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Premesse

Con il presente contributo si cercherà di dar conto dei recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di “illecito professionale” distinguendo l’approccio istruttorio del RUP (quale soggetto chiamato a considerare le dichiarazioni – o le dichiarazioni mancanti – rese dagli appaltatori al fine dell’attivazione o meno del soccorso istruttorio o, come nel caso di specie, dell’adozione della proposta/provvedimento di esclusione dalla competizione), nel caso in cui vengano dichiarate situazioni “pregresse” dell’appaltatore o nel caso in cui, invece, tali dichiarazioni che devono ritenersi obbligatorie, non vengano rese con conseguente necessità di adozione dei provvedimenti estromissivi. 

In particolare, l’approccio del RUP sulle valutazioni (obbligatorie) delle dichiarazioni.

La legislazione “Sblocca Cantieri”

Con la recente legge “Sblocca Cantieri (e quindi con riferimento al sistema normativo determinato dal DL 32/2019 e succ. legge di conversione n. 55/2019) si è “completato” l’adeguamento dell’articolo 80 del Codice alle indicazioni comunitarie.

In pratica ciò è avvenuto con lo scorporo della previsione di cui all’articolo predetto, comma 5, lett. c) come da box sotto riportato:

Art. 80, comma 5 lett. c) ante modifica apportata con la legge 55/2019Post modifica legge 55/2019
c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione.c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità; c-bis) l’operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione; c-ter) l’operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa; c-quater) l’operatore economico abbia commesso grave inadempimento nei confronti di uno o più subappaltatori, riconosciuto o accertato con sentenza passata in giudicato.

Il diritto comunitario (la direttiva comunitaria, per ciò che interessa, 2014/24), come noto, vieta alla P.A. di stipulare contratti con soggetti la cui affidabilità/integrità sia discutibile e/o possano sorgere dubbi sull’integrità.

In questo caso, in sostanza, potrebbe essere in pericolo non solo l’esecuzione della prestazione ma la sua stessa idoneità rispetto a quanto pattuito con varie implicazioni (a seconda del tipo di “inaffidabilità”), si pensi all’eventuale personale gestito dall’appaltatore. 

Sul tema risulta di particolare rilievo il considerando 101 della direttiva citata da cui emerge come sia opportuno precisare che una grave violazione dei doveri professionali, in cui l’appaltatore sia incorso, può mettere in discussione la sua stessa integrità e renderlo “inidoneo” a risultare affidatario di un pubblico appalto indipendentemente da ogni altra circostanza afferente l’appalto ovvero anche qualora avesse dimostrato, nella competizione, ogni requisito richiesto.

Sempre secondo il legislatore comunitario, ed il considerando citato, le amministrazioni aggiudicatrici “dovrebbero continuare ad avere la possibilità di escludere” operatori economici che si sono dimostrati inaffidabili, “per esempio a causa di violazioni di obblighi ambientali o sociali, comprese le norme in materia di accessibilità per le persone con disabilità, o di altre forme di grave violazione dei doveri professionali, come le violazioni di norme in materia di concorrenza o di diritti di proprietà intellettuale”.

Situazioni, pertanto, diverse dalle condanne definitive richieste al comma 1 dell’articolo 80 del Codice che esigono, senza indugio, l’automatica esclusione dell’appaltatore. Nel caso di specie, invece, si impone alla stazione appaltante (ed al RUP in particolare) l’obbligo di valutare la dichiarazione resa.

Il distinguo rispetto alle condanne definitive richieste dal comma appena richiamato emerge già dalla direttiva comunitaria (sempre il considerando 101) nel momento in cui si rammenta la necessità che le amministrazioni aggiudicatrici debbano comunque “mantenere la facoltà di ritenere che vi sia stata grave violazione dei doveri professionali qualora, prima che sia stata presa una decisione definitiva e vincolante”.

Dovrebbero anche poter escludere, prosegue l’indicazione comunitaria (ora perfettamente coincidente con le nuove previsioni del Codice) candidati o offerenti “che in occasione dell’esecuzione di precedenti appalti pubblici hanno messo in evidenza notevoli mancanze per quanto riguarda obblighi sostanziali, per esempio mancata fornitura o esecuzione, carenze significative del prodotto o servizio fornito che lo rendono inutilizzabile per lo scopo previsto o comportamenti scorretti che danno adito a seri dubbi sull’affidabilità dell’operatore economico”.

Si ripete quindi l’esigenza “simmetrica” ovvero l’obbligo dell’appaltatore di dichiarare i vari precedenti della sua attività professionale senza che possa fare prevalutazioni sulla loro rilevanza/incidenza rispetto alla possibilità di essere esclusi dal procedimento di gara e l’esigenza del RUP (della stazione appaltante) di valutare serenamente, ed in buona fede, i vari elementi che, nel loro insieme potrebbero esprimere autentici indizi di inaffidabilità dell’operatore economico.

E’ chiaro che nel caso, la motivazione del RUP dovrà essere particolarmente adeguata portando all’estromissione del candidato/partecipante alla competizione.     

L’appaltatore ha l’obbligo di dichiarare i vari precedenti della sua attività professionale senza che possa fare prevalutazioni sulla loro rilevanza/incidenza rispetto alla possibilità di essere esclusi dal procedimento di gara.

Le norme comunitarie

Una più chiara indicazione, a livello comunitario, viene espressa nell’art. 57 della direttiva che rappresenta la norma da cui la nuova versione dell’art. 80 del Codice (nelle fattispecie di cui si parla) dopo la legislazione, in particolare, Sblocca Cantieri, ha preso a riferimento.

Secondo la disposizione comunitaria, “Nell’applicare motivi di esclusione facoltativi, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero prestare particolare attenzione al principio di proporzionalità. Lievi irregolarità dovrebbero comportare l’esclusione di un operatore economico solo in circostanze eccezionali. Tuttavia, casi ripetuti di lievi irregolarità possono far nascere dubbi sull’affidabilità di un operatore economico che potrebbero giustificarne l’esclusione”.

Da qui la necessità però di utilizzare “qualunque” adeguato per far emergere “che l’operatore economico” ad esempio, “non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali”. Previsione questa innestata con la recente legge 120/2020 a cui si aggiunge anche la clausola di salvaguardia secondo cui “il presente paragrafo non è più applicabile quando l’operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe”. Anche questa appendice ora riportata nel riformulato quarto comma ad opera dell’art. 8, comma 5, lett. b) della legge 120/2020.

Per completezza si rammenta che le fattispecie introdotte dalla recente legislazione trovano esplicitazione nel paragrafo 4 dell’articolo 57 della direttiva comunitaria.

L’intensità dell’obbligo della dichiarazione

Una delle questioni recenti, affrontate anche in Adunanza Plenaria, è relativa alla intensità dell’obbligo del dichiarante: fino a che punto l’appaltatore rimane legato a situazioni pregresse da dover comunicare? E soprattutto nel caso di assenza di dichiarazioni come deve essere considerata l’omissione?

La questione è stata posta con l’ordinanza 232/2020 del Consiglio di Stato (quinta sezione) e risulta definita con sentenza dell’’A.P. n.16/2020).

In Adunanza Plenaria si prede atto del contrasto tra posizioni “ortodosse” circa gli obblighi dichiarativi dell’appaltatore secondo cui l’omessa dichiarazione della quale integra “in sé e per sé” l’ipotesi di illecito causa di esclusione dalla gara (Cfr. III Sezione di questo Consiglio di Stato: 29 novembre 2018, n. 6787; 27 dicembre 2018, n. 7231; e della V, Sezione, 11 giugno 2018, n. 3592; 25 luglio 2018, n. 4532; 19 novembre 2018, n. 6530; 3 gennaio 2019,n. 72; 24 gennaio 2019, n. 586 e 25 gennaio 2019, n. 591).

E la posizione tendente a limitare la portata generalizzata degli obblighi dichiarativi a carico degli operatori economici, anche dal punto di vista temporale (Cfr. V Sezione del 3 settembre 2018, n. 5142; 22 luglio 2019, n. 5171; 5 marzo 2020, n. 1605), in cui si è posta in risalto l’esigenza di distinguere tra falsità ed omissione, con automatismo espulsivo limitato alla prima ipotesi (Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142; 12 aprile 2019, n. 2407).

In Adunanza si propende per il primo orientamento e viene parificata l’omessa comunicazione con la falsa dichiarazione. Circostanza, come detto, che non richiede al RUP (a prescindere da annotazioni sul merito) l’adozione del provvedimento di esclusione.

Da notare che secondo l’ANAC (linee guida n. 6) l’obbligo dichiarativo – oltre che esteso – riguarda tutti i soggetti di cui al comma 3 dell’articolo 80 (nonostante qualche dubbio sollevato in giurisprudenza).  

Fermo restando il carattere sostanziale dell’informazione che in sede di partecipazione all’appalto occorre fornire, con l’intervento l’Adunanza Plenaria chiarisce che la norma presuppone un obbligo il cui assolvimento è necessario perché la competizione in gara possa svolgersi correttamente e il cui inadempimento giustifica invece l’esclusione.

Come ricordato dalla Sezione rimettente, si legge ancora nella sentenza più recente n. 16/2020 deve darsi atto che è consolidato presso la giurisprudenza “il convincimento secondo cui l’art. 80, comma 5, lett. c) (ora lett. c-bis)), è una norma di chiusura in grado di comprendere tutti i fatti anche non predeterminabili ex ante, ma in concreto comunque incidenti in modo negativo sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico, donde il carattere esemplificativo delle ipotesi previste nelle linee-guida emanate in materia dall’ANAC, ai sensi del comma 13 del medesimo art. 80 (linee-guida n. 6 del 2016; al riguardo si rinvia al parere reso dalla commissione speciale di questo Consiglio di Stato appositamente costituita sull’ultimo aggiornamento alle più volte richiamate linee guida: parere del 13 novembre 2018, n. 2616; § 7.1; cfr. inoltre: Cons. Stato, V, 5 maggio 2020, n. 2850, 12 marzo 2020, n. 1774, 12 aprile 2019, n. 2407, 12 febbraio 2020, n. 1071; VI, 4 giugno 2019, n. 3755)”.

La conclusione, in ogni caso, è che fornire informazioni false o fuorvianti od ometterle ha una stessa conseguenza: L’esclusione. Fornire le informazioni (fare una corretta dichiarazione) impone l’obbligo di valutarle (obbligo del RUP) e impone altresì l’obbligo di motivare le esclusioni e/o le ammissioni ed obbliga il RUP a soffermarsi e valutare anche le eventuali misure self cleaning adottate.

Il c.d. self cleaning 

L’obbligo delle dichiarazioni di cui alle Linee guida ANAC n. 6 trova la sua “simmetria” nella possibilità dell’operatore (che abbia dichiarato “illeciti professionali”) di comunicare e provare di aver adottato delle misure di “pulizia” ovvero dei controbilanciamenti che determinano una sorta di “riabilitazione” riscostruendo quel rapporto fiduciario alla base per l’eventuale stipula di un contratto con la P.A..  

In questo senso, già le linee guida n. 6 (per il momento aggiornate solo al primo decreto legislativo) puntualizzano che l’operatore economico è ammesso a provare di aver adottato misure sufficienti a dimostrare la sua integrità e affidabilità nell’esecuzione del contratto oggetto di affidamento nonostante l’esistenza di un pertinente motivo di esclusione.

E l’adozione delle misure di self-cleaningdeve essere intervenuta entro il termine fissato per la presentazione delle offerte o, nel caso di attestazione, entro la data di sottoscrizione del contratto con la SOA. Nel DGUE o nel contratto di attestazione l’operatore economico deve indicare le specifiche misure adottate”.

Sulle misure di “pulizia” e sulla rilevanza già l’articolo 57, parag. 6 della direttiva comunitaria in cui si legge che “un operatore economico (…)  può fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un pertinente motivo di esclusione. Se tali prove sono ritenute sufficienti, l’operatore economico in questione non è escluso dalla procedura d’appalto. A tal fine, l’operatore economico dimostra di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito, di aver chiarito i fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente con le autorità investigative e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”.

Queste misure, come sottolinea anche l’ANAC – e la giurisprudenza come si dirà più avanti -, devono essere attentamente valutate dalle stazioni appaltanti (dai RUP) “considerando la gravità e le particolari circostanze del reato o dell’illecito. Se si ritiene che le misure siano insufficienti, l’operatore economico riceve una motivazione di tale decisione.” In questo senso anche l’articolo 80, comma 8 del Codice.

Le misure di “self cleaning”, come sottolinea anche l’ANAC – e la giurisprudenza -, devono essere attentamente valutate dalle stazioni appaltanti (dai RUP) “considerando la gravità e le particolari circostanze del reato o dell’illecito. Se si ritiene che le misure siano insufficienti, l’operatore economico riceve una motivazione di tale decisione.”

La valutazione

Sulla necessità di valutare anche le misure di “riabilitazione” adottate la recente giurisprudenza (Tar Campania, Napoli, sez. VII, n. 978/2021) che in materia ha richiamato il ragionamento dell’ANAC espresso con la Delibera n. 231 del 4 marzo 2020.

Nella delibera in argomento, l’autorità anticorruzione ha chiarito come tale compito sia in via esclusiva, della stazione appaltante, e quindi il RUP, soggetto competente, come detto, alla valutazione in concreto, non solo, della sussistenza dei motivi di esclusione di un operatore economico per “grave illecito professionale”, ma anche, dell’idoneità e adeguatezza delle misure di “self cleaning” adottate da tale operatore per ristabilire la sua integrità o affidabilità professionale.

La stazione appaltante è tenuta a valutare con massimo rigore le misure di self-cleaning adottate nell’ipotesi di violazione del principio di leale collaborazione con l’Amministrazione.

Le stazioni appaltanti, valutano, altresì, l’idoneità delle misure di “self-cleaning” eventualmente adottate dall’impresa a dimostrare la sua integrità e affidabilità nell’esecuzione di affidamenti nelle categorie e classifiche di qualificazione richieste, nonostante l’esistenza di una pertinente causa ostativa”.

Ed il Consiglio di Stato, sez. V, 12 marzo 2019, n. 1649, in tema ha chiarito che deve essere “confermato il principio, dal quale non vi è evidente ragione per discostarsi, secondo cui l’esclusione da una gara, disposta in esito al riscontro negativo circa il possesso di un requisito di partecipazione, non postula la previa comunicazione di avvio del procedimento”. 

Il Consiglio di Stato, sez. V, 12 marzo 2019, n. 1649, ha chiarito che deve essere “confermato il principio, dal quale non vi è evidente ragione per discostarsi, secondo cui l’esclusione da una gara, disposta in esito al riscontro negativo circa il possesso di un requisito di partecipazione, non postula la previa comunicazione di avvio del procedimento”.

La valutazione sull’ammissione del dichiarante con illeciti professionali

Uno degli aspetti che il RUP deve, evidentemente, presidiare è che l’esclusione – in presenza di dichiarazione e finanche di indicazioni su azioni “riabilitative” -, può essere disposta all’esito di un procedimento in contraddittorio con l’operatore economico interessato all’esito di una valutazione che operi un apprezzamento complessivo del candidato in relazione alla specifica prestazione affidata.

In tempi recentissimi il Consiglio di Stato con la sentenza del 5 marzo del 2021 n. 1500 è ritornato sulla necessità della motivazione, accurata, non solo nel caso di esclusione ma anche nel caso di ammissione dell’operatore che sia incorso in precedenti, in questo caso relativi alla sua attività, che la pubblica amministrazione deve valutare.

Nel caso di specie la stazione appaltante ha proceduto con l’ammissione del concorrente senza valutare/motivare le ragioni in presenza di dichiarazioni di assoluto rilievo. L’obbligo della verifica – secondo il giudice – è da ritenersi anche comportamento dovuto verso gli altri operatori che hanno partecipato alla competizione.   

In particolare, il Collegio di Palazzo Spada pur evidenziando che, seppur vero, che esiste un principio generale per cui le ammissioni non esigono una particolare motivazione in caso di ammissione  (Cons. Stato, V, 5 maggio 2020, n. 2850; VI, 18 luglio 2016, n. 3198; C.G.A.R.S., 23 gennaio 2015, n. 53; Cons. Stato, VI, 21 maggio 2014, n. 2622; III, 24 dicembre 2013, n. 6236; V, 30 giugno 2011, n. 3924; III, 11 marzo 2011, n.1583; VI, 24 giugno 2010, n. 4019), d’altra parte occorre un comportamento istruttorio che tuteli anche gli altri operatori economici ed il ragionamento, ma, precisa il giudice, non può ritenersi accettabile nel caso in cui, con grande evidenza, le pregresse vicende professionali dovrebbero immediatamente far dubitare la stazione appaltante (e per essa il RUP).

In sentenza, infatti, si specifica che “in presenza di pregressa vicenda professionale che, ictu oculi, appaia di particolare rilevanza” il giudice non può sostituirsi alla stazione appaltante nella dovuta verifica tanto nel caso in cui “condivida la decisione della stazione appaltante, quanto se l’avversi”.

Nel caso di specie, erano presenti risoluzioni e penali e quindi si sottolinea che tanto “la risoluzione, in quanto avente ad oggetto il medesimo contratto, e la penale, per l’importo particolarmente elevato, possono costituire in astratto indizi di inaffidabilità dell’operatore” perciò è necessario “che la stazione appaltante dia conto della valutazione che l’ha indotta a diversa conclusione, perché della sua logicità e ragionevolezza possa poi conoscerne il giudice amministrativo, se richiesto, nel dovuto contraddittorio tra le parti”.

Ciò evidenziato l’appello viene accolto con conseguente “invito” alla stazione appaltante di “riprendere la procedura di gara dalla fase di ammissione dei concorrenti, nuovamente valutando – anche alla luce delle circostanze emerse nel corso del giudizio – la sussistenza della causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50”.

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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