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( votes)1. Premesse: dall’Europa al Tar Toscana
“Nulla deve essere dato per scontato”, direbbe il saggio. Tale principio, utile nel vivere quotidiano, sinonimo di un approccio alle novità mai seduto su arrugginiti modi di pensare e vedere le cose, deve essere, invero, alla base di ogni interpretazione del caso concreto di un giudice che faccia il proprio mestiere in un sistema di civil law.
Tale principio, d’altro canto, potrebbe apparire contraddittorio rispetto allo stare decisis predicato dal nuovo trend della giurisprudenza europea (del cui sistema giudiziario l’Italia fa parte), sempre più orientato, sulla scorta del propugnato principio sostanzialistico, al metodo di giudizio tipico dei sistemi di common law.
Tuttavia, il sistema giudiziario italiano – seppur inserito nell’alveo di un sistema europeo, incline, poiché diversamente non potrebbe essere, ad esprimere principi di diritto che possano essere valevoli per tutti i Paesi membri e dai quali è sempre più complicato distaccarsi man mano che il peso “politico” della Corte di Giustizia dell’Unione Europea si consolida in un potere di nomofilattico -, è pur sempre un sistema di civil law, dove il giudice, nel decidere la controversia, è soggetto alla sola legge, senza che il precedente possa ritenersi vincolante.
Il TAR Toscana ha mostrato di saper affermare la propria libertà di convincimento (partendo da un precedente del TAR Napoli, altro Tribunale particolarmente libero) nel tentativo di ridefinire in maniera estensiva i contorni del consolidato principio dell’unicità dell’offerta espresso dall’art. 11 comma 6 del D.Lgs. 163/06 (in seguito “Codice”) a mente del quale “Ciascun concorrente non può presentare più di un’offerta”.
Risulta quindi sempre più ostico per le stazioni appaltanti, in contesti in cui i formanti del diritto forniscono indirizzi interpretativi non univoci, tesi spesso a voler approfondire ed innovare il diritto vivente, poter definire aprioristicamente quali siano le regole del gioco, il tutto a scapito della certezza del diritto e della par condicio competitorum, di cui il rammentato principio di unicità dell’offerta è posto a presidio in applicazione dei principi derivanti dal Trattato.
2. La ratio della norma e l’ermeneutica pretoria dominante
L’interpretazione giuridica dello scarno e schietto dettato normativo di cui all’art. 11, comma 6, del Codice, a norma del quale “ciascun concorrente non può presentare più di un’offerta”, da un approccio originario stringente e restrittivo, orientato ad osteggiare ogni divergenza rispetto alla possibilità conferita ai concorrenti di poter offrire una e una sola proposta in sede di gara, sta evolvendosi verso tesi ermeneutiche più possibiliste.
L’ermeneutica da sempre dominante del suddetto dispositivo è compendiata dalla seguente ratio espressa dal Consiglio di Stato quasi due lustri orsono: “Il principio secondo cui all’atto della partecipazione a un pubblico appalto ogni concorrente deve presentare un’offerta unica è giustificato dall’esigenza di consentire una comparazione delle diverse proposte che veda le imprese partecipanti in posizione di parità; la possibilità di presentazione di una pluralità di offerte o di offerte alternative, comportando la opportunità di sfruttare una pluralità di opzioni, non potrebbe mai essere riservata ad una sola impresa concorrente, ma dovrebbe comunque essere garantita a tutte le partecipanti in nome della “par condicio” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 dicembre 2008, n. 6205; Id., sez. V, 14 settembre 2009, n. 6695).
In generale, come rilevato dal C.d.S. (ex pluribus, sez. IV, n.5724/2002), il principio della unicità dell’offerta risponde ad un’esigenza di accelerazione del procedimento che trova il suo fondamento nel principio di buon andamento dell’azione amministrativa. Pertanto, la eventuale deroga alla regola generale dell’unicità dell’offerta per ciascun partecipante deve essere chiaramente e senza ambiguità indicata nel bando e/o nel capitolato speciale d’appalto, in modo tale da porre su un piano di uguale conoscenza delle regole di gara i partecipanti e di uguali potenzialità di aggiudicazione.
Il principio di cui la norma in parola è posta a presidio è teso a consentire, inoltre, all’ente banditore di una gara ad evidenza pubblica di procedere ad una oggettiva comparazione tra le offerte presentate dai concorrenti, senza che l’equilibrio concorrenziale possa essere turbato dall’eventualità che uno dei soggetti, proponendo una pluralità di opzioni, partecipi in sostanza con due o più possibilità per l’aggiudicazione della medesima gara.
La necessità di presentare, in sede di pubbliche gare, una sola offerta con un’unica soluzione tecnica ed un unico prezzo ed il fatto che l’Amministrazione sia tenuta a valutare solo proposte così formulate risponde, da un lato, al principio di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa e, dall’altro, all’esigenza di rispettare il principio di imparzialità, poiché la presentazione di più di un’offerta da parte di uno dei concorrenti, attribuendo allo stesso maggiori possibilità di conseguire l’aggiudicazione dell’appalto attraverso la presentazione di diverse proposte, finirebbe per ledere la par condicio fra i concorrenti
Su tale scia si innestano le interpretazioni offerte da alcuni Tar tra i quali il TAR Puglia Lecce sez. III con la sentenza del 27/10/2011 n. 1857 secondo il quale “In materia di appalti pubblici il principio della unicità dell’offerta – che impone ai partecipanti alle gare di presentare un’unica proposta tecnica ed economica quale contenuto della propria offerta-, risponde non solo alla necessità di garantire l’effettiva “par condicio” dei concorrenti, ma soprattutto a quella di far emergere la migliore offerta nella gara. In particolare, “la necessità di presentare, in sede di pubbliche gare, una sola offerta con un’unica soluzione tecnica ed un unico prezzo ed il fatto che l’Amministrazione sia tenuta a valutare solo proposte così formulate risponde, da un lato, al principio di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa e, dall’altro, all’esigenza di rispettare il principio di imparzialità, poiché la presentazione di più di un’offerta da parte di uno dei concorrenti, attribuendo allo stesso maggiori possibilità di conseguire l’aggiudicazione dell’appalto attraverso la presentazione di diverse proposte, finirebbe per ledere la par condicio fra i concorrenti (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 8 luglio 2009, n. 6681)”.
Il Tar salentino, come si nota, riprende una nota sentenza del TAR Lazio Roma sez. I bis del 8/7/2009 n. 6681 con la quale venne evidenziato che “La regola della unicità dell’offerta, vigente nelle gare pubbliche, oltre che discendere dal principio di parità tra i concorrenti, è connaturale al concetto stesso di gara, non potendosi quindi ammettere una duplice offerta da parte del medesimo concorrente (TAR Lazio – Roma – Sez. III – 7 luglio 2007 n. 6506; Cons. Stato – Sez. V – 7 febbraio 2002 n. 719), annoverandosi l’esigenza di chiarezza e di certezza degli elementi dell’offerta tra gli interessi di particolare rilevanza che il principio enunciato tende a tutelare”.
Le interpretazioni anzi rammentate pongono in rilievo quali siano i principi che devono ritenersi coinvolti e tutelati dalla norma, ma nulla aggiungono in ordine al metodo di concreta verifica di una offerta; se e come, in particolare, in essa possa rintracciarsi la violazione dell’unicità, in quali casi, quindi, una offerta debba essere considerata plurima nelle ipotesi in cui il concorrete istruisca e strutturi la proposta contrattuale come potenzialmente opzionale.
3. Le ipotesi di indiretta violazione del principio di unicità: le offerte migliorative e la discrasia tra offerta tecnica ed economica
La violazione della norma di che trattasi, sempre più spesso viene a concretizzarsi in casi borderline di ardua soluzione, in cui la norma apparentemente violata sembrerebbe essere un’altra rispetto al comma 6 dell’art. 11 del Codice, determinandosi così difficoltà decisionali sul caso di specie per le stazioni appaltanti, ma che in realtà celano o dissimulano indirettamente la violazione del principio di unicità dell’offerta.
E’ il caso dell’offerta migliorativa oppure della contraddittorietà intrinseca tra i documenti di offerta predisposti dal concorrente.
Nel caso in cui una gara sia bandita secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, allorquando siano consentite le c.d. varianti migliorative, valicare il limite dell’unicità dell’offerta è non di rado possibile.
In giurisprudenza è stato chiarito che “Pur dovendo ammettersi in via generale – ai sensi dell’art. 76 del D. Lgs. n. 163/2006, ove la gara venga espletata, secondo il criterio di selezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa – la possibilità per le imprese di proporre aggiustamenti e variazioni migliorative indispensabili sotto l’aspetto tecnico, tuttavia, come si è chiarito anche in giurisprudenza, tale facoltà incontra il limite intrinseco consistente nel divieto di alterare i caratteri essenziali (i cosiddetti requisiti minimi) della prestazione oggetto del contratto, così come stabiliti dalla lex specialis” (Consiglio di Stato, sez. V, 11 luglio 2008, n. 3481; 20 febbraio 2009, n. 1019; 12 febbraio 2010, n. 743; 7 giugno 2012, n. 3358; T.A.R. Campania, Sezione I, 26 novembre 2009, n. 8082; T.A.R. Lazio, sez. II, 17 aprile 2013, n. 3869; sez. III, 20 gennaio 2006, n. 434; T.A.R. Veneto, sez. I, 28 maggio 2013, n. 777; T.A.R. Lombardia, sez. I, 17 aprile 2007, n. 1774; T.A.R. Calabria, sez. II, 29 ottobre 2008, n. 1480; T.A.R. Piemonte, sez. I, 16 novembre 2009, n. 2553).
Aggiunge il TAR Campania Napoli sez. I 6/3/2014 con la sentenza n. 1353 che “In tale prospettiva sono reputate ammissibili varianti migliorative riguardanti le modalità esecutive dell’opera (o del servizio), purché non si traducano in una diversa ideazione dell’oggetto del contratto, che si ponga come del tutto alternativo rispetto a quello voluto dalla stazione appaltante, e sempre che le variazioni proposte garantiscano l’efficienza del progetto e la realizzazione delle esigenze della p.a.”.
La ratio della limitazione appena delineata riposa sulla duplice esigenza di non ledere la par condicio tra i concorrenti e, nel contempo, di garantire il concreto soddisfacimento delle finalità pubblicistiche sottese al progetto posto a base della gara.
Il principio tutelato risulta essere, anche in questo caso, la par condicio competitorum. A ben vedere se all’interno dell’offerta tecnica, in ragione di quanto stabilito dalle norme di gara, sia possibile variare seppur parzialmente l’oggetto del contratto attraverso la possibilità di proporre delle varianti migliorative, ci si ritrova nella situazione di fatto di una opzione contrattuale offerta, seppur consentita dalla lex specialis.
Quid iuris però, quando l’offerta migliorativa travalica i confini del reale oggetto del contratto posto a gara, sfociando in qualcosa di diverso?
Il principio dell’unicità dell’offerta, tecnica ed economica, impedisce alla P.A. appaltante di prendere in considerazione offerte in cui la offerta tecnica presenti significative difformità rispetto all’offerta economica. Una proposta contrattuale così articolata deve essere esclusa dalla gara per intrinseca contraddittorietà.
In tal caso la stazione appaltante non potrà che procedere all’esclusione non tanto e non solo poiché, come enucleato dalla giurisprudenza, l’ideazione dell’oggetto del contatto proposta alternativamente dal concorrente si configura come un qualcosa di diverso rispetto a quanto voluto dalla stazione appaltante, ledendosi così la capacità di valutazione comparativa tra offerte e quindi la par condicio, piuttosto poiché non si rintraccia unicità nell’offerta proposta dal concorrente.
Allo stesso modo si rintraccia la lesione del principio di unicità dell’offerta allorquando si rinvenga una discrasia insanabile tra quanto asserito nell’offerta tecnica rispetto a quanto rappresentato in quella economica.
Sotto tale profilo, si riviene una brillante considerazione del TAR Catanzaro, Sezione II espressa con la Sentenza 07/04/2010 n. 429 in relazione alla contraddittorietà dell’offerta (tra quanto rappresentato nel documento tecnico e quello economico dal concorrente), in seno alla quale – si sottolinea – come appaia rintracciabile una violazione del principio di unicità ex art. 11 comma 6 e pertanto della par condicio tra concorrenti.
Il TAR calabrese ha precisato infatti che “Il principio dell’unicità dell’offerta, tecnica ed economica, impedisce alla P.A. appaltante di prendere in considerazione offerte in cui la offerta tecnica presenti significative difformità rispetto all’offerta economica. Una proposta contrattuale così articolata deve essere esclusa dalla gara per intrinseca contraddittorietà”.
Nel caso di specie la stazione appaltante si trovava, quindi, a dover valutare una offerta tecnica del concorrente che presentava delle difformità rispetto all’offerta economica, che in ragione della loro significatività non poteva che discendere la necessità dell’esclusione per violazione del principio di unicità dell’offerta[1].
4. Due casi particolari a confronto: il Tar Toscana corregge il Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 605 del 10.02.2014 è stato investito della corretta interpretazione del principio d’unicità dell’offerta giungendo alla conclusione per cui appare possibile ritenere tamquam non esset la parte dell’offerta ritenuta opzionale ovvero alternativa allorquando essa si estrinsechi in una completa difformità rispetto al modulo stabilito dalla lex specialis: quando, cioè, l’offerta opzionale ovvero alternativa si atteggi a qualcosa d’altro rispetto a quanto richiesto al mercato dalla stazione appaltante a mezzo del bando di gara.
Il Supremo Consesso amministrativo ha chiarito da par suo che: “A fronte del chiarissimo disposto dell’art. 11 del codice, ritiene il Collegio che un’offerta ulteriore non violi il principio dell’unicità, e dunque non sia causa di esclusione, solo quando, per la sua obiettiva configurazione, diverga in modo così netto e radicale dallo schema del bando da potersi ritenere davvero irrilevante e non apposta e da non rappresentare, perciò, un fattore di turbativa della procedura. Così non è invece nel caso controverso, là dove la società Autobren, oltre all’offerta corrispondente al bando, ne ha presentata un’altra le cui caratteristiche apparivano difformi solo in un punto particolare (la posizione della bocca di aspirazione), tale che l’offerta stessa non poteva considerarsi radicalmente al di fuori del perimetro della richiesta dell’Amministrazione”.
Peculiare l’interpretazione fornita dal Consiglio di Stato e qui riportata, per la quale, allorquando un ente appaltante si ritrovi dinanzi una scelta opzionale ovvero alternativa di un concorrente del tutto ultronea rispetto a quanto era stato richiesto di offrire, non si ricade nella violazione del suddetto principio di unicità dal momento che la proposta opzionale, essendo, per così dire, irricevibile, deve considerarsi come non apposta e pertanto valida.
E’ lecito chiedersi in che modo tale principio possa trovare componimento con quanto sopra ricordato in tema di variante migliorativa, laddove è stato chiarito che se la variazione risulti tale da sfociare in una diversa ideazione dell’oggetto contrattuale, si debba procedere all’esclusione di tale proposta.
Di diverso e contrario avviso, venendo a quanto in premessa si accennava, è il principio che viene espresso in totale libertà di convincimento, dai giudici amministrativi toscani capace, a parere di chi scrive, di comporre il contrasto intrinseco tra le interpretazioni pretorie in tema di offerta migliorativa e sull’unicità dell’offerta.
Con la sentenza del 9/10/2015 n. 1361, TAR Toscana sez. I ha sottolineato un diverso orientamento sul punto già condiviso dai giudici campani per il quale, al contrario di quanto espresso dal Consiglio di Stato, si sottolinea come il vero vulnus al principio di unicità, si riviene proprio laddove le offerte presentate al vaglio della stazione appaltante si estrinsechino in effettive soluzioni alternative sulle quali sarebbe necessario procedere ad una ponderazione di opportunità su quale eventualmente scegliere.
Una tale possibilità deve essere preclusa poiché, proprio in questo caso, si violerebbe la ratio originaria della norma che – si ribadisce – mira a tutelare “il principio di imparzialità, poiché la presentazione di più di un’offerta da parte di uno dei concorrenti” attribuirebbe “allo stesso maggiori possibilità di conseguire l’aggiudicazione dell’appalto attraverso la presentazione di diverse proposte” finendo per ledere la par condicio fra i concorrenti.
Quando, invece, le soluzioni offerte possano essere considerate come mere variazioni tecniche esecutive, non si rintraccerebbe il vulnus al meccanismo concorrenziale.
E’ stato infatti chiarito dal TAR Toscana che “Il vero attentato al principio dell’unicità dell’offerta si verifica nelle ipotesi di più offerte, o di più proposte nell’ambito della medesima offerta, formulate in via alternativa o subordinata, in modo tale che la scelta ricadente su una di esse escluda necessariamente la praticabilità delle altre. Infatti, è palese che solo in queste ipotesi il concorrente munito di un’offerta plurima è effettivamente avvantaggiato rispetto agli altri, potendo contare su un più ampio ventaglio di soluzioni in grado di soddisfare le esigenze della stazione appaltante, a differenza dei rimanenti concorrenti che non possono far altro che scommettere sull’unica proposta avanzata. Il suddetto pericolo non si coglie nel caso di offerta cumulativa, ossia di offerta che è la risultante della combinazione di più soluzioni tecniche e/o di più prodotti anche diversi, tutti congiuntamente proposti per un prezzo complessivamente unitario, giacché in tale evenienza il candidato formula un’offerta unica dal punto di vista sostanziale, in grado di non creare squilibri all’interno del meccanismo concorrenziale (TAR Campania, Napoli, I, 26.9.2011, n. 4488)”.[2]
E’ chiara la dicotomia ermeneutica tra quanto espresso dal Consiglio di Stato e quanto statuito dal TAR Toscana. A detta del Giudice toscano, la variante esecutiva risulta ammissibile, anche se proposta in via alternativa, allorquando non si estrinsechi in una deviazione completa dal modulo richiesto dalla stazione appaltante ma in una diversa soluzione tecnica, deve considerarsi legittimamente presentata e pertanto ammissibile.
Il ragionamento appare del tutto condivisibile dal momento che in questa ipotesi, la stazione appaltante potrà essenzialmente scegliere tra varie modalità esecutive della medesima prestazione, senza che si corra il rischio che l’offerta sia stata comparata con qualcosa d’altro rispetto a quanto era stato richiesto a mezzo del bando di gara, così componendosi anche il potenziale dissidio col succitato limite invalicabile dell’offerta migliorativa come sviscerato dalla giurisprudenza per il quale risulta ammissibile una variante purché non “si ponga come del tutto alternativo rispetto a quello voluto dalla stazione appaltante”.
5. Conclusioni
Il crinale è evidentemente scosceso. Il limite è facilmente valicabile allorquando l’offerta migliorativa venga proposta dal concorrente come modalità opzionale di esecuzione della prestazione oggetto di gara, dovendosi caso per caso valutare se si sia sconfinati nella diversa ideazione progettuale.
E’ principio cardine che sia il bando stesso a poter consentire l’offerta di soluzioni alternative, migliorative (nel senso di variate), a beneficio della possibilità di tutti di poter essere davvero consapevoli di poter divergere ed in che grado, dall’assetto modulare posto a base di gara dall’ente banditore.
E’ opportuno che in questo caso l’oggetto di quanto possa essere legittimamente variato possa essere definito ex ante il più dettagliatamente possibile.
A ben vedere, quanto espresso dal TAR Toscana, oltre a trovare un appiglio nei principi espressi in tema di liceità dell’offerta migliorativa sembra poter trovare avallo anche sotto il diverso profilo della negoziabilità post aggiudicazione dell’offerta.
Di recente, infatti, il Consiglio di Stato ha ricordato che “Una volta effettuata la comparazione tra i partecipanti alla gara ed individuata l’offerta migliore, non vi sono ragioni logico-giuridiche che impediscano all’amministrazione di avviare un’ulteriore trattativa con il vincitore che ha presentato l’offerta migliore al fine di ottenere un risultato ancora più conveniente; tale non è neppure la tutela della par condicio (Cons. St., V 23 agosto 2004, n. 5583; Consiglio di Stato, sez. VI, 23/04/2007, n.1827)”[3].
Presupposto perché possa consentirsi l’aggiustamento o variante dell’offerta aggiudicata è che l’oggetto della prestazione che risulti a valle dell’ulteriore trattativa, non sia del tutto diversa da quanto era stato originariamente richiesto a mezzo del bando, diversamente si realizzerebbe indirettamente un affidamento indiretto di un contratto pubblico, in violazione palese dei principi cardine del Trattato.
E allora, appare preferibile che l’ulteriore trattativa, in ipotesi ingenerata in corso di gara dalle alternative tecniche proposte dai concorrenti di cui la stazione appaltante non era al corrente essere percorribili, avvenga sotto il sole ed in totale trasparenza, durante pertanto l’espletarsi delle procedure di gara, anziché post aggiudicazione definitiva, in sede di negoziazione paritetica dell’oggetto contrattuale, momento in cui gli altri concorrenti godono di minor tutela, poiché termina la procedura di gara.
In disparte le superiori considerazioni, sarà interessante leggere, se la pronuncia toscana verrà appellata, se e come il Consiglio di Stato riterrà di avallare quando stabilito da TAR, se riterrà, quindi, di mutare il proprio orientamento, oppure cercherà di trovare un componimento al dissidio ermeneutico attraverso una terza via.
[1] TAR Calabria 249/2010: “Infatti, il capitolato speciale, nel prescrivere il contenuto dell’offerta tecnica, aveva cura di specificare che essa dovrà contenere, tra i diversi elementi, una specificazione del “numero delle unità lavorative distinte per qualifica”. Il capitolato prescriveva, inoltre, che “le risultanze, contenute nella relazione tecnica di offerta così descritta, dovranno essere conformi alla composizione dell’offerta economica”. Deve ritenersi, dunque, che il bando di gara abbia attribuito rilevanza all’articolazione delle unità lavorative distinte per qualifica. Di conseguenza, pur in presenza di un numero di ore complessivamente offerte per l’espletamento del servizio identico nelle offerte tecnica ed economica – pari ad ore 11826- la dedotta difformità tra il numero di ore lavorative di terzo livello indicate nell’offerta economica -591- rispetto a quelle indicate nell’offerta tecnica -946- nonché la corrispondente divergenza tra il numero di ore lavorative di secondo livello – che risultano 10880 nell’offerta tecnica e 11235 in quella economica- integrano la fattispecie della intrinseca contraddittorietà dell’offerta che, pertanto, doveva essere esclusa, non essendo ammessa l’integrazione successiva di elementi essenziali dell’offerta”.
[2] Tar Toscana 1361/2015: “Nel caso di specie la proposta della controinteressata è unica, e solo in fase esecutiva (e non di comparazione delle offerte) l’azienda sanitaria potrà scegliere l’una o l’altra tipologia e misura sulla base delle concrete esigenze cliniche: la commissione giudicatrice è stata chiamata a valutare, quanto alla voce 1 del lotto 2, la fornitura per come offerta nel suo insieme, e non più offerte distinte provenienti da un medesimo concorrente.”
[3] Consiglio di Stato sez. III 28/2/2014 n. 943
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