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1 Premessa

In caso di vicende modificative che comportino il trasferimento d’azienda, i requisiti del dante causa si trasferiscono al cessionario.

Questo il principio che si e’ ormai pacificamente affermato in giurisprudenza.

Occorre in via preliminare distinguere tra le operazioni di fusione o di scissione da quelle di cessione od affitto di azienda.

2 Fusione e scissione.

In linea di massima, infatti, fusione e scissione, implicando una successione a titolo universale (e, quindi, una sostanziale continuita’ tra il soggetto incorporato e l’incorporante),  non incidono sulla capacita’ di partecipazione alla gara o di prosecuzione nell’esecuzione del contratto d’appalto. Il comma 1 dell’art. 2504bis Cod. Civ. “effetti della fusione” cosi’ recita: “La societa’ che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle societa’ partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione”.

Sotto questo profilo si comprende l’ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione dell’8 febbbraio 2006, n. 2637 con la quale il Giudice della nomofilachia ha chiarito come “ai sensi del nuovo art. 2504-bis cod. civ., conseguente alla riforma del diritto societario (d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), la fusione tra società non determina, nelle ipotesi di fusione per incorporazione, l’estinzione della società incorporata, nè crea un nuovo soggetto di diritto nell’ipotesi di fusione paritaria, ma attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo. Deve pertanto escludersi che la fusione per incorporazione determini l’interruzione del processo ai sensi dell’art. 300 cod. proc. civ.”.

3 Cessione ed affitto d’azienda o di suoi rami.

La cessione o l’affitto d’azienda importano, invece, un effetto traslativo dei requisiti e delle posizioni contrattuali se e nella misura in cui siano espressamente previsti nell’atto di cessione stesso. L’effetto traslativo non opera in tal caso in modo “automatico” e generale, ed occorrera’ quindi maggiore rigore nella verifica del possesso dei requisiti da parte del cessionario o dell’affittuario dell’azienda (o ramo) interessato.

Ci si e’ quindi domandati se l’istituto della conservazione dei requisiti sia applicabile –analogamente a quanto avviene per la fusione o la scissione- anche alla cessione, al conferimento o all’acquisto di azienda (o di suoi rami).

La risposta della giurisprudenza e’ positiva, anche se occorre fare attenzione. Di qui le indicazioni che seguono.

4 E’ necessario che il cessionario (o affittuario) dichiari la volonta’ di utilizzare, facendo propri, i requisti ottenuti dal cedente.

Come il Consiglio di Stato (Sez. IV, 10/05/2005 n. 2223) ha avuto modo di chiarire, costituisce principio sufficientemente consolidato che “nel caso in cui la cessione o conferimento di (rami di) azienda intervenga prima della presentazione dell’offerta da parte del cessionario (o societa’ destinataria del conferimento), i requisiti necessari per la partecipazione alla gara vadano verificati proprio con riferimento solo ed esclusivo alla impresa cessionaria o alla societa’ destinataria del conferimento, in base al principio della continuita’ della gestione, in quanto, come noto nella pratica commerciale, l’acquisto di ramo d’azienda o, del pari, il conferimento di azienda in societa’, avviene il piu’ delle volte anche o proprio al fine di avvalersi dei requisiti appartenenti alla precedente titolare”.

Dunque l’esistenza del principio di continuita’ e’ un fatto pacifico per il C.d.S. Tuttavia, per utilizzare i requisiti del dante causa, occorre che il cessionario dichiari di volersi avvalere del requisito cosi’ ottenuto mediante apposita dichiarazione di volonta’.

Aggiunge, infatti, il C.d.S. che “la volonta’ di avvalersi del requisito (nella specie di anzianita’ di iscrizione, Ndr) appartenente ad altra azienda nella cui titolarita’ il partecipante sia succeduto (per cessione, conferimento, acquisto di ramo e cosi’ via), determina l’onere di specificazione in tal senso nella presentazione della domanda o nella autodichiarazione relativa alla sussistenza o meno di tale requisito […]”.

5 Il principio di continuita’ codificato dalla riforma del diritto societario in tema di “trasformazione” nelle sue varie forme (D. Lgs. 17 gennaio 2003 n. 6 e D. Lgs. 6 febbraio 2004 n. 37).

L’articolo 2498 del codice civile (nel nuovo testo introdotto dal D. Lgs. 17 gennaio 2003 n. 6 “Riforma delle societa’”-d’ora innanzi la “Riforma”-), espressamente prevede che: “con la trasformazione l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell’ente che ha effettuato la trasformazione”.

Il legislatore della Riforma –ponendo fine ad antichi dibattiti- ha chiarito che l’effetto tipico della trasformazione non e’ solo la conservazione dei diritti ed obblighi sorti prima della trasformazione. Egli, infatti, ha appositamente aggiunto nel testo normativo il predicato “prosegue”, proprio per enfatizzare e chiarire definitivamente che l’ente trasformato continua nei precedenti rapporti senza soluzione di continuita’.

La Giurisprudenza assimila –quanto ad effetti- il fenomeno della cessione d’azienda a quello della trasformazione.

A tale proposito, infatti, Cons. Stato sez. IV (sentenza 4 ottobre 2007 n. 5197), chiarisce come “poiche’ il conferimento d’azienda e’ una modalita’ di trasformazione societaria che assume forma alternativa alla fusione o incorporazione, viene a realizzarsi una continuita’ sia in senso soggettivo, sia in senso oggettivo dell’attivita’ di impresa che non subisce interruzione alcuna”.

 Dunque se “la cessione del ramo di azienda intervenga prima della presentazione dell’offerta da parte del cessionario, i requisiti per la partecipazione alla gara vanno verificati con riferimento all’impresa cessionaria.

Invero, laddove il bando nulla prescriva e l’incorporazione sia precedente la presentazione dell’offerta e non sia emerso nessun precedente penale a carico degli amministratori della societa’ incorporata, sia illegittima l’esclusione della concorrente incorporante, che non abbia rilasciato le dichiarazioni di moralita’ anche relativamente agli amministratori della societa’ incorporata” (TAR Lazio, Sez. Terza Ter, 14 ottobre 2010, n. 32822/2010).

In altre parole, il Bando potrebbe richiedere che, in caso di fusione o di cessione di ramo d’azienda, il requisito afferente la moralita’ degli amministratori, vada dimostrato non solo in capo alla cessionaria (od alla incorporante), ma anche in capo alla cedente (od alla incorporata). In assenza di un’espressa previsione di questo tipo, il requisito della moralita’ andra’ verificato unicamente in capo alla cessionaria. Tuttavia tale principio non e’ pacifico in giurisprudenza.

Una parte della giurisprudenza afferma che questa soluzione appare “conforme al principio del favor partecipationis che impone un’interpretazione restrittiva delle cause di esclusione. L’esclusione del concorrente che abbia omesso una dichiarazione non espressamente richiesta dalla normativa e dalla lex specialis, non risulterebbe pertanto in linea con l’evoluzione del panorama giurisprudenziale […] volto a privilegiare la massima partecipazione, a fronte di una normativa che non impone espressamente il rilascio delle dichiarazioni di moralita’, anche con riferimento ai rappresentanti delle imprese incorporate”.

Sempre con riferimento al momento antecedente la presentazione dell’offerta, occorrera’ poi tener conto “degli elementi integrativi derivanti dall’assorbimento del ramo di azienda […]. Infatti, l’acquisizione dell’azienda (definita come un complesso di fattori materiali ed immateriali organizzati in entita’ oggettiva strumentale all’esercizio della funzione imprenditoriale) comporta il subingresso del cessionario nella generalita’ dei rapporti, attivi e passivi, facenti capo al cedente, ivi compresi i titoli e le referenze che derivano dallo svolgimento dell’attivita’ propria del ramo ceduto.

Del resto, tale operazione e’ normalmente finalizzata a consentire, senza soluzione di continuita’, il travaso nella nuova organizzazione imprenditoriale dei requisiti riconducibili al precedente titolare, evitando la dispersione e la vanificazione dei valori di esperienza e capacita’ intrinseci all’azienda ceduta” (TAR Campania, sez. I, 8 ottobre 2008 n. 19218). 

E’ opportuno anche richiamare C.d.S., sez. V, 20 maggio 2002 n. 5772, secondo il quale “[…] sono riconducibili, al fine di integrare i requisiti di partecipazione ad una gara, al patrimonio di un soggetto i titoli posseduti da altro soggetto che abbia ceduto il ramo di azienda al primo ovvero nei cui confronti possa esercitare una potesta’ di controllo che gli permetta di disporre delle relative capacita’. […] Del resto tale conclusione e’ sorretta anche dai principi generali del nostro ordinamento in quanto con la cessione di un ramo di azienda si determina il subingresso del cessionario nel complesso dei rapporti, attivi e passivi, del cedente tra i quali e’ compreso anche il possesso di titoli, referenze o requisiti specifici maturati nello svolgimento dell’attivita’ cui il ramo ceduto era dedicato”.

Altra giurisrudenza molto recente ha, relativamente ai requisiti di moralita’ ed alla loro dimostrazione, assunto una diversa impostazione nella materia, richiedendo che tutti i soggetti persone fisiche titolari dei poteri di rappresentanza della societa’ incorporata (compresi i cessati nell’anno antecedente) rilascino la dichiarazione di moralita’ ex articolo 38 comma 1, lettera c) del D. Lgs. 163/06 (cosi’ C.d.S., III Sez., sentenza 15 luglio 2011 n. 4323). Questo principio avrebbe portata generale ed opererebbe quindi indipendentemente da specifiche previsioni contenute nel bando di Gara ed avrebbe la finalita’ di evitare che la mera confluenza di “un’azienda priva di requisiti di moralita’, ma ampiamente dotata degli altri requisiti di partecipazione,  in una azienda non dotata dei requisiti di partecipazione ma dotata dei requisiti di moralita’” possa di fatto tradursi nella “elusione delle disposizioni poste a garanzia della moralita’ professionale dei partecipanti alle gare pubbliche dall’articolo 38 del D. Lgs. 163/06”.

Tuttavia, e’ bene chiarire che onere del concorrente dimostrare il possesso dei requisiti richiesti dalla lex specialis in virtu’ dell’operazione di fusione/cessione. Mentre la stazione appaltante ha l’unico onere di garantire il rispetto della par condicio tra i partecipanti alla gara.

Qualora, infine, la cessione del ramo d’azienda avvenga successivamente, nel corso dell’esecuzione del contratto d’appalto, occorrera’ che il cessionario dimostri  di possedere i requisiti che erano richiesti dal Bando di gara per dar corso all’aggiudicazione, al fine di conservare il diritto all’esecuzione.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Fabio Salierno
Esperto e docente in materia di appalti pubblici
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