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Con il presente contributo si vogliono esaminare – sotto il profilo pratico/operativo – alcuni aspetti dell’attività del RUP (ipotizzando il caso le funzioni siano state attribuite ad un soggetto diverso dal dirigente/responsabile del servizio) alla luce di alcuni recenti interventi giurisprudenziali che hanno definitivamente configurato la funzione del responsabile unico in termini di attività istruttoria e propositiva.
In questa prima parte, le funzioni/compiti del RUP verranno affrontati con riferimento alla prima fase pubblicistica della gara (che si chiude con la stipula del contratto).
Nella seconda parte, invece, ci si soffermerà su alcune incombenze assegnate direttamente dalla legge (codice e, soprattutto, il regolamento attuativo) al responsabile unico del procedimento nell’ambito però “civilistico” e quindi con riferimento alla fase esecutiva del contratto d’appalto. Compiti che, in questo caso, hanno connotazione di tipo decisorio/definitivo anche se non oggettivamente gestionali/dirigenziali.
1. Il danno erariale da inadempimenti del RUP
Un recente intervento della Corte dei Conti, della prima sezione Centrale di Appello – sentenza del 20 luglio 2015 n. 441 – consente proprio di esprimere alcune riflessioni sul ruolo e sulla responsabilità del RUP nei procedimenti d’appalto.
Nel caso di specie, il giudice dell’appello respingeva il ricorso avvero la pronuncia di primo grado di condanna del RUP – soggetto diverso dal dirigente responsabile del servizio – per il danno arrecato alla stazione appaltante per il perdurare dei lavori, in modo ingiustificato, e per il nesso causale sussistente tra il ritardo in argomento e la mancata attivazione del RUP che non comminava all’appaltatore, come prescritto anche nel contratto e nell’atto di affidamento delle funzioni di responsabile unico del procedimento, le previste penali.
Le ragioni del ricorrente – in particolare quelle concentrate sul proprio ruolo – non sono state ritenute persuasive dal giudice dell’appello.
Al riguardo, in sentenza si legge che la statuizione del giudice di primo grado, nell’escludere dalla responsabilità il dirigente, è corretta considerato che il responsabile del servizio aveva attribuito le funzioni di RUP proprio al soggetto chiamato in causa.
Più correttamente, l’attento estensore rileva che nella individuazione del responsabile unico del procedimento non si assiste ad una “delega di poteri, ma di nomina, di assegnazione di funzioni a soggetto sottoposto e fornito dei titoli”.
In questo senso, rilevata la legittimità della nomina (il dirigente essendo tale – si legge in sentenza – “ben poteva nominare il RUP”) del responsabile
unico del procedimento questi, non poteva sostenere “di essere stato un mero esecutore, perché era un ingegnere, non un impiegato di mero ordine”.
In questo senso, ricorda il giudice adito, “l’articolo 10, comma 5 del d.lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici) così definisce il RUP: il responsabile del procedimento deve possedere titolo di studio e competenza adeguati in relazione ai compiti per cui è nominato. Per i lavori e i servizi attinenti all’ingegneria e all’architettura deve essere un tecnico. Per le amministrazioni aggiudicatrici deve essere un dipendente di ruolo. In caso di accertata carenza di dipendenti di ruolo in possesso di professionalità adeguate, le amministrazioni aggiudicatrici nominano il responsabile del procedimento tra i propri dipendenti in servizio”.
Inoltre, “nell’atto con cui il suo dirigente gli conferiva l’incarico specifico erano indicati i compiti tra cui proprio il problema delle eventuali penali”.
2. La questione del RUP
La pronuncia è evidentemente persuasiva.
Il responsabile unico del procedimento – considerate le chiare attribuzioni previste nel decreto legislativo 163/2006 e nel regolamento attutivo del codice degli appalti (dpr 207/2010) – non può essere considerato un mero esecutore di disposizioni.
Non solo, e rappresenta un chiaro elemento dirimente la stessa circostanza che l’attribuzione da parte del dirigente/responsabile del servizio dell’incarico del RUP costituisce una mera disposizione organizzativa che si affranca dal condizionamento gerarchico.
Nel senso che l’attribuzione, l’individuazione e l’assegnazione dei compiti di RUP se costituisce essa stessa l’espressione di un potere gerarchico che è rimessa alla valutazione del dirigente/responsabile del servizio la sua gestione, lo sviluppo delle incombenze, è assolutamente svincolato dal rapporto gerarchico altrimenti il responsabile unico del procedimento non risponderebbe mai delle proprie azioni.
Il RUP, pertanto, gode di una ampia autonomia di poteri e la maggior parte degli atti – limitando l’analisi in questa prima parte agli aspetti relativi al momento pubblicistico della gara – sono di tipo propositivo e non certo gestionali e di tipo definitivo/decisorio.
Nella fase civilistica di esecuzione contratto che prende avvio con la stipula – come emerge dalle numerose incombenze declinate nel regolamento attuativo del codice degli appalti e come si è anche detto nel caso trattato dal giudice dell’erario sopra riportato – il RUP ha ben più di una funzione meramente propositiva per assurgere ad un ruolo di gestore delle vicende dell’appalto (nella fase esecutiva soprattutto se anche direttore dei lavori e/o direttore dell’esecuzione del contratto di forniture e servizi) ivi comprese, tra l’altro, anche l’applicazione delle sanzioni (penali) in caso di ritardi ingiustificati nella prosecuzione dei lavori.
Davanti a queste incombenze, soprattutto quelle afferenti il momento civilistico della gestione del contratto, il RUP non può restare inerte in attesa dei solleciti del dirigente/responsabile del servizio che comunque, in ogni caso, ha una responsabilità (oltreché in eligendo) anche in vigilando).
Nel senso che questo, davanti all’inerzia del RUP, ha il dovere di attivarsi e chiedere chiarimenti con i solleciti ad agire ma se, come nel caso di specie trattato dalla sentenza richiamata, le incombenze sono state precisate nell’atto di individuazione del RUP ([1]), è chiaro che ogni comportamento inerte del responsabile unico è colpevole.
3. Il ruolo del RUP
La recente giurisprudenza amministrativa, limitandoci per il momento all’aspetto pubblicistico del procedimento di gara ovvero la fase che si chiude con la stipula del contratto (evidentemente di competenza del dirigente/responsabile del servizio e non del RUP salvo che i due ruoli non coincidano) ha fornito maggiori chiarimenti sulla configurazione dell’attività del responsabile unico.
Nel procedimento amministrativo che prende avvio dalla programmazione delle acquisizioni, tanto lavori quanto quella eventuale in tema di forniture e servizi per giungere fino all’epilogo, peraltro solo eventuale ([2]) della stipula del contratto, la funzione del responsabile unico del procedimento è di tipo esclusivamente istruttorio/propositiva e non decisoria.
Nel senso che il RUP – salvo che coincida con il responsabile del servizio – non può adottare atti definitivi del procedimento come ad esempio l’esclusione dalla competizione e/o la revoca dell’aggiudicazione definitiva così come non può adottare atti definitivi rispetto al contratto d’appalto come, a mero titolo esemplificativo, la risoluzione ([3]) e similari.
Tale ruolo istruttorio/propositivo che, a ben vedere, emerge seppur in maniera non nitidissima dal complesso normativo desumibile dal codice dei contratti e dal regolamento attuativo, è stato di recente approfondito, come si è anticipato, dai giudici di Palazzo Spada (e dal giudice di primo grado) soprattutto in relazione alla possibilità del responsabile unico del procedimento di far parte – nell’appalto da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – della commissione di gara.
Prima di affrontare la tematica specifica appare opportuno evidenziare, come notissimo, che la nomina/individuazione del RUP non è atto che incide sulla legittimità della procedura qualora non venga espressamente individuato in quanto, in questo caso, le funzioni del RUP e soprattutto il ruolo di referente/interlocutore degli appaltatori e della stessa amministrazione appaltante rimane in capo al dirigente/responsabile del servizio.
Seppur vero, è altresì di rilievo annotare – sempre sotto il profilo pratico – che la mancata individuazione del responsabile unico del procedimento in un soggetto diverso dal dirigente/responsabile dal servizio ha evidenti implicazioni di tipo funzionale/organizzativo che non devono essere sottovalutate dalla stazione appaltante.
A sommesso parere, pur rimanendo la nomina/individuazione nella discrezionalità tecnica del dirigente/responsabile del servizio, non pare che le decisioni in parola appaiano del tutto affrancate dalla necessità di un minimo di motivazione. Con riferimento, evidentemente, alla scelta di non nominare un RUP.
Una delle questioni che, per evidenti motivi, risultano scarsamente affrontate riguarda proprio l’eventuale possibilità della stazione appaltante – attraverso disposizioni organizzative di tipo generale – di richiedere comunque la nomina, in relazione ai vari procedimenti amministrativi, anche d’appalto, del responsabile del procedimento.
Appare logico che, come si rilevava sopra, la nomina del responsabile del procedimento, già ai sensi della legge 241/90 e della specifica figura del RUP (prevista nell’articolo 10 del codice dei contratti che richiama tra l’altro la stessa legge fondamentale sul procedimento amministrativo del 1990), ha anche una chiara valenza funzionale ed organizzativa nel senso che rende possibile – inutile nasconderlo – non solo un miglior presidio della responsabilità ma anche un più efficace controllo e finanche la stessa possibilità di valutare in modo più tempestivo lo svolgimento dell’attività e dei risultati raggiunti.
Pertanto, a sommesso parere, insiste uno spazio in cui la stazione appaltante, anche attraverso uno stesso intervento del responsabile anticorruzione – che negli enti locali è figura che coincide con il segretario comunale ([4]) -, può esigere che l’azione amministrativa venga comunque espletata attraverso la mediazione di responsabili di procedimento anche per ampliare la diversità di riferimenti e sviluppare competenze e conoscenze.
Come annotato, la figura del RUP viene in evidenza già in fase di programmazione delle acquisizioni.
A tal riguardo, come noto, l’articolo 10, comma 3 lettera a) prevede che il RUP formuli “ proposte e fornisce dati e informazioni al fine della predisposizione del programma triennale dei lavori pubblici e dei relativi aggiornamenti annuali, nonché al fine della predisposizione di ogni altro atto di programmazione di contratti pubblici di servizi e di forniture, e della predisposizione dell’avviso di preinformazione”-
Disposizione sostanzialmente analoga – ma con meno enfasi – viene riproposta anche nel terzo comma (lettera a)) dell’articolo 271 del regolamento attuativo del codice in tema di programmazione facoltativa delle acquisizioni di beni e servizi.
La circostanza che già la fase di programmazione sia interessata dall’intervento istruttorio/propositivo del responsabile unico del procedimento richiama l’esigenza di una sua previa e tempestiva nomina/individuazione.
Alla norma (contenuta nell’articolo 10 del codice dei contratti) che si esprime nel senso di una “nomina” del RUP si fa preferire,tutto sommato, l’impianto normativo generale stabilito nella legge 241/90.
In questo senso, l’articolo 5 della legge 241/90 evidenzia la possibilità del dirigente di assegnare (a sé o) ad altri dei procedimenti delle “pratiche” da espletare.
Ed è ciò che accade anche nel caso di nomina del RUP sia pure con l’assegnazione di un procedimento di tipo complesso.
4. La configurazione dell’attività del RUP
Come si è annotato già in relazione alle primissime norme richiamate – soprattutto nell’ambito della fase pubblicistica della gara – ogni intervento del responsabile unico del procedimento è di tipo propositivo e, destinatario di tale funzione/attività, nonostante il codice dei contratti la riferisca genericamente all’amministrazione aggiudicatrice, è in realtà un soggetto gestionale e non politico quale il dirigente/responsabile del servizio.
Il modello a cui occorre far riferimento per la configurazione dei compiti del responsabile unico del procedimento è, evidentemente, l’articolo 6 della legge 241/90 che declina a titolo meramente esemplificativo gli snodi e lo sviluppo dell’attività istruttoria del responsabile del procedimento in generale.
Come noto, la lettera e) del 1° comma – primo periodo – dell’articolo da ultimo citato della legge fondamentale sul procedimento amministrativo specifica che il responsabile del procedimento (e questo vale evidentemente anche per il RUP) “adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale, ovvero trasmette gli atti all’organo competente per l’adozione”.
La precisazione – che costituisce disposizione a pena di illegittimità (per incompetenza) degli atti adottati – è quella che opera e deve operare nel caso in cui il responsabile unico del procedimento, come nel caso in cui ci sofferma, non coincida con il dirigente/responsabile del servizio.
Nel procedimento contrattuale ed in particolare nella fase pubblicistica e quindi quella maggiormente presidiata dal diritto amministrativo e dalle regole sul procedimento, il RUP (se soggetto diverso dal dirigente responsabile del servizio) non può adottare provvedimenti amministrativi e/o atti decisori/definitivi finanche di sub fasi della procedura.
Nella fase civilistica dell’esecuzione del contratto, invece, come anticipato, alcune incombenze decisorie sono previste direttamente dalla legge (si pensi al caso delle penali di cui si è parlato sopra) ma, appunto, poggiano su un (più o meno) chiaro fondamento normativo.
5. Le singole fasi e la responsabilità
Già da una scolastica frammentazione della procedura di acquisizione emerge chiaramente il ruolo propositivo ed istruttorio del RUP.
Si pensi, come si è già detto, alla fase di programmazione delle acquisizioni tanto in quella obbligatoria per i lavori pubblici quanto in quella meramente facoltativa per beni e servizi.
La fase propositiva viene addirittura enfatizzata nel momento in cui lo stesso regolamento attuativo (artt. 9, per i lavori, e 272, per i servizi e per le fornitura) stabilisce che è il RUP che deve suggerire il procedimento di scelta dell’affidatario.
Non può essere revocato in dubbio che il momento topico, cruciale, del procedimento di acquisizione – oltre alla fase di programmazione – è proprio il momento in cui viene individuata la procedura di gara per individuare l’affidatario soprattutto per le differenze sostanziali, anche e soprattutto sotto il profilo della responsabilità, tra procedure ordinarie rispettose dei principi della concorrenza, massima partecipazione ed oggettività ma che richiedono una tempistica maggiore ed un procedimento derogatorio dell’ordinaria evidenza pubblica, eccezionale, che deve poggiare su solide ragioni giuridiche tali da giustificarne l’esperimento.
Anche in relazione a questo frangente, così come in relazione alla predisposizione dei vari atti tecnici della competizione, il RUP, se soggetto diverso dal dirigente responsabile del servizio, ha una funzione istruttoria e di proposizione con l’obbligo di trasmettere gli atti al soggetto che ha il potere gestionale di decidere impegnando l’amministrazione appaltante.
La circostanza che si tratti di attività istruttoria/preparatoria nell’ambito del procedimento non sminuisce le implicanze connesse alla responsabilità.
E’ chiaro che l’attività istruttoria impone poi una attenta attività in vigilando da parte del dirigente responsabile del servizio il quale ha un chiaro compito di verifica e di controllo degli atti proposti e, firmandoli (e pertanto dando valenza esterna e assicurando la produttività degli effetti) condivide le proposte e ne conferma la paternità ma è chiaro che, in caso di errore/illegittimità (e/o illiceità) degli atti suggeriti, una responsabilità grava anche sul soggetto istruttore.
In particolare, nel caso in cui gli atti siano illeciti è evidente che la responsabilità penale recide il rapporto tra dirigente/RUP.
Il problema caso mai è la misura della responsabilità in vigilando e quindi fino a che punto deve essere invasivo l‘obbligo di controllo da parte del dirigente responsabile del servizio. Mentre si può ritenere questi corresponsabile nel caso in cui certi vizi/errori nella procedura siano oggettivamente rilevabili e/o soggettivamente rilevabili per l’esperienza e la competenza del dirigente, ben diverso è il tenore della responsabilità nel caso in cui gli errori vengano mistificati o artatamente/dolosamente compiuti. Si pensi al caso in cui, a mero titolo esemplificativo, in seguito ad una indagine di mercato svolta sulle convenzioni Consip e/o sul mercato elettronico il RUP certifichi l’inesistenza del bene/servizio da acquisire per ottenere la commessa attraverso un procedimento “tradizionale” – magari con l’affidamento diretto – con beneficio (illecito) di uno specifico soggetto.
In questo caso, di chiara responsabilità penale, si tratta di capire se il punto ordinante (che chi scrive, assimila al dirigente/responsabile del servizio) debba essere talmente invasivo nell’attività di controllo da ripetere tutti i controlli e le indagini già espletate dal punto istruttore (il RUP) o se tale attività debba essere, al limite, espletata solamente nel caso in cui il primo rilevi anomalie evidenti e/o abbia sospetti fondati.
6. La configurazione dell’attività del RUP nella giurisprudenza
La configurazione – nell’ambito pubblicistico in particolare – come istruttoria dell’attività del RUP risulta oramai confermata anche in giurisprudenza in specie in relazione alla possibilità del RUP di far parte della commissione di gara nell’appalto da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
E’ proprio in relazione a tale fattispecie che si è definitivamente chiarito che il responsabile unico del procedimento – nell’ipotesi in cui dirigente e questi non coincidano – non ha competenze esecutorie/decisorie limitandosi a proporre gli atti di gara e quindi, il bando o la lettera di invito, eventuali schede tecniche, la modulistica da allegare ma, sopratutto, il capitolato d’appalto.
Proprio la circostanza ultima relativa al capitolato d’appalto, riguardo al quale il RUP riveste solo il compito di suggeritore/propositore, rende il soggetto in questione perfettamente compatibile a far parte dell’organo giudicatore dell’appalto a differenza di quanto, la stessa giurisprudenza ha sostenuto per anni ([5]).
In questo senso, oltre al Consiglio di Stato (sez. V, 23 marzo 2015, n. 1565) in tempi recentissimi il Tar Emilia Romagna Bologna sez. II, con sentenza del 13 luglio 2015 n. 675 in cui si è specificato che l’articolo 84 del codice dei contratti prevede l’incompatibilità, quale componente della commissione giudicatrice, soltanto di coloro che hanno svolto funzioni decisorie autonome nella predisposizione degli atti di gara e non può ritenersi sufficiente un mero ausilio tecnico o esecutivo nella predisposizione del capitolato in quanto in quest’ultima ipotesi non vi sarebbe alcun pericolo effettivo di effetti disfunzionali nella valutazione delle offerte.
Proprio questi riferimenti consentono di chiarire la latitudine della funzione del RUP anche nella fase iniziale del procedimento ovvero quella della redazione del bando di gara o della lettera di invito nei procedimenti informali (si pensi al caso delle acquisizioni in economia ed in specie nel cottimo fiduciario).
Gli atti in parola, con la scelta – suggerita – sul procedimento di acquisizione da utilizzare, le modalità tecniche operative (criteri di partecipazione e taratura dei requisiti, criteri di valutazione delle offerte e finanche le cause di esclusione) devono essere predisposte dal RUP e sottoposte al controllo e approvazione da parte del responsabile del servizio.
7. Le fasi salienti della procedura
Il momento decisorio/definitivo compete a quest’ultimo non foss’altro per la necessità – approvando la determinazione a contrattare predisposta dal RUP – di assumere la prenotazione di impegno di spesa che costituisce un atto puramente gestionale di esclusiva competenza del soggetto che può impegnare l’amministrazione verso l’esterno.
Inoltre, la stessa circostanza che sia il RUP a predisporre le clausole fondamentali ed essenziali nel procedimento, appunto dai requisiti di ammissione – e la forma di autodichiarazione – e le stesse ipotesi di esclusione lo rende il soggetto per ciò stesso maggiormente credibile e fisiologicamente deputato a svolgere tali controlli (sul possesso dei requisiti e sulla corretta dichiarazione) e nella predisposizione della relazione sulle estromissioni dalla competizione.
In questo senso, la necessità della relazione in argomento viene citata, da ultimo, in Consiglio di Stato, sez. V, con la pronuncia del 7 agosto 2015 n. 3884.
Tali compiti istruttori/propositivi nell’odierno sono aumentati a dismisura per l’introduzione di fattispecie innovative come il soccorso istruttorio integrativo o “a pagamento” previsto nel comma 2 – bis dell’articolo 38 del codice dei contratti come modificato dal d.l. 90/2014 convertito – con modifiche – dalla legge 114/2014.
Disposizione che impone – tra le innumerevoli incertezze solo scalfite dalla determinazione n. 1/2015 ed i bandi tipo redatti dall’ANAC – la previa individuazione delle irregolarità che pur essenziali possono essere “sanate” attraverso il pagamento di una sanzione pecuniaria specificatamente, nella misura, individuata nel bando di gara.
Nel caso di specie, a titolo esemplificativo, il procedimento di escussione dell’appaltatore- in cui si formula la “proposta” di soccorso istruttorio a pagamento – ben potrà essere condotta dal RUP.
Da notare, inoltre, che l’attività del RUP durante o ad avvio della gara può essere variamente adatta dal dirigente/responsabile del servizio soprattutto nell’appalto da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
In questa, il RUP – come visto – ben può far parte della commissione di gara ed in questo caso risulta sicuramente credibile (ed opportuno) che i controlli formali sui plichi e sulla documentazione prodotta possano essere svolti direttamente (oltre che dalla commissione) attraverso un incarico specifico al RUP il quale però, non avendo poteri gestionali di tipo decisorio, dovrà predisporre una specifica relazione al presidente della commissione di gara per l’adozione dei provvedimenti definitivi.
Nel seggio di gara monocratico, e quindi nella gara da aggiudicarsi al ribasso, il RUP ben potrà presidiare l’intera attività di gara ma anche in questo caso non potrà direttamente procedere alle eventuali esclusioni.
Altre competenze meramente istruttorie sono ravvisabili nel momento della nomina della commissione di gara – post scadenza del termine per presentare le domande di partecipazione alla gara -.
La commissione non viene nominata dal RUP. Questo è il soggetto tenuto a verificarne l’esigenza (soprattutto di soggetti esterni alla stazione appaltante), individuare le modalità di scelta dei commissari (ai sensi dell’articolo 84 del codice dei contratti) e a predisporre la proposta di determinazione, per il dirigente, per la nomina dell’organo valutatore delle offerte.
In questo senso, il Tar Lombardia, Brescia, sez. II, con la pronuncia del 10 aprile 2015 n. 514 ha respinto l’affermazione del censurante secondo cui la commissione avrebbe dovuto essere nominata dal RUP.
L’attività istruttoria è destinata poi ad esaltarsi in fase di verifica dell’ eventuale anomalia dell’offerta che, grazie al regolamento attuativo del codice degli appalti (art. 121) risulta definitivamente e chiaramente assegnata al responsabile unico del procedimento.
E’ proprio il procedimento in parola che consente di ribadire il ruolo di motore e dominus anche in questa sub – fase senza, però, alcun potere gestionale ma esclusivamente di tipo funzionale e propositivo.
Si pensi, in particolare, come da norma, alla circostanza che per la valutazione della potenziale anomalia il RUP può avvalersi di soggetti già incaricati per altre incombenze come la commissione giudicatrice già nominata – ed è da ritenersi anche dei commissari singolarmente considerati – oppure di soggetti/organi individuati all’uopo come una specifica commissione e/o i dipendenti della stessa stazione appaltante.
Mentre l’utilizzo della commissione giudicatrice (nominata per valutare le offerte) ed i dipendenti della stessa stazione appaltante potranno essere coinvolti attraverso semplici disposizioni organizzative direttamente adottate dal RUP, la commissione da nominarsi ad hoc (comma 1-bis dell’articolo 88 del codice dei contratti) verrà proposta da questi al dirigente/responsabile del servizio.
Pertanto, la nomina – quale atto gestionale – rimane di competenza del responsabile del servizio.
Rimangono di competenza del RUP evidentemente, oltre che i controlli sottesi all’eventuale acclaramento dell’anomalia anche gli stessi colloqui con gli appaltatori convocati attraverso propri atti.
Queste fasi ed in ogni caso gli atti endoprocedimentali possono essere già condivisi con il dirigente/responsabile del servizio. Circostanza condivisibile e preferibile piuttosto che rimettere al soggetto deputato al controllo solo (e direttamente) le risultanze finali di tale attività. Modus agendi – la modalità di conduzione del procedimento – che deve essere oggetto di previo chiarimento nel momento in cui si assegnano il procedimento e le varie incombenze.
E’ chiaro che una valutazione di tipo complessivo piuttosto che una condivisione – attraverso anche comunicazioni informali e/o semplicemente brevi report (informali) per evitare lungaggini e dispendio di tempo sullo stato d’avanzamento della procedura – in fieri agevola i compiti di entrambi gli attori del procedimento facilitando non solo la possibilità di controllo ma la stessa eventuale correzione di decisioni scorrette e/o sbagliate.
Allo stesso modo, sono riconducibili ai compiti del RUP i controlli ai sensi dell’articolo 48 del codice dei contratti, tanto quelli propedeutici ante ammissione alla gara quanto quelli sul primo e secondo classificato.
Anche in questo caso, comunque, mentre l’azione, inter procedimentale, è rimessa/o al responsabile unico, l’eventuale adozione di provvedimenti decisori – quali l’esclusione – sono riconducibili alla competenza del dirigente/responsabile del servizio al quale verrà debitamente relazionata (dal primo) la particolare situazione venutasi a creare.
Si tratterebbe poi di approfondire la differenza tra le comunicazioni tra appaltatori e RUP ed il caso in cui certi requisiti dichiarati non vengano comprovati dagli appaltatori escussi.
In questo caso, mentre il provvedimento di esclusione compete al dirigente previa relazione del RUP, l’escussione della cauzione provvisoria e le comunicazioni all’ANAC (ex AVCP) potranno essere adottate direttamente dal responsabile unico.
La fase dell’aggiudicazione definitiva – previo riscontro sulla regolare conduzione del procedimento e sulla sussistenza dei requisiti dichiarati – dovrà essere declinata in un specifica relazione al dirigente/responsabile del servizio al quale compete anche una valutazione – su cui ben si può esprimere lo stesso RUP – sulla eventuale non convenienza economica della proposta risultata aggiudicataria.
Su tale indefettibile prerogativa, in tempi recenti, il Tar Lombardia, Milano, sez. I, con la pronuncia del 23 luglio 2015 n. 1802.
8. Considerazioni operative
Le varie implicazioni e soprattutto le considerazioni sulla responsabilità tanto del dirigente quanto del RUP esigono probabilmente una maggiore attenzione nel momento in cui questo viene individuato.
Come visto in premessa, nel caso trattato dal giudice dell’erario, il dirigente nell’assegnare il procedimento si è esplicitamente soffermato, con l’atto di nomina, sulla questione delle penali (e, presumibilmente, anche su altri aspetti di competenza del responsabile unico) circostanza che ha convinto il giudice della responsabilità del RUP per le omissioni che hanno determinato danno erariale nei ritardi della conclusione dei lavori.
Per ciò stesso appare opportuno che nel momento in cui si attribuisce il procedimento amministrativo il dirigente/responsabile del servizio delinei il perimetro normativo ed alcune incombenze specifiche del RUP per evitare ambiguità di comportamento.
Ad esempio, uno degli aspetti – a sommesso avviso – di maggior rilievo attiene proprio alle implicazioni in vigilando e quindi ai compiti di controllo a cui è tenuto il responsabile del servizio.
Si pensi, in particolare a frangenti piuttosto delicati come le richieste di soccorso istruttorio (anche nella recente fattispecie ampliativa delle prerogative dell’appaltatore) ed in ogni caso a tutti quelli adempimenti che, se sbagliati, possono essere in grado di determinare dei danni per l’appaltatore. Tutti aspetti che prima di essere formalizzati in comunicazioni/provvedimenti necessitano una condivisione propedeutica tra il dirigente ed il RUP.
[1] Nel caso di specie, il dirigente nell’atto di nomina aveva espressamente richiamato una particolare attenzione di tema di penali da applicarsi in caso di comportamenti patologici dell’appaltatore.
[2] In questo senso il comma 3 dell’articolo 81 del codice dei contratti.
[3] Ai sensi dell’articolo 136 del codice dei contratti, comma 6, “(…) la stazione appaltante, su proposta del responsabile del procedimento, delibera la risoluzione del contratto”.
[4] In questo senso l’articolo 1, comma 7, della legge 190/2012.
[5] Sia consentito rinviare a quanto lo scrivente già evidenziava – in senso critico – con “L’orientamento giurisprudenziale che afferma l’incompatibilità del RUP a far parte della commissione di gara” in www.lexItalia.it in cui, nel contestare l’orientamento maggioritario che affermava sic et simpliciter l’incompatibilità del RUP a far parte della commissione di gara per il solo fatto di aver redatto gli atti di gara, si rileva la necessità “che detta rigidità andrebbe stemperata prevedendo la necessità che venga dimostrata l’esistenza di un comportamento patologico condizionato dalla concreta esistenza di un interesse personale e non semplicemente l’aver svolto compiti meramente istruttori. In questo senso si pone un indirizzo giurisprudenziale minoritario (TAR Toscana, sez. I, 24 marzo 2011, n. 522) ma, sotto il profilo pratico/operativo, maggiormente condivisibile”.