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Come è noto, l’art. 39 D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni con legge 11 agosto 2014 n. 114 ha apportato delle importanti modifiche al Codice dei Contratti, ampliando le ipotesi di soccorso istruttorio e dando un sicuro criterio interpretativo delle disposizioni codicistiche in caso di esclusioni per vizi formali, privilegiando il favor partecipationis rispetto alla par condicio.
Questa disposizione è sotto la luce di ingrandimento della dottrina, che sta approfondendo sempre di più il dibattito, per spingere il legislatore ad apportare le modifiche opportune alla disposizione oppure per dare un’interpretazione autentica della stessa, rendendola chiara e coerente al sistema.
Se da un lato c’è un grosso fermento dottrinale, dall’altro è interessante vedere come la giurisprudenza, l’ANAC e le stazioni appaltanti stiano percependo tale modifica.
2 La giurisprudenza
Si deve dar atto che, anche se bisognerà aspettare un po’ di tempo per avere delle decisioni specifiche sull’argomento, la giurisprudenza ha iniziato, fin da subito, a dare grande attenzione alla modifica sopra citata.
La modifica degli artt. 38 e 42 D. Lgs. 163/2006, apportata dall’art. 39 D.L. 90/2014 (convertito, con modifiche, dalla L. 114/2014) è oggetto delle prime citazioni nelle sentenze della giurisprudenza amministrativa
Infatti, già nella sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 30 luglio 2014, n. 16, a cui era stata rimessa la questione della necessità (o meno) dell’indicazione nominativa, nella dichiarazione sostitutiva depositata ai sensi dell’art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n.163, di tutte le persone munite della rappresentanza legale della società che devono possedere i requisiti morali prescritti dalla predetta disposizione, viene citato il D.L. 90/2014. Anzi, l’Adunanza Plenaria fa di più, ovvero dichiara che «si deve osservare che il problema risulta risolto de futuro dall’art. 39 del decreto legge 24 giugno 2014, n.90». E dà delle prime indicazioni sull’interpretazione della disposizione, che «introduce una sanzione pecuniaria per la mancanza, l’incompletezza e ogni altra regolarità essenziale delle dichiarazioni sostitutive, obbliga la stazione appaltante (l’uso del verbo assegnare all’indicativo presente segnala la doverosità del comportamento) ad assegnare al concorrente un termine non superiore a dieci giorni per la produzione o l’integrazione delle dichiarazioni carenti e consente (anzi: impone) l’esclusione nel solo caso di inosservanza di tale ultimo adempimento».
Anche l’Adunanza riconosce le «prevedibili» difficoltà interpretative della disposizione per quanto riguarda la mancata specificazione di quali siano le irregolarità essenziali e quali quelle non essenziali. Infatti, parla di «lessico infelice e foriero di incertezze», che avrà ricadute sia a livello interpretativo, che a livello applicativo. In quest’ultimo caso, l’Adunanza non nasconde che ciò potrebbe dar adito anche a diverso contenzioso, venendo, perciò, meno lo scopo principale che il legislatore ha voluto perseguire emanando tale modifica: la diminuzione delle cause in merito.
Tuttavia, l’Adunanza è ottimista: «si tratta di una disposizione che, […], risulta finalizzata proprio a superare le incertezze interpretative e applicative del combinato disposto degli artt. 38 e 46 d.lgs. cit., mediante la procedimentalizzazione del potere di soccorso istruttorio (che diventa doveroso per ogni ipotesi di mancanza o di irregolarità delle dichiarazioni sostitutive) e la configurazione dell’esclusione dalla procedura come sanzione unicamente legittimata dall’omessa produzione, integrazione o regolarizzazione delle dichiarazioni carenti entro il termine assegnato dalla stazione appaltante (e non più da carenze originarie)».
Quindi, come si può notare, si apprezza in generale lo sforzo del legislatore, anche se non totalmente compiuto, dato che tale innovazione può essere oggetto di dubbi soprattutto sui suoi presupposti applicativi.
Infine, l’Adunanza, sebbene ricordi che non si possa applicare la nuova fattispecie normativa al caso in esame, perché precedente all’entrata in vigore della disposizione, «offre, quale indice ermeneutico, l’argomento della chiara volontà del legislatore di evitare (nella fase del controllo delle dichiarazioni e, quindi, dell’ammissione alla gara delle offerte presentate) esclusioni dalla procedura per mere carenze documentali (ivi compresa anche la mancanza assoluta delle dichiarazioni), di imporre un’istruttoria veloce, ma preordinata ad acquisire la completezza delle dichiarazioni (prima della valutazione dell’ammissibilità della domanda), e di autorizzare la sanzione espulsiva quale conseguenza della sola inosservanza, da parte dell’impresa concorrente, all’obbligo di integrazione documentale (entro il termine perentorio accordato, a tal fine, dalla stazione appaltante)». Perciò, «indica la volontà univoca del legislatore di valorizzare il potere di soccorso istruttorio al duplice fine di evitare esclusioni formalistiche e di consentire le più complete ed esaustive acquisizioni istruttorie»[1].
Successivamente, anche i Tribunali Amministrativi Regionali e il Consiglio di Stato hanno iniziato a citare tale innovazione legislativa, poco dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge.
Il Tar Umbria, sez. I, con sentenza 9 settembre 2014 n. 447 accoglie il ricorso avente ad oggetto la richiesta di annullamento dell’atto di revoca dell’aggiudicazione per mancata dichiarazione di un reato che l’impresa aggiudicataria non aveva dichiarato perché lo considerava depenalizzato[2].
La giurisprudenza amministrativa è concorde nell’affermare che a seguito della modifica prevale il principio di favor partecipationis su quello di par condicio rispetto ai vizi formali della documentazione relativa all’art. 38 D.Lgs. 163/2006
Per quanto ci interessa, dopo aver fatto una breve ricognizione sulla giurisprudenza formalistica (che ritiene che vi debba essere l’esclusione dell’operatore economico per la sola mancata dichiarazione delle condanne penali) e la giurisprudenza sostanzialistica (che sottolinea come sia rilevante il solo possesso sostanziale dei requisiti generali di partecipazione) sul tema, richiama i principi della Direttiva 2014/24/UE, che secondo il giudice è più improntata al favor partecipationis, con il passaggio ad un sistema sostanzialistico sulla verifica dei requisiti generali di partecipazione alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici.
Soffermandosi sul diritto interno, sebbene, anche in tal caso, lo ius superveniens non sia applicabile ratione temporis, il D.L. 90/2014 «segna indubbiamente il passaggio ad una concezione non formalistica della fase di ammissione alle gare d’appalto», facendo prevalere, definitivamente, la concezione sostanzialistica di partecipazione alle procedure di affidamento.
Secondo il Tar, il soccorso istruttorio si amplia anche ad ipotesi finora “sconosciute”, quali la mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale delle dichiarazioni sostitutive inerenti il possesso dei requisiti morali, permettendo la «illimitata» possibilità per il concorrente di integrare la documentazione, a due condizioni cumulative: 1) previo pagamento di una sanzione pecuniaria «invero sconosciuta in ambito comunitario» e 2) concreta dimostrazione del possesso sostanziale dei requisiti.
Secondo il giudice, «risulta evidentemente superato l’orientamento del tutto pacifico in giurisprudenza volto a distinguere in subiecta materia le ipotesi di regolarizzazione della documentazione di gara rispetto a quelle di integrazione, non consentita in quanto lesiva dei principi di par condicio tra i concorrenti (ex multis Consiglio di Stato sez. III, 2 settembre 2013, n. 4370) pur risultando tutta da elaborare la (non facile) linea di distinzione tra irregolarità essenziali, sanabili a titolo oneroso e su istanza dell’interessato ed irregolarità non essenziali, sanabili d’ufficio e senza applicazione di alcuna sanzione pecuniaria». Perciò, sembra instaurarsi definitivamente un’interpretazione basata sulla sostanziale presenza dei requisiti, che dovrà essere dimostrata[3], sebbene ci siano delle evidenti difficoltà interpretative derivanti della distinzione tra irregolarità essenziali e irregolarità non essenziali, sulla cui definizione dovrà necessariamente intervenire qualche interpretazione autorevole.
Infine, secondo il giudice, «volendo fare un raffronto con il regime della patologia del provvedimento amministrativo introdotto dalla legge n. 15/2005 di cui all’art. 21-octies della legge 241/90, il nuovo D.L. n.90/2014 persegue la stessa ratio di “dequotazione” delle violazioni di tipo formale/procedimentale, ridimensionandone la capacità invalidante in ossequio ad un principio di conservazione dell’attività amministrativa»[4].
La successiva sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 8 settembre 2014, n. 4543 verte sulla mancata dichiarazione dei requisiti di cui all’art. 38 da parte di un amministratore munito di poteri di rappresentanza[5].
Anche questo giudice è ben conscio del dibattito tra tesi formalistica e tesi sostanzialistica dei requisiti di cui all’art. 38 D.Lgs. 163/2006 e dello ius superveniens, che non è applicabile al caso di specie e che è volto «a valorizzare il potere di soccorso istruttorio».
È ben consapevole anche del fatto che «in ogni caso andranno risolti problemi esegetici in sede applicativa e, con riguardo alle fattispecie analoghe a quella all’esame e cioè alla omessa dichiarazione di pregresse condanne, non appare possa, anche in caso di successiva regolarizzazione, eliminarsi del tutto, ove non esplicitato, il “filtro” dell’Amministrazione»[6]. Perciò, il Consiglio sottolinea che, anche a seguito della successiva regolarizzazione, la stazione appaltante debba operare un filtro sulle condanne dichiarate, dato che non sono ammessi (e quindi devono essere esclusi) soggetti che siano stati condannati per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale oppure per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’articolo 45, paragrafo 1, direttiva Ce 2004/18.
Oltre alle certezze che derivano da tale modifica, la giurisprudenza rileva la mancanza di chiarezza da parte del legislatore nella definizione di irregolarità essenziali e non essenziali
Tralasciando la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4666[7], che non fa altro che richiamare la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 16/2014, che ritiene in linea con le nuove modifiche apportate al Codice dei Contratti da parte del D.L. 90/2014, l’ultima decisione della giustizia amministrativa, in ordine di tempo, è la sentenza del Tar Lazio, sez. I-Ter, 26 settembre 2014, n. 10028, in cui si verte, tra le varie questioni poste, anche su alcune incertezze circa l’interpretazione di una dichiarazione che i partecipanti dovevano presentare, che è stata resa, da un’impresa, in lingua straniera e poi tradotta in italiano. In tal caso, si prende in considerazione un profilo diverso rispetto a quelli sopra analizzati, ovvero quello delle dichiarazioni mancanti o incomplete di soggetti terzi.
Il giudice ritiene che la stazione appaltante avrebbe dovuto provvedere al soccorso istruttorio per incertezza sul contenuto della dichiarazione «tanto più se si tiene conto della disposizione recata dall’art. 46 comma 1 ter del D.Lgs. 163/06, introdotto dal D.L. 90/2014 convertito in L. 114/14, che estende la disposizione dell’art. 38 comma 2 bis anche ai casi di mancanza, incompletezza o irregolarità di dichiarazioni anche di soggetti terzi che devono essere prodotte dai concorrenti in sede di gara, che pur non essendo direttamente applicabile alla fattispecie in esame – in quanto il bando è stato pubblicato prima dell’entrata in vigore del D.L. 90/2014 – offre quale indice ermeneutico, la chiara volontà del Legislatore di valorizzare il soccorso istruttorio (cfr. Cons. Stato A.P. 30/7/2014 n. 16)» [8].
Perciò, riassumendo, la giurisprudenza amministrativa ritiene di grande pregio la modifica apportata dal legislatore al soccorso istruttorio, perché indica definitivamente la volontà del legislatore di dare un ruolo preminente al favor partecipationis rispetto alla par condicio. Tuttavia, riconosce anche che tale disposizione sarà comunque foriera di contenzioso, perché manca una definizione chiara di ciò che si intende per irregolarità essenziale e non essenziale.
Probabilmente, verso la fine dell’anno, si potranno leggere le prime decisioni dei Tar a proposito di questioni relative all’applicazione della nuova disposizione.
3 Le primissime (e francamente inutili) indicazioni da parte dell’ANAC
Se la giurisprudenza inizia a muovere i “primi passi” dando dei segnali indicativi, l’ANAC, da parte sua, ha appena perso un’occasione preziosa per “creare prassi”.
L’ANAC ha perso l’occasione di dare risposte con la pubblicazione del Bando-tipo n. 2 del 2 settembre 2014 “Affidamento di lavori pubblici nei settori ordinari: procedura aperta per appalto di sola esecuzione lavori, contratti di importo superiore a euro 150.000 euro, offerta al prezzo più basso”
Il 14 ottobre 2014 è stato pubblicato sul sito il Bando-tipo n. 2 del 2 settembre 2014 “Affidamento di lavori pubblici nei settori ordinari: procedura aperta per appalto di sola esecuzione lavori, contratti di importo superiore a euro 150.000 euro, offerta al prezzo più basso”[9]. Come viene descritto nella notizia che accompagna tale bando, «il modello, predisposto a seguito della consultazione pubblica degli operatori del mercato e previa acquisizione del parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, consiste in uno schema di disciplinare di gara contenente le norme integrative al bando per l’affidamento degli appalti di sola esecuzione, da aggiudicarsi mediante la procedura aperta e con il criterio del prezzo più basso, ai sensi degli artt. 53, comma 2, lett. a), 54, comma 2, e 82 del Codice. […]Trascorsi 12 mesi, durante i quali le stazioni appaltanti potranno formulare osservazioni e commenti, il modello sarà sottoposto a verifica di impatto della regolazione come previsto dall’apposito Regolamento dell’Autorità». Infine, l’ANAC emanerà un bando ufficiale ai sensi dell’art. 64, comma 4-bis, D.Lgs. 163/2006, che prevede che «i bandi sono predisposti dalle stazioni appaltanti sulla base di modelli (bandi-tipo) approvati dall’Autorità, previo parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sentite le categorie professionali interessate, con l’indicazione delle cause tassative di esclusione di cui all’articolo 46, comma 1-bis. Le stazioni appaltanti nella delibera a contrarre motivano espressamente in ordine alle deroghe al bando-tipo».
Con tale bando, l’ANAC avrebbe potuto già dare delle risposte concrete alle questioni cruciali che si stanno incontrando in sede applicativa dell’art. 39 D.L. 90/2014. Invece, il nulla: ha di fatto posto alla base della consultazione un bando “già vecchio”, dove l’indicazione delle cause tassative è già sorpassato dalle continue modifiche normative che in tal campo si susseguono a ritmo serratissimo.
Nella nota illustrativa al bando si precisa che «il bando-tipo tiene conto delle modifiche al Codice contenute nell’art. 39 del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, in materia di regolarizzazione degli elementi e delle dichiarazioni da rendere in sede di gara. In merito, si rammenta alle stazioni appaltanti che, ai sensi del nuovo comma 2-bis dell’art. 38, è necessario stabilire nel bando di gara la sanzione pecuniaria in caso di irregolarità essenziale, per un importo compreso tra l’1 per mille e l’1 percento del valore della gara. L’Autorità procederà attraverso apposita determinazione a fornire alle stazioni appaltanti indicazioni sulle modalità applicative delle nuove disposizioni normative».
Tre gli elementi importanti contenuti in tale dichiarazione: 1) l’ANAC “tiene conto” delle modifiche, ma, come si vedrà in seguito, ciò avviene assai superficialmente; 2) ciò che viene sottolineato dall’ANAC è soprattutto il fatto che è necessario stabilire l’ammontare della sanzione pecuniaria nel bando, cosa ovvia e superflua, mentre i problemi applicativi derivano dai presupposti non individuati chiaramente della disposizione e non dalla necessaria presenza della sanzione pecuniaria; 3) bisognerà aspettare un apposito atto dell’Autorità di applicazione delle disposizioni.
Nel bando-tipo è presente un’unica frase, che dovrebbe in qualche modo rendere conforme a normativa il bando stesso e che dovrebbe “accontentare” gli operatori.
Prima di tutto, tale previsione è presente nella sezione “modalità di presentazione della documentazione”. Inoltre, da come è formulato il testo, sembra che il soccorso istruttorio “a titolo oneroso” sia posto come regola rispetto all’esclusione dell’operatore economico, che è divenuta l’eccezione, e in alternativa, quando ricorrono presupposti diversi, al soccorso istruttorio “a titolo gratuito”. Infatti, ciò che viene scritto è che «le dichiarazioni ed i documenti possono essere oggetto di richieste di chiarimenti da parte della stazione appaltante con i limiti e alle condizioni di cui all’art. 46 del Codice» e che (indicandolo con il triangolo di “importante ai fini di esclusione”) «il mancato, inesatto o tardivo adempimento alle richieste della stazione appaltante, formulate ai sensi dell’art. 46 comma 1 e comma 1- ter (introdotto dall’art. 39, comma 2, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 agosto 2014, n. 114), costituisce causa di esclusione. La sanzione pecuniaria prevista dall’art. 38 , comma 2-bis, del Codice è fissata in euro … [ cifre (…),. lettere (….)]…. ».
Quindi, il bando si limita a pochissimi cenni alla nuova normativa, prevedendo una clausola generale di esclusione e mantenendo la vecchia struttura di un bando, dove si fissano, a pena di esclusione, tutta una serie di obblighi.
La cosa più preoccupante è che non vengono affrontati in alcun modo alcuni problemi relativi all’applicazione di questa modifica legislativa, che avrebbero potuto avere una prima “interpretazione autorevole”, quali la differenza tra irregolarità essenziali e irregolarità non essenziali, la cauzione, l’interazione tra la procedura di gara e la procedura di regolarizzazione.
Come sempre, l’ANAC latita .. con l’ennesima occasione sprecata, invece di impadronirsi di quel ruolo di preminenza e di indirizzo “autentico” della prassi nell’ambito della contrattualistica pubblica che gli spetta secondo il Codice dei Contratti.
4 E le stazioni appaltanti cosa stanno facendo? Ciò che si legge nei bandi pubblicati sui profili del committente…
Alla fine i problemi operativi creati dal legislatore devono essere risolti o almeno “arginati” dagli operatori di diritto, ovvero dalle stazioni appaltanti, che stanno cercando di tappare i buchi di questa disciplina lacunosa.
In compenso, le stazioni appaltanti stanno cercando delle soluzioni operative, soprattutto nel campo della definizione delle irregolarità essenziali e non essenziali
Per quanto riguarda i problemi relativi alla definizione delle “irregolarità essenziali” e “irregolarità non essenziali”, si possono trovare dei bandi “sintetici”, che non esplicitano la differenza, ma che richiamano semplicemente, di fatto riportandola, la disposizione e bandi “analitici”, che danno delle definizioni chiare di irregolarità essenziali, elencandole e, molte volte, facendole coincidere con le dichiarazioni presenti nelle domande di partecipazione predisposte dalla stazione appaltante.
In entrambi i casi la discrezionalità della stazione appaltante risulta essere ampia. Tuttavia, tale discrezionalità ha momenti di esplicazione diversi.
Infatti, nel caso di bando “sintetico”, le fattispecie vengono descritte solo in sede di seduta pubblica di verifica della regolarità delle dichiarazioni e vengono trascritte nel verbale. In tal caso, bisognerà dare adeguata motivazione del perché si è riscontrato in quella specifica irregolarità uno dei presupposti per attivare la procedura di regolarizzazione. Nel caso di bando “analitico”, dove vengono definite le irregolarità essenziali, queste vengono individuate e rese pubbliche fin dall’inizio in sede di bando o disciplinare o lettera invito. Quindi, nella verbalizzazione si potrà semplicemente riscontrare la presenza di quella irregolarità prevista nell’elenco fissato nella documentazione di gara per poter dar il via al soccorso istruttorio, dato che tutti ne erano stati edotti.
Per motivi legati alla trasparenza della procedura, sembra più idoneo rendere pubblici i presupposti di accesso alla procedura di regolarizzazione fin da subito in sede di bando. Tuttavia, la maggior parte delle vertenze potrebbero nascere proprio sulla qualificazione della tipologia individuata quale irregolarità essenziale o non essenziale.
Un altro tema caldo è la cauzione provvisoria che garantisce il pagamento della sanzione pecuniaria. Molti bandi riportano semplicemente la disposizione, non aggiungendo nulla di più. Alcuni bandi hanno provato a inserire diverse modalità di pagamento della cauzione provvisoria per la parte in cui “garantisce” il mancato pagamento della sanzione.
Tuttavia, iniziano a essere presentate cauzioni provvisorie sotto forma di polizze fideiussorie, rilasciate dalle assicurazioni, con una clausola specifica di garanzia per il mancato pagamento della sanzione pecuniaria, che in genere viene aggiunta in appendice.
Quindi, sembrerebbe che molte assicurazioni riescano ad emettere senza grossi difficoltà polizze fideiussorie contenenti tali tipologie di clausole.
Purtroppo, il problema sta nel fatto che la polizza fideiussoria è un’assicurazione, con il trasferimento del rischio del mancato adempimento dal concorrente all’assicuratore, attraverso il pagamento di un premio.
E, come si continua a ribadire, ai sensi dell’art. 12 D. Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), le clausole di assicurazioni che hanno ad oggetto il trasferimento del rischio di pagamento delle sanzioni amministrative sono nulle. E, secondo l’art. 1421 c.c., salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
Quindi, si può capire come alcune stazioni appaltanti siano restie a chiedere esplicitamente una clausola del genere nella polizza fideiussoria, che viene inoltre redatta sulla base di schemi oltretutto datati[10]. Infatti, un qualsiasi giudice potrebbe rilevare la nullità d’ufficio, con la conseguente condanna alla restituzione di quanto ricevuto come “ristoro” per il mancato pagamento della sanzione pecuniaria.
Altro problema è la procedimentalizzazione del soccorso istruttorio. Pochissimi bandi descrivono le modalità con cui si svolgerà il soccorso istruttorio. Non si scandiscono, neppure per accenni o per sommi capi, le fasi della regolarizzazione. Piuttosto, si riporta interamente la disposizione.
Nessun problema, invece, per la determinazione della sanzione pecuniaria. Viene generalmente indicata di volta in volta in tutti i bandi e viene fissata nell’ammontare all’interno dei limiti minimi e massimi stabiliti dal legislatore.
Perciò, si può vedere come le stazioni appaltante stiano andando ancora caute su questi temi, senza porsi troppi limiti procedimentali, proprio per evitare “cambi in corsa” se dovessero uscire nuove interpretazioni autorevoli.
Sicuramente, il nuovo soccorso istruttorio sta entrando pian piano all’interno delle procedure di gara e sembra che le stazioni appaltanti stiano dando i primi preziosi contributi nella definizione di irregolarità essenziali e non essenziali.
5 Conclusioni
Come si è potuto leggere in questa breve analisi della situazione vigente, si richiede a gran voce l’intervento di qualche autorità che possa dare certezze interpretative in questo problematico contesto applicativo.
In attesa di qualche intervento autorevole..
Infatti, se sembra definitivamente sancito il predominio del favor partecipationis, i presupposti di applicazione del nuovo soccorso istruttorio continuano ad essere ancora vaghi e soggetti ad interpretazioni non omogenee a livello nazionale, con grave danno al principio di certezza di diritto.
Inoltre, il comportamento di inerzia che sia il legislatore che l’ANAC hanno rispetto a una modifica così importante ai fini delle procedure di affidamento e che è già presente nel mondo del diritto in modo definitivo da più di due mesi, rende gli operatori del diritto consapevoli di quanto le modificazioni normative in Italia non vengano quasi mai pensate “immerse nella quotidianità”, ma sempre a livello teorico.
Fortunatamente, gli operatori di diritto, memori della “schizofrenia” di cui soffre il sistema giuridico italiano, cercano di adeguare, sempre, il prima possibile, la propria documentazione di gara.
Invece, grossi spunti di riflessione possono derivare da una giurisprudenza che sta ingranando la marcia e che “non vede l’ora” di pronunciarsi su problematiche riferite a tale innovazione legislativa.
L’aspetto più importante, quindi, risulta essere la redazione dei bandi di gara in questa fase di transizione. Le stazioni appaltanti devono essere sempre attente a tutti gli stimoli che provengono, in primo luogo, dalla dottrina, molto attiva nel dibattito e sempre piena di buoni consigli, e devono essere sempre pronte a recepire immediatamente eventuali future interpretazioni. In particolare, il problema si pone anche su come formulare in modo chiaro le clausole di esclusione.
Infatti, nei vecchi bandi non ancora aggiornati, viene indicato l’obbligo “a pena di esclusione” e riportato tout court l’art. 39 D.L. 90/2014.
A seguito di tale modifica, sembrano possibili due soluzioni:
1)introdurre semplicemente una clausola generica riassuntiva, dove si dichiara che in caso di mancato adempimento alla richiesta di regolarizzazione ai sensi dell’art. 46, comma 1-ter, D.Lgs. 163/2006 si procederà all’esclusione del concorrente (un po’ come ha fatto l’ANAC nel bando-tipo n. 2);
2)indicare, obbligo per obbligo, se è previsto solo “a pena di esclusione” oppure “con possibilità di regolarizzazione ed eventuale esclusione”.
Sicuramente, permarranno ancora per molto tempo dubbi su cosa regolarizzare “a titolo oneroso” e cosa “a titolo gratuito”, in attesa di qualche delucidazione dall’alto.
Ma in Italia la speranza è sempre l’ultima a morire …
[1] Si rinvia a Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 30 luglio 2014, n. 16, Diritto, punto 4.1. In base alla legislazione vigente, poi l’Adunanza formula i seguenti principi di diritto: a) la dichiarazione sostitutiva relativa all’assenza delle condizioni preclusive previste dall’art. 38 d.lgs. cit. può essere legittimamente riferita in via generale ai requisiti previsti dalla norma e non deve necessariamente indicare in modo puntuale le singole situazioni ostative previste dal legislatore; b) la dichiarazione sostituiva relativa all’insussistenza delle condizioni ostative previste dall’art.38 d.lgs. n.163 del 2006 non deve contenere la menzione nominativa di tutti i soggetti muniti di poteri rappresentativi dell’impresa, quando questi ultimi possano essere agevolmente identificati mediante l’accesso a banche dati ufficiali o a registri pubblici; c) una dichiarazione sostituiva confezionata nei sensi di cui alle precedenti lettere a) e b) è completa e non necessita di integrazioni o regolarizzazioni mediante l’uso dei poteri di soccorso istruttorio. Per un analisi della sentenza, si rimanda a: Adriana Presti, La dichiarazione ex articolo 38: i chiarimenti dell’Adunanza Plenaria n. 16 del 30 luglio 2014, in Mediappalti, Anno IV, numero 7, pag. 5 e ss
[2] Per il Tar è «illegittima l’esclusione per ragioni squisitamente formali inerenti la mera incompletezza della dichiarazione sostitutiva comprovante il possesso dei requisiti morali di cui all’art. 38 del D.lgs. 163/2006, dovendosi collegare l’esclusione dalle gare esclusivamente alla carenza dei requisiti sostanziali tassativamente ivi elencati, tra cui non è ricompresa l’assenza tout court di precedenti penali in capo all’operatore economico concorrente»
[3] Da parte del concorrente con un’autocertificazione sottoposta a verifica in fase di controlli oppure tramite acquisizione d’ufficio da parte della stazione appaltante delle informazioni, nel caso in cui esse siano contenute in banche dati a disposizione dell’amministrazione, in linea con quando deciso dall’A.P. CdS con sent. 16/2014?
[4] Si rinvia a Tar Umbria, sez. I, sentenza 9 settembre 2014 n. 447, Diritto, punto 4.7 (versante comunitario) e 4.8 (versante interno)
[5] Il ricorso del soggetto, che si vede revocata l’aggiudicazione per mancata dichiarazione dell’assenza di pregiudizi penali da parte di amministratori muniti di poteri di rappresentanza, viene respinto, perché la mancata dichiarazione era prevista espressamente come clausola di esclusione dal bando
[6] Si rinvia a Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 8 settembre 2014, n. 4543, Fatto e Diritto, punto 11.2
[7] Si rinvia a Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 12 settembre 2014, n. 4666, Diritto, punto 2
[8] Si rinvia a Tar Lazio, sez. I-ter, sentenza 26 settembre 2014, n. 10028, Diritto
[9] Si veda: www.avcp.it
[10] Si veda: Decreto del Ministero delle Attività Produttive del 12 marzo 2004, n. 123, Schema 1.1