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( vote)1. Premesse
E’ ormai in fase di definitiva approvazione lo schema di Decreto Legislativo n. 283 attuativo dell’ articolo 1 della legge di delega 28 gennaio 2016, n. 11 recante “disposizioni per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”.
In pompa magna il governo italiano ha proclamato la stesura e approvazione nel Consiglio dei Ministri dello scorso 3 marzo, del nuovo Codice degli appalti e delle concessioni, normazione capace d’un sol colpo di semplificare, armonizzare, illuminare, economicizzare, efficientare, il mercato delle commesse pubbliche italiane.
Non deve dimenticarsi che il testo del nuovo Codice è figlio di un obbligo imposto dall’Europa allorquando sono state adottate le nuove Direttive europee in tema di appalti e concessioni pubbliche, di cui il nuovo testo normativo non è altro che trasposizione interna.
La Direttiva 2014/23/UE, in particolare, implementa una disciplina in tema di contratti di concessione rappresenta una novità nell’ambito della legislazione comunitaria. Scopo del legislatore comunitario è di superare le differenze tra le varie discipline nazionali stratificatesi negli anni in seno agli ordinamenti interni dei vari Stati membri, conferendo alla materia un disegno organico ed assicurando quindi parità di condizioni per tutti gli operatori economici per l’accesso ad un mercato di sempre crescente rilevanza.
Si è ritenuto necessario, infatti, garantire l’applicazione uniforme dei principi del Trattato in tutti gli Stati membri ed eliminare le discrepanze nell’interpretazione degli stessi cui non di rado conseguivano distorsioni nel mercato rilevante.
2. Il rischio operativo secondo la disciplina comunitaria
Contrariamente alla precedente disciplina contenuta nella Direttiva 2004/18/CE, che aveva previsto solo una limitata regolamentazione delle concessioni di lavori mentre aveva espressamente escluso dal suo campo di applicazione le concessioni di servizi, la nuova Direttiva si propone di dare una disciplina unitaria ed organica sia delle concessioni di lavori[1] che delle concessioni di servizi[2].
In entrambi i casi, secondo quanto previsto dall’art. 3 della nuova Direttiva, tratto fondamentale dell’istituto della concessione (sia essa di lavori o di servizi) è l’espresso trasferimento in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei lavori o dei servizi. Il rischio operativo può comprendere il rischio sul lato della domanda[3] o sul lato dell’offerta[4], o entrambi.
L’individuazione dell’allocazione di tali rischi in capo al concessionario quali elementi dirimenti per la qualificazione dell’affidamento del contratto pubblico alla stregua di una concessione e non di un appalto, invero, sebbene sotto altro profilo, risultava già da tempo acquisita a livello comunitario, poiché derivazione di alcuni principi espressi da Eurostat nella celebre Decisione del 2004, in seno alla quale veniva stabilito che il debito eventualmente contratto (funzionalizzato alla realizzazione dei lavori affidati) da parte dell’affidatario del contratto pubblico poteva essere posto quale passività di bilancio del soggetto privato anziché da parte della pubblica amministrazione affidante, a condizione che sussistessero le anzi citate circostanze fattuali di esternalizzazione dei rischi.
In altri termini, attraverso tali raccomandazioni contabili, l’istituto di statistica europeo ha evidenziato che per poter verificare che l’affidamento posto in essere dall’amministrazione si concreti in una vera a propria traslazione in capo a terzi di responsabilità finanziarie e contabili circa la restituzione delle somme erogate a titolo di finanziamento nei confronti dell’affidatario di un contratto pubblico, appare necessario che l’affidatario sia esposto da un punto di vista strettamente contrattuale nei riguardi dell’ente affidante alternativamente o al rischio delle fluttuazioni del mercato (domanda di prestazioni) ovvero al rischio di poter offrire la disponibilità piena ed esatta delle prestazioni ad esso affidate tramite gara ad evidenza pubblica.
Il rischio operativo dovrebbe essere inteso come rischio di esposizione alle fluttuazioni del mercato, che possono derivare da un rischio sul lato della domanda o sul lato dell’offerta ovvero contestualmente da un rischio sul lato della domanda e sul lato dell’offerta.
Il considerando 20 della Direttiva in effetti ne recepisce il contenuto chiarendo che “Il rischio operativo dovrebbe essere inteso come rischio di esposizione alle fluttuazioni del mercato, che possono derivare da un rischio sul lato della domanda o sul lato dell’offerta ovvero contestualmente da un rischio sul lato della domanda e sul lato dell’offerta. Per rischio sul lato della domanda si intende il rischio associato alla domanda effettiva di lavori o servizi che sono oggetto del contratto. Per rischio sul lato dell’offerta si intende il rischio associato all’offerta dei lavori o servizi che sono oggetto del contratto, in particolare il rischio che la fornitura di servizi non corrisponda alla domanda. Ai fini della valutazione del rischio operativo, dovrebbe essere preso in considerazione in maniera coerente ed uniforme il valore attuale netto dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario”.
In assenza di tali condizioni, l’eventuale debito contratto dall’affidatario privato non potrebbe essere contabilizzato dallo Stato fuori dal proprio bilancio, con l’indiretta conseguenza che l’affidamento in questione non avrebbe potuto considerarsi come un partenariato pubblico privato, di cui la concessione ne è una delle varie estrinsecazioni.
Inoltre, è opportuno ricordare che, anche sotto il profilo più strettamente giuridico, in avallo di quanto chiarito sotto il profilo pubblico contabile da Eurostat, nella giurisprudenza della Corte di Giustizia Europa, l’effettiva sussistenza del succitato trasferimento del rischio operativo in capo al concessionario, è stato storicamente individuato quale l’elemento distintivo che consente di identificare l’affidamento de quo quale una concessione e non invece un appalto.
A tal proposito la Corte ha più volte rilevato che: “si è in presenza di una concessione di servizi allorquando le modalità di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest’ultimo assume il rischio legato alla gestione dei servizi in questione (sentenza 18 luglio 2007, C‑382/05, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑6657, punto 34, e giurisprudenza ivi citata)” (Corte di Giustizia delle C.E., sezione III, 13 ottobre 2008, C-437/07).
Ai sensi della Direttiva, in particolare, si considera che il concessionario assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti, prendendo in considerazione il valore attuale netto dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario.
Non è poi indispensabile che al concessionario sia trasferito integralmente il rischio operativo (sia esso sul lato domanda o offerta), ma è comunque necessario che la parte del rischio trasferita comporti una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato, tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile.
Infatti, come chiarito nel 18° considerando, la caratteristica principale di una concessione implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti in condizioni operative normali, anche se una parte del rischio resta a carico dell’amministrazione aggiudicatrice.
Non si sarebbe quindi di fronte ad una concessione ma ad un semplice appalto nel caso in cui l’operatore economico fosse sollevato da qualsiasi perdita potenziale mediante la garanzia di un introito minimo assicurato dall’amministrazione aggiudicatrice pari o superiore agli investimenti effettuati e ai costi sostenuti in relazione all’esecuzione del contratto.[5]
Viceversa, la semplice limitazione del rischio non esclude che il contratto si configuri come concessione, come avviene, per esempio, nei settori con tariffe regolamentate (come quello autostradale) ovvero nel caso in cui il rischio operativo sia limitato mediante accordi di natura contrattuale che prevedano una compensazione parziale, inclusa una compensazione in caso di cessazione anticipata della concessione per motivi imputabili all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore ovvero per cause di forza maggiore (cfr. 19° considerando).
Il non avvenuto trasferimento al prestatore del rischio legato alla prestazione dei servizi indica che l’operazione in parola rappresenta un appalto pubblico di servizi e non una concessione di servizi
Il concetto di rischio operativo, quale elemento distintivo della concessione rispetto all’appalto, era peraltro già stato ampiamente individuato dalla Corte di Giustizia. Nella pronuncia del 10 novembre 2011 (Causa C-348/10), la Corte ha, infatti, ritenuto che “se è vero che la modalità di remunerazione è uno degli elementi determinanti per la qualificazione come concessione di servizi, dalla giurisprudenza risulta inoltre che la concessione di servizi implica che il concessionario si assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione. Il non avvenuto trasferimento al prestatore del rischio legato alla prestazione dei servizi indica che l’operazione in parola rappresenta un appalto pubblico di servizi e non una concessione di servizi (…). Occorre pertanto verificare se il prestatore si assuma il rischio legato alla gestione del servizio. Se è pur vero che tale rischio può essere, ab origine, considerevolmente ridotto, ai fini della qualificazione come concessione di servizi è necessario, tuttavia, che l’amministrazione aggiudicatrice trasferisca integralmente o, almeno, in misura significativa al concessionario il rischio nel quale essa incorre. È, infatti, noto che taluni settori di attività, in particolare quelli riguardanti attività di pubblica utilità, come quello controverso nella causa principale, sono disciplinati da normative che possono avere l’effetto di limitarne i rischi economici”.
Alla luce di quanto sopra, è possibile asserire che il disposto codificato dalla Direttiva Europea in ordine alla necessità del trasferimento del rischio operativo in capo all’affidatario, quale elemento dirimente per condurre alla qualificazione giuridica dell’affidamento alla stregua di una concessione, appare in linea con l’orientamento da tempo consolidatosi della Corte di Giustizia Europea, cui la giurisprudenza amministrativa nazionale ha aderito completamente, non rivenendosi particolari novità sul piano della disciplina sostanziale rispetto al precedente assetto legale, nonché in linea con a quanto aveva già chiarito Eurostat nel 2004 in seno alle condizioni per la classificazione fuori bilancio dei debiti contratti dall’affidatario del contratto pubblico.
Di tali considerazioni ne ha fatto tesoro il legislatore nazionale in sede di recepimento delle suddette disposizioni, prevedendo specifiche norme nel nuovo Codice sia all’articolo 3 dedicato alle definizioni dei concetti di concessione e di rischio operativo, che agli artt. 164 e ss in tema di disciplina delle concessioni stesse.
3. Il rischio operativo nel nuovo Codice
Alcune definizioni contenute nell’articolo 3 riguardano specificamente le concessioni: si tratta delle lettere uu) e vv), che individuano rispettivamente la “concessione di lavori” e la “concessione di servizi” riprendendo le corrispondenti definizioni dell’articolo 5 della direttiva n. 23.
A mente del nuovo Codice, sono da considerarsi «concessione di lavori», i contratti “a titolo oneroso stipulati per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano l’esecuzione di lavori ad uno o più operatori economici riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i lavori oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei lavori”.
Non dissimile, se non per l’oggetto è la «concessione di servizi», la cui definizione così recita: “un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera ll) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi”. Ciò che lega entrambe le definizioni è il concetto di allocazione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei lavori o dei servizi, la cui definizione identica a quella dell’articolo 5 della direttiva n. 23 è riportata nella lettera zz) secondo cui è rischio operativo “il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi, trasferito al concessionario. Si considera che il concessionario assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita al concessionario deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile”.
Si considera che il concessionario assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita al concessionario deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile
L’articolo 165 del nuovo Codice definisce, poi, i contratti di concessione qualificandoli come i contratti in cui la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario proviene dalla vendita dei servizi resi al mercato. Detti contratti comportano il trasferimento al concessionario del rischio operativo riferito alla possibilità che, in condizioni operative normali, le variazioni del mercato incidano sull’equilibrio del piano economico finanziario. Le variazioni devono essere, in ogni caso, in grado di incidere significativamente sul valore attuale netto dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario.
Nello specifico, la norma prevede che l’equilibrio economico finanziario rappresenti il presupposto per la corretta allocazione dei rischi. Ai sensi dell’art. 3 lett. fff) si definisce «equilibrio economico e finanziario», la contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economico e sostenibilità finanziaria. Per convenienza economica si intende la capacità del progetto di creare valore nell’arco della durata del contratto e di generare un livello di redditività adeguato per il capitale investito; per sostenibilità finanziaria si intende la capacità del progetto di generare flussi di cassa sufficienti a garantire il rimborso del finanziamento.
Invero ad un occhio attento e avvezzo alle tematiche connesse all’iscrizione fuori bilancio dei debiti di finanziamento contratti con gli enti finanziatori dal concessionario in relazione alla realizzazione delle opere infrastrutturali assentite, non potrà fare a meno di notare che qualora si voglia rintracciare nel tessuto normativo del nuovo Codice la più profonda definizione comunitaria del rischio operativo secondo quanto previsto dalla succitata Decisione Eurostat del 2004 in tema di off balance deve farsi riferimento a quanto previsto dal comma 3 dell’art. 180 in tema di ppp (di cui i contratti di concessioni sono una species contrattuale del genus PPP), laddove è previsto che “Nel contratto di partenariato pubblico privato il trasferimento del rischio in capo all’operatore economico comporta l’allocazione a quest’ultimo, oltre che del rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità o, nei casi di attività redditizia verso l’esterno, del rischio di domanda dei servizi resi, per il periodo di gestione dell’opera come definiti dall’articolo 3 comma 1 lettere bbb) e ccc)[6]. Tale contratto è definito tra le parti in modo che il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti dall’operatore economico, per eseguire il lavoro o fornire il servizio, dipenda dall’effettiva fornitura del servizio o utilizzabilità dell’opera o dal volume dei servizi erogati in corrispondenza della domanda e, in ogni caso, dal rispetto dei livelli di qualità contrattualizzati, purché la valutazione avvenga ex ante. Con il contratto di partenariato pubblico privato sono altresì disciplinati anche i rischi, incidenti, sui corrispettivi, derivanti da fatti non imputabili all’operatore economico”.
Nel contratto di partenariato pubblico privato il trasferimento del rischio in capo all’operatore economico comporta l’allocazione a quest’ultimo, oltre che del rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità o, nei casi di attività redditizia verso l’esterno, del rischio di domanda dei servizi resi, per il periodo di gestione dell’opera
Nella traslazione in capo al concessionario del rischio di costruzione delle opere infrastrutturali necessarie per espletare il servizio (accessorie – come nel caso della concessione di servizi – o meno che siano) e, alternativamente, del rischio disponibilità ovvero domanda, si sostanzia la traslazione del rischio operativo che consente, come indicato dall’istituto di statistica europeo, la possibilità di non iscrivere a bilancio il debito contratto dal concessionario (che solo in tale caso come tale è qualificabile) in dipendenza dell’affidamento del contratto pubblico.
4. Alcune riflessioni
Alla luce delle superiori considerazioni possono spendersi alcune osservazioni in termini generali di cui è opportuno tener conto al fine di poter comprendere l’attuale assetto legale in tema di concessione pubbliche. Occorre sottolineare che l’avvenuta codificazione della necessità di traslare in capo al concessionario del rischio operativo quale condizione per poter qualificare l’affidamento quale concessione, risulta quindi una positivizzazione di principi che a livello comunitario erano già stati delineati sotto il profilo strettamente giuridico dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea laddove si è trovata a dover distinguere i tratti distintivi dell’appalto rispetto alla concessione, nonché, sotto un profilo finanziario-contabile da Eurostat, allorquando ha dettato regole omogenee per la classificazione in bilancio dei debiti contratti dagli affidatari di commesse pubbliche, asserendo che si tratta di partenariato pubblico privato esclusivamente nel caso in cui sussista un effettiva traslazione del rischio operativo in capo al soggetto privato. Non può sfuggire agli addetti ai lavori che nell’ampio concetto di partenariato pubblico privato la concessione non è altro che una species a carattere contrattuale, da distinguersi da PPP istituzionalizzato esemplificato dalle società miste deputate all’esecuzione di servizi di interesse economico generale (per i quali la componente lavori non è di secondo piano, come nel caso dei servizi a rete fisica). Non è chiaro il motivo squisitamente di politica del diritto per cui il legislatore nazionale abbia inteso dettare discipline distinte per fattispecie riconducibili al medesimo genus, adottando, da un lato, una trasposizione interna quasi pedissequa dei concetti espressi nella disciplina europea per quanto riguarda le concessioni, e dall’altro, la predisposizione di un folto e magmatico dettato normativo per lo più proveniente dalla prassi contrattuale bancaria – peraltro in barba ai principi di semplificazione di cui ci si è fregiati nelle conferenze stampa celebrative della fatica codificatoria – per la disciplina della fattispecie del PPP contrattualizzato a fondamento del quale vi è un titolo autorizzatorio a carattere quasi sempre concessorio (eccezion fatta per gli sparuti casi di contratti di disponibilità ovvero di locazione finanziaria), concretandosi così due distinte discipline a seconda che si tratti di una concessione tout court ovvero una PPP affidato tramite concessione e finanziato tramite la finanza di progetto. Non si vede come la prima ipotesi possa essere appetibile per gli enti finanziatori finanziare un concessionario affidatario esclusivamente ex art. 164 (e non ex art. 184) se gli stessi finanziatori non possano godere dei privilegi e prerogative connesse alla qualificazione della concessione come PPP (privilegio sui crediti, step in right ecc). E’ evidente che si tratta di una sovrapposizione normativa che si tradurrà in una inutilizzabilità dello strumento concessorio ex art. 164 (se non ai fini della qualificazione meramente amministrativa del titolo giuridico conferito all’affidatario quale concessione), con conseguente fagocitazione del PPP del mercato delle concessioni, non escluse quelle di servizi.
[1] La «concessione di lavori» è definita come un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano l’esecuzione di lavori ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i lavori oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo.
[2] Per «concessione di servizi» si intende un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera a) ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo.
[3] Per rischio sul lato della domanda si intende il rischio associato alla domanda effettiva di lavori o servizi che sono oggetto del contratto.
[4] Per rischio sul lato dell’offerta si intende il rischio associato all’offerta dei lavori o servizi che sono oggetto del contratto, in particolare il rischio che la fornitura di servizi non corrisponda alla domanda.
[5] Sul tema vedasiCorte di Giustizia U.E., Sezione III – Sentenza 10/03/2011 n. C-274/09, secondo cui: “L’art. 1, nn. 2, lett. d), e 4, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che, quando la remunerazione dell’operatore economico selezionato è integralmente garantita da soggetti diversi dall’amministrazione aggiudicatrice che ha attribuito il contratto di prestazione di servizi di soccorso e tale operatore economico incorre in un rischio di gestione, per quanto molto ridotto, poiché, in particolare, l’importo dei corrispettivi d’uso dei servizi in questione dipende dall’esito di trattative annuali con soggetti terzi e non gli è garantita una copertura integrale dei costi sostenuti nell’ambito di una gestione delle sue attività conforme ai principi sanciti dal diritto nazionale, tale contratto deve essere qualificato come contratto di «concessione di servizi», ai sensi dell’art. 1, n. 4, della stessa direttiva”.
[6] aaa) «rischio di costruzione», il rischio legato al ritardo nei tempi di consegna, al non rispetto degli standard di progetto, all’aumento dei costi, a inconvenienti di tipo tecnico nell’opera e al mancato completamento dell’opera;
bbb) «rischio di disponibilità», il rischio legato alla capacità, da parte del concessionario, di erogare le prestazioni contrattuali pattuite, sia per volume che per standard di qualità previsti;
ccc) «rischio di domanda», il rischio legato ai diversi volumi di domanda del servizio che il concessionario deve soddisfare, ovvero il rischio legato alla mancanza di utenza e quindi di flussi di cassa