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Premessa

Il possesso, da parte degli operatori economici, delle qualità e delle capacità minime richieste nel bando di gara (e nella lex specialis in generale), è condizione necessaria per la partecipazione alle gare di pubblici appalti. Sono le Stazioni Appaltanti (di seguito le S.A.) che fissano all’uopo i requisiti ritenuti utili per poter garantire la corretta e regolare esecuzione dell’appalto (sia che trattasi di servizi, lavori o forniture), nel rispetto dei princìpi comunitari e del buon andamento della Pubblica Amministrazione.

L’esperienza comune ha messo in evidenza le enormi difficoltà interpretative ed applicative del dettato normativo. Punto di particolare criticità è rappresentato dall’applicazione dell’intento del Legislatore in ordine ai requisiti di capacità economica e finanziaria, sia con riferimento alla loro esatta individuazione, che con riferimento alle relative modalità di “dimostrazione”.     

Regola impone in questi casi di iniziare con la disamina del dato normativo: L’art. 41 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, rubricato “capacità economica e finanziaria dei fornitori e prestatori di servizio”, individua, al comma 1, gli strumenti a mezzo dei quali può essere fornita la prova della capacità finanziaria ed economica delle imprese concorrenti ad una gara pubblica di appalto di servizi e forniture, rimettendo alla discrezionalità delle amministrazioni appaltanti l’individuazione dei documenti ritenuti più idonei a tal fine; più precisamente, la dimostrazione della capacità economico-finanziaria può avvenire mediante richiesta di:

  1. dichiarazione di almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati ai sensi del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385;
  2. bilanci o estratti dei bilanci dell’impresa, ovvero dichiarazione sottoscritta in conformità alle disposizioni del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445;
  3. dichiarazione, sottoscritta in conformità alle disposizioni del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, concernente, il fatturato globale d’impresa e l’importo relativo ai servizi o forniture nel settore oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre esercizi.

Come si evince dalla lettura del primo comma dell’articolo in oggetto, il Legislatore del 2006  ha inteso attribuire alle S.A. la facoltà di scegliere se chiedere uno o tutti i documenti ivi previsti, stabilendo che la dimostrazione della capacità economica e finanziaria possa essere fornita mediante uno o più dei documenti costituiti rispettivamente dalle idonee dichiarazioni bancarie (comma 1, lett. a), dai bilanci o estratti dei bilanci dell’impresa (comma 1, lett. b), ovvero dalla dichiarazione concernente il fatturato globale di impresa e l’importo relativo ai servizi e forniture oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre anni (comma 1, lett. c).

Le S.A. definiscono, pertanto, preventivamente, i requisiti da richiedere, parametrandoli al fabbisogno da soddisfare ed all’oggetto dell’affidamento. In questa operazione possono essere introdotte nella lex specialis disposizioni che potrebbero limitare la partecipazione dei concorrenti; tale modus operandi è comunque condiviso da un’orientamento giurisprudenziale ormai noto secondo cui la S.A. gode di ampia discrezionalità nel fissare i requisiti di partecipazione ad una determinata gara, in modo più rigoroso ed anche in numero superiore a quelli previsti dalla legge (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 17 maggio 2005 n. 2465, 5 settembre 2008 n. 4283; Sez. IV, 6 ottobre 2003, n. 5823; Sez. VI, 10 ottobre 2002, n. 5442), purché le scelte fatte non siano irragionevoli e eccessivamente limitative della concorrenza (Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 luglio 2008 n. 3665).

Pertanto, tale potere discrezionale in nessun caso dovrà tradursi in una indebita limitazione dell’accesso delle imprese interessate presenti sul mercato.

Le c.d. referenze bancarie

Tra i requisiti che il bando può richiedere vi sono le dichiarazioni bancarie. In base alla normativa vigente, la dichiarazione prescritta dall’art. 41 deve provenire da almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati ex D. Lgs. 1 settembre 1993 n. 385; tale dichiarazione assolve alla funzione di garantire che l’impresa concorrente sia affidabile sotto il profilo economico e creditizio, ovvero di attestare in generale il corretto rapporto che il concorrente intrattiene col sistema bancario. Tralasciando ogni considerazione circa il significato della “idonea” referenza bancaria, si ritiene utile in questa sede affrontare le problematiche connesse alla loro presentazione, ovvero di come la giurisprudenza interpreta il dettato normativo in ordine alla presentazione della duplice dichiarazione. Nulla quaestio sull’obbligo posto in capo al singolo operatore economico di produrre, in sede di presentazione dell’offerta, la “dichiarazione bancaria” proveniente da almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati come per legge. Più problematica si presenta, invece, l’interpretazione, e soprattutto l’applicazione della norma, nelle ipotesi di partecipazione di associazioni o raggruppamenti temporanei di imprese, soprattutto se costituende/i.

Sul punto si analizzano alcune pronunce. Secondo una deliberazione dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture (17 gennaio 2007, n. 3), in assenza di espressa disposizione del disciplinare di gara, la presentazione da parte del solo mandatario delle referenze bancarie assolve all’onere di dimostrazione del requisito, tenuto conto che il raggruppamento si qualifica dimostrando cumulativamente il possesso dei requisiti richiesti per il singolo partecipante.

Tale pronuncia, ancorché proveniente dall’Autorità di Vigilanza, appare discorde dall’interpretazione della giurisprudenza di alcuni T.A.R.: “…..la ragione per la quale nei bandi vengono richieste due referenze è che in tal modo la dichiarazione di una banca trova riscontro in quella di un’altra……Nel caso in esame, la stazione appaltante si è trovata a disporre di un’unica dichiarazione per ciascuna partecipante all’ATI. In conseguenza, è venuta meno la possibilità di disporre di quell’elemento di riscontro a cui si è fatto cenno in precedenza…”. (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 18/7/2006 n. 863). Come si può agevolmente intuire, l’esigenza della doppia referenza in capo a ciascun operatore economico (sia esso in forma individuale che in forma associata) rinviene dalla necessità di effettuare quel riscontro minimo attraverso il quale verificare l’affidabilità e la solidità economica del concorrente. Dello stesso parere i giudici amministrativi piemontesi che con una pronuncia del 2008 (Sentenza n. 603 del 8 aprile 2008), hanno sostanzialmente confermato il precedente orientamento, intendendo esteso l’onere della presentazione delle due referenze bancarie a tutte le imprese del costituendo raggruppamento temporaneo, elaborando all’uopo il principio secondo cui “la funzione della (almeno) duplice referenza consiste nel fatto che il legislatore vuole rafforzare la garanzia offerta alla stazione appaltante circa l’affidabilità sotto il profilo economico e creditizio dell’impresa, facendo in modo che l’una referenza trovi conferma nell’altra: ciò non può avvenire ove ciascuna impresa dell’ATI costituenda presenti un’unica referenza, posto che i soggetti imprenditoriali partecipanti sotto questa forma rimangono distinti in tutta la fase di svolgimento della procedura di gara, anche se assumono l’impegno di eseguire insieme l’appalto e di mettere insieme le proprie forze nella fase di realizzazione. Tuttavia la loro credibilità sotto il profilo economico-finanziario deve essere singolarmente dimostrata attraverso la presentazione di (almeno) due referenze”.

Bilancio e fatturati

Gli ulteriori aspetti relativi alla dimostrazione della capacità economica dei prestatori di servizi e forniture, attengono alla presentazione dei bilanci (o estratti degli stessi), ovvero alla dichiarazione dei fatturati di impresa.

Il bilancio rappresenta un efficace strumento per testare la reale situazione patrimoniale dell’azienda, per verificare, in pratica, il rapporto di indebitamento e la ripartizione dei costi e dei proventi.

La S.A. può decidere, discrezionalmente, di avvalersi del bilancio, o relativo estratto, utilizzandolo come termometro per misurare la situazione patrimoniale del concorrente, oppure puntare sulle dichiarazioni concernenti il fatturato globale ed il fatturato “specifico”. Il fatturato globale d’impresa rappresenta la capacità complessiva di produttività dell’impresa, mentre il fatturato specifico denota la capacità realizzativa dell’impresa nello specifico settore oggetto del servizio o fornitura da appaltare. Come già evidenziato in premessa, il Legislatore del 2006 ha inteso concedere all’Amministrazione Pubblica – Stazione Appaltante, la facoltà – anche – di poter scegliere tra il richiedere il fatturato globale e/o il fatturato specifico per testare la capacità economica del concorrente.

Anche in questo caso, il significato pratico della norma, ad ogni modo, non è di immediata percezione, sicché la giurisprudenza amministrativa ha già avuto comunque modo di pronunciarsi in proposito in diverse occasioni.

Una sentenza del Consiglio di Stato, peraltro abbastanza recente, chiarisce il contenuto della norma racchiusa nell’art. 41, comma 1, lett. c del D. Lgs. 163/2006.

La Sezione è dell’avviso che, “quantunque la formulazione letterale della lettera c) possa astrattamente ingenerare equivoci, potendo essere interpretata nel senso che la dichiarazione ivi prevista debba contenere sia il fatturato globale dell’impresa concorrente sia l’importo relativo ai servizi o forniture oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre anni, è sufficiente ai fini della legittimità del bando che l’amministrazione chiede la dichiarazione anche di uno solo di tali dati”; precisando, altresì, quantunque la formulazione della lettera c) dell’art. 41 del Codice dei Contratti possa essere interpretata nel senso che la dichiarazione ivi prevista debba contenere sia il fatturato globale dell’impresa concorrente sia l’importo relativo ai servizi o forniture oggetto della gara, realizzati negli ultimi tre anni, che sia sufficiente ai fini della legittimità del bando che l’amministrazione possa richiedere la dichiarazione anche di uno solo di tali dati. Sul punto, il Collegio ha tenuto a precisare che “la disposizione contenuta nell’articolo 41 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, consente all’amministrazione appaltante di inserire nel bando di gara la richiesta della prova della capacità economica e finanziaria attraverso una dichiarazione che riguardi sia il fatturato globale, sia il fatturato del settore oggetto dell’appalto, ma solo la dichiarazione del primo dato è indispensabile (nell’ambito della scelta discrezionale dei documenti ritenuti più opportuni al fine della prova del requisito in esame) ai fini della legittimità del bando, laddove la richiesta del secondo dato è rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione, il cui concreto esercizio, com’è noto, sfugge al sindacato di legittimità allorquando non risulti essere manifestamente illogica, arbitraria, irragionevole o irrazionale (profili questi che non sussistono nel caso di specie e che, anzi, non sono stati neppure evidenziati)”. (Consiglio di Stato, Sez. V,  23/2/2010 n. 1040).

Sotto altro profilo, di particolare rilievo il periodo di riferimento utile a dimostrare la capacità economica.

La norma in proposito parla chiaro: l’arco temporale di riferimento è rappresentato dagli “ultimi tre esercizi” (finanziari), da non confondere dagli “ultimi tre anni” (arco temporale richiesto, invece, ai fini della dimostrazione della capacità tecnico-professionale degli operatori economici – art. 42, D. Lgs. 163/2006). Infatti, non di rado ci si imbatte in bandi di gara nei quali si appalesa una certa confusione proprio sull’interpretazione del dato normativo in oggetto; l’unità di misura temporale di riferimento ai fini della produzione di bilanci e “fatturati” deve essere rappresentata dall’esercizio finanziario, mentre, per gli altri requisiti di cui al precitato art. 42, dall’anno solare. Sul punto è intervenuto il Consiglio di Stato (Sez. IV^, 25 novembre 2008, Sent. n. 5808/2008). Il discorso giuridico dei giudici investiti della questione fa perno sul significato del termine “fatturato”; quest’ultimo richiama un dato contabile e finanziario, piuttosto che meramente storico; il “fatturato” individua non il complesso degli affari svolti in un determinato arco di tempo, ma quello ricompreso in un determinato esercizio finanziario, e pertanto può essere determinato unicamente con riferimento ai bilanci di esercizio (che, come noto, costituiscono il riferimento temporale convenzionale in materia contabile e finanziaria), sicché si deve ritenere che l’unico modo attraverso il quale la stazione appaltante possa collegare ad un riferimento certo l’individuazione di un dato, quale quello richiesto ai concorrenti, sia quello di richiamarsi ai bilanci di esercizio, unici documenti contabili che consentano di ricostruire il “fatturato” in maniera non arbitraria od opinabile.

Il comma 3 e la norma di soccorso

“Se il concorrente non è in grado, per giustificati motivi, ivi compreso quello concernente la costituzione o l’inizio dell’attività da meno di tre anni, di presentare le referenze richieste, può provare la propria capacità economica e finanziaria mediante qualsiasi altro documento considerato idoneo dalla stazione appaltante”. Questo è il contenuto del comma 3 dell’art. 41 del Codice dei Contratti. Con questa norma il legislatore, al fine di incrementare la platea dei partecipanti, in ossequio al principio comunitario del favor partecipationis, muove in soccorso degli operatori economici che, risultando di recente costituzione, non siano in grado di presentare la documentazione richiesta dalla stazione appaltante, consentendo alla medesima amministrazione di richiedere altri documenti da valutarsi a discrezione della stazione appaltante stessa.

La disposizione appena richiamata comporta, da una parte, l’onere del concorrente, impossibilitato a presentare i requisiti richiesti dal bando, di indicare i «giustificati motivi» dell’impedimento e allegare «qualsiasi altro documento» idoneo a dimostrare la propria capacità finanziaria; dall’altra, l’obbligo della S.A. di valutare l’idoneità della documentazione «alternativa» presentata a dimostrare la capacità del concorrente. Pertanto, l’Amministrazione gode di ampia discrezionalità sulla valutazione circa l’idoneità dei documenti ai fini partecipativi.

A questo punto è lecito domandarsi quale sia il limite alla discrezionalità della Pubblica Amministrazione e fino a che punto siano legittime le clausole di bandi di gara che, dopo aver indicato e definito taluni requisiti di partecipazione, dispongano che il concorrente privo dei predetti requisiti possa provare con altri documenti la propria capacità economica e finanziaria.

Come al solito la risposta ci viene fornita dalla giurisprudenza; si tratta di una sentenza “illuminante” pronunciata dal Consiglio di Stato (Sez. V, 25/02/2009 n. 1132).

I giudici di Palazzo Spada elaborano in proposito un concetto di “requisito”, tendente a puntualizzare alcuni aspetti ad esso legati: Deve intendersi tale “la qualità, lo stato, la relazione, il modo di essere di un soggetto o di una cosa….come prescritti da una disposizione che, dalla presenza di tali elementi nella loro coerente integralità, ne faccia discendere conseguenze di solito legittimanti, per il soggetto che li possegga, ad un agere licere” – “i requisiti, di solito, si iscrivono in fattispecie caratterizzate da una assoluta unidiscrezionalità ed esclusività, deducibile dall’alternativa secca tra il possesso e la carenza del requisito stesso: o si ha l’età per partecipare a un pubblico concorso o non la si ha e, conseguentemente, non si possiede lo specifico requisito”.

Ed ancora, nel merito:

“Non può predicarsi l’equivalenza delle diverse modalità con le quali è possibile dimostrare le referenze economico-finanziarie, a’ sensi dell` articolo 41 d. lgs n. 163 del 2006, tutte le volte che, per una precisa scelta della stazione appaltante, una forma di referenza appaia la più coerente ai fini peculiarmente presi in considerazione dal contratto e divenga, a questa stregua, requisito specifico in relazione alla peculiarità del contratto con l’Amministrazione pubblica. Le ragioni di ciò sono di palmare evidenza: un’impresa può vantare una eccellente situazione economico-finanziaria, ma non aver mai fatturato alcunché nello specifico settore di costruzioni, forniture o servizi per i quali è bandita la gara, così che la referenza, svuotata del suo collegamento intrinseco con le finalità perseguite con il contratto, finisce per perdere la propria intrinseca rilevanza. Si vuol cioè significare che la previsione di un importante fatturato in materia di forniture sanitarie (quale previsto nella vicenda in esame) costituisce obiettivamente un requisito di elevata specialità rispetto al quale non è possibile individuare succedanei, senza tradire la finalità coerente all’organica previsione della lex specialis. Ciò è, d’altro canto, espressamente ricavabile dall’articolo 41 del codice dei contratti pubblici, che, al primo comma, prevede la possibilità di individuazione di “uno o più” documenti e, nel successivo capoverso, chiarisce come l’Amministrazione debba precisare (verbo non dissimile da specificare) quali requisiti debbano esse posseduti dai concorrenti. Se l’individuazione del fatturato è conseguenza di una specificazione ad opera dell’Amministrazione, non si vede come il requisito così previsto possa essere commutato con una referenza obiettivamente diversa (e preordinata, è bene soggiungere, a dimostrare un requisito non coincidente o quanto meno parzialmente neutrale rispetto alla finalità esplicitamente perseguita con la procedura ad evidenza pubblica). E’ agevole, pertanto, rilevare come la previsione del terzo comma dell’articolo 41 non possa essere interpretata quale clausola generale di commutazione dei requisiti, tutte le volte che un soggetto non li possegga: ciò equivarrebbe a una legittimazione obliquo modo consentita dalla disposizione così da completare la prova delle referenze attingendo ad altre specie di documenti. La formula normativa intende semplicemente consentire che chi vanti il possesso dei requisiti ai sensi della specifica previsione di gara (ad esempio: un determinato fatturato nel triennio), ma non sia in grado di dimostrarli con i documenti indicati nella lex specialis della gara possa essere facultato, ove sussistano giustificati motivi, a produrre una documentazione alternativa”.

Riassuntini da aggiungere:

la funzione della (almeno) duplice referenza consiste nel fatto che il legislatore vuole rafforzare la garanzia offerta alla stazione appaltante circa l’affidabilità sotto il profilo economico e creditizio dell’impresa, facendo in modo che l’una referenza trovi conferma nell’altra…”

Deve intendersi per requisito “la qualità, lo stato, la relazione, il modo di essere di un soggetto o di una cosa….come prescritti da una disposizione che, dalla presenza di tali elementi nella loro coerente integralità, ne faccia discendere conseguenze di solito legittimanti, per il soggetto che li possegga, ad un agere licere” – “i requisiti, di solito, si iscrivono in fattispecie caratterizzate da una assoluta unidiscrezionalità ed esclusività, deducibile dall’alternativa secca tra il possesso e la carenza del requisito stesso: o si ha l’età per partecipare a un pubblico concorso o non la si ha e, conseguentemente, non si possiede lo specifico requisito”.

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Giuseppe Morolla
Avvocato esperto in materia di appalti pubblici
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