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Con l’emanazione del Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (di seguito “Nuovo Codice”), il sistema delle “varianti” nel nostro ordinamento ha subito profonde modifiche in ragione dell’introduzione di una disciplina di derivazione europea dedicata alle modifiche apportate alle originarie previsioni contrattuali.
Le Direttive Europee 2014/24/UE (sugli appalti pubblici) e 2014/25/UE (sulle procedure d’appalto nei settori speciali), recepite nel Nuovo Codice Appalti, hanno infatti fatto proprio l’orientamento maggioritario della Corte di Giustizia[1] formatasi negli ultimi anni in ordine al regime di ammissibilità delle “varianti” del contratto prima non disciplinato: la previgente normativa europea sugli appalti era, infatti, finalizzata a disciplinare la fase dell’aggiudicazione, così come confermato anche nel titolo della Direttiva 2004/18/CE (relativa “al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi”).
Conformemente all’art. 72 della Direttiva n. 2014/24/UE e all’art. 89 della Direttiva n. 2014/25/UE, la disciplina delle varianti è oggi considerata nel Nuovo Codice nell’ambito delle “modifiche di contratti durante il periodo di validità”.
L’entrata in vigore del Nuovo Codice ha apportato profonde modifiche al sistema delle “varianti”
È l’art. 106 del Nuovo Codice la disposizione chereca la disciplina delle modifiche (oggettive e soggettive) del contratto in corso di esecuzione, sia per i settori ordinari che per i settori speciali, in attuazione dei principi e criteri direttivi dettati dalla legge 28 gennaio 2016 n. 11 (delega al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, di seguito “Legge Delega”).
In particolare, occorre considerare l’art. 1 lettera ee) della Legge Delega il quale dispone l’ «introduzione di misure volte a contenere il ricorso a variazioni progettuali in corso d’opera, distinguendo in modo dettagliato tra variazioni sostanziali e non sostanziali, in particolare nella fase esecutiva e con specifico riferimento agli insediamenti produttivi strategici e alle infrastrutture strategiche private di preminente interesse nazionale di cui al comma 1 dell’articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni; previsione che ogni variazione in corso d’opera debba essere adeguatamente motivata e giustificata unicamente da condizioni impreviste e imprevedibili e, comunque, sia debitamente autorizzata dal responsabile unico del procedimento, con particolare riguardo all’effetto sostitutivo dell’approvazione della variazione rispetto a tutte le autorizzazioni e gli atti di assenso comunque denominati e assicurando sempre la possibilità, per l’amministrazione committente, di procedere alla risoluzione del contratto quando le variazioni superino determinate soglie rispetto all’importo originario, garantendo al contempo la qualità progettuale e la responsabilità del progettista in caso di errori di progettazione e prevedendo, altresì, l’applicazione di uno specifico regime sanzionatorio in capo alle stazioni appaltanti per la mancata o tardiva comunicazione all’ANAC delle variazioni in corso d’opera per gli appalti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria».
In sintesi, dunque, in base ai principi e criteri direttivi della Legge Delega, il Nuovo Codice contiene:
(i) misure per limitare il ricorso alle varianti progettuali in corso d’opera;
(ii) la distinzione tra variazioni sostanziali e non sostanziali;
(iii) la necessaria preventiva approvazione da parte del responsabile del procedimento (“RUP”);
(iv) la facoltà della stazione appaltante di risolvere il contratto quando siano superate determinate soglie rispetto all’importo originario;
(v) la necessità di assicurare la qualità della progettazione, con la connessa responsabilità del progettista per errori progettuali;
(vi) l’obbligo delle stazioni appaltanti di comunicare all’ANAC l’approvazione di varianti, con la conseguente applicazione di sanzioni in caso di tardiva o mancata ottemperanza al medesimo obbligo.
Si rileva, in via preliminare, che le disposizioni del Nuovo Codice, si applicano agli affidamenti i cui bandi o avvisi sono stati pubblicati a decorrere dal 20 aprile 2016 (cfr. da ultimo il Comunicato del Presidente ANAC dell’11 maggio 2016).
La previgente disciplina sulle varianti prevista dal D.Lgs. 163/2006 e dal D.P.R. 207/2010 continua, invece, a trovare applicazione solo agli affidamenti aggiudicati prima dell’entrata in vigore del Nuovo Codice, così come a quelli i cui bandi o avvisi sono stati pubblicati entro il 19 aprile 2016, con una delle forme di pubblicità obbligatorie già previste dal D.Lgs. 163/2006 (Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana o, laddove previsto, dell’albo pretorio o del profilo del committente).
L’art. 106 del Nuovo Codice (rubricato “Modifica di contratti durante il periodo di efficacia”), disposizione unica che aggrega fattispecie diverse in precedenza da più disposizioni, contiene la disciplina della modifica dei contratti ancora in corso di esecuzione, senza il ricorso a una nuova procedura di gara per il relativo affidamento. È il comma 1 dell’art. 106 a definire l’ambito oggettivo di applicazione della disciplina ivi contenuta ovvero i «contratti di appalto in corso di validità».
Si rileva che nell’art. 106 del Nuovo Codice manca il riferimento ai soggetti competenti ad introdurre modifiche ai contratti in corso di validità, riferimenti che debbono quindi essere tratti dai principi generali ovvero da altri articoli del Nuovo Codice. In linea generale, anche nella nuova disciplina i soggetti competenti ad introdurre le varianti sono gli stessi che intervengono al momento della stipula del contratto. Peraltro, per le varianti nei lavori, assume rilievo preminente la figura del RUP: l’art. 1 lettera ee) della Legge Delega prevede, infatti, un effetto sostitutivo dell’approvazione della variante da parte del RUP rispetto a tutte le autorizzazioni e agli atti di assenso. Ed ancora, ai sensi dell’art. 101, comma 1 del Nuovo Codice l’esecuzione dei contratti è diretta dal RUP e come ai sensi del comma 8 dell’art. 106 il RUP, in caso di mancata comunicazione all’ANAC di modificazione al contratto, sia assoggettato a sanzioni pecuniarie per ogni giorno di ritardo.
L’art. 106 del Nuovo Codice contiene alcune disposizione innovative rispetto alla previgente normativa: talune derivano direttamente dal recepimento delle direttive comunitarie, altre dalle ulteriori previsioni della Legge Delega
2. Le modifiche ai contratti ammissibili ai sensi dell’art. 106 del Nuovo Codice
In attuazione dei richiamati principi e criteri direttivi della Legge Delega e in recepimento delle direttive comunitarie, l’art. 106 del Nuovo Codice individua le ipotesi ed i limiti entro cui si può procedere alla modifica (oggettiva o soggettiva) in corso di esecuzione di un contratto, senza dover risolvere lo stesso ed esperire una nuova procedura di gara. Coerentemente con quanto disponeva l’art. 132 del D.Lgs. n. 163/2006, con l’art. 106 del Nuovo Codice sono individuate in termini di eccezionalità e tassatività le modifiche al contratto durante il periodo di efficacia da ritenersi ammissibili, come autorizzate dal RUP con le modalità previste dall’ordinamento della stazione appaltante.
L’art. 106 del Nuovo Codice individua in termini di eccezionalità e tassatività le modifiche al contratto ammissibili durante il periodo di efficacia.
In particolare:
1) modifiche (a prescindere dal loro importo) già previste nei documenti di gara in clausole chiare, precise e inequivocabili, in maniera tale da essere conoscibili da parte di tutti i concorrenti nel rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento (art. 106 comma 1, lettera a).
Ciò avviene, come previsto dalla norma stessa e superando il divieto di cui all’art. 133 comma 2 del D.Lgs n. 163/2006, per le clausole di revisione prezzi, che negli appalti di lavori è ammissibile (in aumento o diminuzione) per variazioni superiori al 10% rispetto ai prezzari adottati per la stima; in tal caso, la revisione è consentita in misura pari alla metà di tale eccedenza.
La norma prescrive che «Per i contratti relativi ai lavori, le variazioni di prezzo in aumento o in diminuzione possono essere valutate, sulla base dei prezzari di cui all’articolo 23, comma 7, solo per l’eccedenza rispetto al dieci per cento rispetto al prezzo originario e comunque in misura pari alla metà»: si evidenzia, tuttavia, come non sia sufficientemente chiaro a cosa si riferisca la “metà”, se al prezzo originario o al valore eccedente il 10%.
Viene specificato inoltre che «Per i contratti relativi a servizi o forniture stipulati dai soggetti aggregatori restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 511, della legge 28 dicembre 2015, n. 208».
La norma, tuttavia, lascia intendere che, al di là di clausole che abbiano ad oggetto la revisione prezzi («… se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi …»), sono ammissibili anche altre clausole modificative del contratto. La norma, tuttavia, non chiarisce quale possa essere il loro contenuto. A tal fine si segnala l’art. 72 della Direttiva n. 2014/24/UE il quale prevede che sono ammesse le modifiche contrattuali, a prescindere dal loro valore monetario, se «sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi, o opzioni». Dunque, in via interpretativa, è possibile ritenere che le clausole modificative del contratto possono avere ad oggetto sia la “revisione prezzi” sia le “opzioni” delle quali sarà la stazione appaltante a decidere se avvalersene in fase di esecuzione del contratto. A tale riguardo, l’art. 106 comma 11 disciplina una particolare ipotesi di opzione, ovvero la “proroga” del contratto. Testualmente «11. La durata del contratto può essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga. La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente. In tal caso il contraente è tenuto all’esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante».
Oltre ai limiti di prezzo, resta fermo il limite costituito dalla natura generale del contratto, che non può comunque essere alterata per effetto delle modifiche in esame;
2) lavori, servizi o forniture supplementari che si rendano necessari in corso di esecuzione e che non erano previsti nell’oggetto dell’appalto iniziale (art. 106 comma 1, lettera b). Si può procedere ad affidamento al contraente originario quando il cambiamento di contraente non sia possibile a causa di motivi economici o tecnici (per la necessità di rispettare i requisiti di intercambiabilità o interoperabilità tra apparecchiature, servizi o impianti esistenti fomiti nell’ambito dell’appalto iniziale) e comporti, altresì, per la stazione appaltante notevoli disguidi o un consistente aumento di costi.
Per i settori ordinari sussiste anche un limite di importo: la modifica dovuta all’affidamento di lavori, servizi o forniture supplementari non può superare il 50% dell’importo originario del contratto (art. 106, comma 7 del Nuovo Codice).
La norma testualmente dispone che «Nei casi di cui al comma 1, lettere b) e c), per i settori ordinari il contratto può essere modificato se l’eventuale aumento di prezzo non eccede il 50 per cento del valore del contratto iniziale. In caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non sono intese ad aggirare il presente codice»
Anche in questo caso si rileva come non sia stato sufficientemente chiarito come debba essere interpretata la previsione secondo cui «tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica». A riguardo sono state già avanzate delle interpretazioni dottrinarie – a cui pare possibile aderire – secondo cui il predetto limite sia da intendersi “elastico” in quanto il detto limite del 50% debba applicarsi al valore determinato da ciascuna modifica[2].
Come detto, il limite del 50 % trova applicazione solo nei settori “ordinari”, lasciando intendere che per i “settori speciali” non vi è alcun limite. Si evidenzia, tuttavia, che l’art. 108 del Nuovo Codice (che si applica anche ai “settori speciali”) prevede «1. Fatto salvo quanto previsto ai commi 1, 2 e 4, dell’articolo 107, le stazioni appaltanti possono risolvere un contratto pubblico durante il periodo di sua efficacia, se una o più delle seguenti condizioni sono soddisfatte:
a) il contratto ha subito una modifica sostanziale che avrebbe richiesto una nuova procedura di appalto ai sensi dell’articolo 106;
b) con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 106, comma 1, lettere b) e c) sono state superate le soglie di cui al comma 7 del predetto articolo; con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 106, comma 1, lettera e) del predetto articolo, sono state superate eventuali soglie stabilite dalle amministrazioni aggiudicatrici o dagli enti aggiudicatori; con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 106, comma 2, sono state superate le soglie di cui al medesimo comma 2, lettere a) e b)».
Con riferimento a questa tipologia di varianti si precisa che si tratta di lavori, servizi e forniture che il Nuovo Codice si limita a definire come “supplementari”, senza chiarire la nozione di tale supplementarietà. Inoltre non è chiaro cosa si intenda né per impraticabilità economica, né per impraticabilità tecnica idonei a giustificarne il ricorso.
La medesima fattispecie era disciplinata dall’art. 57 del D.Lgs. n. 163/2006 che nell’ambito della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, prevedeva
- (comma 3) per le forniture, la possibilità di ricorrere a consegne complementari effettuate dal fornitore originario, solo se esse fossero state destinate al rinnovo parziale di forniture ed impianti di uso corrente o all’ampliamento di forniture ed impianti esistenti qualora il cambiamento di fornitore avrebbe obbligato la stazione appaltante ad acquistare materiali con caratteristiche tecniche differenti, il cui impiego o la cui manutenzione avrebbero comportato incompatibilità o difficoltà tecniche sproporzionate;
- (comma 5) per i lavori o i servizi, la possibilità di ricorrere a lavori o servizi complementari, non compresi nel progetto iniziale né nel contratto iniziale, che, a seguito di una circostanza imprevista, erano divenuti necessari all’esecuzione dell’opera o del servizio oggetto del progetto o del contratto iniziale, purché aggiudicati all’operatore economico che presta tale servizio o esegue tale opera, nel rispetto delle seguenti condizioni: «a.1) tali lavori o servizi complementari non possono essere separati, sotto il profilo tecnico o economico, dal contratto iniziale, senza recare gravi inconvenienti alla stazione appaltante, ovvero pur essendo separabili dall’esecuzione del contratto iniziale, sono strettamente necessari al suo perfezionamento; a.2) il valore complessivo stimato dei contratti aggiudicati per lavori o servizi complementari non supera il cinquanta per cento dell’importo del contratto iniziale».
A differenza che nel D.Lgs. n. 163/2006, nel Nuovo Codice si tratta di lavori, servizi o forniture supplementari anziché complementari.
Con riferimento alla definizione di “lavori supplementari” l’AVCP (ora ANAC) con deliberazione del 23 febbraio 2011 n. 26 ha precisato che si trattava di opere «che da un punto di vista tecnico-costruttivo rappresentino un’integrazione dell’opera principale, saldandosi inscindibilmente con essa, giustificavano l’affidamento e la relativa responsabilità costruttiva ad un unico esecutore».
Si auspica, dunque, un intervento interpretativo dell’ANAC anche con riferimento alla definizione di lavori supplementari oltrechè (i) alla nozione “notevoli disguidi” che, data la sua genericità, appare eccessivamente esposta ad interpretazioni varie, anche in ragione del fatto che non è chiaro se tale nozione si riferisca a disagi relativi all’esecuzione delle prestazioni, a disagi della stazione appaltante o a disagi della collettività di utenti (ii) alla dizione “notevole duplicazione dei costi” di cui non è precisato se si riferisca ad un incremento oggettivo, consistente in un aumento notevole o in una letterale duplicazione, oppure un incremento soggettivamente valutabile dalla stazione appaltante;
3) varianti in corso d’opera determinate da circostanze sopravvenute impreviste e imprevedibili per la stazione appaltante, costituite ad esempio da sopravvenute disposizioni di legge, regolamento ovvero di provvedimenti dell’autorità (art. 106, comma 1, lettera c).
L’art. 132 del D.Lgs. n. 163/2006 – oggi abrogato – si occupava delle varianti progettuali con una disciplina che enumerava i motivi per cui le varianti in corso d’opera fossero ammissibili (così come nell’art. 106 del Nuovo Codice Appalti), ma includendo anche: a) intervenuta possibilità di utilizzare materiali, componenti e tecnologie non esistenti al momento della progettazione e che possono determinare – senza aumento di costo – significativi miglioramenti qualitativi dell’opera, senza alterare l’impostazione progettuale; b) verificarsi eventi inerenti alla natura e alla specificità dei beni o dei luoghi o rinvenimenti imprevisti o imprevedibili; c) onerosità o difficoltà nell’esecuzione; d) bonifica e/o messa in sicurezza di siti contaminati.
Nel caso di concessioni la modifica è ammessa solo quando le circostanze sopravvenute abbiano il carattere dell’imprevedibilità per la stazione appaltante (art. 175 del Nuovo Codice), non anche quando siano impreviste.
Anche per le varianti in corso d’opera resta fermo il limite costituito dalla natura generale del contratto, che non può comunque essere alterata per effetto delle modifiche in esame, nonché – per quanto riguarda i settori ordinari – l’ulteriore limite quantitativo rappresentato dal 50% dell’importo originario del contratto (art. 106, comma 7 del Nuovo Codice), che non può essere superato. A tale riguardo si rimanda alle osservazioni formulate sopra con riferimento al punto 2 (lavori, servizi o forniture supplementari).
4) modifiche sotto il profilo soggettivo (art. 106 comma 1, lettera d), con la sostituzione del contraente originario nei seguenti casi:
a) quando ciò sia previsto sin dall’inizio in clausole (chiare, precise e inequivocabili) contenute nei documenti di gara;
b) la sostituzione sia dovuta ad operazioni societarie (fusioni, scissioni, cessioni etc.), ovvero a causa di morte o ad insolvenza o sia disposta per contratto. Ricorrendo tali situazioni, il contraente originario è sostituito da un altro operatore economico, in possesso dei requisiti inizialmente stabiliti, purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e la modifica soggettiva non sia finalizzata ad eludere l’applicazione del Nuovo Codice (si rileva un difetto di coordinamento della disposizione in esame con l’art. 48, ult. comma del Nuovo Codice, che ammette il recesso di una o più imprese dal raggruppamento temporaneo di imprese, a condizione, per quanto qui di interesse, che le imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione necessari per i lavori, servizi e forniture ancora da eseguire e non quelli originariamente statuiti);
c) la stazione appaltante assume essa stessa gli obblighi del contraente principale nei confronti dei subappaltatori dello stesso.
5) modifiche non rientranti nella definizione di modifiche sostanziali contemplata dall’art. 106, comma 4 del Nuovo Codice (art. 106 comma 1, lettera e), secondo cui una modifica (del contratto o dell’accordo quadro) è sostanziale quando altera considerevolmente gli elementi essenziali del contratto originariamente pattuiti (rinviando quindi all’apprezzamento discrezionale della stazione appaltante).
In ogni caso, in base al citato comma 4, che recepisce la definizione di modifiche non sostanziali contenuta sia nell’art. 132 del D.Lgs. n. 163/2006 che nell’art. 311 comma 6 del DPR n. 207/2010, la MODIFICA È SOSTANZIALE qualora:
a) introduce (nel contratto o accordo quadro) delle condizioni che, se fossero state previste sin dall’attivazione della procedura, avrebbero consentito l’ammissione di candidati diversi (o ulteriori) rispetto a quelli inizialmente selezionati o l’accettazione di un’offerta diversa da quella inizialmente accettata (ad es. quando per effetto della variante sia modificata la categoria prevalente originariamente indicata nel bando di gara);
b) modifica l’equilibrio economico del contratto o dell’accordo quadro a favore dell’aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale (ad es. riconoscendo maggiori importi per le modifiche progettuali presentate in sede di offerta tecnica dall’aggiudicatario);
c) estende notevolmente l’ambito di applicazione del contratto (oltre i limiti e le condizioni già previsti dai commi 1 e 2 dell’art. 106);
d) sostituisce il contraente originario fuori dei casi espressamente previsti dall’art. 106 (comma 1, lett. d) del Nuovo Codice.
Le stazioni appaltanti possono anche stabilire nei documenti di gara le soglie degli importi entro i quali consentire le modifiche, fermi restando i limiti e condizioni già stabiliti dai commi 1 e 2 dello stesso art. 106.
6) modifiche determinate da errori progettuali che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera o la sua utilizzazione, a condizione che l’importo della modifica sia al di sotto di entrambi i seguenti valori: a) le soglie stabilite dall’art. 35 e b) il 15% dell’importo iniziale del contratto in caso di lavori e del 10% per i contratti aventi ad oggetto servizi e forniture (art. 106, comma 2).
In caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo netto delle successive modifiche.
Così come già previsto dall’art. 132 del D.Lgs. 163/2006, il Nuovo Codice reca una definizione di errore progettuale: ai sensi dell’art. 106 comma 10, si considerano errore o omissione di progettazione:
- l’inadeguata valutazione dello stato di fatto
- la mancata od erronea identificazione della normativa tecnica vincolante per la progettazione
- il mancato rispetto dei requisiti funzionali ed economici prestabiliti e risultanti da prova scritta
- la violazione delle regole di diligenza nella predisposizione degli elaborati progettuali.
7) varianti (in aumento o in diminuzione) nel limite del quinto (art. 106, comma 12):resta fermo anche nel Nuovo Codice il diritto della stazione appaltante di disporre, ove necessario, un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell’importo del contratto (c.d. quinto d’obbligo), che l’appaltatore ha l’obbligo di eseguire alle stesse condizioni previste nel contratto originario, senza potersi sottrarre all’esecuzione, facendo valere la risoluzione del contratto (comma 12 dell’art. 106 «La stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell’importo del contratto, può imporre all’appaltatore l’esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario. In tal caso l’appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto».
L’unico limite, al di là del quinto, è che la variante in questione sia richiesta in corso di esecuzione e, quindi, prima del verbale di ultimazione dei lavori.
Si rileva che il Nuovo Codice ha abrogato l’art. 161 del DPR n. 207/2010 che stabiliva la modalità per il calcolo del quinto prevedendo
- al comma 14 che «Ai fini della determinazione del quinto, l’importo dell’appalto è formato dalla somma risultante dal contratto originario, aumentato dell’importo degli atti di sottomissione e degli atti aggiuntivi per varianti già intervenute, nonché dell’ammontare degli importi, diversi da quelli a titolo risarcitorio, eventualmente riconosciuti all’esecutore ai sensi degli articoli 239 e 240 del codice. La disposizione non si applica nel caso di variante disposta ai sensi dell’articolo 132, comma 1, lettera e) del codice [n.d.r. errori del progetto esecutivo]»;
- al comma 15) che «Nel calcolo di cui al comma 14 non sono tenuti in conto gli aumenti, rispetto alle previsioni contrattuali, delle opere relative a fondazioni. Tuttavia, ove tali variazioni rispetto alle quantità previste superino il quinto dell’importo totale del contratto e non dipendano da errore progettuale ai sensi dell’articolo 132, comma 1, lettera e), del codice, l’esecutore può chiedere un equo compenso per la parte eccedente».
In assenza di indicazioni precise circa il calcolo del quinto, al fine di evitare dubbi e dibattuti, si auspica un intervento interpretativo da parte dell’ANAC.
Fuori dei casi tassativamente indicati dall’art. 106 del Nuovo Codice Appalti, la stazione appaltante non può procedere a modifiche del contratto o accordo quadro e deve attivare un nuova procedura di affidamento.
3. Approvazione e obblighi di comunicazione delle varianti
Fermi restando gli obblighi di pubblicità in ambito europeo, per le modifiche determinate dalla necessità di eseguire prestazioni supplementari ovvero determinate da cause impreviste ed imprevedibili, i commi 5 e 8 dell’art. 106 del Nuovo Codice ribadiscono gli obblighi di comunicazione all’ANAC, stabiliti dalla normativa previgente. Testualmente, «5. Le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori che hanno modificato un contratto nelle situazioni di cui al comma 1, lettere b) [n.d.r. lavori, servizi o forniture supplementari] e c) n.d.r. varianti in corso d’opera], pubblicano un avviso al riguardo nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Tale avviso contiene le informazioni di cui all’allegato XIV, parte I, lettera E, ed è pubblicato conformemente all’articolo 72 per i settori ordinarie e all’articolo 130 per i settori speciali …. 8. La stazione appaltante comunica all’ANAC le modificazioni al contratto di cui al comma 1, lettera b) [n.d.r. lavori, servizi o forniture supplementari] e al comma 2 [n.d.r. modifiche per errori o di omissioni del progetto esecutivo], entro trenta giorni dal loro perfezionamento. In caso di mancata o tardiva comunicazione l’Autorità irroga una sanzione amministrativa alla stazione appaltante di importo compreso tra 50 e 200 euro per giorno di ritardo. L’Autorità pubblica sulla sezione del sito Amministrazione trasparente l’elenco delle modificazioni contrattuali comunicate, indicando l’opera, l’amministrazione o l’ente aggiudicatore, l’aggiudicatario, il progettista, il valore della modifica ».
La variante deve essere trasmessa all’ANAC dal RUP, entro 30 giorni dall’approvazione da parte della stazione appaltante, unitamente al progetto esecutivo, all’atto di validazione e ad un’apposita relazione del RUP illustrativa delle motivazioni che hanno determinato la variante.
Si segnala l’art. 213 comma 6 del Nuovo Codice «Qualora accerti l’esistenza di irregolarità, l’Autorità trasmette gli atti e i propri rilievi agli organi di controllo e, se le irregolarità hanno rilevanza penale, alle competenti Procure della Repubblica. Qualora accerti che dalla esecuzione dei contratti pubblici derivi pregiudizio per il pubblico erario, gli atti e i rilievi sono trasmessi anche ai soggetti interessati e alla Procura generale della Corte dei conti».
In caso di inadempimento al detto obbligo di comunicazione e trasmissione delle varianti in corso d’opera, è altresì prevista l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’articolo 213, comma 13 (da 250,00 a 25.000,00 € per il rifiuto od omissione e da 500,00 a 50.000,00 qualora siano forniti dati o informazioni non veritieri).
Per i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture sottosoglia, ai sensi dell’art. 106, comma 14 del Nuovo codice la stazione appaltante comunica la variante, sempre nel termine di 30 giorni dall’approvazione, all’Osservatorio (tramite le sezioni regionali) per le valutazioni e gli eventuali provvedimenti di competenza.
Per le modifiche determinate dalla necessità di eseguire prestazioni supplementari ovvero determinate da cause impreviste ed imprevedibili, valgono gli obblighi di comunicazione all’ANAC stabiliti dalla normativa previgente.
[1] Corte di Giustizia, sentenza 19 giugno 2008, n. C-454/06 Pressetext Nachrichtenagentur GmbH contro Republik Osterreich Bund e altri «… 35 La modifica di un appalto pubblico in corso di validità può ritenersi sostanziale qualora introduca condizioni che, se fossero state previste nella procedura di aggiudicazione originaria, avrebbero consentito l’ammissione di offerenti diversi rispetto a quelli originariamente ammessi o avrebbero consentito di accettare un’offerta diversa rispetto a quella originariamente accettata. 36 Del pari, una modifica dell’appalto originario può considerarsi come sostanziale allorché essa estende l’appalto, in modo considerevole, a servizi inizialmente non previsti. Tale ultima interpretazione è corroborata dall’art. 11, n. 3, lett. e) ed f), della direttiva 92/50, il quale stabilisce, per gli appalti pubblici di servizi aventi ad oggetto, esclusivamente o principalmente, servizi elencati all’allegato I A di tale direttiva, talune restrizioni rispetto alla misura in cui le amministrazioni aggiudicatrici possono ricorrere alla procedura negoziata per attribuire servizi complementari a quelli oggetto di un appalto inizialmente aggiudicato. 37 Una modifica può altresì considerarsi sostanziale allorché altera l’equilibrio economico contrattuale in favore dell’aggiudicatario dell’appalto in modo non previsto dai termini dell’appalto originario».
[2] Arrigo Varlaro Sinisi “Contratti pubblici: varianti in corso d’opera e modifiche contrattuali (commento all’art. 106 del D.Lgs n. 50/2016)” in “Il nuovo Codice dei Contratti pubblici”, ed. DIKE Giuridica, settembre 2016, pag. 429 e segg. «Una possibile opzione interpretativa potrebbe essere nel senso che la percentuale in questione si calcola, la prima volta sul valore del contratto iniziale, la seconda volta – e le eventuali successive – sulla somma del valore del contratto iniziale, come modificato per effetto dell’affidamento di precedenti prestazioni supplementari. Un tale possibilità sembrerebbe avvalorata dall’ultimo capoverso della norma, secondo cui le modifiche in questione non devono evidentemente essere frazionate allo scopo di eludere il divieto di affidamento di prestazioni superiori al 50 percento del valore del contratto iniziale».