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( vote)Premessa
Tra le più importanti novità che il nuovo codice introduce rispetto alla previgente disciplina dei contratti pubblici fissata dal decreto legislativo 12 aprile 2016, n.50, vi è senz’altro quella che riguarda le modifiche dei contratti in corso di esecuzione che, tanto sul piano oggettivo che su quello soggettivo possono essere adottate senza dover procedere ad un nuovo affidamento.
La trattazione comune delle due casistiche, un tempo separate (l’articolo 132 del codice c.d. De Lise del 2006 disciplinava le varianti in corso d’opera, mentre il 116 si riferiva alle vicende soggettive dell’esecutore dell’appalto), dipende dall’impostazione che, sul punto, si rinviene nella disciplina europea, in specie negli articoli 72 della direttiva 2014/24/UE e 89 della direttiva 2014/25/UE. Di questi, l’articolo 120 del decreto legislativo 30 marzo 2023, n.36, così come peraltro il precedete 106, costituisce necessario recepimento anche mediante riproposizione della relativa struttura.
L’articolo 120 costituisce altresì attuazione del criterio di delega definito alla lettera u), dell’articolo 1, comma 2, della legge n.78/2022, dove era previsto che il nuovo codice dovesse contenere, tra le altre cose, la ridefinizione della disciplina delle varianti in corso d’opera, nei limiti previsti dall’ordinamento europeo, in relazione alla possibilità di modifica dei contratti durante la fase dell’esecuzione.
Posto il richiamo che compare all’articolo 141, comma 3, lettera i), del codice, le regole in tema di modifiche dei contratti in corso di esecuzione qui in esame trovano applicazione anche per gli appalti relativi ai cosiddetti settori speciali.
L’articolo 120, ulteriormente richiamato nel 9, comma 5, che introduce il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale, nel 119, comma 1, in tema di subappalto e modifiche della titolarità soggettiva del contratto, nonché nel 122, comma 1, sulle risoluzioni contrattali, si completa con quanto previsto nell’allegato II.14, sostitutivo dell’ex dm 49 del 2018 sulla direzione lavori e dell’esecuzione, e nel II.16, riguardante le informazioni da rendere a livello europeo relativamente alla modifica di contratti in corso di esecuzione.
1. Le principali novità recate dalla nuova disciplina
La prima modifica da segnalare riguarda l’istituto della revisione dei prezzi, con l’eliminazione di ogni riferimento alla sua disciplina su base discrezionale, già presente alla lettera a) del comma 1.
La scelta pare doversi individuare nei tanti problemi che la precedente impostazione aveva creato, specie in seguito al riaccendersi dell’inflazione, imponendo al legislatore di intervenire più volte per derogare in modo espresso a quanto previsto nella precedente regolamentazione codicistica.
La revisione prezzi risulta oggi regolata su base legale all’articolo 60, fermo restando il riferimento al caso dei contratti di servizi o forniture stipulati dai soggetti aggregatori, per il quale permane, nella lettera a), un richiamo alla disciplina speciale dell’articolo 1, comma 511, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
BOX: Il superamento della revisione prezzi
su base discrezionale
Al di là del superamento della scelta discrezionale sul relativo riconoscimento, nodo in passato da sciogliere sempre e comunque solo a monte della gara, riportandone i termini non più modificabili nella relativa documentazione, obbligo che la nuova formulazione della lettera a) ora riserva alle clausole genericamente contenenti “opzioni”, la sostanziale differenza in tema di revisione prezzi è nel fatto di non doversi più dimostrare, per averne diritto, di volta in volta la natura e l’entità del sacrificio subito, a tal fine operando l’articolo 60 in termini di automatismo e sulla base di parametri convenzionali (rilevazioni ISTAT).
Il comma 1 reca, poi, una nuova definizione di modifiche di tipo qualitativo ammissibili senza dover procedere ad un nuovo affidamento, che la relazione definisce non snaturanti, identificate come quelle che non producono alterazione nella struttura del contratto e nell’operazione economica sottesa; ciò in considerazione del fatto che, come rileva la relazione che accompagna il nuovo codice, l’ex articolo 106 usava, al riguardo, una pluralità di formule diverse.
Il riferimento compare anche nel comma 3, salvo il fatto che, all’atto di conferire alla nuova definizione uno specifico contenuto, l’indicazione puntuale degli elementi cui riferirsi riproduce, nel comma 6, quanto già previsto al comma 4 dell’ex articolo 106.
BOX: Le modifiche non sostanziali
La più recente disciplina prevede, ancora, la soppressione della vecchia lettera e), di cui al comma 1 dell’ex articolo 106, riguardante la generale ammissibilità delle modifiche non sostanziali, principio che trova oggi riscontro nel comma 5, senza possibilità, per le stazioni appaltanti, di stabilire nei documenti di gara soglie di importo identificative ex ante di ulteriori ipotesi di modifiche ammesse.
A tenore della relazione che accompagna il nuovo codice la ragione della soppressione, sta nel fatto che le soglie ammesse senza alcuna previsione nei documenti di gara sono quelle del comma 2 mentre, per legittimare modifiche di più elevato importo, è sufficiente prevederle nei documenti di gara iniziali con apposite clausole, chiare precise e inequivocabili, ai sensi della lett. a) del comma 1.
Da notare poi, come ai sensi dell’articolo 141, comma 4, per le imprese pubbliche ed i soggetti titolari di diritti speciali o esclusivi, permanga la facoltà di adottare atti, con i quali preventivamente specificare la nozione di variante in corso d’opera in funzione delle esigenze proprie del mercato di appartenenza e delle caratteristiche di ciascun settore, nel rispetto dei principi e delle norme di diritto dell’Unione europea.
D’altro canto, la limitazione al 50% del valore del contratto iniziale, per le modifiche ricadenti nelle ipotesi di cui alle lettere b) e c) del comma 1, in forza della formulazione più recente del comma 2, sostitutivo del 7 del vecchio articolo 106, trova applicazione anche ai settori speciali.
Ulteriore importante innovazione è quella che si legge nel comma 8, dove si prevede una disciplina generale per la rinegoziazione dei contratti secondo la quale l’accordo tra le parti è sempre modificabile laddove si tratti di ristabilire, se alterato, l’equilibrio delle prestazioni ivi dedotte, sia che sussista una clausola di rinegoziazione che espressamente lo preveda sia che questa sia assente.
BOX: Il principio generale
del mantenimento dell’equilibrio contrattuale
Trattasi di una novità strettamente connessa all’introduzione, nell’articolo 9, quale basilare principio della nuova disciplina dei contratti pubblici, dell’obbligo di mantenere l’equilibrio delle prestazioni per tutta la durata dei contratti, espressamente indicando, al comma 5, gli articoli 60 e 120 quali disposizioni attuative.
Premesso che per aver rilievo l’alterazione deve essere la conseguenza di circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica ed al rischio di mercato, nonché avere entità tale da alterare in maniera rilevante l’originario equilibrio contrattuale, la formulazione del nuovo comma 8 dispone che clausole di rinegoziazione siano in principio sempre previste, senza che, come già detto, un’eventuale carenza possa risultare preclusiva al riguardo; è, infatti, stabilita la possibilità di avanzare comunque richiesta di rinegoziazione, purché sia fatta senza ritardo, e senza che questo possa di per sé legittimare la sospensione dell’esecuzione del contratto.
Il comma 4 dell’articolo 9, del resto, favorisce espressamente l’inserimento nei contratti di clausole di rinegoziazione, con conseguente pubblicità delle stesse nel bando o nell’avviso con cui si indice la gara.
BOX: Il RUP propone all’operatore economico i termini
dell’aggiornamento entro 3 mesi dalla richiesta
In termini procedurali, la norma prevede che, a seguito della richiesta ricevuta, sia il RUP a dover assumere l’iniziativa formulando all’operatore economico la proposta di aggiornamento degli accordi in essere entro tre mesi dalla richiesta stessa, e che, laddove non si pervenga all’accordo in un termine ragionevole, la parte svantaggiata possa agire in giudizio per ottenere l’adeguamento del contratto all’equilibrio originario, salva la responsabilità delle parti per violazione dell’obbligo di rinegoziazione.
BOX: La richiesta di rinegoziazione va avanzata senza ritardo
e non può giustificare, di per sé, la sospensione dell’esecuzione del contratto
Va altresì evidenziato come, in ossequio al principio generale di buona fede nell’esecuzione dei contratti, di cui all’articolo 1375 del codice civile, applicabile proprio in ragione delle indicazioni del comma 8 anche in fase esecutiva, nonostante la limitazione a quella di gara che si legge nel l’articolo 5 del nuovo codice, la richiesta di rinegoziazione vada avanzata senza ritardo e non possa giustificare, di per sé, la sospensione dell’esecuzione del contratto.
L’osservanza dell’evocato principio generale di buona fede vale anche a definire il lasso di tempo ragionevolmente necessario per pervenire all’accordo sui contenuti della rinegoziazione.
Infine, seppur il comma 8 risulti scritto nell’evidente prospettiva dell’operatore economico (il RUP provvede a formulare la proposta) l’opzione che ne è alla base non sembra a priori poter escludere che, per lo meno in via di principio, dell’istituto della rinegoziazione possa avvalersi anche la stazione appaltante, laddove per le stesse menzionate ragioni l’equilibrio delle prestazioni dedotte in contratto venga meno; in tal senso vale considerare come l’articolo 9 si riferisca sempre alle parti, non già solo all’operatore economico.
BOX: Le modifiche non sostanziali
e le proposte dell’appaltatore
Altra novità di rilievo è quella di cui al comma 7, che regola il caso delle modifiche espressamente definite non sostanziali, quindi in principio sempre ammesse a prescindere dal relativo valore in forza di quanto previsto dal comma 5, anch’esso modificato rispetto alla previgente disciplina.
Dispone la regola che, fermo il rispetto di quanto indicato nel comma 6, che in maniera speculare fissa i parametri per l’individuazione delle modifiche sostanziali per le quali occorre procedere ad un nuovo affidamento, ed a condizione di rispettare la funzionalità dell’opera, al contratto in esecuzione possano essere apportate modifiche, tanto su iniziativa della stazione appaltante quanto dell’operatore economico, a condizione che dall’operazione scaturiscano: risparmi, da utilizzare in compensazione per fronteggiare le variazioni in aumento dei costi delle lavorazioni; soluzioni equivalenti o migliorative in termini economici, tecnici o di tempi di ultimazione dell’opera.
La previsione, che sembra considerare in modo disgiunto i due effetti associati al presupposto del mantenimento della funzionalità delle opere, si caratterizza per il fatto di riconoscere, a livello di legislazione primaria, la titolarità dell’appaltatore ad avanzare proposte di modifica al contratto in esecuzione.
Precedenti in tal senso risalenti nel tempo sono quelli dell’articolo 11 del regolamento di cui al d.m. 19 aprile 2000, n. 145, recante il capitolato generale d’appalto dei lavori pubblici, ai sensi della legge n. 109, del 1994, e dell’articolo 162 del d.p.r. 5 ottobre 2010, n. 207, entrambi riferiti a normative di natura secondaria.
BOX: Il nuovo comma 7 stabilizza la disciplina
interpretativa dell’ex articolo 106 …
Il nuovo comma 7, viceversa, rileva quale norma di fonte primaria, e trae spunto, come si legge nella relazione che accompagna il nuovo codice, dai contenuti dell’articolo 7, commi 2 ter e quater, della legge 29 giugno 2022, n. 79, di conversione con modifiche del decreto 30 aprile 2022, n. 36, recante ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
La previgente disposizione, interpretativa dell’articolo 106 del vecchio codice, prevedeva che, in caso di significativi incrementi del costo dei materiali, fosse possibile introdurre varianti che non alterassero la natura generale del contratto e, ferma restando la piena funzionalità dell’opera, generassero risparmi rispetto alle previsioni iniziali, da utilizzare esclusivamente per compensare significative, quanto impreviste ed imprevedibili, variazioni in aumento dei costi dei materiali.
In continuità con tale previsione – afferma testualmente la relazione – ed in coerenza col principio del risultato di cui all’articolo 1 del Codice, viene disposto, a regime, che le varianti che trovano copertura nelle somme a disposizione del quadro economico e non comportano aumenti di spesa e che mantengono la piena funzionalità dell’opera (e, quindi, a maggior ragione la natura del contratto) siano sempre ammesse se adeguatamente motivate da miglioramenti in termini di qualità dell’opera e/o di tempi di ultimazione. Infatti è interesse precipuo della stazione appaltante e della comunità di entrare nella disponibilità dell’oggetto del contratto nel più breve tempo possibile, senza contare il fatto che a tempi di realizzazione più brevi si associano minori rischi di sopravvenienza di eventi incidenti sull’andamento previsto, il primo dei quali è proprio l’aumento dei costi.
BOX: … ma con portata più ampia
La previsione che il nuovo codice stabilizza è quindi di portata più ampia rispetto al precedente da cui trae spunto.
Il generale richiamo alla necessità della copertura di spesa nel quadro economico, non circoscritto ai soli risparmi generati dalla variante, sembra infatti ampliarne l’ambito di utilizzo, considerato anche il venir meno dell’avverbio esclusivamente relativo alla destinazione delle economie per far fronte alle variazioni in aumento dei costi dei materiali.
Per quest’ultimo caso, manca, peraltro, qualsiasi riferimento all’entità che le variazioni in aumento del costo delle lavorazioni devono registrare, aspetto viceversa presente nella disciplina di cui alla previgente normativa che, al comma 2 ter, parla di significativa alterazione del costo dei materiali.
Resta peraltro fermo che, da qualunque delle parti la modifica venga proposta, ciascuna di esse resta libera di accettarla o meno. In questo senso la variante non potrebbe mai essere imposta dal committente all’appaltatore agli stessi prezzi, patti e condizioni definite in contratto.
BOX: Novità anche in materia di proroghe
e quinto d’obbligo
Nuove regole vanno segnalate anche in materia di proroghe, e di operatività del consolidato istituto del cosiddetto quinto d’obbligo.
Relativamente al primo aspetto la proroga tecnica non costituisce più l’unica ipotesi ammessa dalla legge.
Al riguardo, ferma la necessità di prevedere nel bando e nei documenti di gara iniziali specifica opzione circa la possibilità di utilizzo di tale istituto, viene in evidenza la differenza legata al fatto che l’esecuzione delle prestazioni in regime generale di proroga applicando, ai sensi del nuovo comma 10, eventuali condizioni di mercato più favorevoli per la stazione appaltante rispetto a quelle stabilite in contratto è possibile solo se in tal senso è fin dall’inizio previsto.
La possibilità di imporre, da parte del committente, un miglioramento delle condizioni economiche di esecuzione delle prestazioni contrattuali in caso di proroga tecnica, che rimane contemplata in via autonoma nel comma 11 ed espressamente ridisciplinata nei presupposti, viene comunque esclusa, prevedendo espressamente che, in tale ipotesi il contraente originario è tenuto all’esecuzione delle prestazioni contrattuali ai prezzi, patti e condizioni previsti nel contratto. Secondo la relazione detta esclusione si lega al fatto che il gestore uscente “subisce” una proroga che è indipendente dalla sua volontà.
Quanto all’istituto del quinto d’obbligo, ora disciplinato nel comma 9, la novità sta nel fatto che, per poter operare, l’istituto deve essere previsto nei documenti di gara iniziali.
La modifica rispetto all’automatismo che da sempre, anche in base all’articolo 1655 del codice civile, consente al committente di utilizzare ex lege, ambiti di flessibilità operativa, in aggiunta o in diminuzione rispetto all’entità delle prestazioni originariamente determinate, secondo quel che si legge nella relazione dipende dalla necessità di rendere la disciplina compatibile con le fattispecie di modifica consentite dalla direttiva.
3. Ulteriori notazioni
Scompare dall’articolo 120 di ogni riferimento agli errori o alle omissioni della progettazione.
Al riguardo, riferendoci ancora alla relazione, emerge come la disciplina delle conseguenze sulla responsabilità dei progettisti, già fissata al comma 9 dell’ex articolo 106, sia stata inserita nella parte del Codice destinata a regolamentare la progettazione, posto che non è apparso opportuno includere detta fattispecie quale autonoma previsione della normativa regolatrice delle modifiche contrattuali considerato che tale causa della variante/modifica non è determinante ai fini dell’inserimento tra le fattispecie di modifica consentite in pendenza di esecuzione, che restano tutte e soltanto quelle fissate nell’articolo 120.
Quanto alla definizione dell’errore progettuale, presente nell’ex comma 10 del vecchio articolo 106, le relative previsioni trovano oggi riscontro nell’articolo 3, comma 1, dell’allegato I.1.
Ulteriore osservazione riguarda, infine, il regime delle comunicazioni delle modifiche contrattuali all’Anac ed in ambito comunitario, laddove in tal senso rilevanti.
Relativamente a queste ultime si è già accennato all’inizio come l’avviso della intervenuta modifica del contratto nelle situazioni di cui al comma 1, lettere b) e c), già previsto dal comma 5 dell’ex articolo 106, è pubblicato, ai sensi del nuovo comma 14, a cura della stazione appaltante nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea con le informazioni di cui all’allegato II.16; per le comunicazioni all’ANAC, ai sensi del nuovo comma 15 si osservano gli oneri semplificati indicati all’articolo 12, comma 5, dall’allegato II.14.