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Con determinazione n. 3/2013 l’AVCP ha indicato le linee guida per la partecipazione delle reti di impresa alle procedure di appalti pubblici.

Tale determinazione nasce dal sempre più diffuso ricorso da parte degli operatori economici all’istituto del contratto di rete.

L’istituto del contratto di rete, introdotto nel nostro ordinamento giuridico dalla L. 9 aprile 2009, n. 33, di conversione del D.L. 10 febbraio 2009, n. 5 (c.d. “Decreto incentivi”), poi modificato, dapprima con la L. 23 luglio 2009, n. 99 (art. 1); poi dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122 (art. 42, co. 2 bis) e poi ancora dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83 c.d. “Decreto sviluppo”, è lo strumento giuridico che consente alle aggregazioni di imprese di instaurare tra loro una collaborazione organizzata e duratura, mantenendo la propria autonomia e la propria individualità.

In altri termini il contratto di rete è finalizzato alla collaborazione organizzata di diversi operatori economici, allo scambio di informazioni e prestazioni, all’esercizio in comune di una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa.

Con d.l. 179/2012, convertito in L. 221/2012, tali aggregazioni sono state aggiunte espressamente al novero dei soggetti ai quali possono essere affidati i contratti pubblici, ai sensi del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (nel seguito, Codice).

Orbene a seguito di tale previsione normativa è nata l’esigenza di rendere applicabile la relativa normativa alle procedure di gara; per tale ragione l’Autorità con la determinazione n. 3/2013 ha diffuso le relative linee guida.

Innanzitutto, con la novella normativa dell’art. 34, comma 1, lett. e-bis), ora si ammette a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici «le aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete ai sensi dell’articolo 3, comma 4-ter, del  decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge  9 aprile 2009, n. 33»; la medesima disposizione aggiunge, poi, che «si  applicano le disposizioni dell’articolo 37».

Benché, secondo il consolidato orientamento dell’AVCP, l’elenco contenuto nell’art. 34 non abbia natura tassativa, la precisazione normativa risulta quanto mai opportuna,  soprattutto in ragione del rinvio espresso all’art. 37 che, come noto, reca la  disciplina dei raggruppamenti temporanei (RTI) e dei consorzi ordinari di  concorrenti.

Al fine di rendere applicabile la disciplina al contratto di rete, le stazioni appaltanti hanno l’onere di compiere un’attenta analisi sulla volontà negoziale delle parti contraenti, le quali hanno pattiziamente deciso, nel proprio atto costitutivo, di contemplare la partecipazione congiunta alle procedure di gara nell’oggetto del contratto di rete e nel contempo, di norma, prevedere una durata dello stesso contratto che sia commisurata agli obiettivi programmatici e, in ogni caso, ai tempi di realizzazione dell’appalto. 

E’ bene precisare che il citato contratto di rete presenta molti aspetti comuni al raggruppamento temporaneo di imprese e al consorzio, pur differenziandosi per alcuni aspetti peculiari.

In particolare il contratto di rete si differenzia dal raggruppamento temporaneo di imprese per lo scopo per cui viene costituito.

Infatti il raggruppamento temporaneo di imprese è il sistema a cui le imprese ricorrono per partecipare a gare d’appalto quando non possiedono le categorie richieste nel bando, caratterizzato da un rapporto di mandato con rappresentanza, gratuito ed irrevocabile, conferito collettivamente all’impresa “capogruppo”.

I raggruppamenti temporanei tra imprese sono previsti dalla legge ed hanno ragion d’essere solo nel contesto delle gare e dei rapporti con la stazione appaltante, costituendo essi una modalità agevolativa di partecipazione alle gare bandite dalla P.A. che non può trovare applicazione oltre i casi in cui è prevista, senza che per questo possa ritenersi violato il principio comunitario di tutela della concorrenza  (T.A.R. Reggio Calabria Calabria sez. I,, 10 dicembre 2009, n. 1197).

Per quanto riguarda il consorzio, esso è invece il contratto con il quale due o più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese (art. 2602 cod. civ.).

E’ evidente come la differenza fondamentale di tali forme di cooperazione imprenditoriale risieda nello “scopo” specifico dell’aggregazione fra le imprese partecipanti e nell’assenza nel raggruppamento temporaneo di imprese e nel consorzio di un programma comune duraturo e non limitato al compimento di un affare specifico o alla disciplina delle “fasi” della rispettiva attività di impresa.

In particolare, la stessa giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il raggruppamento temporaneo di imprese non è altro che un mezzo tecnico tramite il quale ciascuna impresa persegue un interesse proprio, distinto da quello delle altre imprese partecipanti.

Ne deriva, pertanto, che per quanto attiene alla qualificazione, è, in ogni caso, necessario che tutte le imprese della rete che partecipano alla procedura di gara siano in possesso dei requisiti generali di cui all’art. 38  del Codice e li attestino in conformità alla vigente normativa. Ciò a prescindere dalla tipologia e dalla struttura della rete.

Con riguardo ai requisiti speciali di partecipazione, essendo, l’aggregazione tra gli aderenti al contratto di rete “strutturalmente”, stata assimilata dal Codice al raggruppamento temporaneo di imprese (RTI), trovano applicazione le regole in tema di qualificazione previste dall’art. 37 del  Codice e dagli artt. 92 e 275 del Regolamento (d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207) per  gli appalti di lavori, servizi e forniture; dall’art. 90, comma 1, lett. g) del  Codice e dall’art. 261, comma 7, del Regolamento per quanto riguarda i servizi  di ingegneria e architettura.

Pertanto le aggregazioni si dovranno strutturare secondo la tipologia dei raggruppamenti orizzontali e verticali in conformità alle disposizioni dell’articolo 37 del Codice.

In linea generale, sussiste, inoltre, il divieto di partecipazione alla  gara, anche in forma individuale, delle imprese che già partecipano per mezzo della aggregazione di imprese retiste, ai sensi dell’art. 37, comma 7, del  Codice.

L’Avcp nella predetta determinazione, cui si rinvia, distingue, poi,  tre ipotesi di partecipazione delle reti di imprese, a seconda che le stesse abbiano o meno soggettività giuridica e abbiano o meno un organo di rappresentanza comune.

Orbene, nonostante gli interventi normativi del legislatore e gli sforzi interpretativi e applicativi dell’AVCP, nella prassi il contratto di rete, risulta tutt’oggi di difficile applicazione, stante il coordinamento delle attività di rete, in quanto lo stesso viene avvertito quale ostacolo all’effettiva operatività fino a poterne pregiudicare la sopravvivenza.

Infatti entrare a fare parte della rete comporta per gli operatori una valutazione in termini di gradi di libertà a cui l’impresa deve rinunciare a fronte di minori costi di accesso al mercato, di economie di scala e di scopo che nella rete possono essere conseguite, evitando al contempo i costi di una struttura gerarchica  fortemente integrata verticalmente.

Tale decisione non può infine prescindere da una valutazione in merito all’effettiva capacità di permanere nel mercato in assenza di quella crescita dimensionale che, congiuntamente alla capacità di rispondere ai rapidi cambiamenti dell’ambiente esterno, appare un requisito necessario per competere nello scenario internazionale.

Tali valutazioni da parte delle imprese, alla luce anche del particolare periodo storico in cui si opera, rende di fatto quasi del tutto inapplicato l’istituto del contratto di rete.

Infatti, sebbene il contratto di rete appaia negli intenti uno strumento fortemente proiettato ad incentivare l’innovazione e la cooperazione delle imprese, di fatto viene disapplicato, in quanto si mostra un istituto non supportato da una solida e armoniosa normativa che tuteli tale forma di cooperazione in ogni ambito di operatività.

Al contrario nella prassi quotidiana, si lascia ampia discrezionalità non solo agli operatori che ne fanno ricorso, ma anche e soprattutto alle stazioni appalti che devono interpretare la volontà pattizia degli operatori economici che ne hanno fatto ricorso, con inevitabili scenari di contenzioso che tutto ciò fa solo immaginare e che, di fatto, non aiuta al concreto svolgimento di una procedura di gara.

Difatti, potrebbe accadere che il normale iter di una procedura di gara venga sospeso per un problema interpretativo sulla volontà pattizia che le parti hanno espresso nel contratto di rete, inducendo l’amministrazione a ritrovarsi in uno stallo normativo, dal quale non risulta facile venirne fuori se non con una pronuncia giudiziale.

In conclusione si auspica che il ricorso da parte degli operatori economici al contratto di rete sia sempre più supportato da un maggior rafforzamento dell’istituto, almeno con riferimento alle procedure di gara pubbliche.

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Avv. Anna Binetti
Funzionario c/o aret puglia promozione
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