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( votes)Per una corretta ricostruzione della questione si ritiene necessario partire dall’esame di due norme specifiche del Codice dei Contratti Pubblici, l’art. 103 che disciplina le “Garanzie definitive” e l’art. 35, che nei commi 4 e 7, che invece riguarda le “Soglie di rilevanza comunitaria e metodi di calcolo del valore stimato degli appalti”.
L’art. 103 sancisce espressamente che “L’appaltatore per la sottoscrizione del contratto deve costituire una garanzia, denominata “garanzia definitiva” a sua scelta sotto forma di cauzione o fideiussione con le modalità di cui all’articolo 93, commi 2 e 3, pari al 10 per cento dell’importo contrattuale e tale obbligazione è indicata negli atti e documenti a base di affidamento di lavori, di servizi e di forniture. Nel caso di procedure di gara realizzate in forma aggregata da centrali di committenza, l’importo della garanzia è indicato nella misura massima del 10 per cento dell’importo contrattuale. Al fine di salvaguardare l’interesse pubblico alla conclusione del contratto nei termini e nei modi programmati in caso di aggiudicazione con ribassi superiori al dieci per cento la garanzia da costituire è aumentata di tanti punti percentuali quanti sono quelli eccedenti il 10 per cento. Ove il ribasso sia superiore al venti per cento, l’aumento è di due punti percentuali per ogni punto di ribasso superiore al venti per cento. La cauzione è prestata a garanzia dell’adempimento di tutte le obbligazioni del contratto e del risarcimento dei danni derivanti dall’eventuale inadempimento delle obbligazioni stesse, nonché a garanzia del rimborso delle somme pagate in più all’esecutore rispetto alle risultanze della liquidazione finale, salva comunque la risarcibilità del maggior danno verso l’appaltatore. La garanzia cessa di avere effetto solo alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare esecuzione. La stazione appaltante può richiedere al soggetto aggiudicatario la reintegrazione della garanzia ove questa sia venuta meno in tutto o in parte; in caso di inottemperanza, la reintegrazione si effettua a valere sui ratei di prezzo da corrispondere all’esecutore. Alla garanzia di cui al presente articolo si applicano le riduzioni previste dall’articolo 93, comma 7, per la garanzia provvisoria”.
Si tenga sempre presente che la mancata costituzione della garanzia definitiva o, la costituzione in misura inferiore all’importo richiesto, determina la decadenza dell’affidamento e l’acquisizione della cauzione provvisoria presentata in sede di offerta da parte della Stazione Appaltante, che aggiudica l’appalto o la concessione al concorrente che segue nella graduatoria.
L’art. 35, invece, al comma 4, così recita: “Il calcolo del valore stimato di un appalto pubblico di lavori, servizi e forniture è basato sull’importo totale pagabile, al netto dell’IVA, valutato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore. Il calcolo tiene conto dell’importo massimo stimato, ivi compresa qualsiasi forma di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara. Quando l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore prevedono premi o pagamenti per i candidati o gli offerenti, ne tengono conto nel calcolo del valore stimato dell’appalto”.
Precisando al comma 7 che: “Il valore stimato dell’appalto è quantificato al momento dell’invio dell’avviso di indizione di gara o del bando di gara o, nei casi in cui non sia prevista un’indizione di gara, al momento in cui l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore avvia la procedura di affidamento del contratto”.
Orbene, il caso concreto sottoposto all’attenzione di chi scrive è inerente la determinazione del quantum della garanzia definitiva in una gara di servizi di somministrazione di lavoro, in cui l’aggiudicataria ha espresso un ribasso pari al 32%.
Nello specifico, tra la Stazione Appaltante e l’aggiudicataria si discute sulla corretta applicazione dell’art. 103 del Codice e, conseguentemente, sul corretto ammontare della cauzione, laddove la Stazione Appaltante, considerato che la percentuale di ribasso offerta è di gran lunga superiore al 10%, richiede una cauzione definitiva pari al 44% dell’importo contrattuale, facendo rientrare in esso anche la manodopera non soggetta a ribasso e incrementandola dei punti oltre il 10% come previsto dalla norma.
L’aggiudicataria, al contrario, portando a suo sostegno la delibera n. 1174 del 15/11/2017 dell’ANAC, si fa portatrice della differente tesi, secondo cui pur non essendoci dubbi sulle modalità di determinazione del valore percentuale come determinato dalla Stazione Appaltante (a fronte di un ribasso del 32% ha calcolato 10 punti percentuali da 0 a 10%, cui ha sommato altri 10 punti percentuali da 11 a 20 e due punti percentuali per ogni ulteriore punto superiore al 21% e sino al raggiungimento dell’effettivo ribasso presentato).
Arrivando così alla stessa determinazione della Stazione Appaltante in merito alla percentuale da applicarsi ai fini della cauzione definitiva (44% dell’importo contrattuale), ma partendo dal presupposto differente che di quell’importo contrattuale faccia parte solo la parte ribassabile dell’appalto e non già anche il costo della manodopera che rimane una voce fissa.
Applicando, così, il 44% solo sul base d’asta effettivamente soggetto a ribasso e, quindi, sulla fee di agenzia, ritenendo, a suo dire sulla base di quanto affermato dall’ANAC, che allorquando vi sia nel quadro economico una voce non ribassabile, come avviene proprio nelle gare di somministrazione lavoro, con riferimento al costo del personale, non si debba tener conto di tale voce, in quanto quell’importo fisso sarà sempre dovuto all’Appaltatore, a prescindere dalla percentuale di ribasso offerta.
A diversa conclusione arriva la Stazione Appaltante, supportando la propria tesi con una pronuncia del Consiglio di Stato, Sentenza n. 1866/2014 e ritenendo che la pronuncia giurisprudenziale pur affrontando la tematica della congruità delle giustificazioni presentate in sede di gara, chiarisce, senza alcuna ombra di dubbio, che: “…le norme del codice appalti (…) escludono chiaramente che dalla copertura cauzionale, appunto da determinare in base al valore dell’appalto, potessero o possano essere sottratte le retribuzioni che l’agenzia è tenuta a corrispondere ai lavoratori messi a disposizione della stazione appaltante, e dalla quale essa riceve le somme corrispondenti…”.
E ancora “…il corrispettivo del contratto di somministrazione di manodopera è rappresentato non solo dall’attività di intermediazione dell’agenzia nel reperimento dei lavoratori, ma anche dal regolare pagamento delle retribuzioni a quest’ultimi dovute, il cui corrispondente importo viene messo, appunto, a disposizione della stazione appaltante quale onere finanziario sostenuto per coprire il rischio dell’inadempimento a parte dell’agenzia che – somministra – la manodopera…”.
Pertanto, “…Se, dunque, corrisponde al vero che le retribuzioni dei lavoratori non possono essere soggette al ribasso e che quest’ultimo avrebbe in sostanza inciso sull’utile dell’intermediazione, prevale, tuttavia, ai fini del decidere, la considerazione che le retribuzioni in argomento indiscutibilmente fanno parte dell’importo -pagabile- dalla stazione appaltante…”.
In conclusione “…Vanno quindi considerate una componente del valore del contratto e, cioè, l’importo contrattuale sul quale deve essere determinato l’entità della polizza fideiussoria che garantisce la cauzione definitiva…”.
Anche l’ANAC interrogata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (Interpello n. 487) sulla corretta interpretazione degli articoli 75 e 113 del D. Lgs. 163/2006 (il cui testo ritroviamo oggi negli articoli 93 e 103 del D. Lgs. 50/2016) nei servizi di somministrazione di lavoro, ha avuto modo di chiarire che: “…La cauzione definitiva invece – contemplata nell’art. 113 del Codice – copre gli oneri per il mancato o inesatto adempimento e viene, dunque, prestata a garanzia di tutte le obbligazioni – anche accessorie – del contratto d’appalto. Pertanto tale garanzia copre anche gli inadempimenti derivanti dall’inosservanza delle norme e delle prescrizioni dei contratti collettivi, nonché la violazione di quelle disposizioni poste a tutela, protezione sicurezza, assistenza ed assicurazione dei lavoratori (come anche precisato nel nuovo regolamento attuativo). E’ quanto può evincersi anche dalla determinazione dell’Autorità n. 7/2004, a tenore della quale – la garanzia de qua garantisce, dunque, l’adempimento di tutte le obbligazioni dedotte in contratto e perciò anche di quelle che comportano prestazioni da parte dell’appaltatore nei confronti di terzi al cui adempimento l’Amministrazione è comunque interessata sotto il profilo della tutela dell’interesse pubblico generale -…”.
Conclude, sempre l’ANAC: “…Occorre sottolineare, peraltro, che l’ammontare della cauzione definitiva è strettamente legato alle condizioni di aggiudicazione, in quanto calcolato in base all’importo contrattuale ed al ribasso offerto in sede di gara, secondo il meccanismo indicato nel comma 1 dell’art. 113 del Codice; disposizione che definisce analiticamente anche le modalità di presentazione della garanzia stessa…”.
Lo scrivente nel far propria la ricostruzione effettuata dalla Stazione Appaltante, fa anche rilevare che il richiamato parere di precontenzioso dell’ANAC (delibera n. 1174 del 15/11/2017) da parte dell’aggiudicatario non porta a diversa e differente conclusione.
Si ritiene, infatti, che l’ANAC, nella ridetta delibera, non chiarisca che allorquando vi sia una voce non ribassabile, qual è quella della manodopera, il calcolo dell’importo della cauzione definitiva va effettuato unicamente sulle voci costituenti la base d’asta. Anzi, nei vari “Considerato”, l’ANAC richiama come unico metodo di calcolo valido per la determinazione della cauzione definitiva quello sancito dall’art. 113 del D. Lgs. 163/2016 (oggi art. 103 del D. Lgs. 50/2016) da applicarsi correttamente sull’importo contrattuale (importo riveniente dalla sommatoria delle voci ribassabili e delle voci fisse).
Nella fattispecie analizzata, l’ANAC si limita a evidenziare che nella determinazione della cauzione definitiva effettuata dal Comune di Vibo Valentia c’è un errore “ictu oculi” di calcolo. Dallo specchietto degli importi, infatti, si deduce con facilità che se l’importo contrattuale di aggiudicazione della B.A.M.R. è di € 178.637,89, sottraendo a tale importo le due voci fisse non soggette a ribasso (manodopera e costi della sicurezza) avremmo un prezzo ribassato, sull’unica voce ribassabile, di € 32.213,39, pari ad un ribasso, più o meno, del 9.80%. Si desume, pertanto, che il valore della cauzione definitiva doveva essere determinata nella misura del 10% del valore contrattuale e, pertanto, in € 17.863,78.
In ciò, l’errore di calcolo della Stazione Appaltante. Altro, sinceramente, da tale parere di precontenzioso, non è dato rilevare.
Relativamente alla possibile contestazione circa l’inconferenza della pronuncia del Consiglio di Stato citata, in quanto costituirebbe caso isolato e soprattutto, risulterebbe un precedente superato dalla delibera di precontenzioso dell’ANAC, piace far rilevare che mentre il Consiglio di Stato fa “Giurisprudenza”, l’ANAC assolutamente no.
In particolare si rammenta che relativamente ai pareri di precontenzioso dell’ANAC, anche nel nuovo Codice, si prevede la vincolatività degli stessi per le parti che vi abbiano preventivamente acconsentito. Appare significativo, come il Consiglio di Stato abbia sentito l’esigenza di specificare che l’istituto di precontenzioso, non è un processo ne può essere un nuovo grado di giudizio, evidenziandone il carattere spiccatamente volontario della disciplina. Tale carattere, comporta allo stesso tempo che, l’efficacia dell’istituto venga limitata alle sole parti che lo abbiano richiesto, non potendosi estendere ad altri soggetti terzi.
In mancanza, pertanto, di un auspicato intervento legislativo che possa eliminare qualsiasi dubbio e/o incertezza in ordine alle modalità di corretta individuazione dell’importo contrattuale su cui applicare la percentuale scaturente dal ribasso offerto in ossequio alle modalità sancite dall’art. 103 del Codice, si ritiene che l’unica interpretazione possibile sia quella effettuata dal Consiglio di Stato nella sia pur datata sentenza n. 1866/2014.