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Con la Comunicazione 2021/C 91/01 del 18 marzo 2021, la Commissione europea ha fornito indicazioni sugli strumenti per combattere la collusione negli appalti pubblici e sugli orientamenti riguardanti le modalità di applicazione del relativo motivo di esclusione.
Gli appalti pubblici rappresentano una quota sostanziale del PIL degli Stati membri dell’UE, pari a oltre il 14 % del PIL totale degli stessi, e svolgono un ruolo fondamentale nella crescita economica, nel progresso sociale e nel conseguimento di un obiettivo fondamentale di ogni Stato, ossia fornire servizi di qualità ai propri cittadini.
Il termine collusione negli appalti pubblici (o «turbativa d’asta») si riferisce ad accordi illegali tra operatori economici (d’ora in poi anche solo “o.e.”) volti a falsare la concorrenza nelle procedure di aggiudicazione degli appalti.
Tali accordi di collusione tra gli o.e. possono assumere varie forme, come la definizione anticipata del contenuto delle loro offerte (in particolare il prezzo) al fine di influenzare l’esito della procedura, la rinuncia alla presentazione di un’offerta, la ripartizione del mercato su base geografica o sulla base dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’oggetto dell’appalto, o l’istituzione di sistemi di rotazione per una serie di procedure.
L’obiettivo delle descritte pratiche illecite è quindi quello di consentire a un offerente predeterminato di ottenere l’aggiudicazione di un appalto creando nel contempo l’impressione che la procedura sia realmente competitiva.
Secondo la Commissione, la collusione è considerata e trattata come uno dei fattori di rischio principali per una spesa pubblica efficiente. Si stima che aumenti fino al 60 % i costi che gli acquirenti pubblici sostengono rispetto a quanto pagherebbero in condizioni di mercato normali.
Durante la pandemia di COVID-19 vi è l’urgente necessità delle autorità pubbliche di acquistare, in tempi molto brevi, grandi quantità di forniture e servizi per i rispettivi sistemi sanitari può accrescere il rischio di comportamenti collusivi tra alcuni operatori economici.
In situazioni di emergenza, come la pandemia di COVID-19, l’urgente necessità delle autorità pubbliche di acquistare, in tempi molto brevi, grandi quantità di forniture e servizi per i rispettivi sistemi sanitari può accrescere il rischio di comportamenti collusivi tra alcuni o.e., i quali potrebbero tentare di sfruttare l’emergenza e limitare artificialmente la concorrenza per massimizzare i loro guadagni a discapito delle finanze pubbliche.
Del resto, gli effetti negativi della collusione sulle finanze pubbliche si potrebbero rivelare ancora maggiori nel periodo post – emergenziale, quando la ripresa economica dipende in larga misura dal miglior utilizzo possibile dei fondi pubblici disponibili e dalla realizzazione di investimenti consistenti in settori economici critici.
Pagamenti indebiti di importi eccessivi per lavori, forniture e servizi si traducono in una riduzione dei fondi pubblici disponibili per lo svolgimento delle attività essenziali degli Stati, in disavanzi di bilancio più elevati e in una maggiore necessità per gli Stati di ricorrere al prestito, mettendo in tal modo a repentaglio la loro stabilità finanziaria e minando gli sforzi per la ripresa.
Il contesto normativo europeo
Nel diritto dell’Unione europea la collusione tra operatori economici è contemplata dall’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE), che vieta esplicitamente gli accordi e le pratiche concordate che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno e che possano pregiudicare il commercio tra gli Stati membri.
Come è noto, a partire dall’adozione delle più recenti direttive dell’UE in materia di appalti pubblici nel 2014, le indicazioni sufficientemente plausibili di collusione sono esplicitamente diventate motivo facoltativo di esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione.
Interessante è notare che nella Sezione 5 della Comunicazione viene esposto un parere giuridicamente non vincolante sulle modalità di applicazione del motivo di esclusione per collusione previsto dall’articolo 38, paragrafo 7, lettera e), della direttiva 2014/23/UE, dall’articolo 57, paragrafo 4, lettera d), della direttiva 2014/24/UE e dell’articolo 80, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE.
Fermo restando che solo la Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a fornire un’interpretazione giuridicamente vincolante delle disposizioni del diritto dell’UE, il parere espresso dalla Commissione nella Comunicazione in parola, pur non creando nuove norme o obblighi, funge da utile strumento interpretativo.
Tanto premesso giova evidenziare che, prima dell’entrata in vigore delle direttive del 2014, gli offerenti che mettevano in atto pratiche collusive potevano essere esclusi dalle procedure di gara a norma dell’articolo 45, paragrafo 2, della direttiva 2004/18/CE, a condizione che nei loro confronti fosse stata pronunciata una condanna con sentenza passata in giudicato per un reato incidente sulla loro moralità professionale (articolo 45, paragrafo 2, lettera c)) o a condizione che, nell’esercizio della loro attività professionale, avessero commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice (articolo 45, paragrafo 2, lettera d)). Nell’applicazione di quest’ultimo motivo facoltativo di esclusione le amministrazioni aggiudicatrici potevano far rientrare una violazione delle norme in materia di concorrenza, quale la collusione, come motivo atto a giustificare l’esclusione, purché fossero soddisfatte le condizioni di cui al predetto articolo (ordinanza della Corte di giustizia del 4 giugno 2019, Consorzio Nazionale Servizi Società Cooperativa (CNS) contro Gruppo Torinese Trasporti Gtt SpA, C-425/18, punti 18 e 33.).
La giurisprudenza europea, anche con riferimento al precedente regime normativo europeo e domestico, ha definitivamente chiarito la rilevanza dell’accertamento dell’illecito antitrust nell’ambito degli illeciti professionali suscettibili di rilevare quale causa di esclusione dalla partecipazione ad una gara di appalto pubblico. In particolare, con la ordinanza 4 giugno 2019 resa nella causa C-425/18, CNS – GGT S.p.A., la Corte di Giustizia ha statuito, infatti, che:
- la nozione di «errore nell’esercizio della propria attività professionale» comprende qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla credibilità professionale dell’operatore economico di cui trattasi la sua integrità o affidabilità;
- di conseguenza la nozione di «errore nell’esercizio della propria attività professionale», che è oggetto di un’interpretazione ampia, non può limitarsi ai soli inadempimenti e condotte negligenti commessi nell’esecuzione di un contratto pubblico;
- la nozione di «errore grave» deve essere intesa nel senso che essa si riferisce normalmente a un comportamento dell’operatore economico in questione che denoti un’intenzione dolosa o un atteggiamento colposo di una certa gravità da parte sua;
- l’accertamento di un tale errore non richiede una sentenza passata in giudicato;
- la decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza, che stabilisca che un operatore ha violato le norme in materia di concorrenza, può senz’altro costituire indizio dell’esistenza di un errore commesso da tale operatore;
- una violazione delle norme in materia di concorrenza non può comportare l’esclusione automatica di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico. Infatti, conformemente al principio di proporzionalità, l’accertamento della sussistenza di un «errore grave» necessita, in linea di principio, dello svolgimento di una valutazione specifica e concreta del comportamento dell’operatore economico interessato.
Le direttive del 2014 hanno, poi, modificato le norme sull’esclusione introducendo nuovi motivi di esclusione facoltativi e obbligatori, la possibilità per gli o.e. di avvalersi di misure di autodisciplina (il c.d. self cleaning) e una durata massima dell’esclusione.
Esse hanno esplicitamente riconosciuto, per la prima volta, la turbativa d’asta come un motivo facoltativo per escludere gli o.e. dalle procedure di aggiudicazione. Più specificamente, l’articolo 57, paragrafo 4, lettera d), della direttiva 2014/24/UE (di seguito «la Direttiva») stabilisce che un’amministrazione aggiudicatrice può escludere, oppure uno Stato membro può chiedere a un’amministrazione aggiudicatrice di escludere, dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico: «d) se l’amministrazione aggiudicatrice dispone di indicazioni sufficientemente plausibili per concludere che l’operatore economico ha sottoscritto accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza».
Questo motivo facoltativo di esclusione trova riscontro anche all’articolo 38, paragrafo 7, lettera e), della direttiva 2014/23/UE sulle concessioni e può essere applicato alle procedure di appalto disciplinate dalla direttiva 2014/25/UE sui servizi di pubblica utilità in virtù dell’articolo 80, paragrafo 1, della stessa.
L’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva introduce il diritto dell’o.e. di fare ricorso a quelle che vengono generalmente denominate misure di autodisciplina (o di self cleaning).
La possibilità di escludere un operatore economico per presunta collusione non è intesa nella Direttiva come una sanzione per il suo comportamento prima o durante la procedura di aggiudicazione. Essa serve piuttosto ad assicurare il rispetto dei principi di parità di trattamento e di condizioni di concorrenza nella procedura di aggiudicazione e a garantire l’integrità e l’affidabilità del futuro contraente, nonché la sua l’idoneità a eseguire l’appalto.
Per quanto riguarda il tipo di comportamento oggetto del motivo di esclusione, le differenze tra la formulazione dell’articolo 57, paragrafo 4, lettera d), della direttiva e quella dell’articolo 101 TFUE hanno suscitato dubbi in merito a quali pratiche illegali debbano essere prese in considerazione dall’amministrazione aggiudicatrice ai fini dell’applicazione di tale causa di esclusione.
In effetti l’articolo 57, paragrafo 4, lettera d), della direttiva si riferisce soltanto ad «accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza», mentre l’articolo 101 TFUE riguarda «tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno».
Sicché secondo la Commissione, interpretando la direttiva in modo coerente con il Trattato, gli Stati membri dovrebbero poter considerare, in sede di recepimento, che non solo gli accordi, ma anche le pratiche concordate in materia di appalti pubblici volte a falsare la concorrenza possono giustificare l’applicazione di questo motivo di esclusione. In alternativa, secondo la Commissione, gli Stati membri potrebbero considerare tali altre forme di violazione delle norme in materia di concorrenza come gravi illeciti professionali, che giustificano l’eventuale esclusione di un operatore economico ai sensi dell’articolo 57, paragrafo 4, lettera c), della direttiva.
Secondo la Commissione possono altresì sorgere interrogativi sulla differenza tra il motivo di esclusione per collusione di cui all’articolo 57, paragrafo 4, lettera d), della direttiva e il motivo di esclusione per gravi illeciti professionali di cui all’articolo 57, paragrafo 4, lettera c), della stessa direttiva.
Come si è accennato, fino all’entrata in vigore delle direttive del 2014 quest’ultima disposizione fungeva da base per l’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione nei casi di violazione delle norme in materia di concorrenza.
Entrambi i motivi di esclusione possono ancora essere applicati per lo stesso fine (come confermato dal considerando 101 della direttiva, che qualifica chiaramente le violazioni delle norme in materia di concorrenza come forme di grave violazione dei doveri professionali), entrambi sono facoltativi per le amministrazioni aggiudicatrici e producono lo stesso effetto, ovvero l’esclusione di un offerente dalla procedura.
Secondo la Commissione, l’aggiunta del motivo di esclusione per collusione all’articolo 57, paragrafo 4, lettera d), è stata concepita come uno strumento più specifico che amplia le opzioni a disposizione delle amministrazioni aggiudicatrici per affrontare situazioni di collusione.
La differenza fondamentale tra le due disposizioni sembra essere il grado di certezza richiesto all’amministrazione aggiudicatrice per escludere un offerente dalla procedura.
Per avvalersi dell’articolo 57, paragrafo 4, lettera c), l’amministrazione aggiudicatrice deve «dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali». Per contro, l’articolo 57, paragrafo 4, lettera d), consente all’amministrazione aggiudicatrice di prendere in considerazione l’esclusione di un offerente anche qualora vi siano «indicazioni sufficientemente plausibili per concludere che l’operatore economico ha sottoscritto accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza».
Per disporre l’esclusione ai sensi dell’articolo 57, paragrafo 4, lettera d) occorre che vi siano «indicazioni sufficientemente plausibili per concludere che l’operatore economico ha sottoscritto accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza»
Spetta, dunque, all’amministrazione aggiudicatrice valutare, caso per caso, quale dei due motivi possa essere considerato applicabile, fermo restando che nulla nella direttiva osta a che un’amministrazione aggiudicatrice escluda un offerente dalla procedura sulla base di più di un motivo di esclusione.
L’articolo 57, paragrafo 4, della direttiva attribuisce alle amministrazioni aggiudicatrici un ampio margine di discrezionalità nel decidere se escludere o no un offerente dalla procedura, qualora sussistano indicazioni sufficientemente plausibili di collusione.
L’intenzione del legislatore dell’UE è stata quella di consentire alle amministrazioni aggiudicatrici di valutare, caso per caso, se siano rispettate le condizioni per l’esclusione di un offerente per tale motivo, evitando di introdurre norme eccessivamente prescrittive. La natura facoltativa di questa causa di esclusione implica che le amministrazioni aggiudicatrici sono autorizzate a permettere a un offerente di continuare a partecipare a una procedura di aggiudicazione anche se vi sono indicazioni sufficientemente plausibili di collusione (a meno che le amministrazioni aggiudicatrici non siano tenute ad escludere l’offerente in conformità al diritto nazionale).
La CGUE ha costantemente confermato che, a norma dell’articolo 57, paragrafo 4, della direttiva, spetta all’amministrazione aggiudicatrice valutare in maniera indipendente se un operatore economico debba essere escluso da una determinata procedura di aggiudicazione: «[t]ale facoltà … è destinata in modo particolare a permettere all’amministrazione aggiudicatrice interessata di valutare l’integrità e l’affidabilità di ciascuno degli offerenti», soprattutto al fine di garantire «l’affidabilità del[l’aggiudicatario dell’appalto], sulla quale si fonda la fiducia che in esso ripone [l’amministrazione aggiudicatrice]» (Sentenza della Corte di giustizia del 3 ottobre 2019, Delta Antrepriză de Construcții și Montaj 93 SA contro Compania Națională de Administrare a Infrastructurii Rutiere SA, C-267/18, punti da 25 a 29).
Sicché le amministrazioni dispongono di un ampio margine di discrezionalità quando si tratta di escludere un offerente per presunta collusione.
Occorre tuttavia evidenziare che sussistono alcuni limiti stabiliti nella direttiva.
In primo luogo, in sede di recepimento, gli Stati membri possono obbligare le loro amministrazioni aggiudicatrici ad applicare i motivi facoltativi di esclusione di cui all’articolo 57, paragrafo 4, della direttiva e, nel caso previsto all’articolo 57, paragrafo 4, lettera d), della stessa, ad escludere un offerente dalla procedura di aggiudicazione se sono in possesso di indicazioni sufficientemente plausibili di collusione.
Le risposte che la Commissione ha ricevuto al questionario del febbraio 2019 indicano che, in sede di recepimento delle direttive del 2014, la maggior parte degli Stati membri ha scelto di mantenere facoltativo il motivo di esclusione per le proprie amministrazioni aggiudicatrici
In secondo luogo, a norma dell’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva, un offerente può dimostrare la propria affidabilità fornendo all’amministrazione aggiudicatrice le prove indicate in tale paragrafo volte a dimostrare che detto operatore ha adottato misure correttive sufficienti a porre rimedio alle conseguenze negative dei propri illeciti (o misure di autodisciplina). Il considerando 102 della direttiva recita:«Qualora tali misure offrano garanzie sufficienti, l’operatore economico interessato non dovrebbe più essere escluso solo sulla base di tali motivi».
L’amministrazione aggiudicatrice è tenuta a esaminare tali prove tenendo conto della gravità o delle particolari circostanze del reato e a fornire una motivazione se ritiene che le prove non siano sufficienti per consentire all’offerente di continuare a partecipare alla procedura.
In terzo luogo, il principio di proporzionalità, che riguarda tutte le fasi della procedura di aggiudicazione, si applica anche alla fase di valutazione di un eventuale caso di collusione. Ciò è confermato dal considerando 101 della direttiva, che recita: «Nell’applicare motivi di esclusione facoltativi, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero prestare particolare attenzione al principio di proporzionalità.»
L’amministrazione aggiudicatrice deve agire in modo proporzionato anche nel valutare le misure di autodisciplina addotte dall’offerente. L’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva stabilisce quanto segue: «Le misure adottate dagli operatori economici sono valutate considerando la gravità e le particolari circostanze del reato o dell’illecito.»
Ai fini dell’applicazione di tale motivo di esclusione, il principio di proporzionalità generalmente impone all’amministrazione aggiudicatrice di svolgere una valutazione specifica e concreta dell’operatore economico interessato, indipendentemente dalle decisioni precedentemente adottate da altre autorità e nel rispetto del diritto dell’o.e. di addurre misure di self cleaning.
La Commissione si è dunque interrogata sulla nozione di «indicazioni sufficientemente plausibili»: che cosa costituisce un’«indicazione» rispetto a una «prova» e come gestire coloro che richiedono un trattamento favorevole? Come accennato, le direttive non specificano che cosa si possa considerare un’«indicazione sufficientemente plausibile» atta a consentire di escludere un o.e. da una procedura di aggiudicazione sulla base del motivo di esclusione per collusione.
Nell’esaminare la possibilità di escludere un offerente da una procedura di aggiudicazione in corso per presunta collusione, un’amministrazione aggiudicatrice ha il diritto, a norma della direttiva, di valutare tutti i fatti di cui è a conoscenza che possano mettere in discussione l’affidabilità di tale offerente quale potenziale futuro contraente.
Come potenziale indicazione plausibile, l’amministrazione aggiudicatrice può tenere conto, ad esempio, di essere a conoscenza del fatto che un offerente ha già stipulato un contratto di subappalto con un altro offerente nella stessa procedura o ha preordinato il materiale necessario per eseguire lo specifico appalto in questione ben prima della conclusione della valutazione delle offerte. Altri elementi che le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero valutare sono:
- il comportamento generale adottato sul mercato dagli offerenti che partecipano alla procedura (ad esempio offerenti che non partecipano mai alla stessa procedura di aggiudicazione o offerenti che partecipano soltanto in alcune regioni oppure che sembrano alternarsi nella partecipazione alle procedure di aggiudicazione);
- i testi delle offerte (ad esempio la presenza di frasi o di refusi identici in offerte diverse o annotazioni rimaste per errore nel testo di un’offerta che indicano un comportamento collusivo degli offerenti);
- i prezzi offerti nella procedura di aggiudicazione (ad esempio offerenti che propongono un prezzo più elevato rispetto a quelli proposti in precedenti procedure analoghe o che propongono prezzi eccessivamente elevati o bassi);
- dettagli di tipo amministrativo (ad esempio offerte presentate dallo stesso rappresentante commerciale.
Pertanto, le amministrazioni aggiudicatrici devono valutare in modo prudente e proporzionato se le indicazioni di collusione rilevate in una procedura di aggiudicazione in corso siano sufficientemente plausibili da comportare l’esclusione di un offerente, concentrandosi sui fatti ed evitando presunzioni. Sarebbe ad esempio difficile motivare l’esclusione di due offerenti da una procedura di aggiudicazione soltanto per il fatto che hanno presentato per via elettronica le loro offerte a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro.
Le direttive consentano agli Stati membri di introdurre norme o orientamenti nazionali che definiscano ciò che un’amministrazione aggiudicatrice potrebbe considerare come «indicazioni sufficientemente plausibili» ai fini dell’applicazione del motivo di esclusione.
Tuttavia, come già accennato, secondo la Commissione è opportuno che le norme nazionali rispettino sia la lettera che lo spirito della direttiva, la quale richiede solo la sussistenza di «indicazioni» della partecipazione ad accordi illegali che falsano la concorrenza in una procedura di aggiudicazione e non prove formali, come una sentenza di un organo giurisdizionale che confermi tale partecipazione. Se il legislatore europeo avesse voluto stabilire la necessità di elementi di prova per poter invocare tale motivo di esclusione, ciò avrebbe trovato riscontro nel testo, come nel caso dell’articolo 26, paragrafo 4, lettera b), e dell’articolo 35, paragrafo 5, della direttiva.
La Corte di Giustizia ha altresì confermato che la prova di una violazione delle norme dell’UE in materia di appalti pubblici, quale un comportamento anticoncorrenziale, può «essere apportata non solo mediante prove dirette, ma anche attraverso indizi, purché questi ultimi siano oggettivi e concordanti e gli offerenti collegati siano in grado di fornire la prova contraria» (CGUE, sentenza 17 maggio 2018, Šiaulių regiono atliekų tvarkymo centras e «Ecoservice projektai» UAB, C-531/16, punto 37).
In pratica ciò significa che le amministrazioni aggiudicatrici non sono tenute a disporre di prove della collusione in una procedura di aggiudicazione in corso, in quanto ciò sarebbe in contraddizione con la lettera della direttiva. Pertanto una normativa nazionale che richieda una decisione di un’autorità garante della concorrenza o una sentenza di un organo giurisdizionale che confermi il comportamento collusivo dell’operatore economico in questione in una procedura di aggiudicazione in corso prima che l’amministrazione aggiudicatrice possa rifiutare l’offerta a norma dell’articolo 57, paragrafo 4, lettera d), della direttiva solleva dubbi riguardo alla sua conformità alla direttiva, in quanto tale decisione costituisce di fatto una prova del comportamento collusivo.
Nella recente sentenza dell’11 giugno 2020 nella causa C-472/19 (Vert Marine), la Corte di giustizia ha sottolineato inoltre la necessità che le condizioni di applicazione adottate dagli Stati membri siano compatibili con i termini imposti dalla procedura di aggiudicazione, in maniera da non privare le disposizioni della direttiva della loro sostanza (interessanti i punti 36 e 38).
Ciò limiterebbe indebitamente il potere conferito alle amministrazioni aggiudicatrici dalla direttiva di escludere un offerente avvalendosi di indicazioni sufficientemente plausibili di collusione anziché di elementi di prova. Potrebbe essere considerata un’indicazione di collusione, ad esempio, l’informazione di cui sia venuta a conoscenza un’amministrazione aggiudicatrice in merito a un’indagine avviata dall’autorità garante della concorrenza o ad accuse penali mosse contro la dirigenza dell’operatore per presunta collusione nella procedura di aggiudicazione in corso o in altre procedure di aggiudicazione.
In secondo luogo, nel valutare l’integrità o l’affidabilità di un offerente ai sensi dell’articolo 57, paragrafo 4, lettera d), della direttiva, l’amministrazione aggiudicatrice ha il diritto di tener conto di qualsiasi fatto che indichi un comportamento anticoncorrenziale da parte dell’offerente, indipendentemente dal fatto che ciò riguardi la procedura di aggiudicazione in corso o un’altra procedura presente o passata.
L’articolo 57, paragrafo 4, lettera d), della direttiva non specifica se i fatti che danno luogo a indicazioni sufficientemente plausibili di collusione debbano riferirsi alla procedura di aggiudicazione in corso oppure se possano riferirsi ad altre procedure (passate o in corso), a procedure in un settore economico diverso o a procedure di appalto effettuate per il settore privato.
L’articolo 57, paragrafo 5, secondo comma, della direttiva conferma invece esplicitamente che l’amministrazione aggiudicatrice può tener conto di «atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura». Pertanto una decisione precedentemente adottata da un’altra amministrazione aggiudicatrice per escludere l’operatore da una procedura di aggiudicazione, oppure una decisione adottata da un’autorità garante della concorrenza o una sentenza pronunciata da un giudice nazionale, in virtù della quale l’operatore o un membro della sua dirigenza o del suo personale sia stato giudicato colpevole di collusione nell’ambito di procedure di aggiudicazione precedenti, può essere presa in considerazione da un’amministrazione aggiudicatrice nel valutare l’affidabilità di un offerente nel contesto della procedura in corso.
Tuttavia, il coinvolgimento dell’operatore in un precedente caso di collusione non è di per sé un motivo per escludere l’operatore dalla procedura di aggiudicazione in corso, dato che, secondo la giurisprudenza della Corte (sentenza Delta Antrepriză, punto 27, e l’ordinanza CNS, punto 34.), le decisioni adottate da altre amministrazioni in casi precedenti non pregiudicano il giudizio dell’amministrazione che svolge la procedura di aggiudicazione.
Lo stesso vale qualora, in un caso precedente, un offerente sia stato sospettato di collusione ma i sospetti siano stati infine respinti o l’offerente, indipendentemente da ciò, non sia stato escluso dalla procedura.
Nello svolgimento della procedura di aggiudicazione, l’amministrazione aggiudicatrice non è vincolata da alcuna decisione di questo tipo adottata in precedenza e mantiene il diritto di valutare l’esclusione di un offerente dalla procedura se il comportamento da questi tenuto in passato solleva dubbi credibili e giustificabili per l’amministrazione aggiudicatrice riguardo all’integrità e all’affidabilità dell’offerente nel contesto della procedura di aggiudicazione in corso.
In caso di subappalto, l’amministrazione aggiudicatrice dovrebbe valutare attentamente i casi in cui un subappaltatore proposto avrebbe potuto facilmente partecipare per proprio conto alla procedura di aggiudicazione ed eseguire l’appalto in modo indipendente.
I casi di subappalto reciproco tra due offerenti possono anch’essi essere considerati dall’amministrazione aggiudicatrice come un’indicazione potenziale di collusione da esaminare a norma dell’articolo 57 della direttiva, dato che tali accordi di subappalto di norma consentono alle parti di venire a conoscenza delle rispettive offerte finanziarie, sollevando così dubbi riguardo all’indipendenza delle parti nel formulare le proprie offerte.
Sebbene gli accordi di subappalto quali quelli sopra illustrati possano essere considerati indicatori del rischio di potenziale collusione, è opportuno che le amministrazioni aggiudicatrici evitino di basarsi sulla presunzione generale secondo cui il subappalto da parte dell’aggiudicatario a un altro offerente nella stessa procedura costituisce un comportamento collusivo tra gli operatori economici in questione senza lasciare loro la possibilità di dimostrare il contrario (sentenza della Corte di giustizia del 22 ottobre 2015, Impresa Edilux srl e Società Italiana Costruzioni e Forniture srl (SICEF) contro Assessorato Beni Culturali e Identità Siciliana – Servizio Soprintendenza Provincia di Trapani e a., C-425/14, punto 39.).
L’articolo 57, paragrafo 6, descrive le misure di autodisciplina che gli operatori economici possono portare all’attenzione dell’amministrazione aggiudicatrice a tale proposito. Il considerando 102 della direttiva fornisce esempi di tali misure, in particolare misure riguardanti il personale e l’organizzazione quali la rottura di tutti i rapporti con le persone o con le organizzazioni coinvolte nel comportamento scorretto, misure adeguate per la riorganizzazione del personale, l’attuazione di sistemi di rendicontazione e controllo, la creazione di una struttura di audit interno per verificare la conformità, e l’adozione di norme interne in materia di responsabilità e di risarcimento.
Alla luce del principio di proporzionalità, dovrebbe essere possibile considerare che l’operatore debba dimostrare di aver adottato le misure di cui all’articolo 57, paragrafo 6, secondo comma, applicabili al caso specifico. Ad esempio, l’operatore deve dimostrare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire i danni causati dal suo comportamento illegale solo qualora a tale riguardo sia stata presentata una domanda nei suoi confronti. Possono esservi anche casi in cui l’adozione di misure riguardanti unicamente il personale può essere sufficiente a convincere l’amministrazione aggiudicatrice dell’affidabilità dell’operatore, senza la necessità di adottare altre misure tecniche o organizzative.
Come confermato dalla Corte (sentenza del 14 gennaio 2021, RTS, BVBA e Aannemingsbedrijf Norré-Behaegel contro Vlaams Gewest, C-387/19, punti 26 e 48), la direttiva non specifica se i chiarimenti o le misure di autodisciplina debbano essere presentati dall’offerente di sua iniziativa o su richiesta dell’amministrazione aggiudicatrice.
Se il diritto nazionale prevede l’obbligo per l’offerente di presentare spontaneamente le misure di autodisciplina al più tardi al momento della presentazione della propria offerta, l’amministrazione aggiudicatrice deve informare gli offerenti di tale obbligo in modo chiaro e preciso al momento dell’avvio della procedura
L’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva non si limita a riconoscere a un operatore economico il diritto di fornire prove che gli consentano di continuare a partecipare alla procedura di aggiudicazione, ma consente anche all’amministrazione aggiudicatrice di non escludere un operatore che abbia risposto in maniera soddisfacente alle preoccupazioni relative al suo comportamento in precedenti procedure di appalto. La sola limitazione al diritto dell’operatore di presentare le misure di autodisciplina adottate è che tale diritto non è applicabile fintanto che l’operatore è escluso dalle procedure di aggiudicazione per un periodo di tempo stabilito da una sentenza definitiva nello Stato membro in cui tale sentenza è efficace (come recentemente chiarito dalla Corte, fintanto che l’esclusione per un determinato periodo di tempo non è stata confermata da una sentenza definitiva, l’operatore economico ha il diritto di presentare misure di autodisciplina per dimostrare la propria affidabilità (cfr. la sentenza Vert Marine, punto 18). Di conseguenza tale disposizione non osta a che un’amministrazione aggiudicatrice consenta di continuare a partecipare alla procedura all’operatore economico che si sia manifestato nel corso della stessa e abbia ammesso accordi illegali con altri offerenti, abbia collaborato attivamente con l’amministrazione aggiudicatrice per chiarire la situazione e abbia adottato tutte le misure necessarie per prevenire ulteriori illeciti.
Orientamenti per le amministrazioni aggiudicatrici riguardanti le modalità di applicazione del motivo di esclusione per collusione
In considerazione della rilevanza del fenomeno della collusione e dell’importanza strategica degli appalti nella fase post emergenziale che attende i Paese Membri della Unione europea la Commissione europea fornisce al paragrafo 5, della suddetta Comunicazione importanti indicazioni di taglio pratico, che possono guidare i funzionari delle singole stazioni appaltanti.
Spesso la collusione emerge da piccoli dettagli che passano solitamente inosservati, ma che possono fornire indicazioni plausibili del fatto che talune offerte sono state preparate dalla stessa persona o coordinate tra gli offerenti. Prestare attenzione a quanto segue:
- identici errori, anche ortografici, in offerte diverse;
- offerte diverse redatte con carattere tipografico o calligrafia simili;
- offerte nelle quali figurano l’intestazione o i dati di contatto di un altro offerente;
- offerte diverse che contengono gli stessi errori di calcolo o metodologie identiche per la stima del costo di alcune voci;
offerte presentate dalla stessa persona o in cui figurano persone con gli stessi dati di contatto.
Per assistere i funzionari responsabili degli appalti in tale compito, la Commissione ha elaborato una serie concisa di consigli su come:
- progettare le procedure di aggiudicazione in modo tale da scoraggiare la collusione tra gli offerenti (sezione 2 dell’allegato);
- individuare potenziali collusioni in fase di valutazione delle offerte (sezione 3 dell’allegato);
- reagire a un caso di sospetta collusione (sezione 4 dell’allegato).
Osservazioni conclusive
La Comunicazione, come si è accennato senza pretesa di esaustività, oltre ad effettuare una ricognizione puntuale della normativa europea, illustra taluni strumenti che la Commissione intende mobilitare per aiutare efficacemente gli Stati membri e le loro amministrazioni aggiudicatrici a contrastare il problema della collusione negli appalti pubblici. Tali strumenti mirano, in particolare, a:
– aiutare gli Stati membri e le amministrazioni aggiudicatrici a sviluppare le capacità per affrontare il problema, in particolare mediante l’integrazione di metodi per scoraggiare, rilevare e affrontare la collusione nelle iniziative di professionalizzazione che la Commissione sta realizzando nel settore degli appalti pubblici. Tali metodi comprendono il miglioramento della conoscenza del mercato, l’adeguamento delle procedure per incoraggiare la massima partecipazione degli operatori economici e limitare il rischio di collusione, e la sensibilizzazione (cfr. sezione 3 della Comunicazione);
– promuovere la cooperazione tra le autorità centrali nazionali responsabili degli appalti pubblici e quelle garanti della concorrenza al fine di assicurare un sostegno efficace e continuo alle amministrazioni aggiudicatrici (cfr. sezione 4 della Comunicazione).
Ciò che emerge è che in alcuni Stati membri le suddette autorità hanno stabilito (o stanno stabilendo) le condizioni per una più stretta cooperazione nella lotta alla collusione nell’ambito di un accordo ad hoc. Tali accordi promuovono nella pratica lo scambio di informazioni, esperienze e buone pratiche per combattere i comportamenti anticoncorrenziali nel settore degli appalti pubblici. Interessante è notare che in Svezia e in Germania, l’autorità garante della concorrenza svolge anche un ruolo di supervisione dell’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici.
In tale ottica è necessario che le amministrazioni aggiudicatrici adottino un approccio globale, avvalendosi delle conoscenze e delle competenze in materia sia di appalti che di concorrenza.
In tal modo gli Stati membri e le loro autorità centrali potrebbero elaborare e attuare azioni più efficaci a sostegno delle amministrazioni aggiudicatrici, quali:
- istituire un servizio sicuro che fornisca sostegno alle amministrazioni aggiudicatrici;
- promuovere l’utilizzo degli strumenti disponibili a livello di UE o nazionale che consentono alle persone o alle imprese di manifestarsi e denunciare i casi di collusione e le incoraggiano a farlo, soprattutto sistemi di segnalazione delle irregolarità o programmi di trattamento favorevole, come quello attuato dalla Commissione “Anonymous Whistleblower Tool”;
- elaborare disposizioni pratiche suddivise in fasi che consentano alle amministrazioni aggiudicatrici di richiedere l’assistenza degli esperti delle autorità centrali responsabili degli appalti e di quelle garanti della concorrenza;
- facilitare l’accesso delle autorità alle informazioni. Nel rispetto delle prescrizioni nazionali e dell’UE in materia di protezione dei dati, ed in particolare del Regolamento generale sulla protezione dei dati 2016/679/UE gli Stati membri potrebbero considerare le seguenti azioni:
- permettere alle loro autorità garanti della concorrenza di accedere alle banche dati elettroniche sugli appalti e alle offerte nei casi oggetto di indagine;
- consentire lo scambio delle informazioni disponibili in modo che le autorità cooperanti possano valutare se vi siano modelli di collusione tra operatori economici;
- introdurre l’obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici di informare le rispettive autorità della concorrenza dei casi in cui hanno escluso un operatore economico per presunta collusione. Il che consentirebbe di seguire e monitorare l’uso a livello nazionale del motivo di esclusione previsto dalle direttive e di dare il necessario seguito a tali casi (nell’ottica di valutare la possibilità di escludere l’operatore dalle procedure per un certo periodo di tempo);
- creare una banca dati nazionale per i casi di esclusione degli operatori economici per motivi di collusione;
- introdurre nel quadro nazionale sugli appalti pubblici strumenti opzionali a disposizione delle amministrazioni aggiudicatrici per dissuadere efficacemente gli operatori economici dal mettere in atto pratiche collusive. Tali strumenti potrebbero comprendere:
- l’obbligo per qualunque offerente di presentare unitamente all’offerta una dichiarazione separata di determinazione indipendente dell’offerta;
- l’introduzione nel contratto di clausole esplicite che prevedano il diritto dell’amministrazione aggiudicatrice di risolvere il contratto o di chiedere il risarcimento dei danni nel caso in cui si accerti che il contraente ha messo in atto pratiche collusive;
- la collaborazione nell’analisi dei dati sugli appalti al fine di individuare più facilmente indizi di collusione nelle procedure di aggiudicazione;
- l’organizzazione congiunta di sessioni di formazione sulle procedure di appalto e sulla concorrenza rivolte al personale responsabile degli appalti e della concorrenza;
- l’istituzione di un sistema al fine di individuare casi di collusione e monitorare gli appalti in settori sensibili;
- l’organizzazione di campagne di sensibilizzazione rivolte alla comunità imprenditoriale attiva nel settore degli appalti pubblici.
La Commissione individua, quindi, nella cooperazione piena tra le Autorità centrali nazionali responsabili degli appalti e quelle garanti della concorrenza lo strumento per contrastare efficacemente la collusione negli appalti pubblici.
Del resto, il fenomeno della turbativa d’asta compromette sostanzialmente ed irrimediabilmente i vantaggi derivanti da un mercato degli appalti equo, trasparente, competitivo e orientato agli investimenti in quanto restringe l’accesso delle imprese a tale mercato, limita la scelta per gli acquirenti pubblici e scoraggia gli investimenti in progetti del settore pubblico.