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1. Il grave illecito professionale quale fattispecie “aperta”

Il tema dei gravi illeciti professionali non cessa di destare interesse in dottrina e giurisprudenza, essendo passato al vaglio critico di numerosi giudici ed operatori del diritto anche a seguito delle riforme normative che lo hanno più volte interessato negli ultimi anni.

Come ampiamente noto, il grave illecito professionale commesso dall’operatore economico rappresenta un elemento ostativo alla partecipazione alle gare di appalto pubbliche.

Inizialmente, il d.lgs. 50/2016 (Codice dei contratti), disciplinante la fattispecie di cui stiamo parlando, nell’originaria formulazione contenuta nella lettera c) del comma 5 dell’art. 80, prevedeva che le stazioni appaltanti potessero escludere dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico nel caso si fosse dimostrato con mezzi adeguati che lo stesso si sarebbe reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, recando la stessa norma una elencazione ben precisa:

– le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni;

– il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio;

– il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione.

Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, rispetto al quale non sono tuttavia mancate pronunce di segno contrario, l’elencazione riportata nella citata norma è stata ritenuta meramente esemplificativa e non comportante una preclusione automatica della valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante (v. Cons. di Stato, 2 marzo 2018, n. 1299); ciò si è, ovviamente, tradotto nella facoltà per la stazione appaltante di valutare discrezionalmente la gravità di inadempienze che, pur non immediatamente riconducibili a quelle tipizzate, quanto agli effetti prodotti, siano tuttavia qualificabili come “gravi illeciti professionali” e perciò ostative alla partecipazione alla gara perché rendono dubbie l’integrità o l’affidabilità del concorrente.

La stazione appaltante deve ritenersi onerata a dimostrare, con mezzi adeguati, l’incidenza dei fatti riportabili a tale categoria sull’integrità o affidabilità del concorrente. La categoria dell’illecito professionale viene così a configurarsi come “aperta” e “astratta”, nel senso che qualunque fatto è suscettibile di integrarlo laddove, ragionevolmente, sia tale da incidere sull’affidabilità dell’offerente in ordine alla corretta esecuzione del contratto da affidare.

Secondo questo orientamento, dunque, il committente è pertanto chiamato ad operare una valutazione discrezionale dell’idoneità del comportamento del concorrente che sia tale da porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente, valutazione che attiene all’esercizio del potere discrezionale della stazione appaltante e deve essere effettuata con riferimento alle circostanze dei fatti, alla tipologia di violazione, alle conseguenze sanzionatorie, al tempo trascorso e alle eventuali recidive, il tutto in relazione all’oggetto e alle caratteristiche dell’appalto.

Pertanto, la stazione appaltante deve ritenersi onerata a dimostrare, con mezzi adeguati, l’incidenza dei fatti riportabili a tale categoria sull’integrità o affidabilità del concorrente. La categoria dell’illecito professionale viene così a configurarsi come “aperta” e “astratta”, nel senso che qualunque fatto è suscettibile di integrarlo laddove, ragionevolmente, sia tale da incidere sull’affidabilità dell’offerente in ordine alla corretta esecuzione del contratto da affidare.

Ad una maggiore estensione, potenzialmente indefinita, della categoria fa da contraltare l’onere motivazionale posto in capo alla stazione appaltante, la quale deve valutare i fatti relativi al singolo concorrente che siano suscettibili di integrare l’illecito professionale e motivare in relazione alla loro incidenza sull’integrità e l’affidabilità del medesimo.

2. Il grave illecito professionale nell’evoluzione normativa

Le normative sopravvenute hanno, sostanzialmente, recepito l’orientamento giurisprudenziale prevalente che fa del grave illecito professionale una fattispecie ad elencazione non tassativa.

Ed infatti, a partire dal cd. Decreto semplificazioni (DL 135/2018 convertito con la l. 12/2019), tutti quei comportamenti che la previgente disciplina di cui all’art. 80, co. 5, lett. c), faceva rientrare nel concetto di “grave illecito professionale”, secondo un’elencazione che, come abbiamo visto, era ritenuta di carattere esemplificativo dalla giurisprudenza prevalente, rappresentano ora individualmente delle autonome cause di esclusione alle lettere c-bis) e c-ter), come segue:

– c-bis): <<l’operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione>>;

c-ter) <<l’operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa>>.

Alla lettera c), invece, rimane la causa di esclusione che fa riferimento a <<gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità>>.

Dalla nuova previsione non può dunque farsi a meno di notare che è venuto meno l’elenco dei comportamenti valutabili dalla S.A. alla stregua di un “grave illecito professionale”, che mentre prima erano indicati (ancorché in via meramente esemplificativa e non tassativa), oggi vengono lasciati alla più ampia discrezionale dell’Amministrazione.

Il criterio ispiratore della novella legislativa si invera nell’esigenza di tutelare, oltre che l’interesse pubblico alla selezione di operatori che non si siano resi protagonisti di gravi illeciti tali da comprometterne la credibilità e l’efficienza, anche il vincolo fiduciario che deve sussistere tra stazione appaltante e ed aspirante affidatario della commessa, consentendo di attribuire rilevanza ad ogni tipologia di illecito che per la sua gravità sia in grado di compromettere l’integrità morale e professionale di quest’ultimo. Ogni condotta collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa potrà pertanto essere valutata come possibile causa di esclusione dalla stazione appaltante, anche in mancanza di un accertamento giudiziale definitivo.  

Il criterio ispiratore della novella legislativa si invera nell’esigenza di tutelare, oltre che l’interesse pubblico alla selezione di operatori che non si siano resi protagonisti di gravi illeciti tali da comprometterne la credibilità e l’efficienza, anche il vincolo fiduciario che deve sussistere tra stazione appaltante ed aspirante affidatario della commessa, consentendo di attribuire rilevanza ad ogni tipologia di illecito che per la sua gravità sia in grado di compromettere l’integrità morale e professionale di quest’ultimo. Ogni condotta collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa potrà pertanto essere valutata come possibile causa di esclusione dalla stazione appaltante, anche in mancanza di un accertamento giudiziale definitivo.

Un’importante novità è arrivata anche dal c.d. Decreto Sblocca-Cantieri (DL 32/2019 convertito con legge 55/2019), che ha inserito all’art. 80 la lettera c-quater, secondo cui le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico qualora l’operatore economico <<abbia commesso grave inadempimento nei confronti di uno o più subappaltatori, riconosciuto con sentenza passata in giudicato>>.

La norma è evidentemente concepita a tutela della filiera dei subappaltatori che intervengono nell’esecuzione dell’opera, volendo fungere da deterrente all’impresa (solitamente) di dimensioni maggiori che concorre alla procedura di affidamento.

La norma evoca inoltre il concetto di «grave inadempimento», che sotto il profilo civilistico deve intendersi l’inadempimento di non scarsa importanza ex art. 1455 c.c. che legittima la risoluzione del contratto su iniziativa della parte non inadempiente; posto che quella di pagamento dell’opera è l’obbligazione principale in capo al (sub)committente, non è chiaro se per integrare la causa di esclusione il subappaltatore deve aver ottenuto una pronuncia costitutiva della risoluzione del contratto per “grave inadempimento“.

Non è chiaro inoltre il significato del termine “riconosciuto”; se fosse svincolato dalla successiva “sentenza passata in giudicato” la causa di esclusione si espanderebbe fino a ricomprendere tutte le situazioni in cui il subcommittente abbia ammesso (anche con dichiarazioni unilaterali) il mancato o ritardato pagamento del subappaltatore; al contrario, risulterebbe un mero sinonimo dell’espressione alternativa “accertato” in quanto relativo al contenuto – dispositivo della sentenza.

Ultimo profilo problematico è la possibilità per la Stazione Appaltante di verificare l’effettiva assenza del motivo di esclusione (anche solo in capo all’aggiudicatario), trattandosi di vicende di carattere privatistico e afferenti i rapporti tra imprenditori; sembra verosimile l’ipotesi per la quale la circostanza potrebbe emergere solo in sede contenziosa e in caso di contemporanea partecipazione alla procedura dell’impresa “inadempiente” e di uno o più subappaltatori che nel passato avevano agito giudizialmente per ottenere il pagamento dei corrispettivi.

La disposizione – tacendo del fatto che non individua un arco temporale di riferimento dei pregressi inadempimenti – offre quindi numerosi spunti problematici, che solo la prassi applicativa (e la giurisprudenza sull’inevitabile contenzioso che ne nascerà) potrà contribuire a superare.

3. La valutazione dei gravi illeciti professionali e l’ampio potere discrezionale della stazione appaltante

Dall’analisi del dettato normativo può pertanto trarsi che in tema di grave illecito professionale sia stato riconosciuto in capo alla stazione appaltante un ampio potere discrezionale e valutativo in ordine alla sussistenza dei requisiti di “integrità o affidabilità” dei concorrenti che può riguardare una molteplicità di condotte che la stessa stazione appaltante può valutare attraverso il suo prudente apprezzamente e che non sono in alcun modo tassative.

Ciò comporta indubbiamente, per i concorrenti, un onere aggiuntivo consistente nella necessità di dichiarare qualunque circostanza che possa ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all’Amministrazione.

Infatti, la gravità dell’evento è ponderata dalla stazione appaltante, sicché l’operatore economico è tenuto a dichiarare situazioni ed eventi potenzialmente rilevanti ai fini del possesso dei requisiti di ordine generale di partecipazione alle procedure concorsuali ed a rimettersi alla valutazione della medesima, non essendo configurabile in capo all’impresa partecipante ad una gara alcun filtro valutativo o facoltà di scegliere i fatti da dichiarare e sussistendo, al contrario, l’obbligo della onnicomprensività della dichiarazione in modo da permettere alla Stazione appaltante di espletare con piena cognizione di causa le valutazioni di sua competenza.

Si tratta del cosiddetto principio del clare loqui, ossia del principio che obbliga i privati, nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, di non tralasciare alcuna informazione che li riguardi, anche quella apparentemente più insignficanti, proprio per dare modo all’amministrazione stessa di poter discrezionalmente valutare se tali comportamenti possano o meno incidere sull’integrità e affidabilità dei concorrenti.

Per quanto concerne, invece, la dimostrazione mediante “mezzi adeguati” che al concorrente sia imputabile un grave illecito professionale; la disposizione riserva all’Amministrazione un ampio potere discrezionale anche nell’individuazione degli strumenti probatori della specifica causa di esclusione.

La Stazione appaltante può fondare le proprie valutazioni su qualunque atto da cui emergano, con ragionevole attendibilità, elementi apprezzabili ai fini della verifica della sussistenza di un grave illecito professionale. Anche secondo la giurisprudenza più recente, infatti, <<Tali possono essere anche gli atti da cui emergano le risultanze di un’indagine penale e da cui siano ricavabili specifici, circostanziati e gravi indizi, senza necessità di attendere un provvedimento di rinvio a giudizio o un provvedimento, anche non definitivo, di condanna. Gli atti di indagine infatti rilevano in quanto veicolo di informazioni rilevanti e utili per la Stazione appaltante ai fini dell’autonoma verifica della sussistenza della causa di esclusione>> (TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZ. I – sentenza 10 giugno 2022 n. 1626).  

La Stazione appaltante può di conseguenza fondare le proprie valutazioni su qualunque atto da cui emergano, con ragionevole attendibilità, elementi apprezzabili ai fini della verifica della sussistenza di un grave illecito professionale.

Anche secondo la giurisprudenza più recente, infatti, <<Tali possono essere anche gli atti da cui emergano le risultanze di un’indagine penale e da cui siano ricavabili specifici, circostanziati e gravi indizi, senza necessità di attendere un provvedimento di rinvio a giudizio o un provvedimento, anche non definitivo, di condanna. Gli atti di indagine infatti rilevano in quanto veicolo di informazioni rilevanti e utili per la Stazione appaltante ai fini dell’autonoma verifica della sussistenza della causa di esclusione>> (TAR CAMPANIA – SALERNO, SEZ. I – sentenza 10 giugno 2022 n. 1626).

Peraltro, le stesse Linee guida n. 6 sono state adottate dall’ANAC al dichiarato fine di <<fornire indicazioni operative e chiarimenti in merito alle fattispecie esemplificative indicate in via generica dal Codice e ai criteri da seguire nelle valutazioni di competenza. Ciò nell’ottica di assicurare l’adozione di comportamenti omogenei da parte delle stazioni appaltanti e garantire certezza agli operatori economici>>; tali Linee guida precisano che <<Le stazioni appaltanti possono attribuire rilevanza a situazioni non espressamente individuate dalle Linee guida, purché le stesse siano oggettivamente riconducibili alla fattispecie astratta indicata dall’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice e sempre che ne ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi>>, evidenziando il carattere “aperto” del novero degli illeciti professionali e dei relativi mezzi di prova.

Le linee guida, come visto, contengono indirizzi tesi a dare uniformità e prevedibilità all’azione amministrativa delle stazioni appaltanti esonerandole da valutazioni complesse o stringenti oneri motivazionali laddove si verifichi la fattispecie espressamente e previamente delineata quale “adeguata” dal punto di vista probatorio, secondo un regime presuntivo che non trova applicazione in altre fattispecie (sul punto Cons. Stato Sez. III, 22 dicembre 2020, n. 8211, ma in tal senso anche Ad. Plen. n. 16/2020) in cui invece dev’essere l’amministrazione a valutare, in concreto, se e per quali motivi gli elementi raccolti depongano per un illecito professionale così grave da incidere sull’affidabilità morale o professionale dell’operatore. In tali valutazioni l’amministrazione deve ovviamente considerare i fatti emergenti dall’indagine penale, le conseguenze dell’indagine e le regole che previamente si è data, attraverso la legge di gara, per vagliare il disvalore specifico delle condotte rispetto all’instaurando rapporto contrattuale.

Tale interpretazione è peraltro l’unica conforme al diritto europeo. Secondo le ripetute indicazioni della Corte di Giustizia, il potere della stazione appaltante non può essere limitato da preclusioni poste dal diritto nazionale, ma si deve basare sull’accertamento in concreto dei fatti, rimesso esclusivamente al vaglio della stazione appaltante medesima (sul punto si veda CGUE n. C-425/18, nonché, sull’importanza che sia la stazione appaltante a effettuare in concreto anche C-41/18 del 19.06.2019)” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 2 agosto 2021, n. 5659 e Consiglio di Stato, sez. III, 11 gennaio 2022, n. 198).

La valorizzazione degli elementi emersi nella fase delle indagini è ben possibile in quei casi, come quello all’esame, in cui nell’ambito della medesima indagine sono stati adottati provvedimenti di applicazione di misure cautelari, sottoposti a uno specifico vaglio, in grado di descrivere in maniera compiuta e circostanziata fatti specificamente afferenti a procedure di gara e non altrimenti rilevabili, specie per la collusione tra soggetti appartenenti all’impresa e soggetti appartenenti alla medesima amministrazione.

La stessa giurisprudenza ha affermato che “qualora ricorra un quadro di elementi precisi, diretti e concordanti, la stazione appaltante, al fine di addivenire al giudizio finale, può e deve far riferimento al complesso delle circostanze emergenti dalla fattispecie, senza che occorra necessariamente attendere sempre l’esito del giudizio penale al fine di affermare l’inaffidabilità, l’incongruità o la mancanza di integrità della procedura di gara” (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 1° aprile 2019, n. 2123).

La medesima giurisprudenza aveva infatti già sostenuto che <<non è, infatti, indispensabile che i gravi illeciti professionali che devono essere posti a supporto della sanzione espulsiva del concorrente dalla gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016 siano accertati con sentenza, anche se non definitiva, ma è sufficiente che gli stessi siano ricavabili da altri gravi indizi, atteso che l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella disposizione normativa succitata è meramente esemplificativa e la stazione appaltante ha la possibilità di fornirne la dimostrazione con mezzi adeguati>>.

Orbene, il provvedimento impugnato dinanzi al TAR Campania nel giudizio cui si riferisce la sentenza sopra citata, fa espressamente riferimento all’ordinanza cautelare da cui emerge, al di là della gravità delle misure applicate nei confronti dei singoli soggetti, il coinvolgimento della ricorrente nella alterazione delle attività di affidamento, protrattasi nel tempo e fino alla procedura di gara in questione, volta all’illecita ripartizione delle commesse oggetto della procedura.

Pertanto, ad avviso del giudice amministrativo, nella specie gli elementi posti dall’Amministrazione a sostegno del provvedimento adottato travalicano i limiti collaborativi derivanti dall’appartenenza della ricorrente e delle altre cooperative ad un unico consorzio; tale appartenenza, infatti, non può giustificare la citata turbativa e gli elementi fattuali da cui la stessa è stata desunta.

Il provvedimento adottato dà atto dell’acquisizione di copia dell’ordinanza cautelare e dell’autonoma valutazione condotta in merito agli elementi fattuali ricavabili dalla medesima ordinanza, seppure con una sintetica motivazione stante l’evidente e indiscutibile gravità della vicenda.

4. Ulteriori considerazioni sull’utilizzo dei “mezzi adeguati”

Come abbiamo sin qui visto, in giurisprudenza si è quindi consolidato il principio secondo cui <<nelle gare pubbliche il giudizio su gravi illeciti professionali è espressione di ampia discrezionalità da parte dell’amministrazione, cui il legislatore ha voluto riconoscere un ampio margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell’affidabilità dell’appaltatore>> (v. Cons. di Stato, V, 27 ottobre 2021 n. 7223), purché la comminatoria dell’esclusione sia rigorosamente ancorata ad una motivazione congrua e ragionevole.

Con la predetta pronuncia il Consiglio di Stato ha ribadito il proprio consolidato orientamento secondo cui l’individuazione tipologica dei gravi illeciti professionali ha carattere meramente esemplificativo, potendo per tal via la stazione appaltante desumerne il compimento da ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa, se stimata idonea a metterne in dubbio l’integrità e l’affidabilità.

Tale conclusione <<non muta anche dopo la modifica dell’art. 80, comma 5, disposta con l’art. 5 d.l. n. 135 del 2018, che ha “sdoppiato” nelle successive lettere c-bis) e c-ter) la preesistente elencazione, mantenendo peraltro nella lett. c) la previsione di portata generale (in termini, Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171)>> (v. ancora Cons. di Stato, V, 27 ottobre 2021 n. 7223).

Ne consegue, ad avviso dei Giudici di Palazzo Spada, che il sindacato che il giudice amministrativo è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della “non pretestuosità” della valutazione degli elementi di fatto compiuta (nella specie, la non manifesta abnormità, contraddittorietà o contrarietà a norme imperative di legge nella valutazione degli elementi di fatto) e non può pervenire ad evidenziare una mera “non condivisibilità” della valutazione stessa.

Deve essere l’amministrazione a valutare, in concreto, se e per quali motivi gli elementi raccolti depongono per un illecito professionale così grave da incidere sull’affidabilità morale o professionale dell’operatore. In tali valutazioni l’amministrazione deve ovviamente considerare i fatti emergenti dall’indagine penale, le conseguenze dell’indagine e le regole che previamente si è data, attraverso la lex specialis, per vagliare il disvalore specifico delle condotte rispetto all’instaurando rapporto contrattuale.

Secondo l’ANAC (v. delibera n. 146 del 30 marzo 2022), la pendenza di indagini penali o il rinvio a giudizio del legale rappresentante della società aggiudicataria, pur non producendo un automatico effetto espulsivo dell’operatore economico e non essendo idonea a determinarne l’esclusione per falsa dichiarazione (ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis) del Codice), è riconducibile all’art. 80, comma 5, lett. c-bis) del Codice laddove il concorrente non abbia assolto l’obbligo informativo ed è valutabile dalla stazione appaltante quale grave illecito professionale, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c).

In particolare, ad avviso dell’ANAC, <<la sussistenza di carichi pendenti può considerarsi un’informazione dovuta, quand’anche il corrispondente obbligo dichiarativo non sia previsto dalla lex specialis, nel caso in cui riguardi fattispecie di reato che, per gravità, fondatezza e pertinenza, sono in grado di incidere sulla valutazione di moralità o affidabilità dell’operatore economico. (…) una simile valutazione deve essere svolta, di volta in volta, dalla stazione appaltante che, nell’esercizio della propria discrezionalità, deve valutare la gravità dei fatti e il loro inquadramento come grave illecito professionale>> (v. delibera ANAC n. 146/2022).

Nel caso in esame, l’ANAC ha rilevato che la sopravvenienza, in corso di gara, di un’indagine penale a carico del legale rappresentante della società risultata aggiudicataria in relazione a fattispecie di reato gravi avente ad oggetto condotte corruttive presuntivamente commesse nell’ambito di altra gara d’appalto, impone:

  • all’operatore economico l’obbligo di informare la SA della pendenza delle indagini e dell’adozione della misura cautelare nei confronti del legale rappresentante della società;
  • alla SA di effettuare una valutazione concreta ed effettiva sulla rilevanza di quei fatti quale grave illecito professionale.
L’obbligo informativo gravante sull’operatore economico sussiste, dunque, anche con riferimento alle circostanze sopravvenute rispetto al termine di scadenza delle offerte. L’omissione di tale obbligo configura la fattispecie della “omissione di una informazione dovuta ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” di cui all’art. 80, comma 5, lett. c-bis) quando riguarda indagini penali e misure cautelari che per gravità sono idonee ad incidere sul giudizio di affidabilità professionale dell’operatore economico (categoria nella quale, evidentemente, rientrano i reati di corruzione).

L’obbligo informativo gravante sull’operatore economico sussiste, dunque, anche con riferimento alle circostanze sopravvenute rispetto al termine di scadenza delle offerte. L’omissione di tale obbligo configura la fattispecie della “omissione di una informazione dovuta ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” di cui all’art. 80, comma 5, lett. c-bis) quando riguarda indagini penali e misure cautelari che per gravità sono idonee ad incidere sul giudizio di affidabilità professionale dell’operatore economico (categoria nella quale, evidentemente, rientrano i reati di corruzione).

La stazione appaltante non può quindi omettere di effettuare un giudizio sulla integrità o affidabilità professionale della società aggiudicataria e sulla incidenza delle indagini penali e delle misure cautelari emesse; come previsto dalle Linee Guida ANAC n. 6, si tratta di una valutazione discrezionale che compete in via esclusiva all’Amministrazione, che solo ad esito delle proprie valutazioni discrezionali deciderà se ritenere le condotte contestate alla società  gravi e pertinenti o meno rispetto alla gara.

Non solo: eventuali misure di self cleaning possono inoltre essere prese in considerazione solo pro futuro e quindi per successive procedure di gara: è stato, infatti, precisato che <<solo dopo l’adozione delle stesse la stazione appaltante può, infatti, essere ritenuta al riparo dalla ripetizione di pratiche scorrette ad opera degli stessi organi sociali, posto anche che l’atto sanzionatorio remunera una condotta ormai perfezionata in ogni elemento>> (v. delibera ANAC 146/2022 cit.).

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Questo articolo è stato scritto da...

Avv. Riccardo Gai
Esperto in materia di appalti pubblici
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