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1. Il processo di razionalizzazione delle partecipate locali

1.1 Il piano operativo e il controllo della Corte dei conti

I commi successivi al 609 della Legge di Stabilità riguardano, in via generale e trasversale, il panorama, ampio e complesso, delle società a partecipazione pubblica regionale e locale.

Si tratta principalmente – ma non solo – delle società che svolgono servizi strumentali per la pubblica amministrazione di cui all’art. 13 del D.Lgs. 223/2006 cd. “Decreto Bersani” (“le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali  per la produzione di beni e servizi strumentali all’attività’ di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali … ”), contemplate anche nella “Legge Finanziaria 2008” (L. 24 dicembre 2007, n. 244).

Le società che rientrano nell’ambito di tali previsioni vanno individuate inoltre in base al soggetto che ne detiene le quote: dopo varie modifiche, il legislatore ha confermato l’ampia applicabilità delle disposizioni in questione non solo alle regioni, alle province autonome di Trento e di Bolzano, agli enti locali, ma anche alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, alle università e agli istituti di istruzione universitaria pubblici, alle autorità portuali.

Un primo vincolo è posto dal comma 611, secondo cui “al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica, il contenimento della spesa, il buon andamento dell’azione amministrativa e la tutela della concorrenza e del mercato”, tali soggetti devono, a decorrere dal 1º gennaio 2015, avviare “un processo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, in modo da conseguire la riduzione delle stesse entro il 31 dicembre 2015”.

La portata ampia della norma lascia intendere che la razionalizzazione così imposta dal legislatore riguardi tutte quelle società che siano partecipate, direttamente o indirettamente, dai soggetti sopra elencati, incluse le società svolgenti servizi pubblici locali; si rammenta, tuttavia, che l’incipit del comma 611 fa salvo l’art. 3, commi 27-29, della L. 24 dicembre 2007, n. 244, che esclude dai vincoli ivi previsti (divieto di costituzione e obbligo di dismissione) lesocietà che producono servizi di interesse  generale[1].

In sostanza si fa salvo l’impianto normativo preesistente in materia di società partecipate aventi carattere strumentale e non essenziale rispetto ai bisogni dell’ente e si prevede, più in generale, un obbligo di razionalizzazione che riguardare tutte le società degli enti locali e dei soggetti ad essi assimilati. 

Le Regioni e gli locali (nonché i soggetti ad essi assimilati dalla norma) devono, a decorrere dal 1º gennaio 2015, avviare un processo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute in modo da conseguire la riduzione delle stesse entro il 31 dicembre 2015.

Il legislatore, sempre al citato comma 611, detta alcune “linee guida” cui deve essere improntato il suddetto processo di razionalizzazione, che appare utile riportare testualmente qui di seguito:

“a) eliminazione delle società e delle partecipazioni societarie non indispensabili al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, anche mediante messa in liquidazione o cessione;

b) soppressione delle società che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;

c) eliminazione delle partecipazioni detenute in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali, anche mediante operazioni di fusione o di internalizzazione delle funzioni;

d) aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica;

e) contenimento dei costi di funzionamento, anche mediante riorganizzazione degli organi amministrativi e di controllo e delle strutture aziendali, nonché attraverso la riduzione delle relative remunerazioni.”.

Quanto alla lettera a), la legge ripropone l’obbligo di eliminazione delle società o partecipazioni societarie “non indispensabili” già previsto dall’art. 3 della Legge finanziaria 2008.

Gli altri criteri appaiono innovativi nel senso della riduzione degli apparati burocratici inutili e delle società non “operative” (v. lett. b) nonché della eliminazione di società “sovrabbondanti” (v. lett. c).

Anche qui – coerentemente con i commi precedenti, riguardanti le società di servizi pubblici locali a rilevanza economica – torna (v. lett. d) la “spinta” alla aggregazione prevedendosi, in sede di razionalizzazione, una sorta di preferenza verso fenomeni di aggregazione societaria, rimanendo da ultimo l’obiettivo, coerente con la spending review, di contenimento dei costi di funzionamento (v. lett. e).

Tali criteri dovranno orientare l’attività degli organi di vertice delle amministrazioni interessate dalla razionalizzazione in esame, i quali sono espressamente chiamati dal legislatore a svolgere entro il 31 marzo 2015 i seguenti adempimenti:

  • definire e approvare un piano operativo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, di cui siano indicati i tempi e le modalità di attuazione nonché il dettaglio dei risparmi da conseguire, e che contenga una apposita relazione tecnica;
  • pubblicare il piano sul proprio sito internet;
  • trasmettere il piano alla sezione competente della Corte dei Conti[2].

Al fine di verificare l’effettiva attuazione del piano e garantire la trasparenza amministrativa, la legge fa obbligo ai soggetti di cui sopra di predisporre entro il 31 marzo 2016 una seconda relazione sui risultati conseguiti, che deve essere ugualmente trasmessa alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti nonché pubblicata nel sito internet istituzionale dell’amministrazione interessata.

Entro il 31 marzo 2016, le amministrazioni devono predisporre una relazione sui risultati conseguiti in attuazione del piano di razionalizzazione, che deve trasmessa alla Corte dei conti e pubblicata nel sito internet istituzionale dell’amministrazione interessata.

Il legislatore, in sostanza, non impone alle amministrazioni un vero e proprio obbligo di soppressione delle società “inutili” (ad esempio identificandole nelle società che non rispettano determinati parametri di efficienza), ma si limita a stabilire un onere procedimentale e motivazionale a carico delle medesime amministrazioni (il piano di razionalizzazione), mentre è rimessa in definitiva alla Corte dei conti la verifica in concreto circa la coerenza del piano ai criteri stabiliti dal legislatore e quindi circa l’effettiva “utilità” di tali società.   

Una specifica previsione della Legge di stabilità riguarda infine le cooperative sociali (comma 610), disciplinate dalla legge 8 novembre 1991, n. 381: il legislatore introduce all’art. 5, comma 1 della legge citata una nuova previsione che impone l’affidamento tramite gara delle convenzioni stipulate tra gli enti pubblici (o tra le società di capitali a partecipazione pubblica), e le suddette cooperative (o analoghi organismi) che svolgono attività per la fornitura di beni  e  servizi – diversi da quelli socio-sanitari ed educativi – il cui importo stimato al netto dell’IVA sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti  pubblici, purché tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate di cui all’articolo 4, comma 1 («Le convenzioni di cui al presente comma sono stipulate previo svolgimento di procedure di selezione idonee ad assicurare il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di efficienza»).

1.2 Regime applicabile alla procedura di dismissione o scioglimento

I commi successivi contengono alcune specificazioni di tipo procedurale, che richiamano come applicabili ai processi di dismissione e scioglimento in esame il codice civile nonché la “Legge di Stabilità 2014”.

In particolare:

  1. ai sensi del comma 613, che appare riferibile anche al settore dei servizi pubblici locali: “Le deliberazioni di scioglimento e di liquidazione e gli atti di dismissione di società costituite o di partecipazioni societarie acquistate per espressa previsione normativa sono disciplinati unicamente dalle disposizioni del codice civile e, in quanto incidenti sul rapporto societario, non richiedono ne’ l’abrogazione ne’ la modifica della previsione normativa originaria”; la norma è volta ad incentivare e semplificare i processi di dismissione e scioglimento aventi ad oggetto partecipazioni la cui acquisizione è stata disposta per legge: le relative delibere sono soggette esclusivamente alla disciplina codicistica e non richiedono interventi sulla legge preesistente;
  2. il comma 614 precisa che ai piani di razionalizzazione di cui sopra si applica l’art. 1, commi da 563 a 568-ter, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (“Legge di stabilità 2014”) che prevede, in caso di processi di scioglimento e alienazione, un regime fiscale agevolato nonché una apposita disciplina in materia di personale in servizio[3]; il comma 568-bis dell’art. 1 della citata legge n. 147/2013 si applica anche agli atti finalizzati all’attuazione dei predetti piani operativi che siano deliberati entro il 31/12/2015.

Con riguardo a tale ultima previsione, vale la pena rammentare che il comma 616 modifica il citato comma 568-bis, lett. a), della legge n. 147/2013, disposizione che prevede la facoltà per le pubbliche amministrazioni di procedere a scioglimento delle partecipate beneficiando a tal fine un regime di esenzione fiscale[4]; in particolare:

a) il suddetto regime fiscale agevolato viene esteso anche all’ipotesi di scioglimento di aziende speciali;

b) viene prolungato il periodo di tempo (da 12 a 24 mesi) entro cui è possibile deliberare lo scioglimento a fronte del suddetto beneficio fiscale.

2. La delega per il riordino delle partecipate

Strettamente connesse alla disciplina sopra richiamata sono le disposizioni del recente disegno di legge n. 1577 AS, in corso di esame al Senato, recante “Riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche”.

In particolare, l’art. 14, nell’ultima versione del testo attualmente disponibile, prevede una delega legislativa per il riordino della disciplina delle partecipazioni azionarie delle amministrazioni pubbliche – da esercitare entro 1 anno dalla data di entrata in vigore del presente testo normativo – «al fine di semplificare e rendere trasparente la partecipazione delle pubbliche amministrazioni nelle società»[5]. L’elenco dei principi e criteri direttivi cui dovrà ispirarsi l’attività del legislatore delegato risente certamente delle indicazioni del Piano Cottarelli: meritevole di apprezzamento è l’obiettivo volto a rafforzare l’efficienza, l’efficacia ed economicità degli organismi partecipati e la necessità di prevedere adeguati sistemi sanzionatori.

Il recente emendamento pare andare incontro alle condivisibili osservazioni della Corte dei Conti, che in sede di audizione ha rilevato come i principi e criteri direttivi dettati dalla norma delega – peraltro già rinvenibili nella normativa vigente – non debbano essere eccessivamente generici e indeterminati,così da prospettare il rischio di una censura per eccesso di delega dei futuri decreti delegati[6].

Non del tutto chiari risultano, i criteri di applicazione del principio di “proporzionalità” delle deroghe alla disciplina privatistica. Secondo la Corte dei Conti, che non nega certo le peculiarità pubblicistiche di tali organismi partecipati, le deroghe alla disciplina privatistica andrebbero ridotte allo stretto necessario «in relazione alle attività svolte e agli interessi pubblici di riferimento».

Il DDL 1577/2014, in corso di esame al Senato, enuncia i principi e criteri direttivi sulla cui base saranno adottati i nuovi decreti legislativi in materia di partecipazioni azionarie delle amministrazioni pubbliche nonché di servizi pubblici locali incentivando gli enti al ricorso alle gare e all’aggregazione dei gestori.

L’art. 15 del DDL 1577 ha, invece, specifico riguardo al riordino della disciplina dei servizi pubblici locali, dettando i criteri direttivi cui dovrà ispirarsi il futuro disegno di legge per il riordino: si conferma quindi il persistente intento legislativo di dettare una disciplina statale, generale e unitaria, per il settore (nonostante la sussistenza, allo stato, di una disciplina comunitaria generale e di discipline settoriali – comunitarie, statali e regionali – specifiche)[7].

In tema di modalità di affidamento dei servizi, la disposizione in esame, a differenza di precedenti interventi normativi, non introduce un obbligo generalizzato di indire procedure ad evidenza pubblica, ma si limita a rinviare alle modalità consentite dalla disciplina europea, anche in tema di “auto-produzione” ed in house (art. 15, lett. c-d); al contempo, si sposa il concetto di premialità previsto dalla Legge di Stabilità (con il nuovo comma 4 dell’art. 3-bis D.L. 138/2011), in favore degli enti locali che ricorrano alle gare e favoriscano l’aggregazione degli ambiti gestionali secondo criteri di economicità ed efficienza (art. 15, lett. e).

Un’ulteriore considerazione riguarda la lettera h), secondo cui il decreto delegato deve contenere la disciplina dei regimi di proprietà e di gestione delle reti: come correttamente osservato dal giudice contabile in sede di audizione «sembra qui alludersi al criterio cosiddetto dell’unbundling, con la connessa separazione fra proprietà o gestione della rete e fornitura del servizio. Ma, così come è formulato, il criterio di delega non pare sufficientemente esplicito nell’indirizzare il legislatore delegato verso tale direzione.»[8].

3. Conclusioni

Sul tema della razionalizzazione (ovvero riduzione, o ancora efficientamento) delle partecipazioni pubbliche locali, siano esse volte alla produzione di servizi di interesse generale che di servizi strumentali, il legislatore non ha ancora esaurito la sua spinta propulsiva.

L’indirizzo che si va affermando comprende non più solo un obbligo normativo tout court e secco (di indire le gare, di alienare le partecipazioni, etc.), ma un ventaglio di misure che mirano, attraverso lo stimolo alle aggregazioni, la redazione dei piano di razionalizzazione, la dismissione, l’apertura dei mercati, ad un unico obiettivo: la riduzione dei costi e il miglioramento dei servizi.

Nel prossimo futuro, e già con le trasmissioni alla Corte dei Conti entro un anno, si misurerà se queste manovre avranno prodotto o meno l’effetto auspicato ed avviato un processo ancora lungo da giungere alla piena conclusione.


[1] V. art. 3, comma 27, cit.: “Al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui  all’articolo  1,  comma  2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono  costituire  società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di  servizi  non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, ne’ assumere o mantenere direttamente  partecipazioni, anche  di  minoranza,  in  tali società.  E’  sempre   ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e che forniscono servizi di committenza o di centrali di committenza a livello regionale a supporto di enti senza scopo di  lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e l’assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30  marzo  2001, n. 165, nell’ambito dei rispettivi livelli di competenza”. Il legislatore fa altresì salvo l’art. 1, comma 569, della legge n. 147/2013, che ha prorogato il termine di 36 mesi previsto dal citato art. 3, comma 27, stabilendo: “Il termine  di trentasei mesi fissato dal comma 29 dell’articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e’ prorogato di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, decorsi i quali la partecipazione non alienata mediante procedura  di evidenza pubblica cessa ad ogni effetto; entro dodici mesi successivi alla cessazione la società liquida in denaro il valore  della  quota del socio cessato in base ai criteri stabiliti all’articolo 2437-ter, secondo comma, del codice civile.”.

[2] V. comma 612: “I presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, i presidenti delle province, i sindaci e gli altri organi di vertice delle amministrazioni di cui al comma 611, in relazione ai rispettivi ambiti di competenza, definiscono e approvano, entro il 31 marzo 2015, un piano operativo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, le modalità e i tempi di attuazione, nonché l’esposizione in dettaglio dei risparmi da conseguire …”.

[3] Tale disciplina contempla, ad esempio, la facoltà per le società partecipate di “realizzare, senza necessità del consenso del lavoratore, processi di mobilità di personale anche in servizio … in relazione al proprio fabbisogno realizzare, senza necessità del consenso del lavoratore, processi di mobilità di personale anche in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, in relazione al proprio fabbisogno”. Essa inoltre prevede il regime applicabile al personale in esubero.

[4] V. il nuovo comma 568-bis: “Le pubbliche amministrazioni locali  indicate  nell’elenco di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, e le società da esse controllate direttamente o indirettamente possono procedere:

a) allo scioglimento della società ((o azienda speciale)) controllata direttamente o indirettamente. Se lo scioglimento e’ in corso ovvero e’ deliberato non oltre ((ventiquattro mesi)) dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, gli atti e le operazioni posti in essere in favore di pubbliche amministrazioni in seguito allo scioglimento della società ((o azienda speciale)) sono esenti da imposizione fiscale,  incluse  le  imposte  sui  redditi  e l’imposta regionale sulle attività produttive, ad eccezione dell’imposta sul valore aggiunto. Le imposte di registro, ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa. In tal caso i dipendenti in forza alla data di entrata in vigore della presente disposizione sono ammessi di diritto alle procedure di cui ai commi da 563 a 568 del presente  articolo. Ove lo scioglimento riguardi una società controllata indirettamente, le plusvalenze realizzate in capo alla società controllante non concorrono alla formazione del  reddito  e del valore della produzione netta e le minusvalenze sono  deducibili nell’esercizio in cui sono realizzate e nei quattro successivi;”.

[5] «Art. 14. (Riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle pubbliche amministrazioni)

1. Il decreto legislativo per il riordino della disciplina in materia di partecipazioni societarie delle pubbliche amministrazioni è adottato al fine prioritario di assicurare la chiarezza della disciplina, la semplificazione normativa e la tutela e promozione della concorrenza, con particolare riferimento al superamento dei regimi transitori, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi, che si aggiungono a quelli di cui all’articolo 12:

a) distinzione tra tipi di società in relazione alle attività svolte e agli interessi pubblici di riferimento, e individuazione della relativa disciplina, anche in base al principio di proporzionalità delle deroghe rispetto alla disciplina privatistica, ivi compresa quella in materia di organizzazione e crisi d’impresa;

b) ai fini della razionalizzazione del sistema delle partecipazioni pubbliche secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, ridefinizione della disciplina, delle condizioni e dei limiti per la costituzione di società, l’assunzione e il mantenimento di partecipazioni societarie da parte di amministrazioni pubbliche;

c) precisa definizione del regime delle responsabilità delle amministrazioni partecipanti e degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate;

d) promozione della trasparenza mediante pubblicazione dei dati economico-patrimoniali e indicatori di efficienza, sulla base di modelli generali che consentano il confronto, anche ai fini del rafforzamento e della semplificazione dei processi di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche partecipanti e delle società partecipate;

e) introduzione di strumenti, anche contrattuali, volti a favorire la tutela dei livelli occupazionali nei processi di ristrutturazione e privatizzazione relativi alle società partecipate;

f) razionalizzazione e rafforzamento dei criteri pubblicistici per gli acquisti e il reclutamento del personale, per i vincoli alle assunzioni e le politiche retributive, finalizzati al contenimento dei costi, introducendo norme per subordinare il riconoscimento, entro limiti predefiniti, di premialità e incentivazioni a criteri di valutazione oggettivi, rapportandole al valore anche economico dei risultati raggiunti;

g) eliminazione di sovrapposizioni tra regole e istituti pubblicistici e privatistici ispirati alle medesime esigenze di disciplina e controllo;

h) possibilità di piani di rientro per le società con bilanci in disavanzo con eventuale commissariamento;

i) regolazione dei flussi finanziari tra ente pubblico e società partecipate secondo il criterio di parità di trattamento tra imprese pubbliche e private;

l) con riferimento alle società partecipate dagli enti locali:

1) per le società che gestiscono servizi strumentali e funzioni amministrative, definizione di criteri e procedure per la scelta del modello societario e per l’internalizzazione e di procedure, limiti e condizioni per l’assunzione, la conservazione e la razionalizzazione di partecipazioni, anche in relazione al numero dei dipendenti, al fatturato e ai risultati di gestione;

2) per le società che gestiscono servizi pubblici di interesse economico generale, definizione, in conformità con la disciplina dell’Unione europea, di criteri e strumenti di gestione volti ad assicurare il perseguimento dell’interesse pubblico ed evitare effetti distorsivi sulla concorrenza, anche attraverso la disciplina dei contratti di servizio e delle carte dei diritti degli utenti e attraverso forme di controllo sulla gestione e sulla qualità dei servizi;

3) rafforzamento delle misure volte a garantire il raggiungimento di obiettivi di qualità, efficienza, efficacia ed economicità, anche attraverso la riduzione dell’entità e del numero delle partecipazioni e l’incentivazione dei processi di aggregazione, intervenendo sulla disciplina dei rapporti finanziari tra ente locale e società partecipate nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e al fine di una maggior trasparenza.».

In merito si veda la Relazione tecnica in http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/798577/index.html

[6] V. Audizione della Corte dei Conti dinanzi alla Commissione Affari Costituzionali del Senato in http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sezioni_riunite/sezioni_riunite_in_sede_di_controllo/2014/audizione_riforma_pa_riq_def.pdf 

[7] «Art. 15. (Riordino della disciplina dei servizi d’interesse economico generale di ambito locale)

1. Il decreto legislativo per il riordino della disciplina in materia di servizi pubblici locali  di interesse economico è adottato sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi, che si aggiungono a quelli di cui all’articolo 12:

a) riconoscimento, quale funzione fondamentale dei Comuni e delle Città metropolitane, dell’individuazione delle attività di interesse generale il cui svolgimento è necessario al fine di assicurare la soddisfazione dei bisogni degli appartenenti alle comunità locali, in condizioni di accessibilità fisica ed economica, di continuità e non discriminazione, e ai migliori livelli di qualità e sicurezza, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale;

b) abrogazione, previa ricognizione, dei regimi di esclusiva, comunque denominati, non conformi ai principi generali in materia di concorrenza;

c) individuazione della disciplina generale in materia di organizzazione e gestione dei servizi d’interesse economico generale di ambito locale, compresa la definizione dei criteri per l’attribuzione di diritti speciali o esclusivi, in base ai principi di concorrenza, adeguatezza, sussidiarietà, anche orizzontale, e proporzionalità;

d) individuazione, in tutti i casi in cui non sussistano i presupposti della concorrenza nel mercato, delle modalità di gestione o di conferimento della gestione dei servizi nel rispetto dei principi dell’ordinamento europeo, ivi compresi quelli in materia di auto-produzione, e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di autonomia organizzativa, economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità;

e) introduzione di incentivi e meccanismi di premialità o di riequilibrio economico-finanziario nei rapporti con i gestori per gli enti locali che favoriscono l’aggregazione delle attività e delle gestioni secondo criteri di economicità ed efficienza;

f) revisione delle discipline settoriali ai fini della loro armonizzazione e coordinamento con la disciplina generale;

g) previsione di una netta distinzione tra le funzioni di regolazione e le funzioni di gestione dei servizi, anche attraverso la modifica della disciplina sulle incompatibilità o inconferibilità di incarichi o cariche;

h) revisione della disciplina dei regimi di proprietà e gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni, nonché di cessione dei beni in caso di subentro, in base a principi di tutela e valorizzazione della proprietà pubblica, di efficienza, di promozione della concorrenza, di contenimento dei costi di gestione, di semplificazione;

i) individuazione e allocazione dei poteri di regolazione e controllo tra i diversi livelli di governo e le autorità indipendenti;

l) previsione di adeguati strumenti di tutela non giurisdizionale per gli utenti dei servizi, nonché di forme di consultazione e partecipazione diretta;

m) previsione di termini e modalità per l’adeguamento degli attuali regimi alla nuova disciplina;

n) definizione del regime delle sanzioni e degli interventi sostitutivi, in caso di violazione della disciplina in materia.».

[8] V. nota n. 6.

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Questo articolo è stato scritto da...

Massimiliano Lombardo
Avv. Massimiliano Lombardo
Esperto e docente in materia di appalti pubblici
mediagraphic assistenza tecnico legale e soluzioni per l'innovazione p.a.