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( votes)1. Il principio di immodificabilità dell’offerta
Come noto, le procedure ad evidenza pubblica, mirando alla cura di interessi pubblici generali, sono ispirate al rispetto dei principi costituzionali ed eurounitari di imparzialità, buon andamento trasparenza, nonché ai principi di concorrenza e di par condicio tra gli operatori economici che prendono parte alla procedura concorsuale.
Corollario di tali principi è la vigenza in materia delle regole generali della immodificabilità e della non ambiguità dell’offerta, poste a garanzia della imparzialità e trasparenza nell’operato della stazione appaltante.
La stazione appaltante deve infatti osservare il rispetto dei principi di imparzialità, buon andamento e trasparenza di cui all’art. 97 della Costituzione, i quali impongono di garantire ad ogni operatore economico le stesse possibilità di accesso alla procedura di aggiudicazione, e gli stessi poteri competitivi, onde evitare inammissibili squilibri di mercato che, oltre a ledere la sfera degli interessi legittimi dei singoli partecipanti alla procedura, metterebbero a repentaglio lo stesso interesse pubblico generale, perimetrato dai principi di concorrenza, efficienza, efficacia ed economicità, consentendo ad un’impresa, potenzialmente incapace di adempiere alle richieste della gara, di rimettersi in gioco con indebite correzioni della propria offerta.
In applicazione del principio di immodificabilità dell’offerta, vanno esclusi dal novero degli elementi emendabili quelli che attengano alla sfera della valutazione di convenienza dell’operatore economico, il quale ben potrebbe aver interesse, in virtù di sopravvenienze legate alle condizioni di mercato, o alla conoscenza delle condizioni d’offerta dei suoi concorrenti, a modificare la formulazione della propria offerta, e costruirsi così un vantaggio competitivo |
Si discute in dottrina e in giurisprudenza sull’operatività o meno del principio di immodificabilità dell’offerta anche per i casi di formulazioni imprecise, con conseguente elaborazione interpretativa della volontà contrattuale dell’impresa offerente.
La giurisprudenza prevalente sostiene in proposito che, in applicazione del principio di portata generale di immodificabilità dell’offerta, nelle gare pubbliche è ammissibile un’attività meramente interpretativa della volontà dell’impresa partecipante alla gara da parte della stazione appaltante, al fine di superare eventuali ambiguità nella formulazione dell’offerta, ma a patto che si giunga ad esiti certi circa la portata dell’ impegno negoziale con essa assunto.
In tal senso si è concordi nel sottolineare come il corretto svolgimento del procedimento di aggiudicazione presupponga l’effettività del contraddittorio tra stazione appaltante e concorrente, di cui costituiscono necessari corollari l’immodificabilità dell’offerta, la sicura modificabilità delle giustificazioni, nonché l’ammissibilità di giustificazioni sopravvenute e di compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l’offerta risulti nel suo complesso affidabile al momento dell’aggiudicazione e dia garanzia di una seria esecuzione del contratto.
Il principio di immodificabilità dell’offerta, volto a tutelare, come abbiamo detto, sia la par condicio fra i concorrenti, sia l’affidabilità del contraente, attiene quindi non ad ogni aspetto della stessa, bensì ai profili economici e tecnici essenziali della medesima.
Si è infatti evidenziato che le offerte, intese come atto negoziale, sono suscettibili di essere interpretate in modo tale da ricercare l’effettiva volontà del dichiarante senza peraltro attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima né a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente (V. Ex plurimis Cds, VI, n.978/2017; Cds, IV, n.1827/2016).
In particolare, la giurisprudenza si è orientata a ritenere che l’attività della commissione di gara debba essere limitata ad una mera correzione dell’errore di calcolo, al fine di non ledere in alcun modo in concreto la par condicio dei concorrenti. In altre parole, tale attività <<integra, di conseguenza, un mero esercizio del potere – dovere di interpretazione dell’offerta alla luce degli elementi oggettivi in essa contenuti allorquando l’offerta economica appare univoca e intrinsecamente coerente, nonché determinata e oggettivamente verificabile in tutti i suoi elementi>> (Cds, Sez. V, n.113/2018).
Il rilievo centrale della pronuncia in questione riguarda l’oggetto della correzione, ovvero il mero errore di calcolo; unico elemento dell’offerta in grado di essere corretto senza arrecare danno al diritto alla parità di trattamento dei concorrenti.
La citata sentenza continua infatti sottolineando che <<non vi è alcuna inammissibile attività manipolativa ad opera della Commissione quando si è limitata a correggere un mero errore materiale, a fronte di una volontà correttamente espressa dalla partecipante in relazione all’offerta economica, nei limiti indicati dalla consolidata giurisprudenza in materia: ed invero, l’errore materiale direttamente emendabile è soltanto quello che può essere percepito o rilevato ictu oculi, dal contesto stesso dell’atto e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive di una volontà agevolmente individuabile e chiaramente riconoscibile da chiunque>>.
In altri termini, l’obiettivo è quindi quello di evitare ogni forma di attività manipolativa a opera della Stazione appaltante al fine di non ledere in concreto i principi di parità e trasparenza.
2. Il principio di non ambiguità e il soccorso istruttorio
Accanto a quello di immodificabilità dell’offerta vi è certamente anche il principio di non ambiguità, anch’esso posto a presidio dei sommi principi di tutela della par condicio dei concorrenti, buon andamento, imparzialità e concorrenza, che presiedono all’attività della pubblica amministrazione.
Detto principio opera con riferimento alle ipotesi di offerte imprecise dal punto di vista contenutistico, tali da costituire un mezzo per alterare i risultati delle operazioni di valutazione già effettuati. Elementi fondamentali dell’offerta sono infatti la puntualità e l’esattezza del suo contenuto dispositivo, viceversa operando si consentirebbe la partecipazione alla gara di imprese non in possesso dei requisiti tecnico-economici necessari, che ciò nonostante potrebbero “speculare” sulla formulazione di un’offerta vaga, senza scoprire la presenza di propri elementi non concorrenziali, e confidando comunque in un successivo emendamento del difetto, dissimulandolo dietro istituti consentiti, quali ad esempio il soccorso istruttorio.
Nello specifico, occorre porre particolare attenzione al rapporto esistente tra il principio di non ambiguità e l’istituto del soccorso istruttorio, precisando, sulla base di consolidati principi di elaborazione giurisprudenziale, che il soccorso istruttorio non può essere utilizzato per correggere ex post le ambiguità contenute in un’offerta formulata in modo impreciso, poiché da ciò deriverebbe la deleteria conseguenza di consentire al concorrente che ha formulato l’offerta ambigua, di correggere (o rettificare) la sua partecipazione a gara già avviata, conformandola utilmente al raggiungimento del risultato. Il che finirebbe con l’alterare la par condicio dei concorrenti. Il soccorso istruttorio e/o l’acquisizione di chiarimenti volti ad ottenere precisazioni in ordine al concreto contenuto propositivo di un’offerta possono costituire utili strumenti procedimentali atti a far chiarezza solamente nella misura in cui non diano la possibilità al concorrente di scegliere tardivamente fra due opzioni parimenti praticabili.
In sostanza, occorre eliminare ogni rischio di interpretazioni alternative in caso di offerte che siano formulate in modo vago e ambiguo, che se corrette in corso d’opera con i chiarimenti o con il soccorso istruttorio, altererebbero senza dubbio la procedura concorsuale, permettendo una modifica dell’offerta ai fini dell’aggiudicazione, con conseguente violazione dei principi di concorrenza e par condicio a tutela degli altri concorrenti, oltre che e dei principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento.
Emerge quindi lo stretto rapporto che lega i principi dell’immodificabilità dell’offerta e della non ambiguità con l’istituto del soccorso istruttorio, disciplinato dall’art. 83, co.9 del Codice dei contratti pubblici.
Nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, il soccorso istruttorio è lo strumento che consente infatti di rimediare ad eventuali omissioni, incompletezze e/o irregolarità circa le informazioni e documenti necessari per la partecipazione ad una gara pubblica. Questo opera mediante integrazione o regolarizzazione della documentazione già presentata ma risultata viziata da irregolarità o errori materiali.
La ratio dell’istituto è quella di limitare l’esclusione di un operatore economico ai soli casi di carenze gravi e sostanziali dei requisiti di partecipazione, attraverso la possibilità di integrazione o regolarizzazione di ogni elemento formale della domanda ad esclusione di quelli incidenti sull’offerta economica e tecnica, che rimangono quindi immodificabili.
L’attuale Codice dei contratti conferma in particolare la sanabilità delle sole carenze “formali” degli elementi da produrre in sede di gara, ma non anche delle carenze “sostanziali” dei requisiti di partecipazione.
È quindi emendabile ad esempio l’errore materiale legato alla mancata allegazione della dichiarazione del costo complessivo dell’opera, se questo è ricavabile dalle varie componenti unitarie se specificate. Non può dirsi altrettanto per l’emendamento legato ad una modifica o all’inserimento ex novo di elementi che già ictu oculi devono risultare esistenti ed oggettivamente valutabili.
La portata applicativa dell’istituto è stata indagata anche dall’ANAC, che ha riconosciuto l’inevitabile intreccio del soccorso istruttorio con le cause tassative di esclusione. L’Autorità ha in tal senso ritenuto legittimo il ricorso al soccorso istruttorio al fine di integrare la documentazione e le dichiarazioni mancanti relative solo a requisiti di partecipazione già sussistenti, e questo anche nei in casi in cui la lex specialis non lo prevedeva e comminava espressamente l’esclusione dalla gara (V. Parere di Precontenzioso n. 606 del 31/05/2017; Parere di Precontenzioso n. 1340 del 20/12/2017).
Sono invece esclusi dal soccorso istruttorio i vizi dell’offerta tecnica ed economica, dovuti a mancanza, incompletezza e ad ogni altra irregolarità, alla quale va quindi assimilata la modifica dell’offerta già presentata. Il comma 9 dell’art. 83 D. Lgs. 50/16 è chiaro nell’ammettere il soccorso istruttorio nelle ipotesi suddette, “con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica”, nell’ottica del rispetto dei principi di concorrenza e parità del trattamento tra gli offerenti.
Tale operazione prende il nome di “soccorso istruttorio procedimentale”, da tenere ben distinto dal “canonico” soccorso istruttorio, che serve invece a regolarizzare e integrare dichiarazioni, documenti ed elementi diversi, per l’appunto, da quelli essenziali dell’offerta tecnica ed economica, al fine porre rimedio all’eventuale incompletezza, erroneità o carenza formale delle dichiarazioni e della documentazione presentate in gara.
I giudici amministrativi hanno aperto la strada ad un’interpretazione maggiormente estesa del soccorso istruttorio nelle gare d’appalto, allargando gli orizzonti dell’applicazione dell’istituto medesimo, sino ad affermare che sussiste la possibilità di esperire un procedimento di soccorso istruttorio anche in relazione agli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica, nella misura in cui la richiesta della stazione appaltante sia finalizzata a ottenere dal concorrente chiarimenti che, senza assumere carattere integrativo dell’offerta, risultino esclusivamente mirati a consentirne l’esatta interpretazione e a ricercare l’effettiva volontà del medesimo concorrente (Cds, III, 9 febbraio 2021, n. 1225). |
3. Il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta
Alla Stazione appaltante, ed alla commissione di gara da quest’ultima nominata, spetta dunque l’operazione valutativa delle offerte presentate dai concorrenti.
In particolare, può accadere che tali offerte risultino “anomale”, per cui il D.lgs. 50/2016, all’art. 97, ha previsto che gli operatori economici siano chiamati a fornire, su richiesta della stazione appaltante, spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti nelle offerte se queste appaiono anormalmente basse, sulla base di un giudizio tecnico sulla congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell’offerta.
In particolare, il predetto articolo 97 delinea due fattispecie di verifica di anomalia: una obbligatoria e una facoltativa.
Ai fini dell’attivazione della verifica cd. obbligatoria di anomalia (nelle ipotesi in cui il criterio di aggiudicazione sia quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa), è necessario che sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, siano entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara. Quindi, se i punti relativi al solo prezzo non sono pari o superiori a tale limite, non può essere attivata la verifica obbligatoria. Tuttavia, poiché la norma in esame richiama il successivo comma 6, che prevede la verifica cd. facoltativa di anomalia, può essere ciò nondimeno attivata tale seconda fattispecie di verifica.
La cd. verifica facoltativa dell’anomalia dell’offerta presentata in sede di gara pubblica, di cui al comma 6, ultima parte, dell’art. 97, d.lgs. n. 50 del 2016 configura una potestà ampiamente discrezionale, che prescinde dall’uso di particolari forme, salva la necessità della individuazione espressa degli indicatori che – in assenza della condizione di superamento dei 4/5 di entrambe le componenti tecnica ed economica dell’offerta predeterminata legislativamente per la verifica di anomalia – facciano ritenere l’opportunità di procedere alla suddetta verifica; pertanto la verifica facoltativa, a differenza di quella obbligatoria, è caratterizzata da una più ampia discrezionalità tecnica della stazione appaltante, che si estende anche all’an della verifica stessa.
Il procedimento di verifica dell’anomalia è finalizzato ad accertare la complessiva attendibilità e serietà dell’offerta, sulla base di una valutazione, ad opera della stazione appaltante, che ha natura globale e sintetica e che costituisce, in quanto tale, espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato, in via di principio insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che per ragioni legate alla eventuale (e soprattutto dimostrata) manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato dell’amministrazione, tale da rendere palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta, non potendo risolversi in una parcellizzazione delle singole voci di costo ed in una caccia all’errore nella loro indicazione nel corpo dell’offerta (v. Cds, V, n. 5283/2021; n. 4867/2021). |
Va detto inoltre che la verifica della congruità dell’offerta non ha, dunque, per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, ma mira ad accertare se in concreto essa, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto.
Secondo i consolidati principi di matrice giurisprudenziale, nelle gare pubbliche d’appalto, in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta o di mancata verifica della stessa, il giudizio della stazione appaltante, cui compete il più ampio margine di apprezzamento, costituisce esplicazione paradigmatica di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza; in tal caso, l’obbligo di motivare in modo completo e approfondito sussiste solo nel caso in cui la stazione appaltante esprima un giudizio negativo che faccia venir meno l’aggiudicazione, non richiedendosi, per contro, una motivazione analitica nel caso di esito positivo della verifica di anomalia; di conseguenza incombe sul soggetto, che contesta l’aggiudicazione, l’onere di individuare gli specifici elementi da cui il giudice amministrativo possa evincere che la valutazione tecnico-discrezionale dell’amministrazione sia stata manifestamente irragionevole ovvero sia stata basata su fatti erronei o travisati.
Ne deriva, da un punto di vista pratico, che il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della Pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, ma non procedere ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, che costituirebbe un’inammissibile invasione della sfera propria della Pubblica amministrazione e tale sindacato rimane limitato ai casi di macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto.
Quanto, poi, al procedimento di verifica facoltativa dell’anomalia, è stato ulteriormente precisato che la Stazione appaltante dispone di una discrezionalità quanto mai ampia in ordine alla scelta se procedere a verifica facoltativa della congruità dell’offerta, il cui esercizio (o mancato esercizio) non necessita di una particolare motivazione e può essere sindacato solo in caso di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto(v. Cds, VI, n. 604/2017).
4. La (inammissibile) modifica dell’offerta in sede di anomalia
Come abbiamo visto ai paragrafi che precedono, la verifica di congruità non è diretta ad evidenziare singole inesattezze dell’offerta (la c.d. “caccia all’errore”), ma mira ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile ed affidabile e, dunque, se sia o meno in grado di offrire serio affidamento circa la corretta esecuzione della prestazione richiesta e che, nell’ambito di tale indagine, la stazione appaltante goda di margini di discrezionalità tecnica per cui il proprio giudizio si configura come pressoché insindacabile.
Nella casistica giurisprudenziale, tuttavia, ci si è occupati di verificare se vi siano e quali siano, d’altro canto, i margini di “modificabilità” dell’offerta nell’ambito della verifica della congruità della stessa, e quanto sia perciò possibile “rimaneggiare” l’offerta medesima da parte del concorrente.
Ciò che rimane fermo è senz’altro il principio per cui l’offerta, una volta presentata, non è suscettibile di modificazione, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti e fermo restando la legittimità di limitati aggiustamenti, pur essendo ammissibile che, a fronte di determinate voci di prezzo giudicate eccessivamente basse e, dunque, inattendibili, l’impresa dimostri che, per converso, altre voci sono state inizialmente sopravvalutate e che, in relazione alle stesse, è in grado di conseguire un concreto, effettivo, documentato e credibile risparmio, che compensa il maggior costo di altre voci, fermo restando il valore complessivo dell’offerta presentata.
Come affermato dai giudici amministrativi, in sede di verifica delle offerte anomale, <<è da ritenere ammissibile una modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo (rispetto alle giustificazioni eventualmente già fornite), lasciando, però, le voci di costo invariate, ovvero un aggiustamento di singole voci di costo che trovi il suo fondamento in sopravvenienze di fatto o normative, che comportino una riduzione dei costi, o che consistano in originari e comprovati errori di calcolo o in altre ragioni plausibili; è anche ammesso che l’impresa possa intervenire riducendo l’utile esposto, a condizione che tale voce non risulti del tutto azzerata, perché ciò che rileva è che l’offerta rimanga nel complesso seria>> (TAR Lombardia, I, 3 gennaio 2019, n. 1).
Sempre ad avviso della medesima sentenza, anche se nel corso della verifica della congruità delle voci di costo, compreso quella della manodopera, è ammissibile la correzione di errori materiali, tuttavia l’errore materiale direttamente emendabile è soltanto quello che può essere percepito o rilevato ictu oculi, dal contesto stesso dell’atto e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive di una volontà agevolmente individuabile e chiaramente riconoscibile da chiunque. Tale principio è strettamente correlato a quello dell’immodificabilità sostanziale dell’offerta, posto a tutela sia della imparzialità e della trasparenza dell’agire della stazione appaltante, sia del valore della concorrenza e della parità di trattamento tra gli operatori economici che prendono parte alla procedura concorsuale.
Nella specie la sentenza in rassegna ha rilevato che la circostanza che l’esposizione del costo della manodopera per 220.000,00 euro, in luogo del valore – successivamente indicato – di 620.196,27 euro, fosse riconducibile ad un mero errore materiale non integrasse un dato immediatamente emergente, ictu oculi, dalla lettura dell’offerta, tanto che la stessa concorrente aveva ritenuto di dover palesare l’esistenza di tale errore solo in risposta alla richiesta di chiarimenti avanzata dall’amministrazione. Onde tale errore non era riconoscibile e non poteva dare luogo a modifica dell’offerta.
A corollario dei principi sin qui passati in rassegna, si pone una recentissima sentenza con la quale è stato giudicato legittimo il provvedimento con il quale un Comune ha escluso una società da una gara indetta per la conclusione di un accordo quadro con un unico operatore economico, ai sensi dell’art. 54 comma 3 del d. lgs. 50/2016 (nella specie, si trattava di una gara per l’affidamento di lavori e di servizi di manutenzione e gestione strade), che sia motivato con riferimento al fatto che il concorrente interessato, in sede di verifica di anomalia dell’offerta, non si è limitato a particolari aggiustamenti, ma ha cercato di rimodulare l’offerta sulla base di giustificazioni generiche e non plausibili, così violando il principio di immodificabilità delle offerte (TAR LOMBARDIA, I, 19 aprile 2022 n. 876).
Il concorrente sottoposto a valutazione di anomalia o di congruità, da un lato, non può fornire giustificazioni tali da integrare un’operazione di “finanza creativa”, modificando, in aumento o in diminuzione, le voci di costo, pur mantenendo fermo l’importo finale, dall’altro, può introdurre limitati aggiustamenti, riducendo anche l’utile, a condizione che quest’ultimo non venga annullato o ridotto ad una misura inconsistente (TAR LOMBARDIA, I, 19 aprile 2022 n. 876) |
Ad avviso dei giudici, in applicazione dei suddetti principi <<il concorrente sottoposto a valutazione di anomalia o di congruità, da un lato, non può fornire giustificazioni tali da integrare un’operazione di “finanza creativa”, modificando, in aumento o in diminuzione, le voci di costo, pur mantenendo fermo l’importo finale, dall’altro, può introdurre limitati aggiustamenti, riducendo anche l’utile, a condizione che quest’ultimo non venga annullato o ridotto ad una misura inconsistente>>.
Più in dettaglio, <<il concorrente, fermo restando l’importo complessivo, può procedere a limitate correzioni, sicché si ritiene ammissibile che, a fronte di determinate voci di prezzo giudicate eccessivamente basse e dunque inattendibili, l’impresa dimostri che, per converso, altre voci sono state inizialmente sopravvalutate e che in relazione alle stesse è in grado di conseguire un concreto, effettivo, documentato e credibile risparmio, che compensa il maggior costo di altre voci; in altre parole, è possibile una modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo (rispetto alle giustificazioni eventualmente già fornite), lasciando, però, le voci di costo stesse invariate nella loro consistenza, ovvero un aggiustamento di singole voci di costo, che trovi il suo fondamento in sopravvenienze di fatto o normative, che comportino una riduzione dei costi, o in originari e comprovati errori di calcolo, o in altre ragioni plausibili voci>>.
Orbene, nel caso di specie <<la ricorrente non si è limitata a particolari aggiustamenti, ma ha cercato di rimodulare l’offerta sulla base di giustificazioni generiche e non plausibili; vale evidenziare che il Rup non ha contestato isolate voci di costo, ma ha evidenziato che l’offerta nel suo complesso, da un lato, presenta notevoli margini di incertezza, dall’altro, non è giustificata rispetto a rilevanti voci di costo, infine, non è aderente all’offerta tecnica, che risulta modificata per aspetti tutt’altro che marginali>>.
I giudici hanno infine chiosato precisando che <<non è sufficiente affermare che il ribasso offerto trova giustificazione in: a) economie aziendali nella prestazione dei servizi; b) condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l’offerente per le prestazioni dei servizi; si tratta, difatti, di giustificazioni generiche, prive di reali riscontri e non inserite nello specifico contesto della particolare organizzazione aziendale>>.
Il descritto orientamento giurisprudenziale pare costituire l’ideale crasi tra il principio di immodificabilità dell’offerta e la valorizzazione del contraddittorio procedimentale, anche alla luce del fatto che la legittimità dell’offerta debba essere valutata ex ante, al momento della sua presentazione e non in sede di esecuzione, onde evitare che la lettura dell’offerta, come operata dall’Amministrazione, determini una violazione del principio di parità di trattamento e di imparzialità, consentendo in astratto la modifica di un’offerta persino originariamente contrastante con il bando di gara.
Diversamente opinando, si avallerebbe un’indebita quanto inammissibile attività di indagine circa la volontà negoziale dell’offerente, che dovrebbe invece essere già ben determinata e verificabile in ogni suo elemento in modo oggettivo, oltre che univoca e intrinsecamente coerente.