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Premessa

Con il recente Atto di segnalazione n. 2 del 19 marzo 2014, l’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici ha preso posizione in merito alla vexata quaestio sorta per la reintroduzione – ad opera del D.L. n. 69/2013[1] – del principio di determinazione dell’offerta economica al netto dei costi del personale. Con l’inserimento di un comma 3-bis[2] all’art. 82 del Codice dei contratti, è stata riportata in vita, seppure con alcune differenze, una norma che era stata introdotta in precedenza nell’ordinamento e poi abrogata dopo pochi mesi[3].     

Della “riesumazione” della norma sul costo del personale si è già trattato nei numeri di ottobre 2013 e di febbraio 2014 di questa Rivista. Nel presente contributo si vuole focalizzare l’attenzione sul citato intervento dell’AVCP sul tema. Con l’atto di segnalazione al Governo e al Parlamento n. 2, adottato nell’esercizio dei poteri conferiti ai sensi dell’art. 6, comma 7, lett. f) del Codice, l’Autorità, infatti, ha formulato alcune osservazioni sulle notevoli difficoltà applicative della novella normativa in esame.

Il potere di segnalazione dell’AVCP

In via preliminare, appare opportuno soffermarsi brevemente sul contenuto del potere di segnalazione dell’AVCP sancito dall’art. 6 del Codice. L’Autorità infatti ha, tra i suoi compiti, quello di formulare al Governo e al Parlamento “proposte in ordine alle modifiche occorrenti in relazione alla legislazione che disciplina i contratti pubblici di lavori, servizi, forniture”.   

L’AVCP è, in altri termini, interlocutore privilegiato del legislatore e suo consulente in tema di contrattualistica pubblica. Essa riveste una posizione terza, in quanto autorità tecnica indipendente, e può vantare, pertanto, una visione ad ampio spettro e super partes sul sistema complessivo degli appalti pubblici e sull’andamento del mercato. Il suo punto di vista non è certamente riconducibile alle posizioni – autorevoli, ma pur sempre di parte – degli organi di rappresentanza degli operatori del settore (si pensi a Confindustria, ANCE, agli organismi rappresentativi delle stazioni appaltanti ecc.).

Una segnalazione sollevata dall’Autorità, in merito alle difficoltà applicative o interpretative di una norma in materia di contratti pubblici ha, per le suddette ragioni, una valenza particolarmente pregnante.

Da tale considerazione scaturisce che, pur in assenza di un esplicito invito all’abrogazione o alla revisione di una data disposizione normativa, una segnalazione dell’AVCP che denunci la sostanziale inapplicabilità di una norma va intesa – a parere di chi scrive – quale severo monito per il legislatore ad un immediato intervento sulla stessa. 

Le criticità denunciate dall’Atto di segnalazione n. 2 del 19 marzo 2014

Fatta questa doverosa premessa, entriamo nel merito delle osservazioni mosse dall’Autorità di vigilanza sull’art. 3-bis dell’art. 82 del Codice.

In primo luogo, l’Autorità pone l’accento sulle differenze tra il primo intervento normativo in tema di costo del personale, avvenuto nel 2011 ed il secondo, operato come detto con il D.L. n. 69/2013 convertito.

Il principio di determinazione dell’offerta economica al netto dei costi del personale è ora collocata all’interno dell’art. 82, rubricato “Criterio del prezzo più basso”, mentre in precedenza era stata inserita nel più generale art. 81 recante “Criteri per la scelta dell’offerta migliore”. Tale differente collocazione ne limita l’applicazione alle sole gare al prezzo più basso escludendo, pertanto, le gare realizzate con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. A sostegno di tale interpretazione soccorre anche il dato testuale, laddove è citato espressamente “il prezzo più basso”. Secondo l’AVCP, tale applicazione circoscritta troverebbe senso nel “maggiore rischio di “stress” competitivo cui potrebbe, verosimilmente, essere esposto il costo del personale nelle gare da aggiudicarsi al prezzo più basso”.

In tali tipologie di gare è infatti frequente la presentazione di offerte caratterizzate da ribassi eccessivi, spesso a discapito della regolare e corretta gestione del personale, sia in termini di giusto trattamento economico e previdenziale che sotto il profilo dell’eccessivo sfruttamento dei lavoratori, con il rischio, in taluni casi, del verificarsi di fenomeni di caporalato.

D’altro canto, la limitazione dell’applicazione della norma de qua alle sole gare al prezzo più basso potrebbe intendersi anche come implicita volontà del legislatore di favorire l’impiego, da parte delle stazioni appaltanti, del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, soprattutto in presenza di appalti di servizi nei quali il costo del personale incida significativamente sul costo complessivo delle prestazioni e la sua corretta valutazione risulti quanto mai difficoltosa. In tali casi sembra preferibile dare rilievo ai criteri di valutazione delle prestazioni di tipo qualitativo[4].

Posta la limitazione dell’ambito di applicazione della norma in esame alle sole gare da aggiudicarsi al prezzo più basso, restano senza dubbio esclusi da esso gli affidamenti diretti, nei quali manca un qualsivoglia confronto concorrenziale e non è applicabile alcuno dei criteri di aggiudicazione sanciti dal Codice.

La seconda differenza evidenziata dall’Autorità di vigilanza tra la novella normativa del 2013 e quella precedente sta nel fatto che  la nuova norma impone di tener conto, per la determinazione del costo del personale, non solo dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ma anche “delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello”, nella quale dovrebbero rientrare sia la contrattazione territoriale sia la contrattazione aziendale.

Tale aspetto, come diremo in seguito, comporta notevoli difficoltà nella predeterminazione del costo del personale di un dato appalto, soprattutto nel caso in cui la quantificazione debba essere operata dalla stazione appaltante, la quale non ha, come è naturale, piena ed esatta conoscenza dei contenuti della contrattazione territoriale ed addirittura aziendale delle imprese offerenti.

Le due possibili interpretazioni della norma secondo l’AVCP

L’Autorità intravvede due possibili interpretazioni della novella normativa, entrambe, però, foriere di notevoli difficoltà applicative.

Secondo la prima, la determinazione del prezzo offerto dovrebbe avvenire ad opera dell’impresa concorrente, scorporando il costo del personale dal resto delle voci indicate in offerta. Si aggiudicherebbe in tal modo l’appalto l’impresa che, detratti i costi del personale e della sicurezza, dalla stessa quantificati e indicati separatamente nella propria offerta, offrisse il prezzo più basso.

Appare evidente l’effetto totalmente distorsivo che una tale applicazione della norma avrebbe sulle gare d’appalto: le imprese avrebbero la possibilità di scorporare dal prezzo assoggettato al confronto concorrenziale quote differenti, determinate a loro piacimento e secondo criteri variabili da impresa ad impresa. Ne sarebbe irrimediabilmente lesa la par condicio e il principio di concorrenza, in quanto il confronto competitivo avverrebbe tra elementi tra loro non confrontabili perché determinati secondo criteri e valori non omogenei.

Tale strada non sembra pertanto percorribile, tanto che l’AVCP conclude sostenendo che “in questo caso (…) lo strumento per verificare il rispetto della normativa sul costo del personale è individuabile nell’istituto della verifica di congruità dell’offerta, condotta dalla s.a. ai sensi dell’art. 86, comma 3 del Codice”.

Di parere parzialmente differente è ITACA, che, nelle prime osservazioni elaborate sull’art. 82, comma 3-bis  del Codice[5], persegue l’intento di supportare le stazioni appaltanti nell’applicazione concreta della norma in esame, partendo dal presupposto della sua inconfutabile vigenza, nonostante le conclamate difficoltà applicative ed interpretative della medesima[6].

Secondo ITACA è plausibile, alla luce del dato testuale della norma, che la determinazione del costo del personale da sottrarre al confronto competitivo venga operata dall’impresa concorrente, ossia che sia percorribile la prima interpretazione esaminata dall’AVCP nell’Atto di segnalazione n. 2. In questa ipotesi, però, la norma potrebbe operare soltanto nell’ambito di una procedura mediante offerta a prezzi unitari, in cui la stazione appaltante potrebbe richiedere ai concorrenti in sede di offerta di indicare per ogni lavorazione il relativo costo del personale.

La seconda interpretazione possibile dell’art. 82, comma 3-bis, secondo l’AVCP, è quella per cui il costo del personale debba essere determinato ex ante nel bando di gara dalla stazione appaltante, così da sottrarlo al confronto competitivo senza creare effetti distorsivi sul mercato.

In altri termini, la stazione appaltante, alla stessa stregua di quanto fa con riferimento agli oneri per la sicurezza, dovrebbe predeterminare e quantificare con la massima precisione possibile il costo del personale complessivo incidente su un dato appalto ed indicarlo preventivamente nella documentazione di gara.

Le difficoltà connesse alla quantificazione preventiva del costo del personale ad opera della stazione appaltante

Anche la seconda interpretazione possibile della norma de qua è – ad avviso dell’Autorità – difficilmente percorribile in concreto. Spesso, infatti, è impossibile per la stazione appaltante conoscere l’effettivo costo del personale incidente su un dato appalto. Ciò che andrebbe quantificato preliminarmente ed indicato nel bando di gara sarebbe, non già il costo del personale unitario (orario, settimanale, mensile), ma bensì il costo complessivo del personale, che dipende da molteplici fattori, quali ad esempio il tempo di impiego della manodopera, variabile, a sua volta, al variare della natura della prestazione e della organizzazione dell’impresa. Si tratta, in altre parole, di fattori mutevoli da concorrente a concorrente e difficilmente conoscibili ex ante dalla stazione appaltante.

Anche la predeterminazione del costo unitario del personale, per quanto teoricamente possibile con una certa precisione, non sarebbe comunque agevole in quanto la stazione appaltante dovrebbe avere contezza dei CCNL applicati con riferimento alle specifiche lavorazioni o servizi e dovrebbe tener conto della diversità dei contratti applicati dalle aziende nell’ambito dello stesso settore, della diversità dei minimi salariali in ragione della dimensione aziendale e delle specificità della contrattazione aziendale. Quest’ultima poi sarebbe davvero di difficile valutazione se solo si considera che la stazione appaltante non sa – o non dovrebbe sapere – quali imprese parteciperanno ad una gara ancora da bandire.

Ciò posto, ancora più difficile, se non impossibile, è la quantificazione ex ante del costo complessivo del personale per una data commessa. Così si esprime in merito l’AVCP: “il secondo (il costo complessivo del personale, ndr) può essere frutto solo di mere ipotesi che prescindono dalla reale organizzazione dell’impresa che poi si aggiudicherà l’appalto, dalla disponibilità dei suoi mezzi, dalla logistica e dalle modalità costruttive dalla stessa impiegate”.

Il rischio in cui la stazione appaltante potrebbe incorrere è chiaramente descritto dall’Autorità: “la predeterminazione del costo complessivo del personale, stante tutte le difficoltà illustrate, rischia di diventare un sovrapprezzo erogato all’aggiudicatario, in taluni casi, ovvero, per le ipotesi di eventuale sottostima operata dalla stazione appaltante, una penalizzazione”.

Se la stazione appaltante, nella quantificazione del costo del personale, errasse per eccesso finirebbe per premiare ingiustamente le imprese meno efficienti dal punto di vista organizzativo, che potrebbero così contare su prezzi di aggiudicazione particolarmente alti, ovvero potrebbero compensare con la quota di prezzo non soggetta a ribasso, riconosciuta a titolo di costo del personale, forti ribassi offerti sulle restanti voci di prezzo, a danno proprio del costo del personale, vanificando in tal modo lo scopo perseguito dal legislatore con la novella normativa in questione.

Nel caso in cui la stazione appaltante errasse, invece, per difetto e sottostimasse il costo del personale, finirebbe per corrispondere all’impresa aggiudicataria un importo da imputare al costo del personale non sufficiente a coprire l’effettiva spesa da sostenersi per l’impiego della manodopera necessaria in concreto per l’esecuzione di quell’appalto. Anche in tal caso si rischierebbe di vanificare le finalità di salvaguardia dei diritti dei lavoratori perseguite dalla norma.

Ulteriori aspetti critici nell’applicazione dell’art. 82, comma 3-bis

La norma risulta di difficile se non di impossibile applicazione in una molteplicità di casi.

L’AVCP evidenzia, ad esempio, come – nei lavori o servizi in cui è riscontrabile una notevole incidenza del costo del personale – la stazione appaltante finirebbe per sottrarre al confronto competitivo e dunque al ribasso d’asta una quota rilevante di prezzo, con la conseguenza che il rilancio competitivo avverrebbe su una quota molto ridotta dello stesso e ne risulterebbero ingiustamente favorite le imprese più grandi, ossia quelle che possono vantare una maggiore produttività.

Ancora, ad avviso dell’Autorità la norma in esame non sarebbe applicabile a tutti quei servizi e quelle forniture, quali ad esempio i servizi assicurativi, bancari, la fornitura di farmaci o di dispositivi medici o di attrezzature informatiche, per cui è praticamente impossibile quantificare e, di conseguenza, scorporare il costo del personale dall’unico valore di riferimento conoscibile da parte della stazione appaltante che è il loro prezzo di mercato.

L’Autorità rileva inoltre un possibile profilo di irragionevolezza della norma de qua laddove non viene garantita la medesima speciale tutela del costo del personale, apprestata per le gare al prezzo più basso, anche a quelle in cui il criterio di aggiudicazione prescelto sia quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, facendo così dipendere da una scelta discrezionale della stazione appaltante la maggiore o minore tutela dei diritti dei lavoratori.

L’AVCP, infine, evidenzia un problema di coordinamento della norma de qua con l’articolo 118, comma 4, del Codice, nella parte in cui impone che l’aggiudicatario non possa applicare, con riferimento agli oneri per la sicurezza, alcun ribasso negli importi da corrispondere alle imprese subappaltatrici. Nulla si dice, invece, circa la non ribassabilità del costo del personale, il quale, in base al tenore dell’art. 82, comma 3-bis, dovrebbe ricevere il medesimo trattamento riservato agli oneri per la sicurezza.

Conclusioni

Con l’Atto di segnalazione sin qui esaminato, l’AVCP ha implicitamente invitato il legislatore ad intervenire di nuovo sul tema della quantificazione dei costi del personale da sottrarre al ribasso di gara, per dare finalmente soluzione alle difficoltà in cui gli operatori del settore quotidianamente si imbattono e che daranno probabilmente vita a contenziosi – di difficile risoluzione – sulle modalità di predeterminazione di tale costo, con conseguente paralisi del già lento e farraginoso sistema degli appalti pubblici e dell’economia ad esso legata. Occorre sperare che il legislatore non resti sordo a tale appello.


[1] Più precisamente, si tratta dell’art. 32, comma 7-bis, D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.

[2] Art. 82, comma 3-bis: “ Il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.

[3] L’art. 4, comma 2, lett. i-bis della Legge 12 luglio 2011, n. 106, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 integrava l’articolo 81 del d.lgs.  n. 163 del 2006  con un comma 3-bis, del seguente tenore «3-bis. L’offerta migliore è altresì determinata al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e delle misure di adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro».

Il medesimo comma è stato poi abrogato dall’art. 44, comma 2, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

[4] Così ITACA, (Istituto per la Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale – Gruppo interregionale sul Codice dei contratti pubblici) nel documento “Prime indicazioni per l’applicazione delle modificazioni introdotte all’art. 82 del Codice dei contratti pubblici dalla L. 9 agosto 2013, n. 98 di conversione del D.L. n. 69/2013” del 19.09.2013.

[5] Si veda la nota n. 4.

[6] In tale ottica, ITACA, in prima battuta, rimarca la portata innovativa del nuovo comma 3-bis, il quale “non limita più l’azione ad un mero controllo di congruità formulato sulla base di valutazioni parametriche e decontestualizzate, ma richiede che il costo del lavoro sia valutato puntualmente in quanto “costo puro ed incomprimibile” da non assoggettare al mercato, in perfetta analogia con i costi aggiuntivi per la sicurezza desunti in fase progettuale”.

Successivamente, il documento si sofferma sul dato letterale della norma. Si legge: “la norma (…) precisa come tale prezzo deve essere determinato, evidentemente dall’impresa stessa (il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale, …. valutato…), evidenziando in maniera chiara che la valutazione relativa alla congruità di quanto indicato in offerta è rimessa alla stazione appaltante alla quale la norma da precisi riferimenti circa le modalità per effettuare tale valutazione”.

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott.ssa Alessandra Verde
Referendaria consiliare presso il Consiglio regionale della Sardegna
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