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Premesse

L’allegato I.2, in tema di attività del RUP, modifica in modo profondo uno dei compiti tradizionali del responsabile unico (ora) del progetto/intervento – e non più di procedimento visto che la figura, come emerge dalla relazione tecnica, è profondamente diversa da un semplice responsabile di procedimento ex lege 241/90 -, in particolare, sulla scelta del procedimento/procedura di affidamento.

In questo senso, l’articolo 6, comma 1, lett. g) specifica che il RUP “decide i sistemi di affidamento dei lavori, servizi e forniture, la tipologia di contratto da stipulare, il criterio di aggiudicazione da adottare”.

Si tratta, come anticipato, di una modifica profonda rispetto, non solo al pregresso regime ma anche rispetto al decreto legislativo 163/2006 (codice degli appalti ante codice del 2016).

Nel pregresso regime normativo, infatti, il RUP aveva il solo potere di “proporre” i sistemi di affidamento, la tipologia del contratto ed i criteri di aggiudicazione da adottare per assegnare la prestazione richiesta. 

L’aspetto, pratico/operativo, che interessa trattare è relativo al fatto se si sia in presenza, oggettivamente, di una prerogativa/potere decisoria/o del RUP – a cui oggi si riconoscono, definitivamente, anche poteri tali e non solo istruttori -, o se la prerogativa decisionale, in realtà, risulti  condizionata, non solo dalla posizione/ruolo del RUP all’interno della stazione appaltane/ente concedente (si pensi al caso ovvio in cui il RUP non coincida con il dirigente/responsabile del servizio ma risulti a questo gerarchicamente subordinato), e, soprattutto, se alla luce della “scrittura” delle nuove disposizioni (si pensi in particolare al caso del sottosoglia comunitario come oggi disciplinato dall’articolo 50 del nuovo codice) il RUP, o altri soggetti abbiano realmente un potere di scegliere/decidere i sistemi di affidamento o, piuttosto, questi non risultino già predefiniti (predecisi) dall’estensore e quindi dal legislatore con una precisa indicazione sulle soluzioni utilizzabili.

Nel pregresso regime il RUP aveva il solo potere di “proporre” i sistemi di affidamento, la tipologia del contratto ed i criteri di aggiudicazione da adottare per assegnare la prestazione richiesta.

1. La problematica dei sistemi di affidamento nel sottosoglia comunitario          

Di recente – per effetto del parere n. 13/2024  -, l’ANAC è ritornata sulla questione, di estrema attualità, se sia possibile, o meno, per il RUP utilizzare le procedure ordinarie (la gara classica) in ambito del sottosoglia comunitario (come ora disciplinato dall’articolo 50 del nuovo codice).

È noto che dalla disposizione si evince che in ambito sotto soglia (ai sensi dell’articolo 14 del codice) le “stazioni appaltanti procedono all’affidamento dei contratti di lavori, servizi e forniture” o attraverso l’affidamento diretto (per beni e servizi di importo inferiore ai 140 mila euro e per lavori in caso di importo inferiore ai 150 mila euro) e con le procedure negoziate fino all’intero sottosoglia.

Questo, in generale, è l’impianto pratico/operativo imposto al RUP, appunto, in ambito sottosoglia con due sottolineature/limiti di cui si dirà più avanti.

Il tono dell’articolo, pertanto, come anche hanno evidenziato a più riprese gli estensori del codice, è perentorio laddove il riferimento a “procedono” deve essere inteso come  “deve procedere”.

Nell’ambito del sottosoglia in parola, quindi, il RUP non può che applicare i sistemi di affidamento neanche suggeriti ma imposti dall’estensore dal codice ed approvati dal legislatore al netto di due possibili eccezioni.

La prima eccezione è data dalla presenza di un interesse transfrontaliero (come chiarito nell’art. 48).

Se il RUP, secondo compiti che è obbligato a svolgere, accerti/verifichi la presenza di un interesse di questo tipo   (ovvero, semplificando, che l’appalto potrebbe avere interesse per operatori economici fuori dal territorio nazionale) non può utilizzare le procedure semplificate ma è obbligato ad applicare le procedure ordinarie.

In tempi recenti, ad esempio, la sentenza del Tar Lombardia, sez. II di Brescia n. 165/2024 in cui si legge che il criterio “relativo alla consistenza economica dell’appalto rappresenta senza dubbio non solo il criterio principale ma anche il parametro sulla base del quale valutare l’incidenza probatoria degli altri elementi sintomatici presenti nella fattispecie. Invero, l’elemento economico, ponendo il contratto al di sotto o al di sopra della soglia di rilevanza europea, rappresenta l’unico indice espresso a cui il legislatore affida la presunta esistenza dell’interesse transfrontaliero e la conseguente applicazione integrale delle direttive comunitarie allo scopo di tutelare la concorrenza e il mercato. Ciò al fine di rispondere all’esigenza di garantire che tutti gli operatori economici, stabiliti nel territorio dell’Unione europea, abbiano le medesime possibilità di accesso alle procedure di evidenza pubblica bandite all’interno degli stati membri. Tanto più l’importo della gara è elevato, tanto maggiore è l’interesse del legislatore a consentire che a tale gara possano partecipare, in condizioni di parità, tutti gli operatori economici. (…) La combinazione di tale rilevante dato di fatto con il luogo di esecuzione dei lavori e con le caratteristiche della prestazione richiesta, suggeriscono la sicura idoneità della commessa in esame ad attrarre l’interesse di operatori economici esteri”.

Altra possibilità del RUP di discostarsi dall’obbligo di utilizzare procedimenti/procedure semplificate è prevista per i lavori di importo pari o superiori al milione di euro.

In questo caso, l’articolo 50, comma 1 lett. d) consente al responsabile unico del progetto di ricorrere alla procedure ordinaria.

Tale possibilità è rimessa come facoltà del responsabile unico.

Da notare che nello schema di codice, invece, la prerogativa era ammissibile solo previa adeguata motivazione.

Rispetto a queste possibilità – la prima, interesse transfrontaliero impone un obbligo e la seconda sostanzia una mera facoltà -, il RUP, in realtà, non ha alcun potere di scelta sui procedimenti/sulle procedure da utilizzare per assegnare la prestazione/commessa nell’ambito del sottosoglia comunitario.

Ciò è quanto emerge dalla recente puntualizzazione apparsa sul sito dell’ANAC l’8 aprile 2024 (in relazione al parere n. 13/2024).

2. La posizione dell’ANAC

L’autorità anticorruzione, afferma pertanto che nel sottosoglia è possibile utilizzare le procedure ordinarie “aggravate” (al netto delle situazioni sopra prospettate) “tenendo conto però del principio di risultato”.

Nel caso di specie si rammenta che l’Anac “è stata chiamata a fornire il proprio parere sulla possibilità o meno di utilizzare, nel sottosoglia comunitario, procedure di aggiudicazione maggiormente articolate (le procedure ordinarie) in luogo di quelle indicate dal legislatore ovvero procedimenti (nel caso dell’affidamento diretto) e procedure (nel caso della procedura negoziata) maggiormente semplificate”.

Nella prospettiva del RUP della stazione appaltante istante, più nel dettaglio, si pone la questione – in relazione ad un appalto di lavori di importo inferiore al milione di euro – dell’utilità di utilizzare una procedura ordinaria “in considerazione della peculiarità dell’opera interessata dai lavori” che “appare maggiormente idonea a soddisfare l’esigenza della stazione appaltante di una più ampia concorrenza, secondo quanto opportunamente esplicitato nella motivazione del provvedimento di indizione della procedura stessa”.

Nel riscontro – si legge nell’esplicazione pubblicata sul sito dell’autorità – si evidenzia che “sulla base dei chiarimenti forniti dalla circolare del Ministero infrastrutture e trasporti (nda n. 298/2023) (…) debba considerarsi consentito, in via generale, per gli affidamenti di valore inferiore alle soglie comunitarie di cui all’art. 50 del Codice Appalti (anche) il ricorso alle procedure ordinarie, secondo le opportune valutazioni della stazione appaltante in relazione alle caratteristiche del mercato di riferimento, alle peculiarità dell’affidamento e agli interessi pubblici ad esso sottesi”.

Unico limite, prosegue l’autorità è dato dal “principio di risultato che impone al Rup di valutare attentamente il risultato da conseguire e quindi di salvaguardare/tutelare gli interessi della stazione appaltante. In sostanza, pur potendo il Rup scostarsi dalla disposizione – che in verità è perentoria -, è comunque tenuto a chiarire, almeno a livello interno, le ragioni per le quali sceglie di operare con una dinamica di affidamento maggiormente dispendiosa in termini di tempo e lavoro. Il Rup quindi, preventivamente, in sede di predisposizione della decisione a contrarre, deve chiarire che il risultato, dell’affidamento e di una esecuzione tempestiva del contratto, lo si persegue meglio/in modo più efficace”.

3. La prerogativa del RUP in tema di sistemi di affidamento

Mettendo in rapporto l’affermazione dell’ANAC – secondo cui nel sottosoglia il RUP può scegliere di non utilizzare le procedure semplificate ma avendo riguardo al risultato da raggiungere (e quindi con assunzione precisa e specifica di una responsabilità) – e il potere/compito fissato dall’articolo 6, comma 1, lett. g) dell’allegato I.2 – che assegna al RUP il potere/compito di decidere i sistemi di affidamento da utilizzare -, sono possibili approfondimenti e conseguenti indicazioni pratico/operative al principale responsabile dell’attività contrattuale. 

La prima questione che deve essere approfondita riguarda il ruolo del RUP all’interno della stazione appaltante/ente concedente.

Se il RUP coincide con il dirigente/responsabile del servizio titolare del PEG e quindi è titolare del potere di spesa relativo all’affidamento, la prerogativa decisoria è, si potrebbe dire, reale e completa (nel senso che la decisione viene assunta da questo soggetto fermo restando i condizionamenti sopra detti dal tenore delle disposizioni del codice).

Il RUP in questo caso coincide con il soggetto che ha il potere di firma a valenza esterna ovvero del soggetto che è tenuto a firmare la decisione a contrarre in cui viene declinato il sistema di affidamento (inoltre l’atto in parola approva i vari atti tecnici e contiene la prenotazione di impegno di spesa).

In questo caso, pur nei limiti anzidetti, la scelta sul sistema di affidamento è effettuata dal soggetto realmente abilitato a formalizzare la decisione che impegna l’amministrazione/stazione appaltante/ente concedente.

Altra possibilità del RUP di discostarsi dall’obbligo di utilizzare procedimenti/procedure semplificate è prevista per i lavori di importo pari o superiori al milione di euro.

4. Il caso del RUP “subordinato” al dirigente/responsabile del servizio titolare del potere di spesa  

Il potere decisorio, almeno in relazione alla scelta del sistema di affidamento, risulta in concreto sostanzialmente azzerato nel caso in cui il RUP non coincida con il dirigente/responsabile del servizio. 

In questo caso, infatti, il soggetto in questione ha un mero potere istruttorio in realtà già “penalizzato/limitato”, come detto sopra, dal micro impianto normativo voluto dall’estensore prima e dal legislatore dopo.

E’ importante analizzare questi due aspetti.

Se il RUP non è il titolare del potere di spesa – negli enti locali -, non può assumere, con proprio atto, la prenotazione di impegno di spesa e non può impegnare l’ente all’esterno.

Non può firmare, per intendersi, la decisione a contrarre né la decisione di affidamento/aggiudicazione, così come non può stipulare il contratto né può assumere il successivo impegno di spesa (visto che questo segue il perfezionamento dell’obbligazione giuridica).

In questa ipotesi, a prescindere dal dettato normativo (contenuto nell’articolo 6, comma 1 lett. g) dell’allegato I.2) il RUP mantiene (non ha che) necessariamente un mero ruolo propositivo e non decisorio.

L’aspetto pratico che si pone è quello di intermediare (rendere applicabile) il dettato normativo – l‘attribuzione di questo potere decisorio – all’interno delle stazioni appaltanti/enti concedenti.

Si tratta di comprendere cosa accade (o cosa potrebbe accadere) nell’ipotesi in cui alla proposta del RUP di adottare un certo sistema di affidamento si contrapponga una decisione (in questo caso si) diversa del dirigente/responsabile del servizio.

La risposta spontanea  è quella del rinvio a quanto previsto dalla legge 241/90 ex art. 6 comma 1, lett. e)) in cui si spiega che se il dirigente/responsabile del servizio dovesse valutare di scostarsi dalla proposta del responsabile del procedimento occorre motivare detto scostamento.

Il problema pratico, però, è che con il nuovo codice, gli estensori hanno deciso di affrancare il RUP dalla legge 241/90 evidenziando, continuamente, nella relazione tecnica che il RUP non è un mero (o doppione del) responsabile di procedimento ai sensi della legge predetta.

È un responsabile di progetto ovvero è il soggetto incaricato di realizzare l’intervento.

Ha una autentica obbligazione di risultato e questo è rappresentato, ad esempio, nel caso di lavori dalla realizzazione e fruizione dell’opera, analogo ragionamento deve essere espresso in caso di fornitura o servizi e/o di concessione.

Altra questione pratica è che gli estensori, in relazione a tale potere decisorio esplicitato nell’articolo 6 – innovando profondamente il pregresso riferimento all’attività invece solo propositiva -, non hanno previsto nessuna “clausola di chiusura” ovvero non hanno previsto, per meglio intendersi, il caso dello scostamento dalla “decisione” del RUP   ed in che modo si deve procedere.

A differenza, ad esempio, di quanto hanno previsto nel successivo articolo 7, comma 1, lett. g) in cui si legge che il RUP “adotta il provvedimento finale della procedura quando, in base all’ordinamento della stazione appaltante, ha il potere di manifestare all’esterno la volontà della stessa”.        

In questo inciso ultimo riportato è chiaramente esplicitato il fatto che il RUP può adottare la decisione di affidamento (o di non affidare l’appalto/concessione) solamente se è il dirigente/responsabile del servizio; nel caso in cui non coincidesse con il soggetto in questione non può adottare l’atto a valenza esterna (perché non ha il potere di firma verso l’esterno e la prerogativa di “impegnare” l’ente).  

Nel primo caso in considerazione, in relazione quindi alla scelta del sistema di affidamento (della tipologia del contratto e del criterio da utilizzare per scegliere la migliore offerta), l’estensore non ha previsto alcuna possibilità alternativa.

Ciò può avere una sola spiegazione.

Se il ragionamento alla base della rivalutazione/riconfigurazione del RUP è che questo soggetto si colloca come posizione intermedia tra il mero responsabile del procedimento (ex lege 241/90) ed il dirigente/responsabile del servizio, non solo, il RUP viene appositamente nominato come soggetto in grado di assicurare la realizzazione dell’intervento ma si deve ipotizzare che la scelta – sui sistemi di affidamento, come sulla tipologia del contratto da utilizzare o del criterio per affidare/aggiudicare la prestazione – non possa essere, praticamente, oggetto di discussione.

Ovvero non potrebbe verificarsi in concreto – ma si tratterebbe di affermazione non corretta -, una scelta di operare diversamente da quella prospettata dal RUP.

In realtà, una simile risposta non può essere accettata visto che priverebbe di ogni prerogativa il dirigente/responsabile del servizio che, come detto, deve firmare la decisione a contrarre e quindi, in sostanza, condivide la scelta di affidamento (e le altre condizioni declinate nella legge di gara visto che firmerà anche questa) e con questa la correlata responsabilità. 

La risposta possibile, invece, è che il dirigente/responsabile del servizio possa evidentemente discostarsi ma – senza richiamare la legge 241/90 -, sicuramente con un apparato motivazionale importante/intenso che potrebbe anche essere letto, nella sostanza, come azione che sconfessa quella del RUP. E, pertanto, deve essere gestita con grande cautela ad esempio con interventi/incontri fin dalla fase propedeutica per sconfessare ogni scontro/conflitto sul procedimento/procedura di scelta indicato dal RUP.

Altra considerazione invece, legata all’attuale tenore del nuovo impianto normativo, come si è detto sopra, è che in realtà un autentico potere di scelta sulle procedure di affidamento (così come sulla tipologia del contratto o sul criterio di affidamento/aggiudicazione) in realtà non esista o non esista nella sua completezza nel senso che risulta condizionato/contingentato dalle norme del codice.

Quest’ultima annotazione fotografa perfettamente la realtà che emerge dalle disposizioni giuridiche se si analizzano pochi aspetti.

Come detto, in tema di appalti nel sottosoglia il RUP ha un preciso impianto normativo dal quale si può discostare o nei casi in cui risulti obbligato (presenza di interesse transfrontaliero) o nel caso della facoltà concessa dal legislatore (per lavori di importo pari o superiore al milione di euro) e in via residuale nel caso in cui certifichi/dimostri (scrivendolo nella proposta di decisione a contrarre) che un miglior risultato si può ottenere utilizzando delle procedure diverse (ad esempio la gara nel sottosoglia comunitario).

Ma è del tutto evidente che questa “prova” ha tratti quasi diabolici nel senso che non appare per niente semplice dimostrare che il risultato sarà diverso (migliore sotto il profilo tecnico/qualitativo/quantitativo) se si aggrava/complica  la procedura in luogo dell’utilizzo di quella semplificata.

Non solo dimostrare quanto è complesso, e tra l’altro deve essere anche condiviso con il dirigente/responsabile del servizio, ma potrebbe altresì accadere che tale aspetto quanti/qualitativo “migliore” (ovvero un risultato migliore) non risulti di interesse alla stazione appaltante/ente concedente in rapporto alla particolare situazione (ad esempio nel pericolo di perdere un finanziamento) oppure semplicemente per il fatto che alla valutazione del RUP se ne contrapponga una diversa che dimostri che utilizzando procedure diverse da quelle prospetta dall’estensore il risultato non sarà affatto “migliore”.

E’ evidente che sulla stessa configurazione giuridica del risultato si possono avere visioni/valutazioni opposte oltre che semplicemente diverse. 

Altra questione poi, è la “prova” che emerge dall’utilizzo del procedimento maggiormente aggravato.

Si pensi al caso in cui quanto prospettato dal RUP, ovvero l’ipotizzato miglioramento del risultato, non si verifichi concretamente. E’ chiaro che questo soggetto rischia di trovarsi coinvolto in situazioni di delicata responsabilità.  

In relazione alle procedure ordinarie, poi, la scelta può solo esplicitarsi in una diversa tipologia di procedura ma nell’ambito dell’esigenza/obbligo di effettuare una gara pubblica.

Stessi ragionamenti si devono esprimere circa la scelta della tipologia contrattuale (visto che chiare indicazioni dell’articolo 18) e sul criterio di affidamento e aggiudicazione stante il disposto contenuto nell’articolo 108 e, si pensi, ai casi in cui è imposto il multicriterio (criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) che non può essere certo oggetto di altra interpretazione da parte del RUP.     

Il RUP si colloca come posizione intermedia tra il mero responsabile del procedimento (ex lege 241/90 ed il dirigente/responsabile del servizio 

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Questo articolo è stato scritto da...

Dott. Stefano Usai
Vice segretario del Comune di Terralba (Or)
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