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1. L’oggetto di giudizio

La controversia ha ad oggetto l’esclusione di due distinti operatori economici da una procedura negoziata telematica, indetta nella vigenza del nuovo Codice Appalti di cui al d.lgs. n. 36 del 2023 per l’affidamento di un accordo quadro per la realizzazione di lavori di manutenzione, a seguito ed in ragione della risoluzione contrattuale di un identico accordo quadro disposta dalla stazione appaltante (anche “S.A.”) nei confronti degli stessi operatori economici in RTI.

Qualche parola in più sul contesto fattuale è necessaria, dato che la vicenda affonda le proprie radici nei pregressi rapporti contrattuali tra le medesime parti.

I due operatori economici in RTI, nel corso dell’esecuzione della precedente e speculare commessa con la medesima S.A., avevano adito il giudice ordinario per far valere le proprie pretese creditorie, stante il ritardo della S.A. nella contabilizzazione e nella conseguente liquidazione dei compensi dovuti. Il RTI, a fronte del rinnovo anticipato della commessa per esaurimento dell’importo contrattuale disponibile, non aveva, poi, accettato i successivi ordini di intervento. La S.A. aveva disposto, pertanto, la risoluzione in danno del rapporto contrattuale e il RTI aveva contestato, nell’ambito del procedimento già incardinato presso il g.o. di cui si è detto, anche la risoluzione medio tempore disposta.

Nonostante, l’avvenuta risoluzione dell’appalto di lavori di che trattavasi, la stazione appaltante non aveva però disposto la cancellazione dei due operatori economici dal Sistema di Qualificazione interno per l’affidamento degli appalti. Con la conseguenza che entrambi, invitati ad una serie di analoghe procedure, si aggiudicavano alcune di esse.

Tra la S.A. e le due società escluse intercorrevano nel frattempo trattative per comporre bonariamente la insorta controversia giudiziale.

In tale contesto, la Commissione di gara e il RUP, dopo aver ritenuto dapprima irrilevante la pregressa risoluzione, naufragate le trattive, escludevano dalla procedura entrambe le concorrenti collocatesi prime e seconde in graduatoria.

Con due distinti ricorsi le concorrenti escluse avversavano, sotto più profili, il provvedimento di esclusione.

2. Il quadro normativo

Ai sensi dell’articolo 95, comma 1, lettera e) del d.lgs. n. 36/2023, la stazione appaltante esclude dalla partecipazione alla procedura un operatore economico qualora accerta che l’offerente ha commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati. La disposizione si cura poi di specificare che all’articolo 98 sono indicati, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi.

Come noto, l’articolo 98 al comma 2 prescrive quali sono le condizioni indispensabili perché la stazione appaltante possa disporre l’esclusione (non automatica) di un operatore economico al verificarsi di un evento tra quelli descritti nei successivi commi.

In specie, l’esclusione di un operatore economico ai sensi dell’articolo 95, comma 1, lettera e) è disposta e comunicata dalla stazione appaltante quando ricorrono tutte le seguenti condizioni:

  1. elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale;
  2. idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore;
  3. adeguati mezzi di prova di cui al comma 6.

La disposizione chiarisce e procedimentalizza l’esercizio del potere discrezionale che la stazione appaltante è chiamata ad esercitare. Tanto è vero che:

  • al successivo comma 3 è demandata la definizione degli elementi al ricorrere dei quali si può desumere l’illecito professionale grave;
  • i commi 4 e 5 delineano il parametro di gravità della valutazione di affidabilità e integrità dell’operatore;
  • il comma 6 indica i mezzi di prova adeguati in relazione agli elementi che possono integrare l’illecito professionale grave di cui al predetto comma 3.

Per quel che qui rileva, stando alla lettera c) del comma 3 dell’articolo 98, l’illecito professionale può desumersi dalla condotta dell’operatore economico che abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento oppure la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili, derivanti da inadempienze particolarmente gravi o la cui ripetizione sia indice di una persistente carenza professionale.

Il successivo comma 4 dell’articolo 98 stabilisce  che nella valutazione di gravità si deve tener conto del “bene giuridico” e della entità della lesione inferta dalla condotta integrante uno degli elementi di cui al comma 3 e del tempo trascorso dalla violazione, anche in relazione a modifiche intervenute nel frattempo nell’organizzazione dell’impresa.

A mente poi del combinato disposto di cui alla lettera c) del comma 3 e della lettera c) del comma 6 dell’articolo 98, costituiscono mezzi di prova adeguati  la “intervenuta risoluzione per inadempimento o la condanna al risarcimento del danno o ad altre conseguenze comparabili”.

3. La decisione del TAR Sardegna

Il TAR Sardegna, dopo aver sinteticamente tracciato il quadro normativo, ha ritenuto legittima l’esclusione disposta dalla S.A. in ragione della risoluzione in danno disposta a carico delle ricorrenti, esecutrici dell’analoga commessa.

Nel fare ciò, il Collegio ha fornito un’analisi della natura del potere dell’amministrazione circa la valutazione di idoneità dell’illecito professionale ad incidere sull’affidabilità dell’operatore economico, sulla quale è utile soffermarsi.

Secondo il Collegio, in continuità con gli approdi giurisprudenziali maturati nella vigenza del vecchio Codice dei contratti pubblici, l’esclusione conseguente alla valutazione di inaffidabilità dell’operatore, dovuta alla commissione di gravi illeciti professionali, è una sanzione la cui operatività, lungi dall’essere rimessa a rigidi automatismi, è piuttosto legata alla valutazione discrezionale della stazione appaltante.

Sotto questo profilo il nuovo Codice, come si è detto infra, dispone, all’art. 98, comma 4, che “la valutazione di gravità tiene conto del bene giuridico e dell’entità della lesione inferta dalla condotta integrante uno degli elementi di cui al comma 3 e del tempo trascorso dalla violazione”, e all’art. 98, comma 7, circa i mezzi di prova di cui al comma 6, prevede che l’amministrazione motiva “sulla ritenuta idoneità dei medesimi a incidere sull’affidabilità e sull’integrità dell’offerente; l’eventuale impugnazione dei medesimi è considerata nell’ambito della valutazione volta a verificare la sussistenza della causa escludente”.

Tali indicazioni costituiscono, evidentemente, in senso innovativo, i parametri esterni di valutazione della legittimità dell’esercizio del potere discrezionale della stazione appaltante per come esternato nella motivazione.

Non pare inutile evidenziare che, in relazione al sindacato giurisdizionale sulla valutazione di inaffidabilità si è di recente ribadito che è la stazione appaltante a fissare il punto di rottura dell’affidamento nel pregresso o futuro contraente perché è ad essa che è rimesso il potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possono integrare un grave illecito professionale (Cons. Stato, sez. V, 23 febbraio 2024, n. 1804). Come noto, rispetto a tale valutazione, il sindacato del giudice amministrativo è circoscritto al rilievo di evidenti e macroscopici vizi di illogicità, contraddittorietà, erroneità e irragionevolezza della ridetta valutazione (Cons. Stato, sez. VI, 29 novembre 2022, n. 10483).

Detto ciò, di particolare rilievo è l’affermazione del Collegio secondo cui la valutazione di inaffidabilità di un operatore economico si colora di particolare pregnanza nella vigenza del nuovo Codice dei Contratti. Infatti, sotto il profilo semantico, il concetto stesso di “affidabilità” si predica riguardo a qualcuno che sia meritevole di “fiducia”, riflettendosi questo aspetto, perciò, sotto il profilo giuridico, nella lettura e interpretazione dell’art. 98 del Codice alla luce del generale «Principio della fiducia», introdotto all’art. 2 del Codice, con particolare riferimento al comma 2, ove si dispone che “il principio della fiducia favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato”.

La funzione interpretativa del «Principio guida della fiducia» implica un rafforzamento della autonomia decisionale della S.A. in relazione all’esercizio del potere di esclusione dell’operatore economico per inaffidabilità, profilo questo che impinge proprio e direttamente nel rapporto di fiducia che deve necessariamente intercorrere tra stazione appaltante e appaltatore.

Secondo il TAR Sardegna, in coerenza con la funzione interpretativa del principio in parola – sancita dall’art. 4 del Codice secondo cui “le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2 e 3” -, ne esce rafforzata l’autonomia decisionale dell’ente in relazione all’esercizio del potere di esclusione dell’operatore economico per inaffidabilità, profilo questo che impinge proprio e direttamente nel rapporto di fiducia che deve necessariamente intercorrere tra stazione appaltante e appaltatore.

L’interpretazione ora esposta, ad avviso del Collegio, individua perciò, rispetto all’esclusione per grave illecito professionale ex artt. 95 e 98 del Codice, il corretto punto di caduta tra il nuovo principio guida della fiducia, che porta a valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile”, e la circostanza per cui “tale “fiducia”, tuttavia, non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, invece, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento” (cfr. TAR Sicilia, Catania, sez. III, 12 dicembre 2023, n. 3738).

Il «Principio guida della fiducia» amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile

Il Collegio ha ritenuto di non ravvisare alcuna contraddittorietà estrinseca nell’operato della S.A., essendo, ai fini della disposta esclusione, ininfluente la mancata cancellazione delle ricorrenti dal sistema di qualificazioni interno e l’avvenuta aggiudicazione di lavori simili (se non addirittura identici) a quelli oggetto di causa.

A tal riguardo il TAR non ha mancato di rammentare che la figura sintomatica della contraddittorietà c.d. estrinseca – predicabile con riguardo ad atti differenti, in contrapposizione a quella intrinseca, configurabile solo tra le diverse parti di un medesimo atto – è riscontrabile secondo la giurisprudenza del giudice amministrativo solo allorquando sussista, tra più atti successivi di un medesimo procedimento, un contrasto inconciliabile tale da far dubitare su quale sia l’effettiva volontà dell’Amministrazione; non sussiste invece tra atti di distinti ed autonomi procedimenti quando si tratti di provvedimenti che, pur riguardanti lo stesso oggetto, siano stati, come nel caso di specie, adottati all’esito di procedimenti indipendenti e ad intervalli di tempo l’uno dall’altro (Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2018, n. 806). In altre parole, occorre “un contrasto fra più manifestazioni di volontà da parte della stessa amministrazione, nell’esercizio del medesimo potere, con valutazioni tra loro incompatibili, la cui diversità non è giustificabile in base al principio della coerenza logica” (Cons. Stato, Sez. II, 21 settembre 2023, n. 8455).

Rispetto al caso di specie il TAR non ha ritenuto riscontrabili i presupposti richiamati stante la asserita diversità del potere in concreto esercitato dalla S.A. e il distinto oggetto delle valutazioni espresse in relazione alle singole e differenti procedure di gara.

La valutazione di affidabilità dell’operatore economico, infatti, deve essere necessariamente apprezzata al lume della specifica procedura, dell’oggetto, delle condizioni e del luogo di esecuzione della commessa, cosicché è ben possibile che un medesimo episodio venga diversamente valutato a seconda del contesto di riferimento.

La valutazione di affidabilità dell’operatore, infatti, deve essere necessariamente apprezzata al lume della specifica procedura, dell’oggetto, delle condizioni e del luogo di esecuzione della commessa, cosicché è ben possibile che un medesimo episodio venga diversamente valutato a seconda del contesto di riferimento.

Il TAR, avuto riguardo anche alla particolare pregnanza del principio guida, ha quindi ritenuto immune dai vizi dedotti la motivazione di esclusione addotta dalla stazione appaltante a sostegno della esclusione, posto che: (i) la S.A., ai sensi dell’art. 98, comma 3, lett. c), ha posto a fondamento dell’esclusione le condotte delle ricorrenti, allora in RTI, in ordine al rifiuto serbato dallo stesso di eseguire nuovi e diversi ordini di servizi; (ii) la S.A. ha evidenziato che la condotta del RTI lede(va) una molteplicità di beni giuridici tutelati dall’ordinamento ed in specie del principio di buona fede, il quale sorregge i rapporti tra Stazione Appaltante e appaltatore, anche (e soprattutto) in sede di esecuzione della commessa pubblica. Sotto il profilo pubblicistico, tra i beni lesi dalla medesima condotta, risulta(va)no esservi quello della solidarietà sociale sottesa al principio di buona fede nonché quelli afferenti agli interessi pubblici che governano la legislazione sugli appalti pubblici.

Ciò che va valutato è la consistenza della motivazione sottesa all’esercizio del potere escludente.

Secondo il TAR la motivazione del provvedimento di esclusione sottende una valutazione plausibile e scevra da profili di irragionevolezza in ordine all’integrità e affidabilità dell’operatore, ancorata a dati fattuali oggettivi, come tali idonei a superare le contestazioni mosse, fondate sulla pretestuosità dell’esclusione.

In tal senso infatti, la motivazione è conforme alle prescrizioni dell’art. 98 del Codice, poiché individua chiaramente le condotte addebitate all’operatore economico e il provvedimento di risoluzione del precedente contratto che ne è conseguito quale mezzo di prova adeguato ex lege.

In proposito, la decisione della S.A. di esclusione è maturata proprio con riguardo alla gara indetta per il completamento dei lavori rimasti incompiuti a seguito della risoluzione del precedente contratto e nel medesimo contesto territoriale in cui i precedenti erano stati interrotti.

Del resto, secondo il Collegio, la precedente risoluzione del contratto che ha interessato le ricorrenti ha riguardato i medesimi lavori e il medesimo ambito territoriale, ponendosi perciò tale risoluzione quale antecedente logico che ha dato origine alla nuova procedura negoziata, nella quale le ricorrenti sono state escluse.

Da ciò l’idoneità della risoluzione a incidere sull’affidabilità dell’impresa (art. 98, comma 6), ravvisandosi una situazione fattuale che, ragionevolmente, ha portato la stazione appaltante ad escludere di affidare il nuovo medesimo appalto, rispetto al precedente interrottosi per effetto della risoluzione, al medesimo appaltatore nei cui confronti tale risoluzione era stata dichiarata.

4. Considerazioni conclusive

Il nuovo impianto codicistico adottato in materia con il d.lgs. n. 36 del 2023 erge, tra i suoi capisaldi, il c.d. principio della fiducia, introdotto dall’art. 2 del nuovo Codice con il preciso fine di valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni oggetto di gara.

Tale super principio o principio-guida, come confermato anche dalla pronuncia in esame, amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile e delimita – con maggior forza rispetto al passato – il perimetro della discrezionalità amministrativa sottoposta al vaglio dell’Autorità giurisdizionale.

Ogni stazione appaltante ha invero la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività.

Il principio della fiducia amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile, senza tuttavia tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, invece, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento.

Proprio il perseguimento di tale interesse pubblico costituisce il “risultato” cui deve tendere l’appalto, rappresentando, come previsto dall’art. 1 del predetto d.lgs. 36 del 2023, il “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale”. Il risultato che l’amministrazione deve perseguire, invero, deve essere “virtuoso”, risultando tale quello che possa portare a diminuire i costi di un servizio assicurando allo stesso tempo l’accrescimento della qualità e della produttività.

La discrezionalità dell’amministrazione, avuto riguardo al principio guida della fiducia, è in conclusione particolarmente pregnante, ferme restando le declinazioni specifiche dettate dall’articolo 98, disposizione che circoscrive le fattispecie rilevanti di illecito professionale, i mezzi di prova adeguati e gli oneri motivazionali, con richiamo agli elementi specifici, cui è tenuta l’amministrazione, oltre che ai principi generali di logicità e congruità.

In tale contesto, il sindacato consentito al giudice amministrativo non concerne la condivisibilità o meno del giudizio discrezionale espresso dall’amministrazione, bensì si incentra sulla relativa motivazione, e segnatamente sulla sua idoneità a sorreggere la determinazione finale, sotto il profilo della ragionevolezza e della idoneità delle argomentazioni esposte dalla S.A. (Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2022, n. 845).

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Adriana Presti
Avvocato amministrativista, esperto in contrattualistica pubblica
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