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C’è qualcosa di mistico in un’opera incompiuta. Un tempo sospeso, un tempo che non compiendosi dura per sempre. Le opere incompiute sono intenzioni, sono ispirazioni interrotte. Sono parole che si lasciano intendere senza mai essere state dette. Sono illusioni. Ci lasciano nel mezzo di un sogno svegliato, di un amore tradito. Sono allusioni ad una raffigurazione che non avrà mai forma definitiva. Sono delusioni. Un peccato. Un appuntamento mancato. Un’occasione persa.

Di opere incompiute, lasciate a marcire sotto il sole italiano, ce ne sono 868. Sono le opere pubbliche mai terminate censite dal CODACONS. Uno spreco da 4miliardi di euro. Per il Ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio si tratta della “rottura del patto di fiducia tra la pubblica amministrazione e il cittadino”. Per il Presidente dell’ANAC Raffaele Cantone si tratta “di un grave danno all’immagine per il Paese”. Per ultimare le incompiute fa sapere il CODACOND servono investimenti per 1,4 miliardi di euro. Una cifra enorme che in molti casi sarebbe opportuno non spendere. Il degrado ha reso alcuni manufatti irrecuperabili. Il tempo ha reso anacronistici progetti elaborati decenni fa per soddisfare esigenze che non ci sono più o che sono mutate.

Ospedali, dighe, ponti, centri sportivi, strade, svincoli, parcheggi, carceri, scuole. La varietà delle incompiute è vasta, tocca ogni ambito. E tocca il portafogli degli italiani: 166 euro a famiglia. E’ il contributo di ogni cittadino ad una realtà alla quale solo lo sguardo artistico è in grado di dare un senso nuovo, rinnovato, rigenerato. E’ il senso che si avverte negli scatti fotografici di Angelo Antolino: ruderi sorpresi in una immobilità meditativa. In un silenzio che trasmette pudore e rispetto. Rustici che sembrano essere lì per errore. Nel bel mezzo dei campi, pilastri di cemento come colonne di antichi templi, progetti rinnegati e abbandonati come cattedrali sconsacrate. Immagini che rimandano alla metafisica di De Chirico che osava sradicare gli oggetti dai loro habitat naturali per ricomporli in un contesto con il quale non sembrano avere alcun rapporto. La stazione incompiuta di San Cristoforo a Milano, i piloni nelle campagne di Agnone in provincia di Isernia, il planetario di Lucca. Sembrano occupare il territorio senza averne alcun diritto. Carichi di fascino proprio perché vissuti come corpi estranei.

Il punto d vista artistico solleva sensazioni diverse e controverse. Ogni opera incompiuta è uno spreco, un furto, un inganno, una ferita per l’ambiente. Ma diventa anche qualcosa nella quale trovare un’anima, un’emozione, una ragione per la quale deviare il proprio itinerario e andare a vedere, ad esempio, il faro del “Porto della Concordia” di Fiumicino.

Il gruppo creativo “Alterazioni Video” nel 2009 aveva affrontato il tema con un clip nel quale le incompiute venivano presentate in sequenza, incastonate nel format del celebre Intervallo Rai. A sfilare sulle note di Pietro Domenico Paradisi non c’erano monumenti ma opere mai concluse. “Il nostro – afferma Enrico Sgarbi di Alterazioni Video – è un progetto di lettura del paesaggio, per ribaltare la percezione negativa delle opere incompiute, elevandole al rango di opere d’arte per farle diventare una risorsa economica con un tipo di turismo responsabile”. Il progetto creativo può sembrare il sogno ambizioso di artisti idealisti e visionari, ma se guardiamo aldilà delle indagini e dei processi, delle condanne e delle assoluzioni, degli sprechi e degli sperperi, se pensiamo ad un futuro nel quale le voci dei tribunali saranno dimenticate e le strutture incompiute sopravvissute, qualcosa di quelle visioni potrebbe avverarsi. L’incompiuta di Venosa è qualcosa del genere. E’ tra i siti monumentali più celebri del meridione. Un’incompiuta che arriva dal 1200. In tutto il ‘900 e fino ad oggi, abbiamo contribuito ad arricchirci di inconsapevoli opere d’arte. Ma attenzione, lo spazio espositivo è ormai al completo.

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Dott. Enzo de Gennaro
Direttore Responsabile
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.