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( votes)Premessa
Il decreto legislativo 209/2024, correttivo del codice dei contratti, entrato in vigore il giorno stesso della pubblicazione in G.U (avvenuta il 31 dicembre 2024) si concentra – come si legge nella relazione illustrativa – su 10 argomenti considerati di estrema rilevanza.
Uno di questi “temi” riguarda le tutele lavoristiche.
In questo senso nel documento citato si segnala che “nel dare attuazione alla disposizione che prescrive l’individuazione nel bando del contratto collettivo nazionale applicabile all’appalto, (ex articolo 11 del Codice), oggetto di intervento, sono state individuate le tutele che si devono considerare ai fini della valutazione e alle modalità di calcolo dell’equipollenza dei contratti collettivi di lavoro” e questo accade, come si vedrà con l’allegato I.01 (in diverse parti non condiviso dal Consiglio di Stato, in sede di parere specifico, ed adeguato nella redazione finale).
Gli estensori del correttivo, quindi, si spiega hanno “tenuto conto di come i criteri di equipollenza siano funzionali sia a garantire parità di tutela che ad assicurare il coinvolgimento di operatori economici che non applicano il contratto indicato dalla stazione appaltante, in ossequio alla libertà contrattuale sancita, sul punto, dalla giurisprudenza costituzionale”.
Semplificando, sotto il profilo pratico/operativo, si può ritenere che oggettivamente il correttivo – tra gli altri interventi – prende in considerazione uno dei momenti di maggior delicatezza/implicazioni nell’assegnazione dell’appalto, soprattutto in caso di utilizzo, evidentemente, di personale per la realizzazione della prestazione (al netto quindi dei casi residuali di forniture senza posa in opera e di prestazioni intellettuali per i quali il problema di applicazione di contratti collettivi e/o di esigenza di assicurare il rispetto dei diritti dei lavoratori non è un “problema” del RUP della stazione appaltante).
1. Le implicazioni sottese alla tutela lavoristica
Box: Quanto sia rilevante il compito del RUP, in particolare nel caso in cui al contratto richiesto dalla stazione appaltante con la legge di gara, l’operatore economico proponga un diverso contratto emerge anche dalla recente deliberazione dell’ANAC n. 14/2025.
Nel caso di specie, l’operatore – escluso per la “dimostrata” non equivalenza economico e normativa del contratto proposto – pone la questione all’autorità anticorruzione.
Nella delibera si dà atto della certosina analisi compiuto dal RUP e che – come anche si legge nella relazione illustrativa al bando tipo n. 1/2023 – la stazione appaltante “può ritenere sussistente l’equivalenza in caso di scostamenti marginali in un numero limitato di parametri. Sul punto, si evidenzia che la richiamata Circolare dell’INL [Ispettorato Nazionale del Lavoro, Circolare n. 2 del 28.07.2020, N.d.R] individua un primo elenco di nove istituti sui quali effettuare la verifica di equivalenza dei trattamenti normativi, ritenendo ammissibile lo scostamento limitato ad un solo parametro. Pertanto, considerato che l’elenco su proposto è più ampio, si può ritenere ammissibile, di regola, uno scostamento limitato a soli due parametri”.
È bene annotare che le nuove disposizioni introdotte dal correttivo – citato nella delibera in argomento -, e segnatamente, l’allegato I.01, in realtà si esprimono in modo differente come si dirà a breve.
La conclusione, senza entrare nel dettaglio, è che il RUP ha condotto una analisi ed un confronto chirurgico tra gli aspetti normativi ed economici dei due contratti (quello richiesto e quello proposto dall’operatore).
Più nel dettaglio, si legge nel documento “Il RUP ha ritenuto, pertanto, che sussistesse un rischio concreto che il ribasso offerto dall’istante fosse frutto di un uso strumentale del CCNL ANISA, che garantisce minori tutele economiche e normative rispetto al CCNL ANGAF, e ha descritto in dettaglio le singole voci economiche (monte ore settimanale, maggiorazione per lavoro notturno, indennità di turno) e i singoli istituti normativi (lavoro straordinario, festività soppresse, periodo di prova, periodo di preavviso, permessi retribuiti, previdenza integrativa, sanità integrativa), confrontati e ritenuti peggiorativi, con le valutazioni del consulente del lavoro incaricato dalla SA e illustrate in dettaglio nell’allegata relazione. I chiarimenti dell’istante sono stati considerati «incongruenti, parziali e forvianti» poiché, l’istante, a fronte dell’indicazione di un costo medio orario del lavoro di euro 17,44 nell’offerta economica, nei chiarimenti forniti in sede di verifica della congruità dell’offerta, ha indicato un costo orario €/h pari a 15,27 e un (CCNL Sorveglianza ANISA– Livello D) e non euro 17,44, mentre il costo orario medio con l’opzione di lavoro H24 è pari a euro 16,79, valore che è diverso dall’importo di Euro 25,33 indicato dalla SA negli atti di gara”.
BOX: Si tratta, pertanto, come anche si riconosce nella relazione illustrativa al bando tipo n. 1/2023, di uno dei compiti più delicati del responsabile unico e quindi, si può premettere che la modifica apportata con il correttivo colga nel segno.
Sempre nella relazione illustrativa al nuovo decreto legislativo, infatti, si rileva che “le modifiche proposte (nda con il correttivo) sono finalizzate ad assicurare una uniforme svolgimento delle prassi operate dalle stazioni appaltanti ai fini dell’individuazione del contratto di lavoro applicabile in sede di redazione dei bandi/inviti, nonché una semplificazione del quadro normativo e delle modalità di calcolo dell’equipollenza a favore degli operatori economici ai fini della partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica”.
2. La necessità di assicurare ampie tutele lavoristiche
Come già confermato anche da ripetuti pareri del MIT e dalla stessa ANAC – ma come anche emerge nell’espletamento dell’affidamento diretto sul MEPA -, la questione dell’applicazione del contratto collettivo corretto e della “tutela” dei lavoratori emerge anche in relazione a questo procedimento.
Ora in maniera più chiara stante il nuovo dettato del comma 2 dell’articolo 11 sostituito dal correttivo.
Il comma in parola – che prima della modifica si limitava a richiamare la necessità che il bando e le lettere di invito (e quindi nella gara classica e nella procedura negoziata) contenessero l’indicazione “contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’appalto o nella concessione” ora si esige tale indicazione anche nell’unico atto amministrativo che (secondo il codice) riguarda l’affidamento diretto.
Nel nuovo comma, infatti, dal 31 dicembre 2024 si dispone che “Nei documenti iniziali di gara e nella decisione di contrarre di cui all’articolo 17, comma 2 le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato nell’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente, in conformità al comma 1 e all’allegato I.01.”.
Viene definitivamente chiarita, pertanto, la problematica – in realtà inesistente – della applicabilità o meno delle tutele lavoristiche anche agli affidamenti diretti. Anche in questo caso, quindi, il RUP deve aver ben presente/chiaro che contratto deve essere applicato e chiarire, fin dalle fasi negoziali/istruttori, quale trattamento economico e normativo deve essere applicato al personale impiegato nell’esecuzione della commessa.
La particolarità della redazione della nuova norma, quindi, conferma la differenza sostanziale tra le procedure di aggiudicazione e l’affidamento diretto (che non è una procedura di selezione).
Differenza che si esprime nel richiamo, da un lato, agli atti iniziali della gara che l’affidamento diretto, appunto, non ha. Non a caso si richiama la decisione di affidamento che si colloca a valle del procedimento amministrativo correlato.
BOX: Come detto, si può ritenere la modifica, oggettivamente, anche superflua visto che nell’affidamento diretto sulle PAD, prima di conseguire il CIG viene richiesto il contratto applicabile/applicato.
3. Le modifiche all’articolo 11 del codice
Analizzando le modifiche di maggior rilievo, l’articolo 2 del correttivo introduce nell’articolo 11 anche un comma 2-bis in cui si precisa che “In presenza di prestazioni scorporabili, secondarie, accessorie o sussidiarie, qualora le relative attività siano differenti da quelle prevalenti oggetto dell’appalto o della concessione e si riferiscano, per una soglia pari o superiore al 30 per cento, alla medesima categoria omogenea di attività, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti indicano altresì nei documenti di cui al comma 2 il contratto collettivo nazionale e territoriale di lavoro in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicabile al personale impiegato in tali prestazioni”.
Pertanto, la tutela lavoristica si amplia/estende ad ogni tipo di prestazione – pur nella percentuale indicata – diversa da quella principale con l’applicazione dei contratti di riferimento.
Il correttivo apporta, quindi, anche adeguamenti anche al comma 3 dell’articolo 11 per il richiamo aggiunto al comma 2-bis.
Si deve rammentare che il comma 3 dell’articolo 11 è probabilmente uno degli articoli di maggior rilievo sul tema visto che precisa che l’operatore economico può presentare un proprio contratto collettivo differente da quello indicato dalla stazione appaltante nella legge di gara “purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente”.
In conclusione, si apporta una modifica al comma 4 dell’articolo 11 del Codice volta a precisare che, qualora l’operatore economico individuato durate la procedura di gara presenti alla stazione appaltante o all’ente concedente la dichiarazione di equivalenza – da presentarsi, se necessaria fin dalla presentazione della domanda/offerta di gara – delle tutele, quest’ultima deve essere verificata con le modalità di cui all’articolo 110, e in conformità con le nuove disposizioni di cui all’Allegato I.01
4. L’allegato I.01
Nella relazione illustrativa al correttivo si segnala l’inserimento, nel testo, di un nuovo Allegato I.01, contenente concrete disposizioni per orientare l’operato delle stazioni appaltanti sia rispetto al contratto da individuare nel bando/invito (e nella decisione di affidamento diretto), tenuto conto dell’oggetto dell’appalto, sia rispetto alla verifica di equipollenza dei contratti.
In particolare, si legge nella relazione “si è inteso introdurre dei meccanismi automatici per la valutazione di equipollenza tra i contratti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, alla luce dei principali indici normativi ed economici rivelatori di tale sostanziale equivalenza. E’ stata poi prevista una disciplina diversificata tra il settore dei lavori e quello dei servizi e forniture: per il primo è stata introdotta una presunzione di equipollenza tra i contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative nei quattro settori ATECO applicati nel settore delle costruzioni; per il secondo settore sono stati introdotti dei criteri per il calcolo dell’equipollenza secondo una logica “compensativa” tra le differenti tutele normative previste nei diversi contratti”.
Ancora si puntualizza come sia stato necessario “evidenziare che il contenuto dell’Allegato I.01 recepisce, fra l’altro, anche gli orientamenti giurisprudenziali in materia. Sul punto, si richiama il divieto di prevedere quale requisito di partecipazione l’applicazione di un determinato contratto collettivo (cfr. Consiglio di Stato, sentenza del 18 dicembre 2023 n. 10886); resta fermo che, in sede di verifica della dichiarazione di equivalenza, la stazione appaltante o l’ente concedente sono tenute ad accertare che il costo del personale non sia inferiore ai minimi salariali retributivi (TAR Campania, sede di Napoli, sentenza del 7 novembre 2023, n. 6128)”.
L’allegato, pertanto, si pone o dovrebbe costituire uno degli strumenti di maggior rilevanza per il RUP in relazione ad uno dei compiti più delicati (ed evidentemente forieri di contenzioso) – come anche rilevato dall’ANAC nella relazione illustrativa del bando tipo n. 1/2023 -, circa la corretta applicazione, in generale, delle tutele lavoristiche.
5. Il contenuto del nuovo allegato (per i controlli del RUP)
La relazione illustrativa prosegue precisando che tra le modifiche – in tema di tutele lavoristiche – viene introdotto il nuovo allegato I.01 “contenente concrete disposizioni per orientare l’operato delle stazioni appaltanti (nda leggasi RUP) sia rispetto al contratto da individuare nel bando/invito, tenuto conto dell’oggetto dell’appalto, sia rispetto alla verifica di equipollenza dei contratti”.
In questo modo, l’estensore ha inteso introdurre – modificando tra l’altro il contenuto dell’allegato previsto nello schema dopo i rilievi del Consiglio di Stato espressi nel parere n. 1463/2024 – dei meccanismi automatici per la valutazione di equipollenza tra i contratti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, alla luce dei principali indici normativi ed economici rivelatori di tale sostanziale equivalenza.
Altro aspetto non irrilevante – sempre dal “lato” del RUP -, è che l’allegato recepisce gli orientamenti giurisprudenziali in materia ed in specie, come si rileva/annota nella relazione illustrativa:
- il divieto di prevedere quale requisito di partecipazione l’applicazione di un determinato contratto collettivo (cfr. Consiglio di Stato, sentenza del 18 dicembre 2023 n. 10886);
- il fatto che, in sede di verifica della dichiarazione di equivalenza, la stazione appaltante o l’ente concedente sono tenute ad accertare che il costo del personale non sia inferiore ai minimi salariali retributivi (TAR Campania, sede di Napoli, sentenza del 7 novembre 2023, n. 6128)”.
L’allegato in argomento viene previsto con l’articolo 73 del correttivo. La particolarità, solo formale, è che l’estensore ha scelto di introdurre un allegato I.01 destinato a precedere, quindi, anche l’allegato I.1 che è dedicato alle definizioni dei riferimenti codicistico. Sarebbe stato opportuno, probabilmente, introdurre un allegato bis in modo da armonizzare meglio i vari documenti.
L’articolo 1 dell’allegato – relativo all’ambito di applicazione – viene modificato rispetto allo schema con la previsione di un nuovo primo periodo (e l’iniziale comma, dello schema, diventa il secondo periodo).
Con l’articolo 1 si premette che il nuovo documento è destinato a disciplinare “i criteri e le modalità per l’individuazione, nei bandi, negli inviti e nella decisione di contrarre” relativa all’affidamento diretto – come anche suggerito dal Consiglio di Stato con il parere 1463/2024, di individuazione “del contratto collettivo nazionale e territoriale da applicare al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni, in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente di cui all’articolo 11, commi 1 e 2, nonché per la presentazione e verifica della dichiarazione di equivalenza delle tutele ai sensi dell’articolo 11, comma 4”.
Il secondo periodo spiega che l’allegato disciplina anche i criteri e le modalità che consentono l’individuazione dei contratti collettivi ai sensi del nuovo comma 2-bis (relativo alle prestazioni scorporabili dell’articolo 11 “nonché per la presentazione e verifica della relativa dichiarazione di equivalenza delle tutele ai sensi dell’articolo 11, comma 4”.
A più riprese, evidentemente, si chiarisce che l’allegato ha in sostanza due obiettivi:
- costituire ausilio al RUP per l’individuazione del contratto collettivo da applicare/richiedere e prevedere nella legge di gara e nella decisione di affidamento (per l’affidamento diretto);
- costituire ausilio al RUP per le verifiche delle equipollenze (e quindi per la verifica della dichiarazione di equipollenza) come “certificate” dall’operatore economico che dichiara di voler applicare un diverso contratto rispetto a quello richiesto dal RUP.
La complessità dell’attività istruttoria, del RUP, per individuare il contratto da applicare emerge chiaramente dall’articolo 2 dell’allegato (rubricato “Identificazione del contratto collettivo applicabile”. Il responsabile unico deve valutare la “stretta connessione dell’ambito di applicazione del contratto all’attività oggetto dell’appalto o della concessione, da eseguire anche in maniera prevalente”. Occorre, pertanto, “certificare (dagli atti di lavoro del RUP) questa precisa contiguità/aderenza tra attività necessarie per le prestazioni ed il contratto collettivo che meglio tutela le prerogative (normative ed economiche) del personale impiegato.
Più nel dettaglio, l’articolo stabilisce che il contratto collettivo applicabile è individuato previa valutazione/verifica:
a) della stretta connessione dell’ambito di applicazione del contratto collettivo rispetto alle prestazioni oggetto dell’appalto o della concessione, da eseguire anche in maniera prevalente, ai sensi del comma 2;
Circa questa verifica, poi, il comma 2 (richiamato) spiega che i RUP (la previsione richiama in modo asettico “le stazioni appaltanti o gli enti concedenti”, sono tenuti ad indentificare “l’attività da eseguire mediante indicazione nei bandi, negli inviti e nella decisione di contrarre di cui all’articolo 17, comma 2, del codice del rispettivo codice ATECO, secondo la classificazione delle attività economiche adottata dall’ISTAT, eventualmente anche in raffronto con il codice per gli appalti pubblici (CPV) indicato nei medesimi bandi, inviti e decisione di contrarre”.
Non solo, sempre in base a questo comma 2, i RUP “individuano l’ambito di applicazione del contratto collettivo di lavoro in relazione ai sotto settori con cui sono classificati i contratti collettivi nazionali depositati nell’Archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro istituito presso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro”. Un rinvio, pertanto, a “documentazione” ufficiale.
6. Il criterio della maggiore rappresentatività (del contratto da applicare)
Altro aspetto che deve considerare/valutare il RUP nell’attività istruttoria (che può essere delegata anche ad un collaboratore/responsabile di fase sempre sotto la responsabilità del responsabile unico) finalizzata alla individuazione del carattere (sia consentito) “collettivo” del contratto è quello della verifica “del criterio della maggiore rappresentatività comparativa sul piano nazionale delle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro, ai sensi del comma 3.
Il comma 3 spiega che “Nell’ambito dei contratti collettivi di lavoro coerenti con il requisito di cui al comma 1, lettera a), ai fini di cui al medesimo comma 1, lettera b), le stazioni appaltanti o gli enti concedenti:
a) fanno riferimento ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati tra le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale presi a riferimento dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nella redazione delle tabelle per la determinazione del costo medio del lavoro, adottate ai sensi dell’articolo 41, comma 13;
b) in assenza delle tabelle per la determinazione del costo medio del lavoro, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti richiedono al Ministero del lavoro e delle politiche sociali di indicare, sulla base delle informazioni disponibili, il contratto collettivo di lavoro stipulato tra le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale applicabile alle prestazioni oggetto dell’appalto o della concessione”.
7. Il RUP non può introdurre cause di esclusione relative al contratto collettivo (da applicare)
Il comma 4 dell’articolo 2 – dell’allegato in commento – rimarca (secondo anche l’orientamento giurisprudenziale) che il RUP non può pretendere l’applicazione di un dato contratto a pena di esclusione.
Il successivo articolo 3 si sofferma sull’aspetto cardine della problematica ovvero sulla questione della presunzione di equivalenza, mentre l’articolo 4 precisa su quali aspetti/circostanze/elementi dovrà fondarsi/concentrarsi il controllo del RUP.
BOX: Controllo/verifica, come detto, finalizzato a confermare e/o a sconfessare l’equivalenza dichiarata dell’operatore economico che propone un contratto collettivo alternativo rispetto a quello richiesta dal RUP nella legge di gara.
Venendo all’analisi, l’articolo 3 – primo comma – prevede che ai fini della dichiarazione di “equivalenza” e della conseguente sua verifica, si considerano presuntivamente equivalenti le tutele garantite da contratti collettivi nazionali e territoriali di lavoro, sottoscritti dalle medesime organizzazioni sindacali (nda del contratto, evidentemente, richiesto dal RUP) con organizzazioni datoriali diverse in base alla dimensione o alla natura giuridica delle imprese, a condizione che ai lavoratori dell’operatore economico sia applicato il contratto collettivo di lavoro corrispondente alla dimensione o alla natura giuridica dell’impresa.
Il secondo periodo viene dedicato ai contratti del settore edilizia con la puntualizzazione secondo cui “si considerano equivalenti, nei limiti di quanto previsto dal comma 1, i contratti collettivi nazionali di lavoro classificati mediante codice unico alfanumerico CNEL/INPES F012, F015, F018”.
8. Le verifiche sulle dichiarazione di equivalenza
L’articolo 4 – con i commi 2 e 3 – spiega che il RUP (e gli operatori che intendessero proporre un contratto differente da quello richiesto) è tenuto a verificare il rispetto delle prerogative economiche e normative del contratto alternativo proposto dall’operatore economico (anche attraverso il procedimento di verifica di cui all’articolo 110 del codice).
I commi richiamati – come già fatto dalla relazione tecnica che accompagna il bando tipo ANAC n. 1/2023 ma ora in modo diverso per gli elementi richiamati a differenza di quanto inizialmente previsto nello schema di correttivo – elencano le prerogative, rispettivamente, “economiche” e quelle “normative” che occorre salvaguardare.
Nel dettaglio, il comma 2 prevede che la valutazione di equivalenza economica dei contratti è effettuata in relazione alle componenti fisse della retribuzione globale annua, costituite dalle seguenti voci:
a) retribuzione tabellare annuale;
b) indennità di contingenza;
c) elemento distinto della retribuzione (EDR);
d) eventuali mensilità aggiuntive
e) eventuali ulteriori indennità previste.
L’equivalenza, spiega il successivo comma 4, si certifica “quando il valore economico complessivo delle componenti fisse della retribuzione globale annua (…) risulta almeno pari a quello del contratto collettivo di lavoro indicato nel bando di gara o nell’invito”.
Da notare che il passo appena riportato non richiama la decisione di affidamento dell’affidamento diretto (che deve riportare il contratto collettivo da applicare) visto che, probabilmente, il richiamo al contratto dovrebbe valere anche come “certificazione” della congruità.
BOX: Il comma 3, sempre dell’articolo 4, come anticipato, richiama le prerogative normative che devono essere assicurate.
Nel dettaglio la disposizione prevede che “la valutazione di equivalenza delle tutele normative è effettuata sulla base dei seguenti parametri:
a) disciplina concernente il lavoro supplementare;
b) clausole relative al lavoro a tempo parziale;
c) disciplina del lavoro straordinario, con particolare riferimento ai limiti massimi;
d) disciplina compensativa relativa alle festività soppresse;
e) durata del periodo di prova;
f) durata del periodo di preavviso;
g) durata del periodo di comporto in caso di malattia e infortunio;
h) disciplina dei casi di malattia e infortunio, con particolare riferimento al riconoscimento di eventuali integrazioni delle relative indennità;
i) disciplina relativa alla maternità e alle indennità previste per l’astensione obbligatoria e facoltativa dei genitori;
l) monte ore di permessi retribuiti;
m) disciplina relativa alla bilateralità;
n) obblighi di denunzia agli enti previdenziali, inclusa la Cassa edile, assicurativi e antinfortunistici, inclusa la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, anche con riferimento alla formazione di primo ingresso e all’aggiornamento periodico;
o) previdenza integrativa;
p) sanità integrativa”.
In questo caso, il RUP potrà confermare la congruità se gli scostamenti, rispetto ai parametri sono solo “marginali”. L’uso dell’aggettivo, piuttosto che di riferimenti certi, creerà inevitabilmente più di una difficoltà e, sul punto, occorrerà, molto probabilmente attende la prima giurisprudenza in materia e/o l’intervento dell’ANAC.
Non a caso, il successivo comma 5 rinvia a future linee guida del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali (di concerto con il MIT) – da adottare entro 90 giorni dal 31 dicembre 2024 “per la determinazione delle modalità di attestazione dell’equivalenza delle tutele di cui al comma 4 e per la valutazione degli scostamenti che, in ragione anche del numero di parametri interessati, possono essere considerati marginali dalle stazioni appaltanti ed enti concedenti ai sensi del medesimo comma 4”.
L’articolo 5, che chiude l’allegato, (rubricato “Verifica della dichiarazione di equivalenza”) impone – al primo comma (come annotato sopra) – l’obbligo per l’operatore economico di produrre la dichiarazione di equivalenza già con la domanda di gara (si tratta probabilmente di una richiesta amministrativa e quindi soggetta a soccorso istruttorio integrativo ai sensi dell’articolo 101 qualora non venisse subito allegata) e, in ogni caso (comma 2) in coerenza con il principio generale si sottolinea che “prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione, la stazione appaltante o l’ente concedente verifica la dichiarazione di equivalenza presentata dall’operatore economico individuato”.
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