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Tra le modifiche apportate dal d.lgs. n.36 del 2023 alla precedente disciplina dei contratti pubblici  merita senz’altro un commento quanto previsto all’articolo 196, in tema di locazione finanziaria.

Ci si riferisce allo schema contrattuale noto come leasing in costruendo, definizione che compare anche nella relazione del Consiglio di Stato che accompagna il nuovo codice, corrispondente ad una scelta operata dal legislatore fin dal 2006 volta ad introdurre una formula civilistica in grado di valorizzare il contributo del finanziamento privato per la realizzazione di opere pubbliche, ovvero destinate all’utilizzo pubblico, quale alternativa allo strumento del contraente generale su cui, per finalità analoghe, si era puntato negli anni immediatamente precedenti.

In un clima di forte limitazione della spesa pubblica, dettato dalle restrittive politiche comunitarie – all’epoca perseguite con particolare rigore – volte a garantire l’equilibrio dei conti pubblici senza poter distinguere il debito destinato a favorire la crescita, l’utilizzo di formule contrattuali innovative, in via di principio ascrivibili al contesto del cosiddetto Partenariato Pubblico Privato, veniva dalla stessa Commissione per altra via favorito promuovendone[1] l’utilizzo al fine di rendere compatibile il controllo della spesa con la crescita.

In questo senso la presenza del (co)finanziamento privato, in grado di selezionare gli investimenti (enucleando il cosiddetto “debito buono”) unitamente al fatto che l’erogazione del servizio alla collettività costituiva condizione necessaria per il suo recupero, a determinate condizioni consentiva di classificare l’operazione come privata, quindi di non contabilizzarla nel debito pubblico (of balance) assicurandone la realizzazione fuori dai vincoli di bilancio.

Nelle operazioni di leasing cosiddetto operativo, tutte le condizioni per il trattamento of balance dell’investimento risultano garantite, per lo meno in astratto, ciò che non avviene ricorrendo alla formula puramente finanziaria dell’istituto; quanto allo strumento del contraente generale, associato nella premessa alla locazione finanziaria, va ricordato che la sua configurazione iniziale prevedeva il prefinanziamento anche totale (in tutto o in parte) della fase esecutiva delle opere e la possibilità del  suo coinvolgimento, anche solo indiretto, nella gestione delle opere realizzate.

Tanto premesso, va detto che il d.lgs. n.36 del 2023 non si limita a riprodurre il precedente articolo 187, ma interviene a chiarimento ed integrazione di numerosi profili, nell’ottica di rilanciare l’utilizzo della locazione finanziaria per la realizzazione degli investimenti.

Nel dar conto di tali modifiche è possibile muovere dalle considerazioni di apertura per rilevare come, da un lato venga espunto dal testo del nuovo articolo 196 ogni riferimento all’istituto del contraente generale; dall’altro la distinzione tra leasing operativo, inclusivo della gestione del progetto realizzato, e finanziario, concettualmente assimilabile ad una mera operazione di mutuo, per lo meno ai fini contabilistici oltreché per quel che riguarda l’erogazione del servizio lasciato in capo alla committenza pubblica, venga espressamente ed opportunamente considerata stabilendo, al comma 3, che solo laddove lo schema contrattuale includa il trasferimento del rischio operativo come definito in materia di concessioni, in aggiunta alla disciplina specifica trovino applicazione le corrispondenti norme e quelle relative agli altri contratti di partenariato pubblico-privato; in caso contrario il contratto viene trattato come appalto pubblico di lavori.

Da notare che l’attuale previsione codicistica risulta assai più chiara rispetto al passato, laddove il comma 1 del vecchio articolo 187 affermava che il contratto di locazione finanziaria costituiva appalto pubblico di lavori salvo che questi ultimi avessero un carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto principale del contratto medesimo.

Mentre il leasing operativo è classificabile come PPP, quello finanziario corrisponde ad un normale contratto d’appalto

Ribadisce sul punto la relazione che accompagna il nuovo codice che, ai fini dell’applicazione delle norme sul partenariato pubblico privato, il contratto di leasing deve prevedere il trasferimento sull’operatore privato del rischio come disciplinato dal precedente articolo 177.

In ogni caso – precisa ancora la relazione – come indicato dall’Anac con determinazione n.4 del 22 maggio 2013, la corretta allocazione dei rischi è un elemento cruciale del leasing immobiliare in costruendo sia sotto il profilo della qualificazione dell’operazione come partenariato pubblico-privato sia per assicurare l’esecuzione e la fruizione dell’opera nei tempi e secondo le modalità pattuite. Il contratto dovrà disciplinare, pertanto, in maniera espressa detto profilo. Diversamente trovano applicazione le disposizioni sugli appalti.

Va peraltro osservato che l’ulteriore elemento testuale che differenzia la nuova dalla vecchia disciplina, costituito dall’aver l’articolo 196 sostituito, per l’identificazione della committenza, il termine stazione appaltante con quello di ente concedente, potrebbe non apparire congruo con quanto da ultimo considerato, posto che ricondurre tutti i casi di leasing – oltreché tutti i casi di PPP – all’istituto della concessione non sembra concettualmente corretto.

Quanto all’eliminazione di ogni riferimento alla figura del contraente generale la scelta, ad oggi, appare condivisibile, considerato che l’aspetto del prefinanziamento era stato progressivamente eliminato con interventi del legislatore che avevano ripensato la scelta originaria, mentre per quel che riguarda la fase gestoria l’opzione prevista dalla legge non risulta esser stata mai attivata.

La cancellazione di ogni riferimento alla figura del contraente generale

Esprimendosi espressamente al riguardo, la relazione afferma che la previsione secondo la quale l’offerente ad una gara di leasing poteva essere anche un contraente generale è stata soppressa poiché tale figura è stata completamente rivista mediante l’elaborazione di una disciplina sui servizi globali.

In questo senso la nuova previsione che si legge al comma 5, sostitutivo del vecchio comma 3 dell’art.187, chiarisce che, ferma l’ipotesi in cui l’offerta venga presentata anche dal solo soggetto finanziatore, che in tal caso potrà concorrere avvalendosi di chi dovrà realizzare le opere, se l’offerente è un raggruppamento temporaneo di imprese costituito dal soggetto finanziatore e da uno o più soggetti realizzatori, ciascuno è responsabile in relazione alla specifica obbligazione assunta nel contratto.

Oltre al già rilevato venir meno di qualsiasi autonomo riferimento alla figura del contraente generale e da notare  la presenza del chiaro riferimento ad uno o più soggetti realizzatori, laddove in passato ci si riferiva al soggetto finanziatore e al soggetto realizzatore (ex comma 3) ovvero a due soggetti costituenti l’associazione temporanea di imprese (ex comma 6), ciò che conferma che la componente esecutiva possa essere costituita anche da più operatori economici.

In caso di raggruppamenti: la componente esecutiva può essere costituita anche da più operatori economici …

In linea con le regole generali da ultimo codificate dall’articolo 97, in materia di possibilità di sostituzione, in gara come in esecuzione, dei componenti dei raggruppamenti al verificarsi di cause ostative che li riguardino, è poi la confermata disciplina al comma 6 dell’articolo 196 impeditiva dell’adempimento delle rispettive obbligazioni, ma anche l’ipotesi di inadempimento.

… permane la distinzione delle responsabilità in deroga alla nuova regola generale di solidarietà

Sempre in tema di raggruppamenti temporanei rileva altresì la deroga rispetto alla regola generale della solidarietà valevole, ai sensi dell’articolo 68, comma 9, del d.lgs. 36/2023, per tutti i casi di imprese riunite, in conseguenza del recente azzeramento di ogni differenza tipologica tra raggruppamenti orizzontali e verticali; dispone in tal senso il comma 5 che ciascuno dei componenti è responsabile in relazione alla specifica obbligazione assunta nel contratto, ciò che la relazione giustifica con la diversa natura dei soggetti coinvolti.

In linea con le regole generali da ultimo codificate dall’articolo 97, in materia di possibilità di sostituzione, in gara come in esecuzione, dei componenti dei raggruppamenti al verificarsi di cause ostative che li riguardino, è poi la confermata disciplina al comma 6 dell’articolo 196 impeditiva dell’adempimento delle rispettive obbligazioni, ma anche l’ipotesi di inadempimento.

Relativamente all’utilizzo della diversa formula dell’avvalimento da notare ancora come il ricorso ad esso da parte del soggetto finanziatore venga dalla relazione espressamente definito come “atipico”.

 Passando alla definizione dell’oggetto contrattuale, il comma 1 dell’articolo 196 chiarisce che il leasing persegue lo scopo di “reperire il finanziamento per” la realizzazione, l’acquisizione ovvero il completamento di opere già esistenti, non già, come riportava il corrispondente comma del vecchio articolo 187, quello di direttamente realizzare, acquisire o completare opere esistenti.

Aggiunge sul punto la relazione che le predette opere assumono la qualificazione di opere pubbliche o di pubblica utilità avendo il contratto di leasing la sua ragione economico-sociale nell’obiettivo di realizzare lavori pubblici avvalendosi della possibile sinergia tra un costruttore e un finanziatore.

Riformulata la definizione del contratto di locazione finanziaria

Conformemente a quanto precede, il successivo comma 2 introduce una definizione di contratto di locazione finanziaria secondo la quale, con esso, la società di locazione finanziaria acquista da un operatore economico un bene esistente o da realizzare e lo cede in godimento, per un determinato periodo di tempo, alla pubblica amministrazione, a fronte del pagamento di un canone periodico fisso e comprensivo di eventuali servizi accessori.

Tale definizione appare idonea a superare le diverse letture date nel corso degli anni alla struttura del rapporto che vede coinvolti in base ad uno schema operativo di volta in volta letto come trilatero, ovvero come doppia relazione bilaterale, oltre alla società di leasing e all’operatore economico anche l’amministrazione pubblica utilizzatrice.

In quest’ottica andrà valuta la tenuta degli schemi contrattuali messi a punto in passato.

In questo senso, ulteriore novità di rilevo, peraltro del tutto congruente con le finalità della formula del leasing in costruendo come ribadite anche nella relazione che accompagna il nuovo codice, altresì riguarda l’inserimento nella disciplina della locazione finanziaria di un’apposita regolamentazione dell’istituto del riscatto del bene realizzato.

La regolamentazione del riscatto delle opere: il riscatto anticipato

Il comma 8 stabilisce che il diritto del concedente di riscattare l’opera deve essere sempre previsto in contratto e necessariamente esercitato laddove l’opera da realizzare segua/abbia seguito il regime di opera pubblica ai fini urbanistici, edilizi ed espropriativi; sempre contrattualmente prevista deve altresì essere, come previsto al successivo comma 10, la facoltà del riscatto anticipato.

Chiarisce la relazione come il comma 8 sia stato scritto tenendo conto del fatto che contrasterebbe con i principi dell’ordinamento consentire che un’opera pubblica a tutti gli effetti “urbanistici, edilizi ed espropriativi”, possa poi rimanere in capo ad un soggetto privato che, alla scadenza del contratto ed in assenza di riscatto, ne disponga liberamente, specie se i canoni già pagati coprano quasi integralmente il valore delle opere; ovviamente, evidenzia sempre la relazione, il canone di leasing andrà in questi casi, modulato in maniera adeguata alla natura e alla funzione del bene, e alla necessità del suo riscatto al termine del periodo di locazione.

In questo senso, il comma 7 dell’articolo 196 prevede ora in modo espresso che il soggetto aggiudicatario deve assicurare la corretta manutenzione del bene sino al momento del riscatto.

Per quanto attiene il regime del suolo sul quale l’opera deve essere realizzata, il comma 9 precisa come sia possibile intervenire anche su aree nella disponibilità dell’aggiudicatario.

In tali circostanze, rileva la relazione citando ancora una volta a sostegno la determinazione del l’Anac n. 4, del 22 maggio 2013, la disponibilità delle aree dovrebbe formare oggetto di apposita valutazione in sede di gara in base alla fissazione di requisiti minimi delle stesse (quali, ad esempio, la localizzazione, il grado di rispondenza della stessa alle specifiche finalità pubbliche per cui deve essere realizzata, il livello di urbanizzazione delle zone circostanti, ecc.), fermo restando che anche in questo caso si applica il primo periodo del comma 8 in ordine al regime “pubblico” dell’opera.

Ovviamente resta sempre possibile che la stazione appaltante individui ex ante un’area di sua proprietà ovvero un’area da sottoporre ad esproprio, sulla quale far costruire l’opera, prevedendo la successiva costituzione del diritto di superficie in favore dell’aggiudicatario.

Quanto alle modalità di gestione della procedura di scelta del contraente, si segnala come non sia stata riprodotta nella nuova disciplinala disposizione già contenuta nell’art. 187, comma 2, del d.lgs. 50/2016 secondo la quale “il bando, ferme le altre indicazioni previste dal presente codice, determina i requisiti soggettivi, funzionali, economici, tecnico-realizzativi ed organizzativi di partecipazione, le caratteristiche tecniche ed estetiche dell’opera, i costi, i tempi e le garanzie dell’operazione, nonché i parametri di valutazione tecnica ed economico-finanziaria dell’offerta economicamente più vantaggiosa”.

La disciplina dell’affidamento e dell’esecuzione dei contratti

Spiega la relazione che, al riguardo, trova applicazione la disposizione generale contenuta nell’art. 174, comma 3, dello schema, secondo cui “l’affidamento e l’esecuzione dei contratti di partenariato pubblico – privato sono disciplinati dalle disposizioni di cui ai Titoli II, III e IV della Parte II”.

Resta comunque affidato al bando il compito di definire ed indicare i requisiti di qualificazione dei concorrenti.

Il comma 4 altresì conferma che per l’aggiudicazione del contratto di locazione finanziaria deve essere posto a base di gara almeno un progetto di fattibilità, con la precisazione che lo stesso deve comprendere anche il piano finanziario, fermo restando che l’occasione della riscrittura del codice poteva essere utilizzata per chiarire che il riferimento è al progetto di fattibilità tecnico economica ancorché comprensivo, come viceversa il nuovo testo precisa, del piano economico finanziario.

L’evoluzione del quadro normativo che si registra con l’avvento del nuovo codice appare dunque ben in grado di ulteriormente supportare l’utilizzo dello strumento della locazione finanziaria per la realizzazione di opere pubbliche, ovvero comunque destinate all’utilizzo pubblico.

Delle modifiche da ultimo intervenute si dovrà ovviamente tener conto tanto nelle modalità di gestione delle procedure di affidamento quanto nella determinazione dei contenuti della disciplina contrattuale destinata a regolare i rapporti tra le parti.


[1] In specie tramite EPEC, che é il centro europeo di competenze in materia di Partenariato Pubblico Privato che fa parte dei servizi di consulenza della Banca europea per gli investimenti (BEI). Trattasi di un’iniziativa che  dal 2008 coinvolge anche la Commissione europea, gli Stati membri dell’UE, i paesi candidati e alcuni altri Stati. L’EPEC contribuisce a rafforzare la capacità dei suoi membri del settore pubblico di effettuare operazioni di partenariato pubblico-privato (PPP).

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Questo articolo è stato scritto da...

Stefano De Marinis
Avvocato, già vicepresidente FIEC
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