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In una recente sentenza la Corte di Giustizia dell’Unione Europea chiarisce gli effetti derivanti dalle operazioni societarie che coinvolgono il soggetto «in house» sul requisito del «controllo analogo»[1] e quindi sulla permanenza dell’affidamento.
La Corte muove dalla interpretazione della direttiva 2014/24/UE per sancire che in caso di appalto pubblico affidato «in house», quindi senza gara, ad un dato ente, non è consentita la prosecuzione automatica nella esecuzione di tale appalto da parte dell’operatore economico che ha acquisito detto ente, sebbene al termine di una procedura di gara, salvo che detta amministrazione aggiudicatrice disponga di un simile controllo (anche) su tale nuovo operatore e detenga una partecipazione nel relativo capitale.
1. Il caso di specie
La sentenza in commento origina dalla domanda di pronuncia pregiudiziale sull’interpretazione dell’articolo 12 della direttiva 2014/24/UE, presentata nell’ambito di una controversia fra il Comune di Lerici e la Provincia di La Spezia.
Il Comune di Lerici aveva affidato «in house» dal 2005 e fino al 31 dicembre 2028 la gestione del ciclo integrato dei rifiuti ad una società per azioni (ACAM), il cui azionariato era ripartito esclusivamente fra lo stesso Comune e altri comuni. La gestione del servizio, più specificamente, era affidata alla controllata ACAM Ambiente.
La società in parola ha però successivamente concluso con i suoi creditori un accordo di ristrutturazione che prevedeva un’operazione aggregativa da svolgersi tramite gara pubblica; all’esito della gara, la società ha operato un’aggregazione con altro soggetto (IREN), sotto controllo pubblico e quotato in borsa.
In applicazione di un apposito accordo di investimento, concluso in seguito, i comuni azionisti della ACAM hanno ceduto alla IREN le loro azioni in ACAM e hanno acquistato una corrispondente quota di azioni della IREN. Tramite le controllate della ACAM, divenute proprie controllate, la IREN ha continuato a gestire i servizi che erano stati inizialmente affidati «in house» a tali controllate.
Il Comune di Lerici, tuttavia, contrario alla aggregazione, si è limitato alla cessione delle sue azioni della ACAM alla IREN senza acquisire partecipazioni nella stessa IREN.
La Provincia di La Spezia, nel frattempo divenuta per legge assegnataria della competenza ad affidare il servizio integrato dei rifiuti urbani per i comuni del suo ambito territoriale, di cui fa parte il Comune di Lerici, ha disposto l’affidamento «in house», fino al 2028, del servizio rifiuti nel Comune in parola in favore della ACAM Ambiente.
Il Comune di Lerici ha proposto ricorso avverso la suddetta deliberazione, ritenendo che le condizioni dell’eccezione «in house» non fossero più soddisfatte. Il Comune stesso, sul presupposto dell’illegittimità della delibera provinciale impugnata ha poi avviato una serie di procedimenti intesi a sottrarre la gestione del servizio integrato rifiuti nel proprio territorio alle nuove società, per affidarlo tramite pubblica gara ad un terzo soggetto.
Il ricorso è stato respinto dal TAR Liguria con sentenza n. 847/2019, che è stata appellata dal Comune stesso dinanzi al Consiglio di Stato.
2. Il rinvio pregiudiziale
Il Consiglio di Stato, con la sentenza 18/11/2020 n. 7161, si sofferma in primo luogo sull’operazione di aggregazione che ha interessato la società in house, conclusa ai sensi della normativa nazionale relativa alla dismissione delle partecipazioni degli enti in società pubbliche (art. 1, par. 611 e 612, L. 23 dicembre 2014, n. 190) volta a finalità di contenimento della spesa pubblica.
La disposizione in parola prevede che le regioni e gli enti locali, a decorrere dal 1º gennaio 2015, siano tenute ad avviare un processo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, in modo da conseguire la riduzione delle stesse entro il 31 dicembre 2015, tenendo conto tra gli altri del seguente criterio: «aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica». La norma prevedeva nello specifico l’approvazione – entro il 31 marzo 2015 ed entro il 31 marzo 2016 – rispettivamente di un piano operativo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute e di una apposita relazione da trasmettere alla Corte dei conti.
In questo contesto si inserisce l’art. 3bis, comma 2bis, D.L. n. 138/2011 che prevede la prosecuzione, fino alle scadenze previste, della gestione dei servizi pubblici locali, che erano stati affidati all’aggiudicatario iniziale, da parte dell’operatore economico succeduto all’operazione di aggregazione societaria:
«L’operatore economico succeduto al concessionario iniziale, in via universale o parziale, a seguito di operazioni societarie effettuate con procedure trasparenti, comprese fusioni o acquisizioni, fermo restando il rispetto dei criteri qualitativi stabiliti inizialmente, prosegue nella gestione dei servizi fino alle scadenze previste […]».
Il giudice amministrativo richiama altresì l’art. 7, comma 5, D.Lgs. del 19 agosto 2016, n. 175 Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, secondo cui in caso di apertura del capitale di una società pubblica a privati, la scelta del socio privato va effettuata mediante procedura ad evidenza pubblica conforme al Codice degli appalti.
Delineato il quadro normativo, il Consiglio di Stato ritiene che sussistano dubbi sulla compatibilità di tale normativa con l’art. 12 della direttiva 2014/24, relativo all’affidamento «in house» nell’ambito dell’aggiudicazione degli appalti pubblici.
L’operazione di aggregazione realizzata nel caso di specie – osserva difatti il giudice del rinvio – ha avuto come conseguenza il venir meno del controllo analogo esercitato (in questo caso congiuntamente ad altri comuni) dal Comune di Lerici, originario affidante del servizio (senza gara), sulla ACAM.
Secondo il Consiglio di Stato occorre quindi verificare se l’affidamento diretto ad un soggetto risultante da una operazione di fusione societaria sia conforme alle norme del diritto dell’Unione relative all’aggiudicazione degli appalti pubblici.
Di qui la decisione (peraltro obbligata essendo giudice di ultima istanza) di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«se l’articolo 12 della direttiva [2014/24] osti ad una normativa nazionale la quale imponga un’aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a seguito della quale l’operatore economico succeduto al concessionario iniziale a seguito di operazioni societarie effettuate con procedure trasparenti, comprese fusioni o acquisizioni, prosegua nella gestione dei servizi sino alle scadenze previste, nel caso in cui:
- il concessionario iniziale sia una società affidataria «in house» sulla base di un controllo analogo pluripartecipato;
- l’operatore economico successore sia stato selezionato attraverso una pubblica gara;
- a seguito dell’operazione societaria di aggregazione i requisiti del controllo analogo pluripartecipato più non sussistano rispetto a taluno degli enti locali che hanno in origine affidato il servizio di cui si tratta».
BOX: «Il Consiglio di Stato chiede alla CGUE se sia legittima la prosecuzione di un appalto pubblico, inizialmente aggiudicato, senza gara, a un ente «in house», da parte dell’operatore economico che ha acquisito detto ente, al termine di una procedura di gara, qualora l’amministrazione aggiudicatrice originaria non disponga di controllo analogo su tale operatore economico.»
Sul punto il Giudice amministrativo precisa che non esistono precedenti in termini.
3. Il contesto normativo europeo
La norma di riferimento nel caso in esame è l’art. 12 della direttiva 2014/24, che disciplina la fattispecie dell’«in house», recepita quasi alla lettera dall’art. 5, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, norma ricognitiva di un istituto già esistente nella giurisprudenza comunitaria.
L’art. 12 consente l’affidamento in questione in presenza (congiunta) dei seguenti presupposti:
- l’amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi; tale condizione sussiste qualora essa eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata; tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice.
- oltre l’80% delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi (si prende in considerazione il fatturato totale medio, o una idonea misura alternativa basata sull’attività, quali i costi sostenuti dalla persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice in questione nei campi dei servizi, delle forniture e dei lavori per i tre anni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto); e
- nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.
Tali condizioni sussistono anche quando una persona giuridica controllata (che è un’amministrazione aggiudicatrice) aggiudica un appalto alla propria amministrazione aggiudicatrice controllante o ad un altro soggetto giuridico controllato dalla stessa amministrazione aggiudicatrice, a condizione che nella persona giuridica alla quale viene aggiudicato l’appalto pubblico non vi sia alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.
Anche in mancanza di un controllo analogo come descritto alle precedenti lett. a, b, c, stando alla norma in esame è possibile non applicare la Direttiva cit. quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
- l’amministrazione aggiudicatrice esercita congiuntamente con altre amministrazioni aggiudicatrici un controllo sulla persona giuridica di cui trattasi analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi[2];
- oltre l’80% delle attività di tale persona giuridica sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici controllanti o da altre persone giuridiche controllate dalle amministrazioni aggiudicatrici di cui trattasi (anche qui il fatturato è calcolato come sopra) e
- nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.
Vi è un’ulteriore fattispecie di «in house», che sussiste quando il contratto è concluso esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici; in questo caso le condizioni di ammissibilità dell’affidamento diretto si hanno quando:
- il contratto stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che esse sono tenute a svolgere siano prestati nell’ottica di conseguire gli obiettivi che esse hanno in comune;
- l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico; e
- le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20% delle attività interessate dalla cooperazione.
Oltre alle norme della Direttiva disciplinanti l’«in house» la Corte ritiene necessario appellarsi agli articoli della predetta Direttiva posti a presidio della concorrenza tra operatori e dell’evidenza pubblica:
- l’art. 18, paragrafo 1, della Dir. cit. impone alle amministrazioni aggiudicatrici di rispettare principi di parità di trattamento e di non discriminazione, proporzionalità e trasparenza;
- l’art. 67, paragrafo 4, della Dir. cit. avverte che i criteri di aggiudicazione non devono avere l’effetto di conferire all’amministrazione aggiudicatrice una libertà di scelta illimitata ma comunque di garantire una concorrenza effettiva;
- l’art 72 della Dir. cit. consente modifiche – senza una nuova procedura d’appalto – ai contratti e accordi quadro durante il periodo di validità solo in casi tassativi, tra i quali quello in cui:
- un nuovo contraente sostituisce quello a cui l’amministrazione aggiudicatrice aveva inizialmente aggiudicato l’appalto a causa di una delle seguenti circostanze: «… all’aggiudicatario iniziale succede, in via universale o parziale, a seguito di ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, acquisizione o insolvenza, un altro operatore economico che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente, purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l’applicazione della presente direttiva; »; una modifica è considerata sostanziale quando muta sostanzialmente la natura del contratto o dell’accordo quadro rispetto a quello inizialmente concluso; una modifica è considerata sostanziale se una o più delle seguenti condizioni sono soddisfatte: …
– la modifica introduce condizioni che, se fossero state contenute nella procedura d’appalto iniziale, avrebbero consentito l’ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o l’accettazione di un’offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione.
4. La decisione della CGUE
La Corte europea analizza innanzitutto l’affidamento «in house» disposto, a monte, dal Comune di Lerici congiuntamente agli altri comuni, ritenendolo conforme alla giurisprudenza e normativa vigenti[3]. Difatti, in caso di ricorso ad un ente detenuto in comune da varie autorità pubbliche, è giurisprudenza consolidata quella per cui il «controllo analogo» ben può essere esercitato congiuntamente da tali autorità[4].
Ciò premesso, la Corte evidenzia come, nel caso di specie, l’acquisizione da parte di altro operatore economico della società originariamente affidataria diretta, durante il periodo di validità dell’appalto in parola, è tale da costituire un cambiamento di una condizione fondamentale dell’appalto che necessiterebbe l’indizione di una gara, ciò a prescindere dal fatto che la nuova società affidataria sia stata selezionata con gara pubblica[5].
BOX: «Secondo la CGUE, la prosecuzione nella gestione del servizio da parte dell’operatore economico (sebbene selezionato con gara) che ha acquisito l’originaria società «in house», durante il periodo di validità dell’appalto, è tale da costituire un cambiamento di una condizione fondamentale dell’appalto stesso che necessiterebbe l’indizione di una gara.»
Una siffatta modifica può difatti comportare che il soggetto affidatario non possa più essere in pratica assimilato ai servizi interni dell’amministrazione aggiudicatrice e, pertanto, che l’esecuzione dell’appalto pubblico non possa più essere proseguita senza una gara d’appalto, non potendosi più ritenere che tale amministrazione aggiudicatrice ricorra alle proprie risorse, come vorrebbe la giurisprudenza comunitaria qui richiamata.
A tal riguardo, soccorre l’articolo 72, par. 1, lettera d), ii), della direttiva 2014/24 secondo cui un appalto pubblico può essere modificato, senza nuova procedura d’appalto, se l’aggiudicatario iniziale è sostituito da un nuovo contraente, in seguito all’acquisizione del primo da parte del secondo, purché il nuovo contraente soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente e purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l’applicazione della direttiva in parola.
Dal tenore letterale di tale articolo – osserva la Corte – emergerebbe come il suo ambito di applicazione sia limitato all’ipotesi in cui il successore dell’aggiudicatario originale prosegua l’esecuzione di un appalto pubblico che è stato oggetto di una procedura di aggiudicazione iniziale conforme ai requisiti imposti dalla direttiva 2014/24, tra i quali figura il rispetto dei principi di non discriminazione, di parità e di concorrenza effettiva tra gli operatori economici.
A conferma di ciò si richiama il comma 4 dello stesso articolo, secondo cui la modifica del contratto è considerata sostanziale quando introduce condizioni che, se fossero state incluse nella procedura di appalto iniziale, avrebbero consentito l’ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o l’accettazione di un’offerta diversa da quella inizialmente accettata o avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione.
La modifica del contraente, come quella da ACAM a IREN, non può invece rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 72 della direttiva 2014/24, poiché l’appalto pubblico di cui trattasi nel procedimento principale è stato inizialmente affidato ad un ente «in house», senza gara.
Inoltre, non sussistono nel caso di specie, secondo la Corte, i requisiti previsti dall’art. 12 della direttiva, che consentirebbero l’affidamento «in house» al nuovo soggetto IREN, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare.
Difatti non risulta che il Comune di Lerici (originario ente affidante) al momento dell’affidamento al nuovo soggetto IREN disponesse di partecipazioni nel capitale dello stesso né lo stesso Comune risulta essere rappresentato negli organi decisionali di tale società e/o risulti in grado di influenzare, foss’anche congiuntamente, gli obiettivi strategici o le decisioni significative della IREN.
L’esistenza di un controllo congiunto, invece, presuppone che tutte le amministrazioni aggiudicatrici siano rappresentate negli organi decisionali del soggetto controllato e possano esercitare congiuntamente un’influenza decisiva sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di tale soggetto. D’altra parte, il nuovo soggetto IREN non risulta avere con il Comune di Lerici rapporti tali da poter qualificare un siffatto appalto come «operazione in house».
La CGUE conclude pertanto nel senso di ritenere che la prosecuzione, da parte del nuovo soggetto, risultante dalla aggregazione, nell’esecuzione dell’appalto pubblico derivi dalla modifica di una condizione fondamentale dell’appalto che necessita di una procedura di gara. L’esecuzione di un appalto pubblico che sia stato oggetto di un affidamento «in house» non potrebbe in altri termini proseguire, senza indizione di una gara, qualora l’amministrazione aggiudicatrice non possieda più alcuna partecipazione, neppure indiretta, nell’ente affidatario e non disponga più di alcun controllo su quest’ultimo.
Del resto, non si potrebbe ammettere la prosecuzione in favore del nuovo soggetto neppure considerando come ente affidante «in house» la Provincia che ha approvato la delibera di prosecuzione del servizio in quanto la relazione tra lo stesso Ente e la società IREN – a detta della CGUE – non presenta i requisiti del controllo analogo previsti dalla Direttiva cit. (la Provincia non detiene alcuna partecipazione nel capitale della IREN e, pertanto, in quello della ACAM Ambiente, né dispone di alcun potere di controllo su tali enti).
BOX: «La direttiva 2014/24 osta a che l’esecuzione di un appalto pubblico che sia stato oggetto di un affidamento «in house» prosegua, senza indizione di una gara, qualora l’amministrazione aggiudicatrice non possieda più alcuna partecipazione, neppure indiretta, nell’ente affidatario e non disponga più di alcun controllo su quest’ultimo.»
5. Alcuni punti aperti
La sentenza della Corte lascia aperti alcuni aperti interrogativi. In particolare, ci si chiede quale sia la valenza della gara bandita per la selezione del nuovo soggetto con cui è stata realizzata l’aggregazione (e al quale affidare il servizio). La giurisprudenza comunitaria ha più volte affrontato e ammesso l’affidamento tramite la cd. gara a doppio oggetto, che coinvolge le società a capitale misto.
La Corte riserva, tuttavia, a tale fattispecie solo un rapido accenno, evidenziando come il caso alla sua attenzione se ne differenzi radicalmente: vi sarebbe società a capitale misto solo qualora la stessa fosse detenuta in parte dall’amministrazione aggiudicatrice, in parte da un ente che sia stato selezionato da quest’ultima, al termine di una procedura trasparente ed aperta alla concorrenza (v. sentenza del 15 ottobre 2009, Acoset C‑196/08, EU:C:2009:628). Nel caso in esame, invece, il nuovo soggetto resterebbe comunque estraneo all’ente aggiudicatore di riferimento.
Il Consiglio di Stato rimettente non fa mistero del suo punto di vista a sfavore della tesi del Comune di Lerici e nel senso della piena legittimità dell’affidamento «in house» al nuovo soggetto. Quest’ultimo – osserva il Consiglio di Stato – è stato selezionato come operatore economico, con il quale effettuare l’aggregazione, proprio all’esito di una pubblica gara e quindi il risultato ultimo dell’operazione, l’affidamento del servizio, conseguirebbe non all’affidamento disposto dalla Provincia, ma già a monte dalla gara esperita, in modo del tutto coerente con i principi di diritto europeo.
È vero che la gara per la selezione dell’operatore economico non aveva, all’evidenza, per oggetto l’affidamento del servizio in questione, né l’affidamento di alcun servizio; si può però ragionevolmente sostenere che lo comprendesse indirettamente, in base al principio logico e pratico per cui nel più sta il meno.
Aggiunge il Consiglio di Stato che «Lo scopo ultimo delle norme del diritto europeo qui rilevanti è quello di promuovere la concorrenza, e che questo risultato nell’affidamento dei servizi pubblici si raggiunge, in termini sostanziali, quando più operatori competono, o possono competere, per assicurarsi il relativo mercato nel periodo di riferimento, indipendentemente dalla qualificazione giuridica dello strumento con il quale ciò avviene. In questi termini, è irrilevante che l’affidamento di un dato servizio, nella specie quello relativo al Comune ricorrente appellante, avvenga per mezzo di una gara il cui oggetto è quel singolo servizio –isolatamente considerato ovvero assieme ai servizi per gli altri comuni dell’ambito- ovvero avvenga mediante una gara il cui oggetto è l’attribuzione del pacchetto azionario della società che tali servizi svolge, perché in entrambi i casi la concorrenza è garantita. Si sarebbe nella sostanza di fronte ad un fenomeno simile a quello del negozio indiretto, a titolo di esempio come nel caso in cui, invece di cedere un immobile con un contratto di compravendita, si preferisca cedere il pacchetto azionario della società che ne è proprietaria: il risultato economico finale è il medesimo, e quindi è corretto, in linea di principio, che le operazioni siano soggette alla stessa disciplina.».
In dottrina, a riguardo, non si è mancato di rilevare l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte europea trascurando ii fatto che sia stata in realtà effettuata una vera e propria gara a doppio oggetto per la selezione del nuovo gestore, incorporante ACAM. La Corte ha difatti ritenuto irrilevante l’esame della procedura a monte, in quanto il venir meno del controllo dell’amministrazione aggiudicatrice originaria assorbirebbe ogni altro aspetto.
Eppure il Consiglio di Stato, in sede di rimessione, sembrava ritenere rilevante la previa effettuazione di una procedura di gara per la selezione del soggetto con cui dar luogo all’aggregazione, richiedendo per l’appunto una risposta se sia ammissibile l’aggregazione tramite gara, che comporta la successione del servizio dall’affidatario «in house» all’operatore individuato con gara[6].
La Corte, per contro, sembra aver dato peso – sia pure tra le righe – al fatto che il capitale del nuovo soggetto in house sia aperto ai privati. Come noto e come evidenziato anche dal Consiglio di Stato rimettente, la giurisprudenza europea ha fatto proprio il principio secondo cui per mantenere il controllo analogo la struttura del capitale sociale dell’affidataria deve rimanere la medesima nel periodo di riferimento (CGUE, sez. III 10 settembre 2009 C -573/07 SEA) dovendosi escludere il requisito quando – pur essendo l’affidamento disposto quando il capitale è interamente in mano pubblica – in base allo statuto si può successivamente cedere, anche in parte, a privati.
Spetterà, ad ogni modo, al Consiglio di Stato prendere atto della decisione della Corte, effettuare le verifiche “fatte salve” dalla decisione stessa e arrivare ad una conclusione che non ne contraddica i principi di fondo.
La decisione non potrà lasciare indifferenti le gestioni «in house» mantenute all’esito di operazioni di ristrutturazione societaria (con o senza gara).
[1] Corte di Giustizia Europea sez. IV 12/5/2022 n. C-719/20.
[2] Ai fini di tale condizione, si precisa che le amministrazioni aggiudicatrici esercitano su una persona giuridica un controllo congiunto quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
- gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti;
- tali amministrazioni aggiudicatrici sono in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica; e
- la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici controllanti.
[3] V. sentenze dell’11 gennaio 2005, Stadt Halle e RPL Lochau, C‑26/03, EU:C:2005:5, punto 49, nonché del 18 giugno 2020, Porin kaupunki, C‑328/19, EU:C:2020:483, punto 66.
[4] V. sentenze del 13 novembre 2008, Coditel Brabant, C‑324/07, EU:C:2008:621, punto 50, e dell’8 maggio 2014, Datenlotsen Informationssysteme, C‑15/13, EU:C:2014:303, punto 27.
[5] V. in tal senso, sentenze del 6 aprile 2006, ANAV, C‑410/04, EU:C:2006:237, punti da 30 a 32, nonché del 10 settembre 2009, Sea, C‑573/07, EU:C:2009:532, punto 53.
[6] V. Federico Smerchinich, In house e aggregazioni societarie: commento a Corte di Giustizia C-719/20 12 maggio 2022 (www.appaltiecontratti.it 24/5/2022)