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1 Premessa

Ogni volta che si affronta il tema dell’avvalimento, è bene ricordare come esso sia frutto dell’elaborazione della giurisprudenza comunitaria. In un certo senso, possiamo dire che la vera “fonte” dell’avvalimento e’ rappresentata dalle sentenze della Corte di Giustizia.

Ci sono voluti infatti circa dieci anni perche’ l’Istituto trovasse accoglienza nelle Direttive comunitarie.  Tanti ne passano infatti dalla storica sentenza della Corte Giustizia delle comunità Europee del 14-04-1994, n. 389 (Ballast Nedam groep nv c. Regno Belgio) con la quale la Corte di giustizia aprì per la prima volta le porte all’avvalimento consentendo “per la valutazione dei criteri cui deve soddisfare un imprenditore all’atto dell’esame di una domanda di abilitazione presentata da una persona giuridica dominante di un gruppo, di tener conto delle società che appartengono a tale gruppo, purchè la persona giuridica di cui è causa provi di aver effettivamente a disposizione i mezzi di dette società necessari per l’esecuzione degli appalti”, all’art. 47 paragrafo 2 della Direttiva 31 marzo 2004 2004/18/CE ed all’art. 48 paragrafo 3 che introdussero nell’ordinamento comunitario l’Istituto dell’avvalimento, svincolandolo da limitazioni di sorta, volendo dare massima apertura ai mercati ed alla capacità di partecipazione delle imprese agli appalti pubblici nazionali e comunitari.

L’unico limite che ha sempre posto la giurisprudenza comunitaria al libero ricorso all’avvalimento è stato quello della dimostrazione da parte della società “avvalente” di poter disporre, a prescindere dalla natura del vincolo giuridico intercorrente con la società ausiliaria, dei mezzi e delle risorse di quest’ultima, necessari all’esecuzione dell’appalto.

L’art. 47 paragrafo 2 della Direttiva citata (“capacità economica e finanziaria”) prevede infatti che “un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. In tal caso deve dimostrare alla amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell’impegno a tal fine di questi soggetti”.

L’art. 48 paragrafo 3 (capacità tecnica) prevede a sua volta che “un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Deve, in tal caso, provare all’amministrazione aggiudicatrice che per l’esecuzione dell’appalto disporrà delle risorse necessarie ad esempio presentando l’impegno di tale soggetto di mettere a disposizione dell’operatore economico le risorse necessarie”.

2 Il legislatore nazionale

Il legislatore nazionale ha accolto l’avvalimento –come detto di derivazione comunitaria-, nell’alveo dell’art. 49 del Codice dei Contratti Pubblici (di seguito anche il “Codice”), non coordinandolo con istituti preesistenti (subappalto) e, comunque, cercando sempre di limitarne la concreta portata applicativa (e finendo per questo col collidere con il diritto europeo).

Mentre il legislatore comunitario introduceva e dava slancio all’avvalimento considerato quale volano per l’implementazione di una vera e propria dimensione concorrenziale tra le imprese ed a tutto vantaggio della stazione appaltante (nei confronti della quale vengono moltiplicate le occasioni di scelta), quello nostrano si mostrava quantomeno titubante e sicuramente più prudente.

Il risultato più vistoso di questo atteggiamento è stato, dicevamo, il mancato coordinamento con la normativa sul subappalto, spesso “strumento” attuativo del primo. Tuttavia, mentre l’avvalimento non soffre, come detto, di particolari limitazioni, la normativa sul subappalto è, invece, soggetta nel nostro Paese a limiti precisi tra i quali è appena il caso di ricordare quello del 30% (riferito al corrispettivo dell’appalto o alla categoria prevalente, a seconda si tratti di appalto di servizi o forniture, oppure di lavori).

Questa antinomia si spiega solo se si consideri come il subappalto non sia soggetto a particolari limitazioni in ambito europeo. Solo in Italia – e per ragioni di politica criminale – si decise di limitare il ricorso all’istituto, considerato spesso come veicolo di penetrazione della criminalità organizzata nell’alveo degli affidamenti pubblici.

Comunque: mentre nella logica del legislatore europeo l’avvalimento è un istituto senza particolari restrizioni, l’art. 49 comma 6 del Codice prevede invece una limitazione al suo utilizzo, disponendo quanto segue:

«1. Il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato ai sensi dell’art. 34, in relazione ad una specifica gara di lavori, servizi, forniture può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione (…) SOA avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell’attestazione SOA di altro soggetto.

(…)

6.      Per i lavori, il concorrente può avvalersi di una sola impresa ausiliaria per ciascuna categoria di qualificazione. Il bando di gara può ammettere l’avvalimento di più imprese ausiliarie in ragione dell’importo dell’appalto o della peculiarità delle prestazioni (…)».

E’ bene notare che tale limitazione opera sia con riferimento alla capacità economica e finanziaria che a quella tecnico organizzativa.

3 Il caso

La Provincia di Fermo aveva avviato una procedura di aggiudicazione per un appalto di lavori di ammodernamento ed ampliamento di una strada provinciale.

I documenti di gara richiedevano che i concorrenti dimostrassero le relative capacità tecniche e professionali presentando un’attestazione SOA corrispondente alla natura e all’importo dei lavori oggetto dell’appalto.

Un società, quale mandataria di un raggruppamento temporaneo di imprese, aveva partecipato alla gara, dimostrando la propria capacità tecnica avvalendosi delle attestazioni SOA di due imprese terze.

Il suddetto raggruppamento veniva quindi escluso dalla gara d’appalto in quanto la mandataria aveva violato il disposto dell’articolo 49, sesto comma, del decreto legislativo n. 163/2006 sopra richiamato che, come visto, vieta l’avvalimento di più società ai fini della dimostrazione della medesima categoria di qualificazione.

La mandataria impugnava l’anzidetto provvedimento di esclusione nanti il TAR Marche il quale sottoponeva alla Corte di Giustizia la questione afferente la conformità della richiamata norma nazionale al disposto della Direttiva appalti, laddove essa non prevede particolari limitazioni al ricorso all’istituto dell’avvalimento.

4 La decisione della Corte di Giustizia Unione Europea Sez. V 10-10-2013 n. 94

La Corte europea è stata chiamata a pronunciarsi (decisioneSez. V 10-10-2013 n. 94) circa l’eventuale conflitto tra norme e, in particolare, tra quanto previsto dagli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18 e l’art. 49 comma 6 del Codice dei contratti italiano, laddove quest’ultima disposizione vieta, in via generale, agli operatori economici partecipanti ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori di fare valere, per una medesima categoria di qualificazione, le capacità di più imprese.

Nel motivare la sua decisione, la Corte ricorda come, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, della direttiva 2004/18, spetti all’amministrazione aggiudicatrice verificare l’idoneità dei candidati o degli offerenti conformemente ai criteri di cui agli articoli da 47 a 52 della menzionata direttiva.

In proposito – prosegue la Corte -, “è d’uopo rilevare, da un lato, che il menzionato articolo 47, al paragrafo 1, lettera c), prevede che l’amministrazione aggiudicatrice segnatamente possa chiedere ai candidati o agli offerenti di provare la loro capacità economica e finanziaria mediante una dichiarazione concernente il fatturato globale nonché il fatturato del settore di attività oggetto dell’appalto, al massimo per gli ultimi tre esercizi disponibili. D’altro lato, detto articolo 48, dal canto suo, al paragrafo 2, lettera a), sub i), prevede la possibilità di chiedere agli operatori economici la prova delle loro capacità tecniche attraverso la presentazione dell’elenco dei lavori eseguiti negli ultimi cinque anni.

Ciò posto, detta amministrazione aggiudicatrice deve tenere conto del diritto che gli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18 riconoscono ad ogni operatore economico di fare affidamento, per un determinato appalto, sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura dei suoi legami con questi ultimi, purché dimostri all’amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari per eseguire tale appalto”.

La Corte rileva l’uso sistematico del plurale nelle succitate disposizioni, indica che le stesse non vietano, in via di principio, ai candidati o agli offerenti di fare riferimento alle capacità di più soggetti terzi per comprovare che soddisfano un livello minimo di capacità. A fortiori, tali disposizioni non istituiscono divieti di principio relativi alla possibilità per un candidato o un offerente di avvalersi delle capacità di uno o più soggetti terzi in aggiunta alle proprie capacità, al fine di soddisfare i criteri fissati da un’amministrazione aggiudicatrice.

Questa constatazione – ragiona la Corte – è peraltro suffragata dalla possibilità (prevista dall’articolo 48, paragrafo 2, lettera b), della Direttiva) di avvalersi indistintamente di tecnici o di organismi tecnici, che facciano o meno parte integrante dell’operatore economico interessato, ma di cui quest’ultimo disporrà per l’esecuzione dell’opera. Analogamente, la lettera h) del citato paragrafo 2 fa riferimento all’attrezzatura, al materiale e all’equipaggiamento tecnico di cui l’imprenditore disporrà per eseguire l’appalto, senza limitazioni di sorta quanto al numero dei soggetti che forniranno tali strumenti. Ancora, nel medesimo senso, l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva in parola autorizza i raggruppamenti di operatori economici a partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici senza prevedere limitazioni relative al cumulo di capacità, così come l’articolo 25 della stessa direttiva considera il ricorso a subappaltatori senza indicare limitazioni in proposito.

Queste considerazioni, conclude la Corte, sono assolutamente coerenti con la precedente giurisprudenza comunitaria (richiamata sopra in premesse, ndr) che ha sempre consentito ad un operatore economico di avvalersi, per eseguire un appalto, di mezzi appartenenti ad uno o a svariati altri soggetti, eventualmente in aggiunta ai propri mezzi (v., in tal senso, sentenze del 2 dicembre 1999, Holst Italia, C‑176/98, Racc. pag. I‑8607, punti 26 e 27, e del 18 marzo 2004, Siemens e ARGE Telekom, C‑314/01, Racc. pag. I‑2549, punto 43).

5 Le conclusioni della Corte

Alla luce del ragionamento sopra riportato, la Corte conclude affermando che “la direttiva 2004/18 consente il cumulo delle capacità di più operatori economici per soddisfare i requisiti minimi di capacità imposti dall’amministrazione aggiudicatrice, purché alla stessa si dimostri che il candidato o l’offerente che si avvale delle capacità di uno o di svariati altri soggetti disporrà effettivamente dei mezzi di questi ultimi che sono necessari all’esecuzione dell’appalto”.

La ratio dell’apertura operata dalla sentenza in commento, da un lato risponde alla necessità di aprire gli appalti pubblici alla concorrenza e, quindi, al massimo numero di imprese possibili (favorendo lo sviluppo della piccola e media imprenditorialità), con ciò altresì favorendo anche le stazioni appaltanti ampliando le possibilità di scelta e selezione degli operatori economici.  

La Corte è consapevole che ci possano essere lavori che presentino peculiarità tali da richiedere una determinata capacità che non si ottiene associando capacità inferiori di più operatori. In un’ipotesi del genere l’amministrazione aggiudicatrice potrebbe legittimamente esigere che il livello minimo della capacità in questione sia raggiunto da un operatore economico unico o, eventualmente, facendo riferimento ad un numero limitato di operatori economici, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2004/18, laddove siffatta esigenza sia connessa e proporzionata all’oggetto dell’appalto interessato.

Tuttavia, questa ipotesi e’ una situazione del tutto eccezionale. Dunque, anche sotto questo profilo, una norma a portata “generale” come quella contenuta nell’articolo 49 sesto comma del Codice dei contratti collide con la ratio e col disposto della  direttiva 2004/18 sopra illustrato.

La Corte quindi conclude nel senso che “gli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18, letti in combinato disposto con l’articolo 44, paragrafo 2, della medesima direttiva, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale come quella in discussione nel procedimento principale, la quale vieta, in via generale, agli operatori economici che partecipano ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori di avvalersi, per una stessa categoria di qualificazione, delle capacità di più imprese”.

Alla luce di queste conclusioni, le stazioni appaltanti dovranno d’ora innanzi tener conto dell’insegnamento della Corte di Giustizia, non escludendo quella impresa che, per la dimostrazione della capacità economica o della capacità tecnica richiesta dal Bando di gara, dovesse far ricorso all’avvaimento plurimo e, quindi, beneficiare dei requisiti posseduti da uno o più operatori economici.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Fabio Salierno
Esperto e docente in materia di appalti pubblici
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