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( votes)Consiglio di Stato, Sez. IV, ordinanza 27 luglio 2011 n. 3263 e documento dell’autorità di Vigilanza del 3 agosto 2011
La recente novella normativa che ha visto l’ennesimo intervento sul Codice dei Contratti, ha interessato alcune norme aventi espressamente ad oggetto il contenzioso sia in fase “amministrativa” giudizio avente ad oggetto la fase di affidamento, che la fase “esecutiva” giudizio avente ad oggetto l’esecuzione del contratto.
Orbene, entrambe gli interventi destano perplessità e dubbi di costituzionalità.
In particolare, ci si riferisce alla introduzione di nuovi comma, rispettivamente all’art. 46, all’art. 240 e per concludere l’introduzione della nuova disposizione dell’art. 246 bis lite temeraria.
E prendiamo le mosse da questa ultima disposizione secondo la quale la parte soccombente rischia il pagamento di 5 volte il contributo unificato – di recente innalzato a € 4.000,00 – nel caso in cui proponga ricorso o resista nel caso di questioni incontrovertibili fondate su orientamenti giurisprudenziali consolidate. La norma, la cui ratio dichiarata è quella di ridurre il contenzioso, in realtà non fa altro che eliminare la possibilità alla radice di far ricorso per motivi economici e non già di diritto. Ciò se sol si considera che dall’inizio dell’anno in questa materia sono intervenute ben 4 adunanze Plenarie di cui l’ultima lo scorso 13 luglio in materia di sedute riservate e offerte tecniche(12/2011): l’adunanza Plenaria interviene quando i collegi del Consiglio di Stato raggiugono conclusioni contrastanti tra loro, quindi quando non vi è interpretazione consolidata in giurisprudenza.
Il nuovo Codice sottoposto a continui cambiamenti normativi ad opera di decreti legati soprattutto ala crisi economica, il nuovo Regolamento appena entrato in vigore, disposizioni che intervengono in settori comunque connessi a quello dei contratti, fanno si che il quadro normativo sia magmatico e quindi di difficile definizione e interpretazione da parte della giurisprudenza. Ciò vale sia per il ricorrente parte privata, che per la Stazione Appaltante che resiste, che si fronteggiano in sede processuale lealmente per una corretta definizione del rapporto stabilitosi loro malgrado tra di essi, sia in fase di gara, che di contratto.
Venendo al disposto dell’art. 240 comma 2° poi si dice che le riserve dell’appaltatore possono raggiungere il 20% dell’importo del contratto e che i progetti verificati ai sensi dell’art. 112 non possono essere oggetto di varianti.
Entrambe le disposizioni creano dubbi di costituzionalità in ordine alla libera iniziativa economica. Ma al di là di ciò, entrambe le disposizioni trasformano in contratto commutativo in aleatorio, con gravi conseguenze soprattutto per la Stazione Appaltante che vedrà aumentare in modo esponenziale il contenzioso civilistico per risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, ex art. 1458 cc.
La questione di fondo rimane quella di un legislatore che non conosce la normativa su cui interviene fatta di norme rigide che riconoscono il sinallagma che è posto alla base del rapporto contrattuale e quindi, sono necessari accorgimenti di reazioni per le parti laddove il sinallagma venga meno per portarlo in “riequilibrio”.
Per quanto riguarda, poi, il divieto di introduzione di varianti per i contratti verificati ai sensi dell’art. 112 del Codice, il legislatore ha dimenticato che tutti i livelli progettuali di tutti i progetti sono validati ai sensi dell’art. 50 e 55 del nuovo Regolamento.
E veniamo al disposto dell’art. 46, nel quale nella rubrica viene ribadita la tassatività delle cause di esclusione dell’art. 38.
Ma la vera novità è il secondo comma dell’articolo ove si precisa che “La stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti:- in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, – “nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali “ovvero in caso di non integrità del plico contenente l’offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte”
La disposizione muovendo dal dovere di soccorso di cui la amministrazione deve assicurare la necessaria applicazione, tale dovere verrebbe meno nel caso di violazione di norme prescritte a pena di esclusione dal codice e del Regolamento.
Ma andiamo a cercare quali disposizioni sono prescritte a pena di esclusione:
- le cause di esclusione cioè i requisiti generali di cui all’art. 38? Si
- i requisiti economici e finanziari e tecnico-organizzativi di cui all’art. 41 e 42? No non sono prescritti a pena di esclusione
- la cauzione provvisoria di cui all’art. 75? No non è prescritta a pena di esclusione
- la tassa all’Autorità di Vigilanza? E’ a pena di esclusione ma non è prescritta dal Codice e dal Regolamento.
E’ chiaro che la breve ricostruzione non esaustiva, non porrebbe problemi se non vi fosse l’ultimo inciso della novella ove si legge “B”
Potremo introdurre la “pena di esclusione” nel bando di gara?
Potremo continuare ad introdurre prescrizioni sanzionate con l’esclusione per la tutela della par condicio dei concorrenti?
Potremo prescrivere a pena di esclusione il termine presentazione dell’offerta?
Potremo richiedere a pena di esclusione il sopralluogo?
Tutte queste prescrizioni sono contenute nei bandi di gara e non certo nel Codice che, a titolo esemplificativo, prescrive i termini della gara individuando soltanto termini minimi, ma nulla dicendo in ordine alla esclusione nel caso di mancato rispetto.
Il Consiglio di Stato, con ordinanza del 27 luglio 2011 n. 326, ha confermato la dubbiezza, ma richiama il favor partecipationis.
L’Autorità di Vigilanza sul punto nel recente documento del 3 agosto scorso ha precisato che costituiscono clausole di esclusione “ incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta ed offerta carente di altri elementi essenziali; incertezza assoluta sulla provenienza e offerta non sottoscritta; plico contenente l’offerta o la domanda di partecipazione non integro ovvero altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; violazione dei termini per la presentazione dell’offerta; partecipazione contemporanea alla medesima gara di consorzi stabili e dei consorziati per i quali il consorzio a dichiarato di concorrere ; partecipazione contemporanea alla medesima gara di consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro e/o consorzi tra imprese artigiane e dei consorziati per i quali il consorzio a dichiarato di concorrere; partecipazione contemporanea alla medesima gara in forma individuale e in un raggruppamento o in più di un raggruppamento; soggetti che versano in una delle situazioni di esclusione previste dall’art. 38 del Codice; concorrenti per i quali la stazione appaltante accerta che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi; violazione delle norme sull’avvalimento; profili attinenti al subappalto; mancato utilizzo di moduli predisposti dalle stazioni appaltanti nel caso in cui l’offerta del prezzo sia determinata mediante prezzi unitari;nel caso di contratti nei settori ordinari, mancata produzione della garanzia provvisoria; nel caso di contratti nei settori ordinari, offerta non corredata dall’impegno di un fideiussore a rilasciare la garanzia fideiussoria per l’esecuzione del contratto, qualora l’offerente risultasse affidatario; mancata effettuazione del sopralluogo; mancato versamento del contributo all’Autorità; verifica a campione dei requisiti speciale ex articolo 48; esclusione automatica delle offerte anomale”.
L’Autorità precisa che anche i Protocolli di legalità potranno contenere clausole di esclusione.
A questo punto, solo la giurisprudenza può “soccorrere” gli operatori tutti, con indicazioni fornite in sentenze intervenute di recente nelle quali si ricorda che, a tutela della par condicio nelle gare pubbliche, il rimedio dell’integrazione documentale non può esser utilizzato per supplire all’inosservanza di adempimenti procedimentali o alla omessa produzione di documenti richiesti a pena di esclusione (Cons. Stato, sez. V, 9 novembre 2010 n. 7963; Cons. Stato, sez. V, 11 aprile 2011 n. 2228).
A tal fine, sempre la giurisprudenza precisa che nell’art. 48 – dichiarato costituzionale con l’ordinanza del 13 luglio scorso n. 211 – il dovere di soccorso istruttorio, deve esercitarsi nel rispetto del principio di parità di trattamento dei concorrenti che verrebbe violato laddove uno di essi fosse ammesso a rendere una dichiarazione dopo la scadenza del termine perentorio ad uopo previsto (TAR Toscana, sez. I, 10 febbraio 2011 n. 251).
Da ciò consegue che la interpretazione logico sistematica del giudice, fornisce l’esatta portata di un dettame legislativo che va calata nel concreto delle lex specialis nella concretezza di un testo che regola una competizione e nel quale le regole devono esser fissate in modo univoco e inequivoco.
La nullità di diritto, ope legis, non potrà tout court travolgere clausole poste a tutela di valori primari quali la par condicio e segretezza dell’offerta.
La tassatività non può riguardare solo i requisiti generali ma anche i requisiti speciali, la tassatività non può riguardare solo la segretezza dell’offerta ma anche la sua presentazione.
La ratio della norma va rintracciata piuttosto nella volontà di eliminare i tanti fardelli presenti nei bandi, troppo spesso rappresentati da richieste formalistiche che nulla aggiungono al dato sostanziale del possesso del requisito.
Il pragmatismo del diritto comunitario dovrebbe segnare la strada di norme quale quella in oggetto, foriere di un sicuro contenzioso nei confronti del quale ben poco può fare la disposizione delle lite temeraria.