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( votes)Non esiste un solo modo per far sparire il dolore. Esistono solo milioni di modi per imparare a conviverci. Milioni. Tanti quanti siamo a dover fare i conti con la vita che, prima o poi, ti fa vivere l’esperienza del lutto. Ricostruire il ponte, perseguire i colpevoli, non servirà a sfumare il dramma di chi, quel 14 agosto 2018, non ha potuto riabbracciare chi era uscito di casa per andare a lavoro, per intraprendere un viaggio o per terminarlo, per andare in città o in direzione opposta, senza sapere che sarebbe stato per l’ultima volta.
Il nuovo ponte servirà a ricucire la ferita subita da una città privata di un canale di transito fondamentale. Servirà a dimostrare che è possibile realizzare lavori pubblici di eccellenza in tempi brevissimi. Anche in Italia. Dopo un anno ed un mese dal crollo del Morandi, il varo del primo impalcato del ponte progettato da Renzo Piano. Il primo di diciannove campate che attraverseranno la Valpolcevera. Secondo il cronoprogramma annunciato dai commissari straordinari per l’emergenza e la ricostruzione Marco Bucci e Giovanni Toti, le restanti diciotto dovrebbero essere installate entro la fine dell’anno. L’inaugurazione avverrebbe nella primavera del 2020.
Nel cantiere che ogni giorno ospita l’ininterrotto lavoro di operai e tecnici, c’è un misto di sensazioni. Non è un cantiere normale. Qui si prova l’entusiasmo di partecipare alla realizzazione di una grande opera, affievolito dal dolore dal quale questa opera sta nascendo. E’ un cantiere insanguinato. Oggi si dice che quel cantiere è il simbolo della rinascita. Ma prima di assurgere a questo ruolo, quello stesso cantiere era il simbolo di un’Italia delle infrastrutture decadenti. Sono state necessarie 43 vite perché ci si rendesse conto che diversi viadotti e ponti della penisola sono un pericolo che incombe sotto le gomme di chi ignari li attraversa. Il post crollo è stato un pullulare di sopralluoghi in tutto il paese. Un risveglio. Un trasalire da un torpore durato decenni. Un morto fa molto prima della burocrazia e della politica. Figuriamoci 43.
Perché non si è potuta evitare la tragedia? Sembrava che tutto fosse in regola. E invece le documentazioni che testimoniavano lo stato di salute dell’infrastruttura non erano attendibili. Una situazione riscontrata anche in altri casi in tutta Italia. In occasione delle commemorazioni per l’anniversario del crollo il Procuratore Capo Francesco Cozzi ha affermato che “siamo di fronte a infrastrutture che richiedono una manutenzione continua e attenta, perché non si può non garantire la sicurezza di chi le usa. Se una struttura è fatta di un certo materiale, bisogna pensare che oggi viene sottoposto a uno stress almeno 5 volte maggiore di quando era stato progettato. Per cui subisce una usura maggiore, anche da fattori esterni. E bisogna averne maggiore cura”.
Manutenzione. Per il governo è una priorità. Lo avrebbe dovuto essere da sempre. Una maggiore vigilanza su chi ha l’appalto dei monitoraggi e degli interventi. Un ruolo non secondario a chi ha edificato. L’impegno dello Stato è nelle parole che il premier Giuseppe Conte ha espresso in occasione del varo del 01 ottobre: “è un impegno del Governo quello di lavorare affinché la manutenzione ordinaria, straordinaria, delle nostre infrastrutture, di tutte le nostre infrastrutture, sia un imperativo morale, categorico da perseguire con la massima determinazione”.
Un impegno che doveva essere assunto prima? Che doveva essere quotidiana dedizione di chi è preposto ad onorare questo compito? E’ un lavoro di estrema responsabilità. La responsabilità che deve essere parte del DNA di chi controlla. La responsabilità che deve essere il credo di chi realizza opere pubbliche o private. Quando si prende parte ad una gara d’appalto, è in gara l’impresa, il lavoro, il reddito. Questo è innegabile. E’ un diritto. Un diritto che non può prescindere dai doveri. Il dovere di eseguire i lavori nel rispetto delle norme giuridiche e dei parametri tecnici. Non si può operare senza la consapevolezza che in gara c’è anche la sicurezza di chi farà uso dell’opera che si andrà a realizzare o di cui ci si assume la manutenzione.
Quante coscienze avrà schiuso il Morandi? Sara servito il sacrificio di 43 innocenti per cambiare qualcosa?