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Premesse

La qualificazione dei consorzi stabili è stata oggetto, negli anni, di orientamenti oscillanti della giurisprudenza, che il nuovo Codice dei contratti pubblici ha tentato di comporre. Il tema è stato affrontato in alcune recenti sentenze del Consiglio di Stato con particolare riferimento al principio del «cumulo alla rinfusa», che consente al consorzio stabile di sommare i requisiti di qualificazione posseduti dalle singole consorziate per la partecipazione alle gare.

Il nuovo Codice, difatti, da un lato, con l’art. 225, comma 13, ha fornito l’interpretazione autentica dell’art. 47 del Codice precedente, in tema di cumulo alla rinfusa, dall’altro ha conferito una portata più ampia al principio stesso nel senso di ammettere tale meccanismo in via generalizzata e bidirezionale, anche nell’ipotesi in cui il consorzio sia in possesso dei requisiti ma non anche la consorziata indicata come esecutrice.

1. Il consorzio stabile

I consorzi stabili rappresentano una particolare categoria di consorzi disciplinata dal codice civile e sono soggetti sia alla disciplina generale dettata dallo stesso codice, sia a quella speciale dettata dal codice dei contratti pubblici. Si tratta di consorzi costituiti tra almeno tre imprese, che abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici per un periodo non inferiore a cinque anni, istituendo a tale fine una comune struttura di impresa.

Il consorzio stabile è disciplinato all’art. 65 comma 2 lett. d) del d.lgs. n. 36 del 2023 (“Codice”) nell’ambito degli operatori economici ammessi a partecipare alle procedure di affidamento degli appalti pubblici[1]. La qualificazione di tali soggetti è invece disciplinata all’art. 67 e nell’emanando regolamento sulla qualificazione degli operatori economici di cui all’art. 100 del Codice.

Il Codice chiarisce che i consorzi stabili possano eseguire le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara, precisando che, in questo secondo caso, non si configura subappalto e resta ferma la responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante.

Il Codice prevede inoltre che la partecipazione alla gara in qualsiasi altra forma da parte del consorziato designato dal consorzio offerente determini l’esclusione dello stesso consorzio se sussistono rilevanti indizi tali da far ritenere che le offerte degli operatori economici siano imputabili ad un unico centro decisionale in ragione di accordi intercorsi e sempre che il consorzio non dimostri che la circostanza non ha influito sulla gara, né è idonea a incidere sulla capacità di rispettare gli obblighi contrattuali.

Il consorzio stabile è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 10, comma 1, lett. c), L. 10 febbraio 1994, n. 109, allo scopo di tipizzare normativamente il fenomeno della cooperazione tra imprese nell’esecuzione di commesse pubbliche, insieme alle ATI. L’istituto si colloca invero nel più ampio fenomeno della partecipazione aggregata alle procedure di evidenza pubblica, secondo i principi del favor partecipationis e della neutralità delle forme giuridiche dei soggetti partecipanti alla procedura di gara posti dalla legislazione prima comunitaria e poi eurounitaria.

La giurisprudenza definisce i consorzi stabili come aggregazioni durevoli di soggetti che nascono da un’esigenza di cooperazione ed assistenza reciproca e, operando come un’unica impresa, si accreditano all’esterno come soggetto distinto. L’elemento qualificante dei consorzi stabili è la comune struttura di impresa da intendersi quale azienda consortile utile ad eseguire in proprio, ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le prestazioni affidate a mezzo del contratto[2].

Come sottolineato dalla giurisprudenza, sia amministrativa che di legittimità, la circostanza che il consorzio stabile costituisca un autonomo soggetto di diritto dotato di autonoma qualificazione e di un patrimonio autonomo (come si desume dalla previsione concernente la responsabilità solidale verso la stazione appaltante) differenzia nettamente le consorziate del consorzio stabile dalle imprese mandanti dei raggruppamenti temporanei di imprese, questi ultimi privi di personalità giuridica autonoma[3].

La Corte di Cassazione, non a caso, ha qualificato i consorzi stabili come enti collettivi dotati di autonomia soggettiva, organizzativa e patrimoniale rispetto alle imprese consorziate, sicché è il consorzio l’unico soggetto legittimato ad agire nei confronti del committente e titolare delle somme riscosse in esecuzione del contratto (sentenza n. 1192 del 2018).

Difatti il consorzio stabile è il (solo) soggetto che domanda di essere ammesso alla procedura di gara e che stipula il contratto con l’amministrazione in nome proprio, anche se per conto delle consorziate; ed è il consorzio ad essere responsabile dell’esecuzione delle prestazioni anche quando per la loro esecuzione si avvale delle imprese consorziate (le quali comunque rispondono solidalmente al consorzio per l’esecuzione).

Di conseguenza il consorzio stabile si presenta nella gara come un operatore economico unitario anche se la gara è suddivisa in lotti, e, per ciascun lotto, sono indicate imprese esecutrici diverse[4].

Proprio in ragione della struttura di questa particolare forma di partecipazione, il Consiglio di Stato, in adunanza plenaria, con la pronuncia n. 5/2021, ha affermato che «I partecipanti in questo caso danno infatti vita ad una stabile struttura di impresa collettiva, la quale, oltre a presentare una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, rimane distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori ed è strutturata, quale azienda consortile, per eseguire, anche in proprio (ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate), le prestazioni affidate a mezzo del contratto».

L’elemento distintivo di questa particolare figura è ravvisato dal Consiglio di Stato nell’«elemento teleologico», ossia nella sua astratta idoneità come autonoma struttura di impresa, ferma restando la facoltà per il consorzio di eseguire le prestazioni, nei limiti consentiti, attraverso le consorziate. Tale elemento concorre a distinguere nettamente il consorzio stabile dal consorzio ordinario di concorrenti, previsto dall’art. 65 comma 2 lett. f) del Codice. Quest’ultimo è piuttosto simile ad un raggruppamento temporaneo di imprese (che può comprendere anche gli stessi consorzi stabili al proprio interno) e ha apposita disciplina nell’articolo 2602 del codice civile oppure nell’articolo 2615-ter del codice civile qualora costituito in forma di società consortile. L’alterità che connota il consorzio stabile rispetto ai propri componenti (e che vale a differenziarli sia rispetto ai raggruppamenti temporanei che ai consorzi ordinari) trova indiretta conferma nel fatto della possibilità, a determinate condizioni, di una partecipazione congiunta alla medesima gara.

In altri termini, i consorzi ordinari nascono e cessano (al pari delle associazioni temporanee di imprese) in vista di un’unica operazione, mentre il consorzio stabile è costituito in funzione di un numero potenzialmente illimitato di operazioni.

BOX: «Il consorzio stabile si basa su un patto consortile di tipo stabile, che instaura tra le parti un rapporto di durata, con causa mutualistica, avente ad oggetto la collaborazione tra i consorziati ai fini della partecipazione a gare pubbliche.» 

2. Il principio del «cumulo alla rinfusa»

Muovendo dalle caratteristiche di unicità e autonomia del consorzio stabile, la giurisprudenza ha enucleato il principio del «cumulo alla rinfusa», che consente allo stesso di giovarsi, senza necessità di ricorrere all’avvalimento, dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse (Consiglio di Stato, Ad. Plen. 18 marzo 2021, n. 5).

L’ammissibilità del cumulo alla rinfusa per la prova dei requisiti di qualificazione si giustificherebbe difatti proprio in ragione della comune struttura di impresa che caratterizza il consorzio stabile.

A seguito delle modifiche del d.l. n. 32 del 2019, c.d. decreto sblocca – cantieri, la possibilità di qualificazione cumulativa nell’ambito dei consorzi stabili è stata però limitata in via giurisprudenziale ai requisiti relativi alla disponibilità delle attrezzature e mezzi dell’opera e all’organico medio annuo (Consiglio di stato, sentenza n. 7360 del 2022)[5]. Al di fuori di tali presupposti, avrebbe dovuto applicarsi la regola generale che impone a ciascun concorrente la dimostrazione del possesso dei requisiti e delle capacità di qualificazione.

BOX: «Grazie al principio del cumulo alla rinfusa il consorzio stabile può soddisfare i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi di gara dichiarando di avvalersi dei requisiti di partecipazione delle consorziate a prescindere dal fatto che le stesse siano designate o meno in gara per l’esecuzione del contratto di appalto.»

Tale orientamento è stato però superato dalla giurisprudenza più recente, che ha ampliato la portata del principio del «cumulo alla rinfusa» muovendo dall’art. 225, comma 13, del nuovo Codice che ha fornito l’interpretazione autentica dell’art. 47 del d.lgs. 50/2016[6].

La disposizione in parola ha confermato, infatti, che il «cumulo alla rinfusa» va inteso senza limiti, ossia in maniera generalizzata: un consorzio stabile può ben partecipare ad una gara di appalto dichiarando, per soddisfare i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti dal disciplinare di gara, di avvalersi dei requisiti di partecipazione delle consorziate non designate per l’esecuzione del contratto, grazie al predetto meccanismo del «cumulo alla rinfusa»[7].

Il nuovo Codice all’art. 67, comma 2, conferma la possibilità di ricorso al «cumulo alla rinfusa», ampliandone la portata; nel rimettere ad un futuro regolamento la disciplina della qualificazione degli operatori economici, si prevede difatti per i consorzi stabili che:

a) per gli appalti di servizi e forniture, i requisiti di capacità tecnica e finanziaria sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate;

b) per gli appalti di lavori, i requisiti di capacità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento sono posseduti e comprovati dagli stessi sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate.

Al comma 3 dell’art. 67 è previsto che i requisiti generali di ordine generale (di cui agli articoli 94 e 95 del Codice) siano posseduti sia dalle consorziate esecutrici che dalle consorziate che prestano i requisiti.

L’iscrizione alla CCIA – e titolo analoghi – (art. 100 comma 3), in caso di lavori o di servizi, deve essere invece posseduta dal consorziato esecutore in quanto condizione necessaria per esercitare l’attività.

«Il nuovo Codice (art. 67) chiarisce che i consorzi stabili possono attestare il possesso dei requisiti tecnici e economici- finanziari cumulando quelli posseduti dalle consorziate anche non esecutrici, secondo il principio del «cumulo alla rinfusa», che non è più limitato alle attrezzature e al personale»

3. La recente pronuncia del Consiglio di Stato

Sul cumulo alla rinfusa si è di recente espresso il Consiglio di stato nella sentenza n. 71 del 3.01.2024. Il caso esaminato riguarda l’impugnazione dell’ammissione alla gara e della aggiudicazione di lavori disposta in favore di un consorzio stabile. Nella fattispecie il disciplinare di gara disponeva che il requisito di idoneità relativo alla iscrizione CCIAA dovesse essere posseduto sia dal consorzio che dalle imprese consorziate indicate come esecutrici, mentre non richiedeva in capo alle medesime la qualificazione SOA.

Secondo il ricorrente, il principio del «cumulo alla rinfusa» è da intendersi nel senso che il consorzio può designare un’impresa che non ha la qualificazione nella categoria e classifica prevista dal bando, ma la predetta impresa deve pur sempre avere una qualificazione SOA, mentre nel caso di specie l’impresa designata non possiederebbe alcuna qualificazione SOA.

Il Giudice di primo grado respingeva il ricorso ritenendo che in base all’art. 47, comma 1, del d.lgs. 50/2016 i requisiti di qualificazione devono essere posseduti e dimostrati esclusivamente dal consorzio stabile, che si qualifica con un proprio certificato SOA, rilasciato da un organismo di attestazione, nel quale vengono sommate le categorie e le classifiche possedute dalle imprese consorziate.

L’orientamento viene confermato dal Consiglio di Stato con la sentenza in commento, sulla base della interpretazione autentica dell’art. 47, comma 1, del d.lgs. 50/2016 di cui all’art. 225, comma 13, del nuovo Codice. L’art. 47 cit. difatti prevede, al comma 1, il principio del cumulo alla rinfusa mentre al comma 2 prevede che il consorzio stabile esegua la prestazione in proprio o tramite le consorziate, senza che questo possa essere qualificato come subappalto. Il comma 2 prevede, inoltre, la responsabilità solidale tra consorzio stabile e consorziata esecutrice.

Dal combinato disposto di tali due commi – prosegue la sentenza in esame – si desume che:

  1. la qualificazione è richiesta in capo al consorzio stabile e non in capo alle singole consorziate, atteso che la qualificazione delle singole consorziate rileva solo ai fini del cumulo alla rinfusa e per verificare che il consorzio stabile sia qualificato;
  2. una volta che si accerti che il consorzio stabile è qualificato, non rileva verificare la qualificazione o meno delle singole consorziate;
  3. il cumulo alla rinfusa previsto dal comma 1 dell’art. 47 determina un avvalimento ex lege che si deve intendere bidirezionale alla luce del comma 2 della stessa norma;
  4. l’esecuzione diretta o tramite consorziate, con responsabilità solidale, presuppone appunto un avvalimento ex lege che opera in senso bidirezionale;
  5. non ha alcuna rilevanza che la consorziata esecutrice non sia qualificata, perché da un lato rileva ed è richiesta solo la qualificazione del consorzio, dall’altro lato se il consorzio esegue tramite consorziata non qualificata, è responsabile in solido, ossia il consorzio opera come una ausiliaria ex lege.

In sostanza, secondo il Consiglio di Stato, il cumulo alla rinfusa è un avvalimento ex lege, con il relativo regime di responsabilità: occorrerebbe ragionare, difatti, in termini di unicità del soggetto composto da consorzio stabile e consorziate, indipendentemente da chi ha i requisiti e chi esegue, atteso che in un avvalimento ex lege sono solidalmente responsabili i soggetti che hanno i requisiti e i soggetti che eseguono. Ragionando in questi termini si può accettare anche la scissione tra il soggetto che ha i requisiti di qualificazione ma non esegue e il soggetto che esegue ma non ha i requisiti di qualificazione.

Come nell’avvalimento, l’impresa designata, anche se priva dei requisiti di qualificazione, potendo usufruire delle risorse del consorzio, può eseguire l’appalto, avendo tutte le risorse necessarie a farlo, poiché usufruisce di quelle del consorzio attraverso il meccanismo del «cumulo alla rinfusa».

BOX: «Come nell’avvalimento, l’impresa designata, anche se priva dei requisiti di qualificazione, può eseguire l’appalto usufruendo delle risorse del consorzio attraverso il meccanismo del “cumulo alla rinfusa”.»  

Il soggetto da considerarsi come concorrente è quindi il consorzio stabile in quanto tale, che viene ad essere qualificato e direttamente “obbligato” nei confronti della stazione appaltante, anche se in solido con l’impresa consorziata esecutrice.

La sentenza chiarisce, peraltro, che nessuna disposizione normativa oggi obbliga le consorziate di un consorzio stabile ad avere, in proprio, una qualificazione SOA per poter far parte dello stesso consorzio stabile.  

Il Consorzio stabile – ricorda il Consiglio di Stato – si caratterizza infatti per la possibilità di qualificarsi attraverso i requisiti delle proprie consorziate, a prescindere dal fatto che le stesse siano designate o meno in gara per l’esecuzione del contratto d’appalto. Ed invero, è il consorzio stabile (e non già ciascuna delle singole consorziate) ad assumere la qualifica di concorrente e contraente e, per l’effetto, a dover dimostrare il possesso dei relativi requisiti partecipativi.  

Tale orientamento è stato ripreso nella recente sentenza del TAR Sardegna (sentenza del 12 febbraio 2024 n. 105) che ha confermato la legittimità dell’aggiudicazione in favore di un consorzio stabile, nonostante la consorziata designata per l’esecuzione dei lavori attinenti alla categoria prevalente non fosse in possesso del requisito di qualificazione («… se il Consorzio stabile è in possesso, in proprio, dei requisiti partecipativi richiesti dalla legge di gara, a nulla rileva, in ragione dell’interpretazione offerta dalla suddetta disposizione, l’assenza della qualificazione SOA in capo alla consorziata esecutrice dei lavori. »).

4.   Il punto di vista dell’ANAC

Con Comunicato pubblicato il 31/1/2024[8] l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha inteso fornire alcune indicazioni interpretative in materia di dimostrazione dei requisiti di partecipazione e di qualificazione dei consorzi stabili. In particolare, l’ANAC ha preso atto dell’orientamento giurisprudenziale più recente secondo cui i consorzi stabili possono avvalersi dei requisiti maturati dalle singole consorziate, esecutrici e non, al fine di partecipare alle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture e di conseguire l’attestazione di qualificazione secondo il meccanismo del cumulo alla rinfusa.

L’Autorità fa quindi presente che, con riferimento alle procedure regolate dal nuovo Codice, si uniformerà agli orientamenti del Consiglio di Stato sopra richiamati. In un primo momento invece l’ANAC, con il parere n. 470 del 18 ottobre 2023, aveva ritenuto, in via prudenziale, il cumulo alla rinfusa andasse riferito alla possibilità per il Consorzio stabile, privo in proprio dei requisiti, di qualificarsi per il tramite delle proprie consorziate, sommandone i relativi requisiti, ma non nel senso opposto, cioè di consentire ad una consorziata di qualificarsi ed eseguire l’appalto, essendo totalmente priva di qualificazione nelle categorie richieste per i lavori affidati.

Nel comunicato in oggetto l’ANAC ha inoltre ribadito la permanenza del divieto che impediva alla medesima impresa di partecipare a più di un consorzio stabile, indicandone le ragioni. Con l’entrata in vigore del nuovo codice, difatti, è sorto il dubbio in ordine alla permanenza del divieto di cui all’articolo 36, comma 5, del decreto legislativo n. 163/2006 (transitoriamente vigente sino al 30 luglio 2023), che impediva alla medesima impresa di partecipare a più di un consorzio stabile. Ciò, stante la mancata riproduzione di detta previsione nel nuovo codice e considerato che l’articolo 255 del decreto legislativo 36/2023 prevede l’ultravigenza del solo comma 7 dell’articolo 36, attinente alla qualificazione dei consorzi stabili.

A tal proposito, l’ANAC osserva che la partecipazione a un consorzio stabile presuppone l’intenzione delle imprese consorziate di operare stabilmente in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa. Appare quindi difficile concepire che tale vincolo possa essere istituito in favore di più entità, senza che ciò ne pregiudichi l’effettività. Inoltre, una tale apertura avrebbe l’effetto di svilire proprio l’elemento della stabilità che contraddistingue questa tipologia di consorzi, finendo per assimilare gli stessi ad altre tipologie di aggregazioni caratterizzate, invece, dalla temporaneità del vincolo. Occorre considerare, altresì, che le risorse messe a disposizione del consorzio possono essere contestualmente utilizzate dalle imprese consorziate anche per partecipare alle gare in forma singola. Se a ciò si aggiungesse la possibilità, per le consorziate, di partecipare stabilmente a più di un consorzio, ne deriverebbe un aumento delle occasioni di contemporanea spendita dei medesimi requisiti di partecipazione e di qualificazione da parte di più soggetti, con grave pregiudizio per l’effettiva capacità esecutiva.

L’ANAC si pronuncia inoltre sulla permanenza o meno della deroga che consentiva ai direttori tecnici delle imprese qualificate di conservare l’incarico presso la medesima impresa pur non essendo in possesso dei requisiti previsti. Il D.P.R. n. 34/2000 e il D.P.R. n. 207/2010 prevedevano difatti una deroga in materia di dimostrazione dei requisiti professionali in favore dei direttori tecnici che ricoprivano l’incarico per imprese iscritte all’Albo nazionale costruzioni. In particolare, era consentito a tali soggetti di mantenere l’incarico ricoperto anche in difetto dei requisiti di idoneità professionale più stringenti introdotti dagli stessi Regolamenti. L’articolo 84, comma 12-bis, del precedente codice D.lgs. 50/2016, introdotto in sede di correttivo, aveva riproposto la medesima deroga, confermando la permanenza del previgente regime.

Vista la mancata riproposizione della deroga in parola, l’ANAC chiarisce che nel vigore del nuovo Codice anche i direttori tecnici che ricoprivano l’incarico antecedentemente all’entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 34/2000 devono essere in possesso dei prescritti requisiti di idoneità professionale.

Le nuove disposizioni si applicano ai contratti sottoscritti a decorrere dall’entrata in vigore del Codice per il rilascio di una nuova attestazione di qualificazione o per il suo rinnovo. La verifica triennale e le variazioni minime delle attestazioni in corso di validità dovranno essere svolte in applicazione delle disposizioni vigenti al momento della sottoscrizione del contratto per il rilascio dell’attestazione originaria.


[1] Ai sensi di tale norma sono operatori economici  «d) i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro; i consorzi stabili sono formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa;».

[2] Cfr. Adunanza Plenaria 18 marzo 2021, n. 5; Cons. Stato, sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6165; Cons. Stato, sez. III, 4.2.2019, n. 865; Cons. Stato, sez. V, 17.1.2018, n. 276.

[3] I giudici di legittimità precisano che nel consorzio stabile tra consorzio e consorziate non vi è un rapporto di mandato, atteso che «Il vincolo in forza del quale le consorziate provvedono a dare esecuzione al contratto stipulato non si giustifica, sotto il profilo negoziale, nell’assegnazione che non può essere considerata un contratto (e quindi né un subappalto né un mandato), ma solo un atto unilaterale recettizio, bensì nel momento antecedente all’assegnazione e costituito dalla costituzione e dall’adesione al consorzio, unico atto negoziale contenente l’incarico di stipulare il contratto di appalto per conto delle consorziate e l’ulteriore incarico di determinare di volta in volta a quale tra essere gli appalti assunti dovranno essere assegnati» (Corte di Cassazione, sentenza n. 1192 del 2018).

[4] Sul punto il Consiglio di Stato ha ritenuto irrilevante stabilire se una procedura di gara suddivisa in lotti sia qualificabile come gara unica ovvero come più gare per quanti sono i lotti, per essere il bando un atto ad oggetto plurimo che dà luogo a distinte procedure. Invero, quel che conta è che il consorzio partecipa alla procedura di gara come operatore economico unitario: per cui, alternativamente, o vi è ammesso, e, dunque, la sua offerta può legittimamente essere scrutinata per diversi lotti, oppure è escluso, ma dall’intera procedura, non solamente da uno dei lotti. La tesi per la quale possa essere escluso da un lotto, ma rimanere in gara per gli altri, farebbe del consorzio stabile non più un operatore economico unitario ma moltiplicabile in ragione delle consorziate indicate per l’esecuzione del singolo lotto dell’appalto: il che sarebbe in contrasto con il principio – che si ricava indirettamente dall’art. 47, comma 7, del Codice dei contratti pubblici, che vieta alle consorziate indicate per l’esecuzione di partecipare in maniera autonoma alla stessa procedura di gara – che impone agli operatori economici di partecipare ad una procedura di gara in un’unica forma.  

[5] Il c.d. decreto sblocca – cantieri ha riformulato l’art. 47, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, stabilendo che «I consorzi stabili di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c), e 46, comma 1, lettera f) eseguono le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorzi indicati in sede di gara senza che ciò costituisca subappalto, ferma la responsabilità solidale degli stessi nei confronti della stazione appaltante. Per i lavori, ai fini della qualificazione di cui all’articolo 84, con il regolamento di cui all’articolo 216, comma 27 octies sono stabiliti i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio e ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni. L’affidamento delle prestazioni da parte dei soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettera b), ai propri consorziati non costituisce subappalto».

[6] V. Cons. Stato, sez. V, 22/12/2023 n. 1106; sez. III, 9/10/2023, n. 8767; sez. V, 29/9/2023, n. 8592, n. 6.

[7]Ai sensi dell’art. 225 comma 13 cit. «Gli articoli 47, comma 1, 83, comma 2, e 216, comma 14, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, si interpretano nel senso che, in via transitoria, relativamente ai consorzi di cui all’articolo 45, comma 2, lett. c), del medesimo codice, ai fini della partecipazione alle gare e dell’esecuzione si applica il regime di qualificazione previsto dall’articolo 36, comma 7, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006 e dagli articoli 81 e 94 del regolamento di esecuzione ed attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207. L’articolo 47, comma 2- bis, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, si interpreta nel senso che, negli appalti di servizi e forniture, la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti dal bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati, anche se diversi da quelli designati in gara”.».

[8]V. Comunicato ANAC del 31/1/24 “Indicazioni interpretative in materia di dimostrazione dei requisiti di partecipazione e di qualificazione all’esito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 36/2023. Consorzi stabili e requisiti del direttore tecnico.” su www.anticorruzione.it

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Questo articolo è stato scritto da...

Francesca Scura
Avv. Francesca Scura
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.