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( votes)Sul finire del XX secolo l’umanità entrò in possesso di uno straordinario strumento che le avrebbe semplificato l’esistenza. Non ne ebbe immediata consapevolezza. Nei primi tempi lo utilizzò quasi esclusivamente come mezzo di svago. Successivamente qualcuno comprese che con quello strumento erano possibili operazioni più complesse e più importanti di uno scambio di foto ed opinioni, dello shopping online, della prenotazione delle vacanze. La vera svolta arrivò nei primi anni ’20 del secolo successivo.
Un virus dilagò su tutto il pianeta. Costrinse la gente a restare a casa. Si dovette lavorare da casa. Studiare da casa. Affrontare questa situazione non fu cosa semplice per un paese come l’Italia aggrappato al lavoro in presenza in ufficio. Il lavoro agile era una bella idea ma non c’era la volontà di praticarla sul serio.
Il virus cambiò prospettiva. Le aziende si organizzarono. Attivarono l’accesso in remoto per gli impiegati e si sperimentarono in un nuovo modo di stare in ufficio senza esserci fisicamente. Meno semplice fu per le pubbliche amministrazioni. Non erano attrezzate per attivare il lavoro da casa. Fu la paralisi dei servizi pubblici.
Nell’estate del 2020, mentre i contagi erano a livelli minimi, arrivò il decreto che avrebbe rinnovato la pubblica amministrazione. La digitalizzazione delle amministrazioni non era un progetto nuovo. Se ne parlava da almeno un decennio. La si attuava con scarsa dedizione. Ci volle l’epocale arrivo del covid19 per cambiare il corso della storia digitale del paese.
Il testo imponeva alle pubbliche amministrazioni di “sviluppare i propri sistemi con modalità idonee a consentire l’accesso da remoto ai propri dipendenti e favorire così il lavoro agile”. I dipendenti pubblici in smartworking. Ma la vera rivoluzione non era lo smartworking dei dipendenti pubblici. Una rivoluzione è tale quando intacca la realtà di un numero vasto di persone, un intero popolo. La vera rivoluzione era scritta nell’articolo 18 di quel decreto. Era intitolato “Identità digitale, domicilio digitale e accesso ai servizi digitali” ed elencava una serie di servizi di cui il cittadino avrebbe potuto usufruire attraverso il web.
La transazione da una PA burocraticizzata ad una semplificata sarebbe avvenuta attraverso delle regole omogenee per tutte le PA, raccolte in un “codice di condotta tecnologica, emanato dal Capo del Dipartimento della trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Tali regole avrebbero governato gli acquisti ICT, lo sviluppo dei sistemi e la progettazione e realizzazione dei servizi digitali ai cittadini, la formazione tecnologica dei pubblici dipendenti e l’arruolamento di esperti che avrebbero affiancato i progetti di trasformazione digitale delle amministrazioni.
Acquisti di attrezzature e affidamento degli incarichi agli esperti che avrebbero timonato le PPAA sulla rotta del digitale sarebbero stati rapidi. Nello stesso Decreto si stabilì che gli appalti sarebbero stati assegnati senza gara fino ad un tetto di 5milioni di euro. L’economia doveva ripartire. Non c’era più tempo per assecondare i tempi delle procedure standard. Tutto diventò più rapido, semplice, accessibile a chiunque, ovunque.
Vedi figlio mio, all’epoca ero solo un bambino. Non comprendevo bene cosa stesse accadendo. Da un giorno all’altro non ci fu più asilo, non ci furono più parchi giochi, corse, pizzerie, feste. Dovevamo stare a casa. Il mondo stava cambiando e quando il mondo cambia è meglio non uscire di casa mi dicevano i miei genitori. Tutta questa trasformazione fu una fortuna per noi millennia. Se avessimo dovuto aspettare i tempi degli adulti non avremmo mai avuto una digitalizzazione completa e noi, abituati ad avere uno smartphone tra le mani sin da piccoli, noi che avevamo imparato a risolvere ogni cosa attraverso una app, ci saremmo trovati in un mondo sconosciuto e invivibile, quello della lentezza burocratica, delle carte, della penna e della firma su un rigo segnato con la x.
Se oggi, avendo necessità di un documento, lo posso ottenere in pochi touch è grazie a quanto accadde nel 2020 quando un virus sconvolse le vite di tutti costringendo ognuno a cambiare il proprio stile di vita, costringendo gli Stati a cambiare il modo di gestire la cosa pubblica e offrire servizi a cittadini e imprese.
Risaliamo a bordo della macchina del tempo che ci ha fatto viaggiare fino quasi alla fine del primo secolo del secondo millennio. Luglio 2020. Scarichiamo IO sullo smartphone. L’applicazione messa a punto dallo stato “permette di interagire facilmente con diverse Pubbliche Amministrazioni, locali o nazionali, raccogliendo tutti i loro servizi, comunicazioni, pagamenti e documenti in modo sicuro e sempre a portata di mano”. Cominciamo a far parte del cambiamento.