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A seguito di alcune segnalazione l’ANAC si è pronunciata sulla legittimità della adesione di alcuni enti pubblici alla Asmel Consortile s.c.a.r.l., costituita da Consorzio Asmez ed Associazione Asmel che insieme al Comune di Caggiano detenevano la totalità delle quote societarie, come centrale di committenza ai sensi dell’art. 33 co 3 del dlgs.163/2006 s.m.i centrale fornitrice di diversi servizi in convenzione. In particolare, l’ANAC ha verificato la natura giuridica dei soggetti partecipanti alla iniziativa, le attività svolte, le modalità con cui vengono svolte le gare per conto degli enti locali ed i corrispettivi percepiti per tale attività. 
L’ ANAC,  riconoscendo la frammentarietà del quadro normativo e dando atto di ispirarsi nella soluzione del caso di specie alle nuove spinte che vengono dalle direttive comunitarie ancorchè non recepite, per fugare ogni dubbio “di interessata faziosità” – mi si consenta questa malizia che potrebbe sembrare  irriverente, ma è assolutamente bonaria – in modo esemplare prende le mosse dalla disamina delle disposizioni del codice dei Contratti.

1. Ambito di riferimento normativo

Le norme sono tante, spesso poco chiare, perché troppe, in antinomia tra loro nello stesso testo normativo, financo nello stesso articolo, ma pur sempre norme vigenti e, note a tutti perché pubblicate su una cosa che si chiama Gazzetta Ufficiale Italiana, e, quindi, non le si può ignorare. L’art. 33 comma 1 del codice dei contratti dispone che tutte le stazioni appaltanti sono legittimate a fare ricorso alle centrali d’acquisto anche associandosi e consorziandosi. Purtuttavia, l’ANAC ci ricorda, giustamente, che per comprendere quali siano i soggetti legittimati ad espletare le funzioni di centrali di committenza, occorre aver presente l’intero quadro normativo di riferimento, perché l’art. 33 è l’ultimo di una lunga serie di norme e disposizioni che partono sin dal 1999, anno in cui, a livello nazionale veniva istituita un’unica centrale per gli acquisti delle amministrazioni dello Stato (Consip s.p.a.), a cui – in forza delle ultime disposizioni di cui all’art. 9 del d.l. n. 66/2014 – anche i comuni possono ricorrere in assenza di altro soggetto aggregatore di riferimento: cioè ubi lex voluit dixit. Tra i soggetti aggregatori (terminologia, questa, di più recente adozione) devono, poi, essere annoverate le centrali di acquisto regionali, per le quali esiste dal 2006 una specifica copertura normativa contenuta in una legge, in forza della quale le Regioni hanno provveduto all’adozione di propri provvedimenti attuativi (leggi regionali, deliberazioni etc.). A ciò si aggiunga che con particolare riferimento agli enti locali, poi, nel 2005 una prima generica disposizione ha consentito di espletare funzioni di centrali di committenza ad aggregazioni di amministrazioni comprese nel medesimo ambito territoriale; infatti, con la finanziaria 2006, il legislatore nazionale ha inteso incentivare – pur non imponendolo – un sistema di aggregazione per gli acquisti degli enti locali.  In seguito, anche il Codice dei contratti all’art. 33 ha confermato la possibilità per i Comuni di organizzarsi per delegare i procedimenti di acquisto alle centrali uniche di committenza. Anzi, il ricorso alle centrali di committenza  veniva sollecitato dal Legislatore anche con la finalità di prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose, quando con l’articolo 13 della legge n. 136/2010 (“Piano straordinario contro le mafie”) ha previsto l’istituzione, sempre in ambito regionale, di una o più stazioni uniche appaltanti (SUA), alle quali possono aderire anche gli enti locali, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico, le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, da essi costituiti. Soltanto, con il decreto “Salva-Italia”, la centralizzazione degli acquisti per i comuni più piccoli è diventato un obbligo e strumento di spending-review, in quanto il legislatore ha inserito nell’art. 33 del codice il comma 3-bis, ove si prevedeva che «i Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna Provincia affidano ad un’unica centrale di committenza l’acquisizione di lavori, servizi e forniture  nell’ambito delle unioni dei comuni, di cui all’articolo 32 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici». Insieme all’introduzione dell’obbligo di rivolgersi a centrali di committenza ove esistenti, è stata prevista, in alternativa, la possibilità di dar vita a forme di aggregazione, definendone caratteristiche dimensionali ed organizzative; infatti, era stato specificato che l’ambito territoriale di operatività è quello provinciale, inoltre è stato richiamato – attraverso il riferimento agli “accordi consortili” – lo schema delle convenzioni ex art. 30 del T.U.E.L. ed, infine, è stato imposto l’obbligo di utilizzo dei “competenti uffici” degli enti locali stessi. Nell’attuale versione dell’art. 33 comma 3-bis pur essendo stato eliminato il riferimento al «territorio di ciascuna provincia» restano tutti gli altri elementi e cioè, la necessità di avvalersi dei competenti uffici anche delle Province, il riferimento alle Unioni dei Comuni, nonché agli accordi consortili che rimandano al T.U. enti locali; d’altro canto la ratio della normativa in esame è rimasta quella di “centralizzare” attraverso forme di aggregazione in ambito territorialmente circoscritto e definito, per consentire anche la condivisione delle risorse umane e strumentali degli Enti interessati, la razionalizzazione dei centri di spesa, la riduzione dei costi di gestione e il conseguente risparmio di risorse pubbliche. Con l’art. 9 del decreto legge n. 66 del 2014, poi, tenuto conto dei diversi – e non sempre coordinati – interventi normativi surricordati, per la prima volta  si inaugura il termine generale di “soggetto aggregatore”, nell’intento, forse non riuscito bene, di ricomprendere tutti i predetti sistemi di acquisto centralizzato. Il medesimo articolo 9 prevede anche che, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono definite le condizioni per l’iscrizione in un Elenco Nazionale e tra i requisiti sono stati indicati il carattere di stabilità dell’attività di centralizzazione, i valori di spesa ritenuti significativi per le acquisizioni di beni e di servizi con riferimento ad ambiti, anche territoriali, da ritenersi ottimali ai fini dell’aggregazione e della centralizzazione della domanda; inoltre, è prevista l’istituzione del Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori, le cui attività sono regolate con ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Addirittura, è stato istituito un Fondo per l’aggregazione degli acquisti di beni e di servizi destinato al finanziamento delle attività svolte dai soggetti aggregatori; pertanto, il numero massimo di detti soggetti sul territorio nazionale è stato fissato in un massimo di trentacinque soggetti, numero nel quale sono inclusi Consip, una centrale di committenza per ciascuna regione e altri soggetti aggregatori che procedano all’affidamento di appalti per i comuni del proprio territorio e che richiedano ed ottengano l’iscrizione nell’Elenco. Al fine di completare il quadro dei riferimenti normativi che rilevano nel caso esaminato, è utile far presente che il d.p.c.m. 11 novembre 2014 (pubblicato in G.U. n. 15 del 20 gennaio 2015) che definisce i requisiti per l’iscrizione nell’elenco dei soggetti aggregatori.

2. Cosa è ASMEL scarl?

Partendo dal quadro normativo sopra illustrato l’ANAC ha cercato di ricostruire una fitta rete di rapporti societari che hanno portato alla costituzione di Asmel scarl. Dalle risultanze istruttorie è emerso che la società è stata costituita a valle di un Consorzio costituito a sua volta esclusivamente da imprese private a cui in fase iniziale dell’attività si univa altra società privata che aveva sottoscritto una convenzione con Anci Campania per promuovere presso i Comuni associati, la diffusione delle innovazioni tecnologiche e gestionali e l’accesso ai finanziamenti pubblici, anche attraverso attività di formazione ed assistenza. Il Consorzio veniva costituito ai sensi degli artt. 2602 e ss. del codice civile, e ai comuni interessati si proponeva di aderirvi in virtù di detta disposizione e non già della omologa figura prevista nel T.U. degli enti locali, poiché soci consorziati prevedeva che, con la progressiva acquisizione di quote da parte degli enti locali, la partecipazione dei privati si sarebbe ridotta fino al 30%. Per acquisire la qualità di consorziato si prevedeva di richiedere un contributo di importo proporzionato al numero di abitanti: i contributi ed i beni acquisiti con essi costituiscono il fondo consortile (art. 2614 c.c.). Mediante la forma organizzativa appena descritta gli enti locali aderenti e gli operatori privati ritenevano di poter assicurare ai Consorziati pubblici «le scelte fondamentali nella vita associativa, delegando al privato la gestione operativa, con il presupposto che fosse capace di garantire efficacia ed efficienza». Con il recepimento delle direttive comunitarie in materia di appalti nella normativa italiana ed, in particolare, con la codificazione della nozione di organismo di diritto pubblico, si è ritenuto superato ogni dubbio circa la legittimità dell’attività svolta dal Consorzio Asmez. Infatti, in seguito alla conclusione del procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica – non prevista per i Consorzi con attività interna costituiti ai sensi del codice civile – attraverso l’iscrizione nel registro previsto dall’art. 4 del d.p.r. n. 361/2000 – il Consorzio avrebbe conseguito tutti i requisiti indicati dalla legge per essere ricondotto nell’ambito della predetta categoria. L’ANAC riporta fedelmente le conclusioni a cui era giunto un parere pro-veritate formulato in data 3 maggio 2011 – su richiesta dello stesso Consorzio – , cioè che, lo stesso, oltre ad avere una partecipazione pubblica maggioritaria, sarebbe «un ente istituito per soddisfare esigenze di interesse generale a carattere non commerciale»; in particolare, il Consorzio si propone di «fornire partners privati ai Comuni per far loro conseguire un innalzamento delle capacità di gestione informatica dei dati attività che per essi non ha natura né industriale né commerciale, bensì serve a porre il disimpegno di un servizio pubblico su un piano di maggiore qualificazione».  convenzioni aperte alla successiva adesione dei Comuni consorziati; pertanto, in base alla ricostruzione seguita nel parere, non sussisterebbero dubbi riguardo al fatto che Asmel «in quanto consorzio di organismi di diritto pubblico, finalizzato ad attività di committenza per soci Asmel integra le caratteristiche volute dalla fattispecie della centrale di committenza». 
Infatti, ai sensi dell’art. 3 del codice dei contratti la centrale di committenza è un’amministrazione aggiudicatrice che acquista forniture o servizi per altre amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori o aggiudica appalti o conclude accordi quadro destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori. Nella definizione di amministrazione aggiudicatrice lo stesso art. 3 del codice dei contratti include anche gli organismi di diritto pubblico, quale è appunto Asmel. Sempre in base al parere de quo, poichè la società consortile «non è mai stata configurata come società in house bensì è sempre stata voluta e costruita come centrale di committenza», del tutto inconferenti sarebbero i rilievi mossi da una Associazione di categoria riguardo all’insussistenza in capo ad ASMEL del requisito c.d. del “controllo analogo”.

3. Asmel centrale di committenza per chi?  

Se Asmel è costituita per fare la centrale di committenza  cosa avrebbe dovuto fare è ben chiaro a tutti. L’ANAC ha accertato che Asmel ha avviato un’unica procedura negoziata aperta a tutti i Concessionari privati iscritti allo speciale Albo tenuto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze per la stipula di convenzioni quadro avviata dalla società, che ha avuto ad oggetto l’affidamento in concessione dei servizi di accertamento dei tributi ici/imu e tarsu-tia/tares e riscossione coattiva delle entrate” in prossimità della scadenza di legge di fine mandato ”Equitalia”. 
Le ulteriori 152 procedure espletate da Asmel consortile a r.l. sono, invece, finalizzate all’aggiudicazione, mediante gara telematica, di appalti per singoli comuni richiedenti; in queste procedure Asmel ha messo a disposizione la propria piattaforma informatica ed ha fornito un supporto operativo.

4. Dove nasce ASMEL? Dove sono le strutture operative?

Sempre dalla indagine conoscitiva è emerso che la sede operativa di Asmel consortile è a Napoli presso il Centro Direzionale. Inoltre, la società dispone degli uffici e delle risorse del Consorzio Asmez che, a sua volta, ha la propria sede presso il Centro Direzionale; infine, nella nota di riscontro sono stati elencati diversi Comuni presso i quali la società dispone di locali, senza indicare a quale titolo. La società risulta avere alle proprie dipendenze due addetti assunti nel 2013 ed inoltre si avvale delle prestazioni di due consulenti; al contempo, la società ricorre al supporto degli amministratori del Consorzio Asmez. 
Il socio Consorzio Asmez ha tre dipendenti e si avvale di altri quattro dipendenti delle società private consorziate. 
Quanto all’altro socio, associazione Asmel, si evidenzia che la stessa dispone di una sede operativa presso il Comune di Borgofranco d’Ivrea (TO), di un’altra  sede sempre presso il Centro Direzionale di Napoli (che è anche la sede Asmenet Campania) e di una a Lamezia Terme (che è anche la sede di Asmenet Calabria). L’Associazione si avvale del supporto dei dipendenti delle proprie associate.

5. Con quali  modalità operative? che volume di affari attiva?

E’ emerso che il modus operandi prevedeva che nella delibera a contrarre l’ente, dato atto della precedente delibera di adesione all’Asmel e di quella con la quale è stato approvato l’“accordo consortile ai sensi e per gli effetti dell’art. 33 comma 3-bis del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 e ss.mm.ii.”,  assegnasse all’Asmel le attività inerenti la procedura di indizione della gara sulla piattaforma telematica. Nella stessa determinazione si precisa, altresì, che il corrispettivo per i servizi prestati dalla piattaforma telematica quantificati nell’1,5% dell’importo di aggiudicazione sarebbero stati a carico dell’aggiudicatario. 
Per le attività concernenti la pubblicazione del bando, sulla G.U.R.I. e sulla G.U.E.E, i comuni delegano l’Asmel, mentre nei disciplinari di gara, si prevede che per partecipare alla procedura fosse necessario abilitarsi presso la piattaforma telematica ed effettuare l’invio dell’offerta in via telematica; anche le eventuali richieste di chiarimenti possono essere inviate con le medesime modalità. Unitamente all’offerta, i partecipanti alla procedura  venivano chiamati a presentare un atto unilaterale d’obbligo ai sensi dell’art. 1334 c.c. con il quale si impegnano “nei confronti di Asmel Consortile S.c. a r.l  Centrale di Committenza per l’indizione della presente procedura di aggiudicazione a corrispondere, a seguito dell’aggiudicazione, contestualmente alla sottoscrizione del contratto con la Stazione Appaltante, il corrispettivo del servizio per le attività di gara fornite dalla Centrale e per l’uso della piattaforma “Asmecomm”, nella misura dell’1,5% dell’importo aggiudicato, come meglio specificato nel Disciplinare di Gara”.

6. La indagine conoscitiva, la posizione di ASMEL, e il Parere dell’Avvocatura dello Stato

L’ANAC di fronte a questo quadro ha contestato che sistema non risulta conforme alle disposizioni normative che disciplinano la centralizzazione degli appalti degli enti locali, in ragione:
1) della presenza, seppur indiretta, di società private nella compagine consortile; infatti, l’Asmel s.c. a r.l. non è stata costituita direttamente da enti locali, in quanto oltre alla partecipazione per il 51% del capitale del Comune di Caggiano vi è quella di Asmel associazione non riconosciuta e del Consorzio ASMEZ costituito ai sensi dell’art. 2602 c.c. ed entrambi i predetti enti sono partecipati da società private; oltretutto, dalle risultanze istruttorie – alle quali deve necessariamente rinviarsi per una più dettagliata descrizione delle complesse vicende associative che hanno avuto inizio nel 1996 – emerge, che la partecipazione nell’associazione Asmel e nel Consorzio Asmez delle società private ha consentito a queste ultime di svolgere un ruolo determinante nella promozione e nella gestione del sistema;

2) dell’operatività territoriale sostanzialmente illimitata di Asmel s.c.a.r.l., in quanto lo statuto ammette adesioni successive di enti collocati su tutto il territorio nazionale.
ASMEL replicava invocando il principio del pluralismo delle centrali di committenza, per affermare non solo che sul medesimo territorio potrebbero operare più soggetti aggregatori, ma soprattutto che per questi ultimi non vi è alcun obbligo di limitarsi entro ambiti territoriali definiti.  Infatti, con il d. l. n. 66/2014, dall’art. 33 del codice dei contratti è stato eliminato il riferimento ai piccoli comuni ed al territorio di ciascuna provincia. In ragione di ciò ed in considerazione della sussistenza in capo ad Asmel dei requisiti propri dell’organismo di diritto pubblico, concludeva che del tutto legittimamente la società espleta attività di centrale di committenza in favore degli enti locali, con le modalità ricostruite nel corso dell’attività istruttoria, potendo – perciò – essere annoverata tra i soggetti aggregatori di cui all’art. 9 del d. l. n. 66/2014. Peraltro, ove pure Asmel s.c.a.r.l. non fosse stata in possesso dei requisiti dimensionali per l’iscrizione nell’elenco dei soggetti aggregatori tenuto da questa Autorità – come definiti nel d.p.c.m.  da ultimo adottato – la stessa società ben potrebbe continuare a svolgere le attività di centrale di acquisto, in quanto il citato articolo 9 non esclude l’operatività di altri soggetti aggregatori, costituiti ai sensi del comma 3-bis dell’art. 33, oltre a quelli che ottengono l’iscrizione nell’elenco. Nel corso  indagine  con riferimento alla questione della partecipazione di soggetti privati alla compagine societaria di Asmel s.c. a r.l., la difesa della società ha rappresentato il Consorzio ASMEZ – che a sua volta risulta partecipato per il 30% da soggetti privati – ha ceduto la propria quota pari al 24% del capitale; pertanto, attualmente sono titolari delle quote di partecipazione solo il Comune di Caggiano (51%) e l’Associazione non riconosciuta Asmel (49%). 
Il Consiglio dell’Autorità ha deliberato di richiedere un parere all’Avvocatura Generale, la quale si è espressa con nota, confermando sostanzialmente la ricostruzione delle risultanze istruttorie.

7. Il “Sistema Asmel”

Il “sistema Asmel” non pare avere le caratteristiche appena descritte e, pertanto, si ritiene che certamente non possa rientrare nel novero dei soggetti aggregatori, in quanto non corrisponde ad alcun dei modelli previsti anzi collide con un divieto storico del nostro diritto e cioè, il divieto di delegare funzioni proprie a soggetti privati che svolgono funzioni di stazione appaltante. Divieto noto, nonostante ciò diffuso negli anni 80’ quando la normativa comunitaria aveva ricondotto entrambe le figure concessorie di realizzazione di lavori nell’all’alveo del proprio ambito oggettivo, tanto che nella Legge Merloni sui Lavori nel 1994,  all’art. 19 lo si è ricordato a tutti che non possono esser delegate le funzioni di stazioni appaltanti a terzi soggetti privati; all’epoca li chiamavamo concessionari di committenza, una categoria che, noi avvocati ci eravamo inventati desumendola dall’ art. 3 della legge 1137/1929 – legge detta “della metropolitana di Roma” – e dalla Legge n. 80 del 1987 sulle infrastrutture necessarie per lo svolgimento dei mondiali di Calcio del 90’ (entrambe i casi ben altra cosa rispetto a quello che abbiamo di fronte oggi, entrambe modelli di ingegneria dell’organizzazione amministrativa, che facevano tesoro della esperienza CASMEZ).

Nel caso di specie, per quanto emerge dall’attività istruttoria, non si sono neppure ricalcati i precedenti storici, ma semplicemente utilizzando moduli già predisposti e reperibili sul sito della società, gli enti locali hanno proceduto mediante deliberazione del proprio Consiglio comunale all’adesione all’Associazione Asmel e con ulteriore deliberazione della Giunta (avente ad oggetto “Approvazione accordo consortile ai sensi dell’art. 33 comma 3-bis del d.lgs. n. 163/06 e ss.mm.”) all’affidamento alla società Asmel consortile a r.l. delle proprie funzioni di acquisto; infine, nella determina a contrarre l’ufficio competente affida a quest’ultima la gestione della specifica gara. 

L’elemento che inquieta è che a seguito all’adesione all’Associazione Asmel, gli enti locali usufruiscono anche degli accordi-quadro già sottoscritti dalla Asmel s.c.ar.l. a seguito della gara per l’affidamento in concessione dei servizi di accertamento dei tributi Ici/Imu e Tarsu-Tia/Tares e riscossione coattiva delle entrate, attraverso semplice ordinativo diretto agli operatori economici privati risultanti aggiudicatari.  In altri termini, partendo dall’assunto – falso – che non vi sia previsione normativa, la società Asmel s.c.ar.l. ha realizzato un sistema attraverso il quale offre i propri servizi di intermediazione negli acquisti a tutti i comuni dell’intero territorio nazionale, mediante l’adesione successiva all’Associazione Asmel: la Corte dei Conti ma ancor prima i CORECO in modo granitico hanno sempre affermato che non è possibile trasferire una funzione propria, compiti attività sì, (ma non sempre ad onor del vero), ma la essenza della ragione di vita di una pubblica amministrazione non può esser trasferita qualunque sia il settore in cui la p.a. si sta muovendo.  Come si può pensare ad una intermediazione di attività, quando nel nostro ordinamento i casi di attività di intermediazione sono tutti disciplinati per legge? Come si può pensare ad una intermediazione  delle attività, quando negli anni la giurisprudenza, tutta, ha cassato l’utilizzazione del povero broker assicurativo?

Ulteriormente, non si tratta di scomodare il “controllo analogo” da parte degli enti locali coinvolti, Asmel s.c.a.r.l. perché non siamo in presenza di alcuna forma di in house providing, neppure nella accezione di cui all’art. 12 della nuova direttiva comunitaria: ne mancano i presupposti di legge, ma mancano addirittura i requisiti all’epoca previsti dall’art. 22 della L. 142/90.  ASMEL ha  agito come un soggetto del tutto autonomo dagli enti locali che hanno aderito ad una associazione. Infatti, la forma prescelta è quella di una società di diritto privato costituita a propria volta da altre associazioni, sebbene – come già evidenziato – il legislatore abbia sempre fatto riferimento oltre che a Province e Città Metropolitane, alle forme associative riservate agli enti locali (associazioni, unioni, consorzi o di accordi ai sensi dell’art. 30 T.U.), che possono considerarsi enti strumentali dei comuni che li costituiscono, al pari di un’azienda speciale.

Ed ancora, la legittimazione degli enti in questione a svolgere funzioni di centrale di committenza anche a livello nazionale, come previsto nello Statuto di Asmel s.c.a.r.l.  non può derivare solo dalla eventuale sussistenza in capo agli stessi dei requisiti propri degli organismi di diritto pubblico: l’organismo di diritto pubblico è istituito per soddisfare esigenze di interesse generale a carattere non commerciale ed assolvere direttamente a bisogni di interesse della collettività irrinunciabili, ai quali lo Stato intende provvedere o rispetto ai quali mantiene un’influenza dominante; la definizione di organismo di diritto pubblico è funzionale ad assoggettare agli obblighi di evidenza pubblica, anche enti aventi forma societaria sottoposti ad un’influenza pubblica.  Anche per questa ipotesi mancano gli elementi costitutivi della fattispecie.

Ma ancora, giustamente l’ANAC conclude, ricordandoci, che non risultando abrogato l’art. 4 della legge n. 70/1975 “Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente”, in base al quale «Salvo quanto previsto negli articoli 2 e 3, nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge», per poter imprimere ad una società la qualificazione pubblicistica, è necessaria l’espressa previsione legislativa in tal senso o quantomeno la sussistenza dei requisiti dell’in-house perché è chiaro a tutti che l’utilizzo di una società di diritto privato (consorzio ai sensi dell’art. 2602 c.c., società consortile etc.) per costituire delle centrali d’acquisto è possibile, ma, la natura di enti territoriali dei comuni partecipanti e la preesistenza di un sistema di centrali regionali imporrebbe che l’operatività delle stesse fosse limitata, comunque, al territorio dei comuni fondatori, oltre a doversi escludere – mediante espressa previsione statutaria – l’ammissibilità di nuove adesioni, senza limite territoriale; inoltre, in coerenza con quanto già avviene per le centrali regionali, occorrerebbe garantire il rispetto dei criteri per gli affidamenti in house, assicurando il controllo analogo congiunto sull’ente esterno da parte degli enti locali che affidano la funzione d’acquisto, la presenza di norme statutarie idonee ad escludere qualsiasi vocazione commerciale e l’esaltazione della ratio comunitario dell’in house e cioè, l’autoproduzione di beni, servizi, lavori, con un intervento sul mercato nel rispetto delle regole del mercato, e un contratto di servizio che disciplini chi fa cosa, ed assicuri tutele tanto alla società quanto agli enti, tutele, sia chiaro, già presenti nel codice civile, che vanno semplicemente riportate nel testo del contratto di servizio.

8. La conclusione?

In altri termini, perché un ente possa ritenersi legittimato ad operare quale centrale di committenza si ritiene che occorra, altresì, il rispetto delle disposizioni normative nazionali disciplinanti le materia, che al contrario – per quanto sopra rilevato – non sembrano affatto ammettere iniziative come quella posta in essere da Asmel.

Sono nulle, tutte le gare poste in esser da ASMEL per illegittimità derivata dalla illegittimità della deliberazione adottata dai Consigli comunali sia in ordine alla adesione che alla delega delle funzioni, cioè un effetto domino.

I Comuni dovranno recedere dalla Associazione e chiedere la restituzione della quota associativa con relativi interessi, pena la esposizione per danno erariale, in quanto l’ANAC non può non aver deferito il tutto alle sedi delle Corte dei Conti – controllo enti – territorialmente competenti.

ASMEL ha dichiarato di voler  attraverso “ricorso al Giudice Amministrativo tutelerà  i diritti, e l’autonomia dei Comuni, “paladina di legalità” nella gestione efficiente e trasparente degli appalti pubblici, nel rispetto della legge nazionale ed europea e della stessa Costituzione repubblicana. Ma soprattutto, consapevole della competenza giuridica di quanti operano negli Enti locali e per i quali il TUEL rappresenta il corpus legis di riferimento per l’agire quotidiano.”

Non credo che Asmel abbia mandato a difendere i Comuni Italiani.

Mi sento di concludere, però, con una frase di un grandissimo Magistrato della Corte dei Conti, che mi onora della sua amicizia e, in un percorso formativo sulla legalità, organizzato da mia figlia presso il suo liceo classico di Roma Giulio Cesare, ad una risposta di un allievo,  che chiedeva “perché tutto questo che vediamo, non è colpa delle troppe leggi”,  ha risposto: “si , perché quando ci sono troppe leggi c’è sempre lo “sperto” si dice nella mia citta natale, Palermo, che si inserisce”.

Aggiungo, solo che un ultimo tassello non mi sembra chiaro: perché utilizzare un acronimo che trae sicuramente in inganno: perché Consorzio Asmez e Asmel? Non ricordano forse  Casmez, Asmez, Formez, strumenti pubblici che operavano proprio nel territorio di origine  di questi ultimi?

Ma l’Antitrust potrà intervenire con i propri poteri per pubblicità ingannevole?

Quanta acqua scorrerà ancora dalla Fontana di Trevi.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Francesca Petullà
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica.
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