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1. Premessa

Con 184 voti a favore, due contrari e due astenuti, il Disegno di legge delega di riforma del nuovo Codice degli appalti pubblici è stato approvato dal Senato. La parola passa ora alla Camera dei Deputati che dovrà esaminare il testo, profondamente ampliato in Commissione[1] rispetto al testo originario presentato dal Consiglio dei Ministri ed ulteriormente modificato in sede di discussione in Assemblea.

A breve, dunque, avremo – si spera – la legge delega contenente i principi e i criteri direttivi per adottare il decreto legislativo per l’attuazione delle direttive europee 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, rispettivamente sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino complessivo della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

In altri termini, a breve si delineerà il perimetro entro il quale dovrà essere riscritto il nuovo Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione in tutti i settori, ordinari e speciali.  

La delega al Governo prevede infatti l’elaborazione di un unico testo normativo che disciplini unitariamente gli appalti di lavori, servizi e forniture, ed, in particolare, le procedure di affidamento, di gestione e di esecuzione degli appalti pubblici e dei contratti di concessione disciplinate dalle tre direttive.

Tale testo sostituirà il vigente codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al D.lgs. n. 163/2006 e dovrà garantire l’effettivo coordinamento e l’ordinata transizione tra la previgente e la nuova disciplina attraverso un’adeguata disciplina transitoria, al fine di evitare incertezze interpretative ed applicative. Non solo. L’ambizioso disegno del legislatore è quello di effettuare una ricognizione completa ed il conseguente riordino del quadro normativo vigente nelle materie degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, <<al fine di conseguire una drastica riduzione e razionalizzazione del complesso delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative vigenti e un maggiore livello di certezza del diritto e di semplificazione dei procedimenti, tenendo in debita considerazione gli aspetti peculiari dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture>>. L’intento è dunque quello di semplificare l’intera materia degli appalti pubblici riducendo al massimo le norme ultronee rispetto al Codice e razionalizzando finalmente un ambito in cui gli interventi legislativi di modifica e integrazione hanno viaggiato sino ad ora ad una media di uno alla settimana, se si considera che dal 2006, anno di emanazione del vigente Codice dei contratti, si contano circa 600 norme di modifica allo stesso o, comunque, di intervento in materia.

Si punta, in altri termini, a garantire stabilità normativa ad un settore strategico sotto il profilo dello sviluppo economico dell’Italia, così da favorirne la ripresa.

Il nuovo Codice dovrà conformarsi ai principi e alle novità previsti dalle direttive europee di recente emanazione.

In particolare, la parola d’ordine delle direttive del 2014 è semplificazione e accelerazione delle procedure di affidamento dei lavori, servizi e forniture, per incentivare la massima partecipazione, la trasparenza nell’affidamento delle commesse pubbliche[2] e, anche sotto tale profilo, la ripresa del mercato.

Tutti questi obiettivi sono stati puntualmente ripresi dal Ddl delega che – pur senza alcuna pretesa di completezza – ci accingiamo ad analizzare.

Procederemo ora ad esaminare gli aspetti salienti ed innovativi del disegno di legge in via di approvazione, evidenziando anche le importanti integrazioni effettuate dalla Commissione, prima, e dall’Assemblea, poi.

Il Ddl delega di riforma del nuovo Codice degli appalti pubblici è stato approvato dal Senato e deve passare ora al vaglio della Camera dei Deputati. Il testo contiene i principi generali per adottare il nuovo Codice degli appalti e delle concessioni in linea con le direttive europee del 2014.

2. I principi e i criteri direttivi della riforma: la razionalizzazione e la semplificazione della materia

Razionalizzazione e semplificazione sono due parole chiave del disegno di legge delega in esame.

Si stabilisce, in primo luogo, il divieto di introdurre o mantenere livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive europee, ovvero il divieto di prevedere o mantenere in vigore oneri, obblighi o previsioni non strettamente necessari all’attuazione delle direttive medesime, secondo quanto previsto dalla L. n. 246/2005[3].

Il nuovo Codice degli appalti pubblici che dovrebbe scaturire dalla delega sarà un unico testo, che disciplinerà gli appalti di servizi, lavori e forniture ed anche i contratti di concessione e, nel contempo, come accennato in premessa, razionalizzerà tutta la materia, abrogando o, comunque, riducendo al massimo tutta la normativa attualmente vigente, che non è confluita nel Codice dei contratti, mediante una rigorosa opera di riordino normativo.

L’altro obiettivo fondamentale è la semplificazione, sia sotto il profilo della predisposizione di procedure di appalto non derogabili per conseguire una significativa riduzione ed una maggiore certezza dei tempi relativi alla realizzazione delle opere pubbliche, sia sotto quello della progressiva digitalizzazione delle procedure, attraverso la promozione di reti e sistemi informatici già sperimentati in altre procedure competitive e lo sviluppo di soluzioni innovative[4].

L’impiego degli strumenti informatici è la via maestra per semplificare le procedure, ridurre i tempi e i costi delle medesime e ampliare al massimo la partecipazione. Si legge infatti nel Ddl di delega al Governo che, tra i criteri direttivi da applicare nella redazione del nuovo Codice, vi è l’individuazione, nelle procedure di affidamento, di modalità <<volte a garantire i livelli minimi di concorrenzialità, trasparenza e parità di trattamento richiesti dalla normativa europea anche attraverso la sperimentazione di procedure e sistemi informatici già adoperati per aste telematiche>> nonché la promozione <<di modalità e strumenti telematici e di procedure interamente telematiche d’acquisto, garantendo il soddisfacimento dell’obiettivo del miglior rapporto qualità/prezzo piuttosto che l’indicazione di uno specifico prodotto>>[5].

Anche per la pubblicità degli appalti dovranno essere privilegiate modalità di tipo informatico, sia per una riduzione dei costi che per la maggiore accessibilità alle informazioni che gli attuali mezzi informatici consentono.

Resta fermo l’obbligo, in caso di pubblicazione – facoltativa – sui quotidiani, di porre a carico dell’aggiudicatario i relativi costi.

La pubblicità e la trasparenza sono alla base del Ddl delega e sono funzionali all’obiettivo fondamentale di lotta alla corruzione nel mondo degli appalti, divenuto sempre più pressante alla luce dei recenti scandali sugli appalti truccati in diverse parti d’Italia.

3. Segue. I principi e i criteri direttivi della riforma: la pubblicità, la trasparenza e la lotta alla corruzione

Il largo impiego degli strumenti informatici è strettamente connesso e funzionale anche ad altri due principi cardine del Ddl delega, ovvero la pubblicità e la trasparenza delle procedure di affidamento degli appalti pubblici. La pubblicità e la trasparenza sono, a loro volta, serventi rispetto all’obiettivo fondamentale che il legislatore persegue – ora più che mai, alla luce dei recenti fatti di cronaca – della lotta alla corruzione nel mondo degli appalti.

L’approntamento di misure volte a garantire maggiore trasparenza, a scongiurare conflitti di interesse e ridurre al massimo il rischio di corruzione è divenuto una priorità nel corso dei lavori del Senato, forse anche a causa dei concomitanti scandali relativi ad appalti truccati in diverse Regioni della Penisola che tanto hanno occupato le cronache degli ultimi mesi[6]. Tale punto della delega ha subito infatti diversi rimaneggiamenti ed integrazioni sia ad opera dell’ottava Commissione che dell’Assemblea. Il testo licenziato dal Senato, infatti, appare sul punto profondamente ampliato rispetto al testo originariamente presentato dal Governo.

In particolare, la lettera l) del comma 1 dell’unico articolo presente nel Ddl impone quale criterio direttivo <<l’armonizzazione delle norme in materia di trasparenza, pubblicità e tracciabilità delle procedure di gara e delle fasi ad essa prodromiche e successive, anche al fine di concorrere alla lotta alla corruzione, di evitare i conflitti d’interesse e di favorire la trasparenza nel settore degli appalti pubblici e dei contratti di concessione>>.

Per garantire tale risultato vengono individuate una serie di misure concrete, alcune già esistenti nel vigente ordinamento, altre innovative, quali: l’individuazione dei casi eccezionali in cui sarà possibile ricorrere alla procedura negoziata senza la precedente pubblicazione di un bando di gara; l’unificazione delle banche dati esistenti nel settore degli appalti presso l’ANAC e la previsione di poteri di vigilanza e controllo sull’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici e di contratti di concessione, al fine di evitare la corruzione e i conflitti d’interesse e favorire la trasparenza, anche e soprattutto nella fase di esecuzione contrattuale, spesso trascurata dalle stazioni appaltanti; la verifica della regolarità contributiva, fiscale e patrimoniale dell’impresa appaltatrice; l’imposizione del ricorso a conti dedicati per le imprese aggiudicatarie di appalti pubblici attraverso i quali regolare tutti i flussi finanziari dei pagamenti; l’introduzione di un sistema, regolato dall’ANAC, di penalità e premialità per la denuncia obbligatoria delle richieste estorsive e corruttive da parte delle imprese titolari di appalti pubblici, comprese le imprese subappaltatrici e le imprese fornitrici di materiali, opere e servizi[7].

L’ANAC diventa un organo centrale nella lotta alla corruzione. Il Ddl ne potenzia infatti il ruolo e le funzioni, stabilendo che il nuovo Codice conferirà all’Autorità più spiccati poteri di vigilanza, di promozione dell’efficienza, di sostegno alla diffusione e all’applicazione delle migliori pratiche e scambio di informazioni tra stazioni appaltanti, con potere di adottare atti di indirizzo, di controllo, raccomandazioni, linee guida anche con efficacia vincolante[8].

Ulteriori misure volte a ridurre il rischio di corruzione o, più in generale, di conflitti di interesse è la previsione di istituire l’albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni di gara, al quale potranno iscriversi soggetti dotati di specifici requisiti di moralità e privi di qualsiasi causa di incompatibilità e di conflitto di interesse. La scelta dei commissari per le singole gare avverrà mediante pubblico sorteggio da una rosa di nomi indicati dalle stazioni appaltanti. Dovrà in ogni caso essere rispettato il principio della rotazione[9].

Allo stesso modo si prevede l’istituzione di un albo nazionale obbligatorio per l’attribuzione degli incarichi di responsabile dei lavori, di direttore dei lavori e di collaudatore, anche in tal caso imponendo agli iscritti rigorosi requisiti di moralità e la formula del pubblico sorteggio propedeutico alla loro nomina[10].

Sempre nell’ottica di garantire la massima trasparenza, è introdotto l’importante principio della riduzione delle varianti in corso d’opera. Si legge infatti al comma 1, lettera z) che ogni variazione in corso d’opera deve <<essere motivata e giustificata da condizioni impreviste e imprevedibili>> e, comunque, autorizzata dal RUP. Deve inoltre essere assicurata in ogni caso <<la possibilità, per l’amministrazione committente, di procedere alla rescissione del contratto quando le variazioni superino determinate soglie rispetto all’importo originario, garantendo al contempo la qualità progettuale e la responsabilità del progettista in caso di errori di progettazione>>.

Tra le novità del Ddl il rafforzamento dei poteri dell’ANAC, la riduzione della possibilità di varianti in corso d’opera, lo strumento del dibattito pubblico e l’introduzione del divieto di aggregazione artificiosa degli appalti in favore dell’accesso delle PMI.

Pubblicità e trasparenza sono anche alla base di un’ulteriore previsione, particolarmente innovativa, che riguarda l’introduzione del dibattito pubblico, ovvero la consultazione diretta, mediante procedure di coinvolgimento regolamentate, delle comunità locali dei territori interessati dalla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali aventi un forte impatto sull’ambiente o sull’assetto del territorio[11]. In merito va detto che il testo originario proposto dal Consiglio dei Ministri si limitava a prevedere forme organizzate e autorizzate di lobbing, imponendo <<trasparenza nell’eventuale partecipazione dei portatori qualificati di interessi nell’ambito dei processi decisionali finalizzati alla programmazione e all’aggiudicazione di appalti pubblici e concessioni>>.

L’ottava Commissione ha invece introdotto ex novo il concetto di dibattito pubblico come sopra visto e l’Assemblea ha infine aggiunto l’introduzione della <<previsione di una procedura di acquisizione dei consensi tecnici e amministrativi necessari per realizzare un’opera che sia semplice, vincolante e non modificabile nel tempo>>.

Ancora, trasparenza e pubblicità sono i principi cardine che devono permeare di sé anche i rapporti tra amministrazioni aggiudicatrici e società in house e le procedure di affidamento attivate dalle stesse società in house.

Il Ddl prevede infatti che il nuovo Codice appalti detti una disciplina ad hoc che garantisca adeguati livelli di pubblicità e trasparenza delle procedure anche per gli appalti pubblici e i contratti di concessione tra enti nell’ambito del settore pubblico, ovvero i c.d. affidamenti in house. Occorrerà nello specifico prevedere <<l’istituzione, a cura dell’ANAC, di un elenco di enti aggiudicatori di affidamenti in house ovvero che esercitano funzioni di controllo o di collegamento rispetto ad altri enti, tali da consentire gli affidamenti diretti>>. L’iscrizione a tale elenco avverrà a domanda, una volta verificata la sussistenza dei requisiti. La domanda di iscrizione consentirà all’ente aggiudicatore, sotto la propria responsabilità, di conferire all’ente con affidamento in house, o soggetto al controllo, appalti o concessioni mediante affidamento diretto.

Invero, il testo licenziato dall’ottava Commissione era forse più rispondente a criteri di maggiore trasparenza e imparzialità rispetto all’ultima versione approvata dall’Aula in via definitiva.

Nel primo testo si leggeva infatti che negli affidamenti in house doveva essere assicurata, <<anche nelle forme di aggiudicazione diretta, la valutazione comparativa di più offerte, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione>>[12]. Tale previsione è invece sparita nel testo definitivo.

Saranno garantiti adeguati livelli di pubblicità e trasparenza nelle procedure di appalto e di concessione tra enti nell’ambito del settore pubblico, ovvero nei c.d. affidamenti in house, mediante l’istituzione, a cura dell’ANAC, di un elenco di enti aggiudicatori di affidamenti in house.

4. Le misure per favorire la massima partecipazione

Nel Disegno di legge delega per la stesura del nuovo Codice appalti sono rinvenibili molteplici disposizioni volte ad ampliare la partecipazione alle procedure di affidamento delle commesse pubbliche ed, in particolare, a favorire l’accesso delle piccole e medie imprese a tale consistente fetta di mercato.

In primo luogo, è previsto che il nuovo Codice adotti misure adeguate per migliorare le condizioni di accesso al mercato degli appalti pubblici per i piccoli e medi operatori economici, per i giovani professionisti, per le piccole e medie imprese e per le imprese di nuova costituzione, anche attraverso il divieto di aggregazione artificiosa degli appalti[13].

A ben vedere, tale principio determina un’inversione di rotta rispetto al tradizionale divieto di frazionamento artificioso previsto dal vigente Codice dei contratti. In base a tale nuovo divieto di aggregazione artificiosa, le stazioni appaltanti dovranno far sì che la dimensione degli appalti ed il conseguente valore delle gare e dei lotti in cui queste risultino eventualmente suddivise siano adeguati così da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle micro, piccole e medie imprese.

Non solo, il nuovo Codice dovrà prevedere altresì misure premiali per gli appaltatori e i concessionari che coinvolgano nelle procedure di gara i soggetti sopracitati, la cui difficoltà a partecipare alle gare è connaturata alle ridotte dimensioni aziendali o alla scarsa esperienza.

Di particolare rilievo anche la possibilità di introdurre nei bandi di gara criteri e modalità premiali di valutazione delle offerte nei confronti delle imprese che, in caso di aggiudicazione, si impegnino, per l’esecuzione dell’appalto, a utilizzare anche in parte manodopera o personale a livello locale, in ottemperanza ai princìpi di economicità dell’appalto, semplificazione ed incentivazione dell’accesso delle micro, piccole e medie imprese, e di valorizzazione della territorialità e della filiera corta[14].

In altri termini, il Ddl delega si pone l’obiettivo di impiegare il settore degli appalti pubblici e delle concessioni anche a “scopi sociali”, dando peso alle ricadute occupazionali che possono scaturire dalle commesse pubbliche e la loro sostenibilità ambientale.

5. La riduzione della spesa pubblica attraverso la semplificazione delle procedure

Un altro importante ed ormai ineludibile obiettivo che il Ddl di delega si pone è quello del contenimento della spesa pubblica mediante la razionalizzazione delle procedure di spesa della pubblica amministrazione.

Tale razionalizzazione passa attraverso l’applicazione di criteri di qualità ed efficienza delle stazioni appaltanti. Di più: il Ddl parla di vera e propria “professionalizzazione” delle stazioni appaltanti, prevedendo l’introduzione di un apposito sistema, gestito dall’ANAC, di qualificazione delle stazioni appaltanti medesime, teso a valutarne l’effettiva capacità tecnica e organizzativa, sulla base di parametri obiettivi.

La professionalizzazione delle amministrazioni aggiudicatrici dovrebbe avere come diretta conseguenza la centralizzazione delle committenze e la riduzione del numero delle stazioni appaltanti. In tale ottica, attraverso il completamento del percorso, già avviato, di istituzione di un numero limitato di centrali di committenza distribuite su tutto il territorio nazionale, dovrebbe raggiungersi l’obiettivo del contenimento dei tempi e della piena verificabilità dei flussi finanziari. La lettera v) del comma 1 attribuisce altresì alle stazioni appaltanti più qualificate la possibilità di gestire contratti di maggiore complessità.

La medesima lettera, come integrata in sede di discussione in Assemblea, stabilisce inoltre che, per i comuni non capoluogo di provincia, sussisterà l’obbligo di ricorrere a forme di aggregazione o centralizzazione delle committenze, secondo la seguente distinzione: per gli affidamenti sopra la soglia di rilevanza comunitaria è imposto un livello di aggregazione almeno regionale o di provincia autonoma; per gli affidamenti sotto soglia ma di importo superiore a 100 mila euro, i livelli di aggregazione richiesti saranno quelli sub-provinciali. Occorrerà per questi ultimi definire gli ambiti ottimali territorialmente omogenei, anche al fine di tutelare i diritti delle minoranze linguistiche.

Il Ddl di delega punta al contenimento della spesa pubblica razionalizzando le procedure di spesa della PA e misurando la qualità e l’efficienza delle stazioni appaltanti, che verranno qualificate in base al maggior o minor grado di “professionalizzazione”.

6. La semplificazione delle procedure: la previsione del soccorso istruttorio non oneroso e il documento di gara unico europeo

Tra le novità più salienti del Dld di delega per la stesura del nuovo Codice degli appalti è la previsione di una serie di misure per semplificare le procedure di gara a vantaggio di una maggiore partecipazione da parte degli operatori economici. Si legge infatti nel Ddl che il Codice dovrà contenere norme apposite per consentire la riduzione degli oneri documentali ed economici a carico dei soggetti partecipanti, in primo luogo mediante la <<possibilità di integrazione documentale non onerosa di qualsiasi elemento di natura formale della domanda, purché non attenga agli elementi oggetto di valutazioni sul merito dell’offerta>>[15].

In altri termini, il nuovo Codice conterrà l’istituto del soccorso istruttorio non oneroso, innovando rispetto al vigente art. 38, comma 2-bis del D. Lgs. n. 163/2006, il quale prevede anch’esso un’ampia possibilità di integrazione documentale – ampiezza che ha invero creato non pochi problemi interpretativi agli operatori del settore – ma a titolo oneroso.

Il c.d. soccorso istruttorio “a pagamento” ha suscitato, come è noto, molte polemiche sia sotto il profilo della difficoltà che le imprese economicamente meno forti potrebbero incontrare nella partecipazione alle procedure di affidamento, che sotto quello della possibilità giuridica di garantire con la cauzione provvisoria il pagamento della sanzione per irregolarità essenziali.

Il nuovo Codice appalti darà evidentemente un colpo di spugna a tali problematiche ammettendo a titolo gratuito qualsiasi integrazione documentale, che non incida evidentemente sul contenuto dell’offerta.

Altra importante previsione del Ddl è l’obbligo di semplificare le procedure di verifica da parte delle stazioni appaltanti, con riferimento all’accertamento dei requisiti generali di qualificazione, attraverso l’accesso a un’unica banca dati centralizzata gestita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nella quale tali dati saranno costantemente aggiornati[16].

Ancora, e sempre sulla stessa scia, si prevede la revisione e la semplificazione dell’attuale sistema di verifica AVCpass, che tanti grattacapi ha procurato agli operatori del settore per la sua scarsa efficienza tecnica, la farraginosità di funzionamento e per l’incompletezza dei dati che mette a disposizione, che impone alle stazioni appaltanti di seguire in ogni caso un doppio binario per ottenere alcuni tipi di certificazioni. Per ovviare, in particolare, a tale ultimo inconveniente il Ddl prevede espressamente che debba essere garantita l’interoperabilità tra i Ministeri e gli organismi pubblici al fine di mettere a disposizione sulla piattaforma AVCpass tutti i documenti necessari ad una completa verifica dei possesso dei requisiti ed impone la comminatoria di apposite sanzioni in caso di rifiuto all’interoperabilità[17].

Sempre al fine di ridurre gli oneri documentali, il Ddl richiama una delle maggiori novità introdotte dalla Direttiva europea, ovvero l’impiego, da parte dei concorrenti, del documento di gara unico europeo (DGUE) o di analogo documento predisposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per autocertificare il possesso dei requisiti in modo più semplice e veloce. Il DGUE consentirà finalmente agli operatori economici di utilizzare un format unico e completo, senza più spazio per errori od omissioni anche eventualmente attribuibili alle stazioni appaltanti che predispongono la documentazione di gara.

7. Le novità in tema di avvalimento, subappalto e appalto integrato

Il legislatore ha deciso di codificare finalmente i principi elaborati in maniera ormai consolidata dalla giurisprudenza amministrativa in materia di avvalimento, imponendo che il nuovo Codice appalti dovrà contenere l’obbligo di indicare dettagliatamente nel contratto di avvalimento le risorse e i mezzi prestati, <<con particolare riguardo ai casi in cui l’oggetto di avvalimento sia costituito da certificazioni di qualità o certificati attestanti il possesso di adeguata organizzazione imprenditoriale ai fini della partecipazione alla gara>>.

Le stazioni appaltanti dovranno aver cura di eseguire in modo approfondito la verifica dell’effettivo possesso dei requisiti e delle risorse oggetto di avvalimento da parte dell’impresa ausiliaria nonché dell’effettivo impiego delle risorse stesse nella fase di esecuzione dell’appalto. Ciò per evitare il fenomeno del c.d. avvalimento a cascata.

Viene infine posto un limite al ricorso all’avvalimento prevedendo che non potrà essere oggetto di avvalimento il possesso della qualificazione e dell’esperienza tecnica e professionale necessarie per eseguire le prestazioni da affidare, così da garantire la reale affidabilità e professionalità dell’impresa aggiudicataria[18].

Novità anche in tema di subappalto: il Ddl prevede infatti l’obbligo per il concorrente di indicare in sede di offerta sia le parti del contratto di lavori che intende subappaltare, sia una terna di nominativi di subappaltatori per ogni tipologia di lavorazioni prevista in progetto. E’ altresì imposto l’obbligo di dimostrare l’assenza, in capo ai subappaltatori indicati, di eventuali motivi di esclusione e di sostituire prontamente i subappaltatori per i quali sia appunto emersa la sussistenza di cause di esclusione. Infine, il Ddl impone alla stazione appaltante di procedere al pagamento diretto dei subappaltatori per i servizi, le forniture o i lavori forniti in caso di inadempimento da parte dell’appaltatore o anche su richiesta del subappaltatore medesimo se la natura del contratto lo consente[19].

Altra novità del Ddl delega è la radicale limitazione del ricorso all’appalto integrato ai soli casi in cui <<l’appalto o la concessione di lavori abbiano per oggetto opere per le quali siano necessari lavori o componenti caratterizzati da notevole contenuto innovativo o tecnologico che superino in valore il 70 per cento dell’importo totale dei lavori>>[20]. La regola sarà invece la messa a gara del progetto esecutivo, puntando quindi ad una valorizzazione della fase progettuale e alla promozione della qualità architettonica e tecnico-funzionale, anche attraverso lo strumento dei concorsi di progettazione.

In accoglimento dei principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa in materia di avvalimento, il Ddl stabilisce che nel nuovo Codice appalti dovrà essere contenuto l’obbligo di indicare dettagliatamente nel contratto di avvalimento le risorse e i mezzi prestati.

8. Conclusioni

Come detto, la parola passa ora alla Camera dei deputati, che dovrà licenziare in via definitiva il Disegno di legge delega. Da quel momento, il Governo avrà tempo fino al 18 febbraio 2016 per adottare il decreto legislativo contenente il nuovo Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione ed anche il relativo regolamento di attuazione, che dovrà entrare in vigore contestualmente al primo. Il D. Lgs. n. 163/2006 e il D.P.R. n. 207/2010 andranno a quel punto definitivamente in pensione.


[1] Precisamente, dall’ottava Commissione permanente del Senato, competente in materia di Lavori pubblici e comunicazioni.

[2] Ci si permette di segnalare il proprio articolo dal titolo “La nuova direttiva appalti punta sulla semplificazione e sull’accelerazione delle procedure” pubblicato sul n. 4, anno 2014, di  questa rivista.

[3] Ed, in particolare dall’art. 14, comma 24-ter e 24-quater: <<24-ter. Costituiscono livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive comunitarie:

a) l’introduzione o il mantenimento di requisiti, standard, obblighi e oneri non strettamente necessari per l’attuazione delle direttive;

b) l’estensione dell’ambito soggettivo o oggettivo di applicazione delle regole rispetto a quanto previsto dalle direttive, ove comporti maggiori oneri amministrativi per i destinatari;

c) l’introduzione o il mantenimento di sanzioni, procedure o meccanismi operativi più gravosi o complessi di quelli strettamente necessari per l’attuazione delle direttive.

24-quater. L’amministrazione dà conto delle circostanze eccezionali, valutate nell’analisi d’impatto della regolamentazione, in relazione alle quali si rende necessario il superamento del livello minimo di regolazione comunitaria. Per gli atti normativi non sottoposti ad AIR, le Amministrazioni utilizzano comunque i metodi di analisi definiti dalle direttive di cui al comma 6 del presente articolo”.

[4] Si veda la lettera f) del comma 1 dell’unico articolo che compone il Ddl delega.

[5] Cfr. le lettere ccc) e ddd) del comma 1.

[6] Si pensi allo scandalo Expo, a quello del Mose o al recentissimo scandalo c.d. “Mafia capitale”.

[7] Tale previsione è contenuta nella lettera l) del comma 1. Tale lettera è stata tra le più rimaneggiate nel corso dei lavori in Senato. L’originario testo approvato dal Consiglio dei Ministri era invero piuttosto scarno e si limitava ad una declaratoria di principi generali da applicare (cfr. lettera e) del testo originario del Ddl). L’ottava Commissione ha ampliato il testo introducendo alcune misure specifiche per combattere la corruzione, quali l’eccezionalità del ricorso alle procedure negoziate, il rafforzamento dei poteri di vigilanza e controllo e l’obbligo di verifica della regolarità contributiva e fiscale delle imprese appaltatrici. In Assemblea, il testo è stato ulteriormente implementato con le misure specifiche di lotta alla corruzione descritte sopra.

[8] Si veda la lettera o).

[9] Cfr la lettera cc) del comma 1.

[10] Si veda la lettera ff).

[11] Cfr. lettera o) del comma 1 del testo originario del Ddl con la lettera ggg) nella versione proposta dall’ottava Commissione e in quella poi approvata dall’Aula.

[12] Cfr lettera tt) del testo approvato dall’Aula con la lettera ss) del testo scaturito dall’esame in Commissione.

[13] Vedi lettera qq) del comma 1.

[14] Vedi lettera ss).

[15] Si veda la lettera r) del comma 1.

[16] Si veda la nota 15.

[17] Si veda la nota 15.

[18] Si veda la lettera oo).

[19]Si veda la lettera hhh) del comma 1.

[20] Si veda la lettera gg).

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott.ssa Alessandra Verde
Referendaria consiliare presso il Consiglio regionale della Sardegna
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