto collettivo di lavoro da indicare nel bando o nell’invito è individuato in relazione ai sottosettori con cui sono stati classificati i contratti collettivi nazionali depositati nell’ Archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro istituito presso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro;

2)         tenendo conto della “maggiore rappresentatività comparata delle associazioni sindacali e delle associazioni datoriali firmatarie, secondo quanto indicato al comma 4.”

Il comma 4, appena richiamato – che riguarda la determinazione del costo del lavoro – ai fini del comma 3 chiarisce in che modo si possono individuare (e si tratta di un compito del RUP) le “associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale di cui all’articolo 11, comma 1”.

Si spiega, in sintesi, che il RUP può/deve tener conto del/della: 

“a)        numero complessivo dei lavoratori associati;

b)         numero complessivo delle imprese associate;

c)         diffusione territoriale, con riferimento al numero di sedi presenti sul territorio a livello nazionale e agli ambiti settoriali;

d)         numero dei contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti”.

La questione dell’equivalenza

L’articolo 4, comma 2 dell’allegato indica quali riferimenti il RUP deve verificare per certificare – analizzando la dichiarazione di equivalenza presentata dall’operatore economico – la possibilità di ammettere un operatore che propone un contratto diverso da quello indicato nella legge di gara.

In particolare, il comma richiamato precisa che “La valutazione di equivalenza economica dei contratti è effettuata in relazione alle componenti fisse della retribuzione globale annua, costituite dalle seguenti voci:

a)         retribuzione tabellare annuale;

b)         indennità di contingenza;

c)         elemento distinto della retribuzione (EDR);

d)         eventuali mensilità aggiuntive

e)         eventuali ulteriori indennità previste”

La verifica sulle equivalenze, lo si ripete, rappresenta una delle operazioni di maggior delicatezza del RUP. 

Da notare che i parametri richiamati sono già indicati nella circolare INAIL 2/2020 richiamata anche dall’ANAC nella relazione al bando tipo n. 1/2023 (relativo agli appalti di forniture e servizi in ambito sopra soglia che le stazioni appaltanti hanno l’obbligo di applicare ai sensi dell’articolo 83 del codice dei contratti). Da notare che il comma 4, dell’articolo 4 dell’allegato chiarisce che il RUP “può ritenere sussistente l’equivalenza delle tutele quando il valore economico complessivo delle componenti fisse della retribuzione globale annua di cui al comma 2 risulta almeno pari a quello del contratto collettivo di lavoro indicato nel bando di gara o nell’invito”. Occorre evidenziare che anche nel parere del Consiglio di Stato n. 1427/2024 si sia affermata l’eccessiva genericità di questo riferimento.

La dichiarazione di equivalenza, compete al RUP, si presta, evidentemente, a censure da parte dei vari concorrenti e, in caso negativo, dello stesso soggetto interessato (che verrebbe escluso dalla competizione).

Si ritiene, quindi, che il RUP nella valutazione in parola possa (e debba) avvalersi anche dell’ausilio dell’ufficio di supporto (ove costituito) e, preventivamente, individuare specifiche professionalità (anche esterne alla stazione appaltante se all’interno, come immaginabile, non è dato individuare professionalità adeguate.

Riservato: La necessità di chiarire gli aspetti/problematiche sui contratti collettivi dovrebbe indurre ad una maggiore attenzione nel momento della nomina della commissione di garaLa necessità di chiarire gli aspetti dei contratti collettivi, anzi, dovrebbe indurre ad una maggiore attenzione nel momento della nomina della commissione di gara (introducendo nel collegio anche una figura esperta in materia ovviamente se ciò è necessario per la tipologia dell’appalto.

La questione dell’equivalenza normativa

Anche in relazione alla necessità di assicurare le stesse tutele normative (dell’eventuale contrasto proposto dall’operatore economico alternativo a quello richiesto dal RUP nella legge di gara) l’allegato con l’articolo 4 comma 3 indica alcuni parametri a beneficio del responsabile unico del progetto.

In particolare, la disposizione prevede che “la valutazione di equivalenza delle tutele normative è effettuata sulla base dei seguenti parametri:

a)         disciplina concernente il lavoro supplementare;

b)         clausole relative al lavoro a tempo parziale;

c)         disciplina del lavoro straordinario, con particolare riferimento ai limiti massimi;

d)         disciplina compensativa relativa alle festività soppresse;

e)         durata del periodo di prova;

f)          durata del periodo di preavviso;

g)         durata del periodo di comporto in caso di malattia e infortunio;

h)         disciplina dei casi di malattia e infortunio, con particolare riferimento al riconoscimento di eventuali integrazioni delle relative indennità;

i)          disciplina relativa alla maternità e alle indennità previste per l’astensione obbligatoria e facoltativa dei genitori;

l)          monte ore di permessi retribuiti;

m)        disciplina relativa alla bilateralità;

n)         previdenza integrativa;

o)         sanità integrativa”.

Secondo l’articolo 4, dell’allegato I.01 l’equivalenza risulterebbe certificata “quando gli scostamenti rispetto ai parametri (…) sono marginali”. Anche in questo caso la disposizione difetta di genericità e non fornisce certezze al responsabile unico.

Non è irrilevante evidenzia che secondo l’ANAC – nella relazione tecnica che accompagna il bando come sopra detto, e quindi in un contesto in cui viene presa in considerazione la circolare INAIL  n. 2/2020– l’equivalenza potrebbe essere acclarata nel caso di scostamenti relativi a due parametri. Affermazione che, pare allo scrivente, sia stata non ritenuta condivisibile dalla prima giurisprudenza.

A questo punto, sembra di poter sostenere, che la dichiarazione di equivalenza che ora – se la norma entrerà in vigore  come si presume al 1° gennaio 2025-  diventa maggiormente pressante che l’operatore dichiari l’equivalenza ma con delle precisazioni chiare e fuori di dubbi. 

La verifica della dichiarazione di equivalenza

L’allegato I.01 viene in ausilio al RUP anche con l’articolo 5 rubricato “Verifica della dichiarazione di equivalenza”-.

Il primo comma spiega che la dichiarazione di equivalenza deve essere trasmessa già in fase di presentazione dell’offerta.

Più nel dettaglio, il comma precisa che “Per consentire alle stazioni appaltanti ed enti concedenti di verificare la congruità dell’offerta ai sensi dell’articolo 110, gli operatori economici trasmettono la dichiarazione di equivalenza di cui all’articolo 11, comma 4, in sede di presentazione dell’offerta”.

La precisazione risulta, evidentemente, di grande rilievo visto che l’odierna disposizione rimette la dichiarazione a richiesta del RUP (nella fase di verifica).

Riservato: “Questo “nuovo” obbligo dell’operatore (che presenta un contratto diverso da quello richiesto dalla legge di gara), a sommesso parere, andrà gestito/chiarito  in maniera attenta da parte dell’estensore della legge di gara.Evidentemente, questo “nuovo” obbligo dell’operatore (che presenta un contratto diverso da quello richiesto dalla legge di gara), a sommesso parere, andrà gestito/spiegato in maniera attenta da parte dell’estensore della legge di gara.

Infatti, già in fase propedeutica occorre rammentare all’operatore quali sono le conseguenze qualora non chiarisca o non riesca a fornire la prova “provata” che le equivalenze normative ed  economiche sono reali ed effettive (e non semplicemente dichiarate per aggiudicarsi l’appalto).

Si deve anche ritenere che la richiesta di presentazione delle dichiarazioni di equivalenza, qualora non rispettate dall’operatore economico, non possa determinare l’esclusione dello stesso ma una richiesta di integrazione per il tramite del soccorso istruttorio trattandosi, ovviamente, di documentazione amministrativa.   

Una precisazione non irrilevante è che l’estensore, con l’allegato I.01, non richiede una “giustificazione” ma una dichiarazione e quindi un documento diverso che sembra implicare anche una particolare responsabilità dell’operatore economico che dichiari aspetti/circostanza non vere/reali (dichiari, ad esempio, una equivalenza tra trattamenti o di riferimenti normativi non corrispondente al vero).

La recidiva in questo senso dell’operatore economico potrebbe portare a configurare – come effetto deterrente – nuove fattispecie di illecito professionale da valutare ai sensi dell’articolo 98 del codice.

Con il comma 2 dell’articolo 5 si ribadisce che “In sede di valutazione della congruità dell’offerta, la stazione appaltante verifica che il contratto collettivo oggetto della dichiarazione di equivalenza non preveda condizioni riconducibili alle ipotesi di cui all’articolo 110, comma 4, lettera a)” ovvero non vengano violati i trattamenti minimi salariali disciplinati/autorizzati da disposizioni di legge in materia.  

Si innesta, e ciò è chiarito dal comma 3, un momento istruttorio rilevantissimo da espletare prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione considerato che il RUP  “verifica la dichiarazione di equivalenza presentata dall’operatore economico individuato”.

Deve essere chiaro, pertanto, fin dal momento stesso della partecipazione – all’operatore economico interessato – che la proposta di un contratto collettivo alternativo esige un passaggio istruttorio di verifiche particolarmente delicato e che non si potrà giungere ad aggiudicazione sulla base della mera dichiarazione di equivalenza. E’ bene annotare che al di là della vigenza della disposizione – rimessa a parere del Consiglio di Stato che ha comunque richiesto alcuni adeguamenti (censurando la genericità dei criteri/parametri di valutazione) – possono costituire materiale utile al RUP nella fase di verifica (come detto si tratta di riferimenti già rinvenibili nella relazione tecnica del bando tipo 1/2023 dell’ANAC). 

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Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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